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Autore: lisi_beth99    10/04/2021    0 recensioni
Il matrimonio tra James Rauner e Isabel Bledel assume una piega molto spiacevole quando lo sposo viene ucciso proprio al momento dello scambio delle promesse. Sarà compito dell'Intelligence scoprire chi è stato e perché. Inizialmente si cercano i moventi nella vita politica della vittima, ma forse la pista è quella sbagliata...
Nel frattempo, la relazione tra Alex e Jay vedrà un cambiamento importante.
AVVERTIMENTO! Questa storia è il seguito di "Nothing will drag you down - L'attentato"
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jay Halstead, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

-Sono esausta! – esclamò come prima cosa appena entrata nell’appartamento di Jay (ancora per poco!) – Se domani non arriva il tecnico ti giuro che uccido qualcuno! – il detective rise vedendo come la sua ragazza avesse ritrovato un po’ di energia a quel pensiero. Si avvicinò a lei e la circondò in un bellissimo e caldissimo abbraccio – Se domani non arriva nessuno, ti presterò la mia pistola. – scherzò lasciandole un bacio sulle labbra. Alex però si staccò con un finto broncio – Tu scherzi… Ma io ci muoio dal freddo! Sono tipa da clima mite, quello autunnale con dei gradi decenti durante la giornata e temperature più fresche la notte così si dorme bene. Non amo passeggiare con i pinguini tutto il giorno o cercare di non svenire dal caldo! – Jay annuiva mantenendo la sua espressione divertita – Posso sempre scaldarti io… - disse allusivamente prima di darle un secondo e un terzo bacio.

Si fiondò sotto al getto bollente della doccia e ci rimase per una ventina buona di minuti. Quando uscì percepì la voce di Jay in cucina e si chiese con chi stesse parlando. Di lì a pochi istanti comparve nella camera da letto dove Alex stava finendo di mettersi la camicia da notte – Ehi, mi hai sentito? – le chiese iniziando ad accusare anche lui la stanchezza della giornata – No, scusa… cosa mi hai detto? – rispose infilandosi i calzettoni di cotone al 100%. – Io mi faccio un toast. Lo vuoi anche tu? – continuò Jay rimanendo sulla porta. Lei scosse il capo leggermente – Sono troppo stanca. Mi farò una tazza di latte e cacao… -. Fin da ragazzina aveva preso l’abitudine di cenare in quel modo ogni qual volta fosse esausta e non voleva rischiare di svegliarsi nel cuore della notte con tutto sullo stomaco.

Raggiunse Jay nel cucinino e si mise a scaldare del latte. Si sedette poi sulla poltrona in attesa che la sua cena fosse pronta e passò un po’ di tempo ad osservare il suo ragazzo. Quando se ne accorse, lui si voltò sorridente – Che c’è? Perché mi fissi? – domandò con il toast in mano – Faccio come fai tu a lavoro! Credevi non me ne fossi accorta?! – rise nonostante la stanchezza mentre lui la raggiungeva per darle un bacio rapido – Credevo fossi sempre troppo occupata con il lavoro per accorgertene… - provò a giustificarsi tornando al tavolo – Là dentro non mi sfugge nulla, caro Jay Halstead! – fece lei con sguardo di sfida – Sarebbe una minaccia?! – ma Jay non poté attendere una risposta perché un bussare insistente alla porta d’ingresso lo fece alzare abbandonando il suo pasto.

