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Autore: EllyPi    13/04/2021    0 recensioni
Dopo la morte del tiranno Galbatorix ognuno prese la sua strada, due donne sedevano sui loro troni, due cavalieri alla ricerca di qualcosa. Il destino a volte porta a risultati diversi da ogni speculazione e previsione. Come procederà la storia di Alagaesia dopo la pace?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nasuada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Murtagh atterrò a Illirea un giorno dopo aver lasciato Ellesméra, senza soste. Scese dal dorso del drago con Derrel tra le braccia, talmente stanco e non abituato ai ritmi di un viaggio veloce, da non essersi riscosso con il brusco atterraggio. Stava piovendo pesantemente, un temporale che preannunciava l’arrivo della primavera. Chiamò quanto più piano possibile qualcuno per portare il bambino all’interno, ma non rispose nessuno, la sua voce coperta dallo scroscio della pioggia. Vide la luce di alcune candele nella biblioteca e la figura di Maeve passare davanti alla finestra. Allungò la mente per chiederle di scendere, ma rimase impietrito quando vi trovò un muro praticamente invalicabile. Si morse il labbro per la stranezza, ma si riscosse per muoversi al più presto verso l’interno, o il lord avrebbe preso un raffreddore di quelli forti. Mentre percorreva i corridoi, la domestica castana apparve da dietro un angolo come un fantasma. Era abituato alla presenza di scorciatoie nei muri, ma non sapeva lei ne fosse a conoscenza. Forse, d’altronde, era stata Farica a istruirla su come muoversi più velocemente quando chiamata dai suoi padroni, si tranquillizzò Murtagh.
“Bentornato, Cavaliere.”
Gli sorrise senza dire null’altro o dimostrarsi agitata - segno che il Cavaliere interpretò come mancanza di segreti da nascondere - , allungando le braccia coperte da una cappa in lana asciutta, presa per Derrel. Murtagh glielo passò lentamente, attento a non disturbarlo, poi le sussurrò di riportarlo nel suo letto. Lei fece una riverenza, poi sparì nell’oscurità dei corridoi.
Il ragazzo dai capelli corvini tornò all’esterno, per estrarre il baule dalla sacca spaziale. Castigo nel frattempo si era riparato sotto la struttura di vetro e metallo fatta costruire da Nasuada, gongolando perché poteva asciugarsi e non svegliarsi l’indomani umido.
Salì lo scalone con il baule appoggiato sulle spalle. Bussò alla porta-finestra della stanza da letto, chiusa meccanicamente, oltre che dai suoi incantesimi. Fu Nasuada ad accorrere, rimanendo sorpresa a guardarlo, con occhi sbarrati. Le indicò i capelli fradici per farla riprendere, così la regina lo fece entrare. Gli saltò al collo con un gridolino, sfregando il capo al suo.
“Mi sei mancato!”
Lui ridacchiò. “Sono stato via davvero poco!”
Lei allentò la presa, scivolando a terra. “Sì, ma sei stato via così tanti mesi prima di tornare!”
Murtagh annuì, indicando poi il baule appoggiato a terra. “Ho recuperato le uova.”
Lo aprì, mostrandogliele. Nasuada rimase senza parole per molti istanti, davanti alle uova di molti colori, le mani premute sulla bocca. S’inginocchiò davanti al baule, sfiorandole con le dita tremanti. “Sono bellissime. Non ne avevo mai vista una, prima d’ora.” , mormorò infine.
Murtagh si inginocchiò accanto a lei, posandole un bacio veloce sul collo. “Per te, mia regina.”
Lei scosse il capo, con un sorriso. “No, appartengono al popolo. A proposito: avete discusso tu e Arya di quale sarà il tuo dominio?”
Il Cavaliere annuì, incupendosi leggermente. “Arya insiste perché sia io a recarmi dai nani, per pura questione di vicinanza.”