-Will? – il fratello minore degli Halstead fece un passo nell’appartamento – Ciao! Disturbo? – sembrava agitato ma allo stesso tempo elettrizzato – No, tranquillo. Vieni pure. – Jay sembrava perplesso quanto Alex alla vista del dottore in quelle condizioni – Gliel’ho chiesto! – esclamò ancora prima di accomodarsi. Il fratello sgranò gli occhi – E? Cosa ha risposto? -. L’unica in quella stanza che non sapeva di cosa stessero parlando alzò una mano per attirare l’attenzione su di sé – Scusate, di cosa state parlando? Cosa avresti chiesto a chi? -, Will la guardò con una luce diversa negli occhi – Ho chiesto a Natalie di sposarmi. E lei ha detto sì! – aggiunse subito per rispondere anche a suo fratello – Congratulazioni fratello! – esclamò Jay dando una pacca amorevole all’altro. – Wow! Non avevo capito foste ad un punto così avanzato voi due… - disse Alex alzandosi dalla poltrona per fargli le congratulazioni e lasciare la tazza nel lavello. – Perdona il mio scarso entusiasmo… Sono esausta e infatti ora vado a dormire. Festeggiate anche per me! – sorrise prima al futuro sposo e poi al suo ragazzo – ‘Notte ragazzi! – lasciò un bacio rapido sulla guancia di Jay e si chiuse in camera da letto. Sprofondò nel sonno appena mise la testa sul cuscino.

Nella notte Alex fu svegliata da una specie di lamento che la riportò alla realtà. Aprì lentamente gli occhi cercando di capire dove si trovasse. Quando realizzò di essere nel letto a casa di Jay, realizzò anche che quel suono erano i singhiozzi strozzati dell’uomo. Aveva imparato come gestire gli incubi che, di tanto in tanto, facevano visita al detective. Si mise a sedere appoggiando la schiena alla spalliera di tessuto del letto e si avvicinò a Jay lentamente. Cominciò ad accarezzargli i capelli mentre lui, inconsciamente, spostava la testa dal cuscino al grembo di Alex. La giovane continuò a coccolare il suo ragazzo fino a che i singhiozzi non si affievolirono e poi scomparvero; le spalle si rilassarono e le mani, che fino a quel momento erano serrate a pugno e strette al busto, si lasciarono scivolare e si appoggiarono sulle gambe di lei.

Alex sorrise dolcemente alla sagoma, appena percepibile nel buio, dell’uomo che amava. Era da un po’ che i brutti sogni non facevano visita al detective e lei si domandò cosa in quella giornata poteva averlo turbato a tal punto. Solitamente infatti capitavano questi episodi quando Jay aveva una giornata particolarmente stressante o un caso difficile, ma questa volta non riusciva proprio a capire.

Si riaddormentò ancora seduta e con Jay raggomitolato addosso.

-*-

-Buongiorno! – salutò Alex fingendo di essere piena di energie. La squadra già riunita alle 7:30 di quella mattina stava scartabellando ogni documento, immagine o chat che fosse conservata nei fascicoli del caso. Tutti stavano cercando di capire chi fosse l’uomo del passato di Isabel Bledel.

Si sedette alla sua scrivania dopo aver lanciato uno sguardo preoccupato al suo compagno. Jay era uscito molto prima di lei quella mattina, senza dire nulla sulla sua meta, e la cosa l’aveva lasciata con una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Decise di ignorare quella vocina d’allerta e si concentrò sul trovare il numero di cellulare di Isabel Bledel. Quando la donna rispose all’altro capo del telefono, sembrava più sollevata dell’ultima volta in cui si erano viste. – Signorina Bledel, sono Alex Morel dell’Intelligence di Chicago. Si ricorda di me? – attese una risposta affermativa all’altro capo del telefono e si mise a spiegare l’oggetto della conversazione – La chiamo perché il sergente Voight avrebbe bisogno di parlare con Lei riguardo una questione ben precisa. – attese che la quasi vedova finisse di porre le sue domande e si sentì di sbilanciarsi – Si tratta del suo ex fidanzato. Quello del college di cui mi ha parlato… - smise nuovamente di parlare mentre, inconsapevolmente, Isabel le dava l’informazione che sarebbe servita alla squadra. Salutò cordialmente la donna e chiuse la telefonata. Un sorriso compiaciuto si manifestò sul suo viso mente si alzava e richiamava l’attenzione di tutti – Un giorno o l’altro mi dovrete una cena completa. – commentò mentre scriveva un nome alla lavagna: Eamonn Holt. – Questo è il tizio che state cercando. La quasi vedova me l’ha appena detto involontariamente. – alzò le spalle tornando poi verso il suo posto senza che qualcuno avesse detto qualcosa. Tutti le avevano rifilato uno sguardo divertito e leggermente più rasserenato, ora almeno avevano un nome su cui fare ricerche. Prima di risedersi Alex si voltò nuovamente e fissò gli occhi si Voight – Isabel Bledel verrà in centrale comunque, arriva per le quattro di oggi pomeriggio. -.

Il resto della giornata tutta la squadra scartabellò ogni tipo di documento in cui fosse presente il nome Eamonn Holt. Scoprirono che era stato congedato con disonore per aver disobbedito ad un ordine del suo superiore. Era rientrato in patria a fine settembre quindi era più che plausibile che fosse lui l’assassino di James Rauner. Alla squadra mancava solo trovarlo per interrogarlo. Purtroppo però, in nessun documento si faceva riferimento all’attuale domicilio. Adam e Kevin avevano fatto un tentativo al vecchio indirizzo, mentre Kim e Antonio erano stati dalla madre di Holt e Jay ed Hailey avevano fatto visita al fratello. Nessuno sapeva dove potesse essere finito l’uomo, tutti avevano tagliato i ponti con lui: era diventato violento e irascibile. La madre raccontò che, appena tornato dalla sua prima missione, aveva cambiato tutte le serrature e l’aveva costretta ad acquistare una pistola.

Verso le due di quel pomeriggio, il sergente Platt salì nell’ufficio dell’Intelligence seguita da un uomo sui venticinque anni, indossava una tuta da lavoro e con sé aveva portato una valigia con il logo della ditta dei termosifoni sulla tasca laterale – Il tecnico per aggiustare il riscaldamento è arrivato. – annunciò la donna prima di fare cenno all’ospite di mettersi al lavoro. – Finalmente! – esclamò Alex, sempre con indosso la felpa di Jay – Era troppo impegnato per venire qui prima?! – chiese sarcastica. Lui le rivolse un sorriso smagliante di chi non ha paura di fare una brutta figura – Sta’ tranquilla bellezza, ora sono qui! – le rispose posando la valigia. Alla giovane scattò un istinto omicida ma decise di fermarsi prima di voltargli la faccia a schiaffi: era meglio che prima finisse il lavoro per cui era stato chiamato. – Dove trovo la caldaia? – domandò dopo essersi sistemato. Alex dovette alzarsi e portarlo nel locale adiacente allo spogliatoio – Spero non ci voglia molto. – disse mentre tornava alla sua scrivania – Non preoccuparti dolcezza. Farò in un lampo! – lei strinse i pugni mentre si auto convinceva di stare calma.
Rientrati in centrale i membri della squadra si aggiornarono a vicenda. Burgess raccontò dell’arma acquistata dalla madre di Holt e che era sparita dall’abitazione, immaginarono l’avesse presa proprio il loro sospettato. – Okay ragazzi, teniamo un profilo basso. Di questa faccenda non parliamone con nessuno. Ed evitiamo di fare il nome di Eamonn Holt al di fuori di queste mura. Non voglio che si allarmi e magari faccia una follia. – disse Hank guardando la lavagna bianca su cui avevano raccolto tutte le informazioni. – Quell’uomo è pericoloso e potrebbe diventarlo ancora di più se si spaventasse. – concluse con voce seria.
In quel momento quell’odioso tecnico rispuntò dal corridoio mentre si puliva le mani in uno strofinaccio – Ottime notizie: ho aggiustato il guasto! – rivolse un sorriso fastidioso alla segretaria che fece finta di ignorarlo – Manderò la fattura appena rientrato in ditta. – continuò mentre riponeva gli attrezzi nella valigia. Poi si rimise in piedi accanto alla scrivania di Alex e, con fare naturale, le strappò la penna dalle mani – Scusami?! – fece lei infastidita rifilando uno sguardo di fuoco al tipo. Questo però non sembrò notarlo, intento com’era a scrivere qualcosa su un pezzo di carta trovato lì accanto. L’intera squadra guardava la scena incuriosita, tutti in attesa di vedere quale sarebbe stata la mossa di Alex. – Ho notato che fra noi c’è chimica, dolcezza. – le passò il biglietto su cui aveva scritto il suo numero di cellulare – Quando ti senti sola, fammi uno squillo. – finì con fare allusivo. Sul viso della segretaria comparve un sorriso raggiante e, mentre manteneva il contatto visivo con quello sfacciato, strappava con molta lentezza il suo numero. Lasciò cadere le briciole di carta al suolo – Spero vivamente che quando la fattura arriverà sarà compresa di un bello sconto per il ritardo che avete avuto nel riparare il guasto. – disse con tono infastidito e cambiando il sorriso in uno sguardo algido. Tornò a fissare il monitor del computer per far capire al tizio di sloggiare, questo capì l’antifona. Il sorriso da sbruffone scomparve mentre si accucciava a prendere la sua valigia e sloggiò in breve tempo senza più rivolgere la sua attenzione ad Alex. Lei lanciò un rapido sguardo a Jay che si stava coprendo la bocca per non farle vedere che stava ridendo; peccato che lei riuscisse a notare le sue fossette spuntargli oltre la mano, fece spallucce con fare angelico e sistemò le carte che quel sudicio tipo le aveva spostato.

Alex lanciò un’occhiata all’orologio al polso: erano passate le quattro e ancora non era stata avvisata da Trudy dell’arrivo di Isabel Bledel. Bloccò il monitor del computer – Io vado ad aspettare Bledel all’ingresso. Dovrebbe essere ormai qui. Se quel tipo l’ha puntata potrebbe essere in pericolo. –

All’ingresso scambiò due parole con Trudy e, dopo un quarto d’ora, Isabel Bledel fece il suo ingresso al distretto con un uomo al suo fianco. Alex si avvicinò immediatamente fingendo tranquillità anche se temeva di sapere chi fosse l’accompagnatore. Non assomigliava ad una delle guardie del corpo che aveva visto già con la donna, ma aveva un portamento militare ed uno sguardo molto attento. Doveva trattarsi di Eamonn Holt.

Certamente non poteva portarli di sopra, il sospettato avrebbe visto il suo nome e la sua faccia sulla lavagna e sarebbe andato tutto a rotoli. Fece cenno ai due di entrare nella saletta accanto all’entrata e sperò che Trudy si attivasse in qualche modo. Si pentì di non aver spiegato al sergente le ultime novità del caso e si appuntò mentalmente di trovare un modo per uscire da quella stanza il prima possibile.

Con un gesto della mano fece accomodare i due sulle poltroncine, Holt però non si spostò di una virgola dal posto che aveva preso accanto alla porta – Mi ha detto che il sergente Voight voleva parlarmi… - iniziò Isabel non capendo perché si trovassero in quella stanzina e non al piano di sopra – Lo so, mi spiace ma purtroppo è uscita una nuova pista e non ho avuto il tempo di avvisarla. – sperò che quella bugia sarebbe risultata vera alle orecchie di entrambi, specialmente dell’uomo. Eamonn sbuffò dal naso – Tipico! – esclamò guardando prima Alex poi Isabel – Pretendono che la gente sia sempre scattate quando vogliono qualcosa ma poi non si prendono neanche il tempo di presentarsi e mandano una segretaria! – indicò Alex con sdegno e per un attimo le si gelò il sangue. Fu però rapida a riprendersi – Ripeto che sono mortificata ma dovreste essere contenti di sapere che il sergente Voight ha dovuto saltare l’appuntamento con voi per trovare chi ha ucciso il suo fidanzato. – guardò Isabel ma non le sfuggì l’odio che passò negli occhi di Holt. Dopo un attimo di silenzio, la fidanzata della vittima si asciugò una lacrima – Ah già… Lui è Eamonn Holt. – indicò l’uomo alle sue spalle che si voltò di scatto – Ho pensato che potevate fare a lui direttamente le domande che volevate fare a me… - finì di dire Isabel mentre ad Alex mancava il fiato.

Holt fece un passo rapido verso la segretaria – Cosa volete sapere da me?! – domandò iniziando a perdere il controllo – Non lo so. – rispose Alex fingendo calma. Eamonn tornò a guardare fuori dalla finestra della stanzetta e notò degli strani movimenti davanti al bancone dell’accoglienza – Che succede lì fuori? – alzò di un tono la voce – Eamonn sta’ tranquillo. Siamo in un distretto di polizia, ci sarà un motivo… - provò a calmarlo Isabel senza successo. Si alzò e gli mise una mano sul braccio – Che cos’hai? Sembri teso… Forse non avrei dovuto chiederti di accompagnarmi… Forse è ancora presto… Sei tornato meno di un mese fa dal fronte e magari… - ma non finì la frase perché Holt scattò come una bestia – Sta’ zitta! – le urlò in faccia lasciandola paralizzata – Zitta! Fammi pensare! – iniziò a grattarsi la testa stressato. – Cosa…? – provò lei ancora ma Alex si precipitò verso la donna e la trascinò verso la porta. Fece appena in tempo ad aprirla di qualche centimetro prima che apparisse una pistola nelle mani di Holt. Sparò un colpo in aria e trascinò le due donne all’interno della stanza chiudendo poi la veneziana alla finestrella – Non ci pensate nemmeno per un secondo! Voi non uscirete da qui! – esclamò puntando l’arma verso il viso di Alex. – Eamonn… - provò a dire Isabel, scossa dalla paura – Cosa fai? – domandò guardandolo con le lacrime agli occhi. Alex la spinse ancora più lontano dall’uomo – è stato lui ad uccidere James. – disse fissando Holt. Isabel rimase muta, incapace di concepire quello che le era appena stato detto – L’Intelligence lo sa e a questo punto saranno qui fuori pronti ad irrompere e catturarti a qualunque costo. – forse stava sbagliando tattica ma le risultava davvero difficile pensare con quella pistola puntata addosso. Il ricordo imponente di lei in quella vecchia distilleria si fece vivido nella sua mente e tutto divenne più difficile. Holt scostò leggermente la veneziana per guardare la situazione all’esterno. Puntò lo sguardo nella segretaria e le fece segno con la pistola di avvicinarsi – Ora tu mi porterai fuori da qui! – Isabel provò ad avvicinarsi – Eamonn ti prego… - supplicò con le guance rigate dalle lacrime – Sta’ zitta e non ti muovere! – fu l’unica cosa che le rispose l’ex militare.

-Eamonn Holt! Sappiamo che sei lì dentro. Esci con le mani in alto e non ti uccideremo! – la voce di Voight fece bloccare tutto per un secondo in quella stanza. Holt lanciò un’occhiata ad Alex, forse per capire se potesse essere la verità. In cuor suo ad Alex si sciolse leggermente il nodo alla bocca dello stomaco. – Sappiamo che hai ucciso tu James Rauner. Ormai non hai via di scampo! Lascia andare gli ostaggi e troveremo un accordo. – continuò Hank da fuori. – Perché? – domandò Isabel scossa dai singhiozzi. Eamonn lasciò la sua postazione accanto alla porta solo per un attimo e le si avvicinò. Alex avrebbe potuto cogliere quell’occasione per uscire ma sapeva che, se lo avesse fatto, quasi sicuramente sarebbe seguito un bagno di sangue e lei voleva evitarlo. Rimase immobile mentre Holt si inginocchiava davanti alla figura sconvolta della donna – Non era l’uomo adatto a te… Isabel sono io l’uomo per te. Volevo tornassi ad essere mia come quando stavamo al college… - le diede una carezza dolce sulla guancia, in netto contrasto con la pistola che teneva nell’altra mano. Qualcosa in quel contatto fece scattare Isabel. Si ritrasse di scatto con uno sguardo di disgusto – Tu non potrai mai essere adatto a me! Aveva ragione mio padre quando ci ha fatti lasciare. Sei instabile! –

Naturalmente quelle parole fecero infuriare l’uomo che rispose a quell’insulto dando uno schiaffo in pieno viso alla donna – Sei solo una puttana ingrata! Ti ho salvato da una vita insignificante con un uomo insulso che ti avrebbe tradita con altre donne! Io sarei stato un marito fedele… - si rimise in piedi e, a grandi falcate, riprese il suo posto accanto alla porta e accanto ad Alex. L’afferrò per un braccio – Adesso noi usciamo da qui. – scostò leggermente la tendina a veneziana ed osservò l’ingresso del distretto. – Ho la vostra segretaria! – urlò puntando l’arma alla tempia di Alex che, per quanto possibile, rimase impassibile – Se qualcuno prova a fare una mossa, la uccido! – attese qualche secondo poi fece aprire la porta al suo ostaggio. L’intera zona era circondata da agenti in borghese o in divisa che puntavano le loro armi verso i due soggetti che uscivano dalla stanza. Alex individuò immediatamente gli occhi preoccupati di Jay. – Alex stai bene? – domandò Voight continuando però a fissare l’uomo – Sì sergente. Sto bene. – Hank rilassò impercettibilmente le spalle – Eamonn lasciala andare. Prometto che nessuno si muoverà senza un mio ordine. – l’uomo strinse maggiormente la presa sul braccio del suo ostaggio e premette con più forza la pistola sulla sua tempia – Mettete giù le armi! O giuro che le faccio un buco in testa! – minacciò.

Alex aveva gli occhi puntati in quelli di Jay, si stavano tranquillizzando a vicenda. Al detective venne un’idea e sperò che la sua ragazza avrebbe capito. Mentre Holt era fisso sul sergente Voight, Jay indicò il basso con un dito, un gesto quasi impercettibile ma che alla ragazza non sfuggì. – Abbassate le pistole! – urlò nuovamente Holt. Voight fu il primo ad obbedire – Fate come dice. – Fortunatamente a quell’uomo non sfuggiva nulla: aveva infatti captato lo scambio di sguardi fra il suo detective e la segretaria, quindi sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco.

Mentre tutti i presenti abbassavano le armi, Alex si buttò al suolo, il più lontano possibile da Holt, e Halstead sparò un colpo che centrò il bersaglio. Il sequestratore lasciò cadere la pistola e si strinse il braccio lamentandosi per il dolore: la pallottola aveva centrato la spalla.

Ruzek si affrettò ad ammanettare l’uomo mentre si complimentava con la mira del suo collega. Alex corse da Isabel Bledel per vedere come stesse ed Hailey la raggiunse pochi istanti dopo – Stai bene? – chiese la detective alla segretaria – Certo. – rispose senza distogliere lo sguardo da Isabel che continuava a piangere. Upton le mise una mano sul polso – Va’ da Jay. Mi prendo cura io di lei. –

Ai piedi della scala che portava all’ufficio dell’Intelligence, Alex trovò Jay mentre parlava con il suo capo – Ottimo colpo Halstead. – stava dicendo Voight, poi vide la giovane avvicinarsi e un leggero sorriso apparve sul suo viso. Jay si voltò sorpreso dal sorriso del suo capo ma capì rapidamente da cosa dipendesse. Alex fece gli ultimi passi e si affiancò al suo ragazzo – Stai bene? – domandò il sergente, lei alzò le spalle – Sì… Ormai ci sono quasi abituata. – scherzò anche se iniziava a sentire la stanchezza dell’adrenalina che scemava. Anche a quello ormai era abituata. Jay aveva imparato che, quando Alex alzava le spalle in quel modo, era il suo segnale inconscio per allontanarsi da tutti e tornare nella pace di casa. Le circondò le spalle con un braccio, anche se andava contro la loro regola di non mischiare vita privata e lavoro, ed Alex si lasciò completamente avvolgere da quel calore. Appoggiò la testa sul suo petto e si ancorò con entrambe le mani al suo fianco. Il tutto fu così naturale che nemmeno Hank ci fece quasi caso. – Andate pure. Direi che per oggi avete finito entrambi. Ad Holt ci pensiamo noi. – quell’uomo appariva sempre stoico e impassibile, a tratti un vero stronzo, ma in verità celava un gran cuore e ci teneva molto al benessere di tutti i componenti della sua squadra.

-*-

Quando Jay mise in moto il SUV, Alex lo fermò mettendogli una mano sopra alla sua sul volante – Mi hai salvato la vita di nuovo. – lo guardava con occhi stanchi ma che sprizzavano amore. – Tu sei stata fondamentale perché io potessi sparare quel colpo. Direi che è stato un lavoro di squadra! – sorrise prima di tornare a guardare la strada – Ah, possiamo fermarci prima al mio appartamento? – chiese lei appena partiti – Certo. Che devi fare? – fece lui di rimando – Vorrei prendere gli scatoloni e portarli a casa nostra. Alla fine sono solo sette… pensavo di avere più roba ma in questi pochi mesi non ho comprato molto, più che altro vestiti e quelli li avevo già portati praticamente tutti… - fu un po’ strano dirlo per la prima volta ad alta voce “casa nostra” era rimasto un pensiero mai detto da lei, o meglio, mai detto con quel significato come in quel momento. – Casa nostra. – le fece eco Jay con un sorriso raggiante – Non credevo l’avresti mai detto! – confessò divertito. – Perché scusa?! – domandò lei guardandolo con un sopracciglio alzato – L’hai continuato a chiamare “il tuo appartamento” anche dopo che hai iniziato a portare le tue cose… - lei si sistemò la cintura che le stava irritando il collo – Già beh, fino ad ora non era il “nostro appartamento”. Poteva ancora cambiare tutto… Scusa, magari cambiavi idea o capivi che era una follia convivere con me. Che ne so! – gesticolò come suo solito – E cosa sarebbe cambiato adesso?! – domandò ironico Jay lanciandole un’occhiata – Mi hai salvata. E quel nostro scambio di sguardi mi ha reso limpida la questione. – disse incrociando le braccia – Ah sì? E in che modo scusa?! – continuò a stuzzicarla lui – Non c’è servito nulla di più di uno sguardo e un gesto per capire come uscire da quella situazione. E se senza parole abbiamo evitato una pallottola nella mia testa, sono certa che parlandoci riusciremo a risolvere qualunque cosa. – ci fu una breve pausa – Ti amo Jay Halstead! – esclamò sentendo il cuore pieno di felicità. Mai avrebbe pensato che da un incendio dove tutto è stato spazzato via sarebbe potuta uscire una storia del genere. Con lui si sentiva bene e a casa, una sensazione che ogni giorno sentiva crescere, con Jay poteva anche riuscire ad immaginare un futuro, una famiglia, cosa mai accaduta con le sue vecchie storie.

-Ti amo anch’io Alexandra Morel! – disse il detective prima di parcheggiare l’auto sotto l’ormai vecchio appartamento della sua ragazza. Da quel momento la loro convivenza sarebbe stata effettiva e tutto sembrava indicare che sarebbe stata un’avventura meravigliosa.







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La prossima storia della serie: "Nothing will drag you down - Tutto cambia in un attimo" 
Alex e l'Intelligence saranno in lotta contro il tempo per trovare chi ha rapito Jay Halstead e dove lo hanno portato.

 
   
 
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