Nasuada rimase pensierosa qualche tempo, poi scrollò le spalle. “Non possiamo ribadire, perciò dovrai fare in modo che i nani ti lascino entrare nelle loro città.”
“Sì, ma l’hai detto tu stessa che non potranno mai perdonarmi.”
La regina espirò a lungo, cercando di rilassarsi. Lo fissò negli occhi poi. “Tu sei un Cavaliere al pari di Arya o Eragon. Che piaccia o no a Orik, tu sei la scelta della regina degli elfi e la mia.”
Incrociò le braccia, tamburellandosi un dito sulla pelle. “Se tu volessi chiedere a Eragon di intercedere un’altra volta per te...”
Il ragazzo sospirò. “E va bene, contatterò Eragon.”
Nasuada annuì, poi un barlume di curiosità le illuminò visibilmente il volto. “Perché credi che ad Arya interessi la vicinanza dei popoli?”
Murtagh fece spallucce. “Se la razza umana non comprendesse anche me, si potrebbe dire allora che il nostro popolo è quello che va completamente d’accordo con gli abitanti delle montagne. È già meno vero nei confronti degli elfi, visti con un occhio sempre di timore, o per gli Urgali, ritenuti primitivi.”
“Questo è vero. Come ti è sembrata, ora che l’hai conosciuta meglio?”
Il Cavaliere rimase in silenzio per un istante, in cerca di parole per descrivere il loro incontro strano. “Può sembrare enigmatica probabilmente a un occhio esterno, ma io ho capito subito che ha un grande macigno sulle spalle. Forse il suo stesso popolo? Non so per quale motivo, ma... mi ha fatto una domanda sulla mia fedeltà che non mi sarei mai aspettato di sentire da un altro Cavaliere come me, specialmente uno che millanta di non farsi vincere dai pregiudizi sentiti da bocche altrui. Era una domanda che mi sarei aspettato in guerra.”
“Intendi che ti ha chiesto se sei più fedele a me, in quanto regina del tuo popolo oltre che a leader che hai scelto tu autonomamente, o all’Ordine?”
Murtagh annuì. “Ma non sembrava una domanda solo rivolta a me. Pareva come se... lo stesse chiedendo anche a sé stessa.”
“Sì, beh, Arya ha sempre avuto una morale ferrea riguardo all’importanza di seguire il suo popolo. Hai notato il suo tatuaggio?”
Murtagh scosse il capo.
“Sì chiama Yawë, è un simbolo elfico.”
“Eragon aveva un anello con lo stesso simbolo, di Brom.” , si ricordò Murtagh.
La moglie annuì. “È un simbolo che indica la fedeltà assoluta al popolo elfico. Chi lo ha è legato dall’onore ma soprattutto dal dovere al popolo elfico. Ho sempre pensato che Arya si sarebbe tirata indietro per colpa di quella stupida tradizione prima o poi, pur di preservare il suo popolo. Dobbiamo fare in modo di non metterla mai alle strette.”
“Non mi è sembrata, tuttavia, una persona disonorevole.”
La regina rise. “Non intendevo dire questo. Come tu sai bene, Murt, a volte un giuramento può rivelarsi una lama a doppio taglio.”
Il Cavaliere annuì serio, fissando le pietre traslucide e colorate. “A parte questa stranezza, so di poter collaborare proficuamente con lei.”
Nasuada gli baciò la tempia soddisfatta, rialzandosi. Si mise una cappa sulle spalle. “Andiamo, ora ti mostrerò dove terremo le uova.”
Lo portò nelle profondità del castello, vicino alla Volta, dove un tempo i draghi si rifugiavano a riposare in quella grotta naturale. In una stanza attigua - a cui si accedeva da un arco, visibilmente ricavato di recente nella roccia, di cui lui non ricordava - , il calore del sottosuolo saliva, rendendo l’aria calda e sulfurea, perfetta per tenere le uova dei grossi rettili alati. “Che ne dici?” , gli chiese con un sorrisetto.
Murtagh non riuscì a rispondere. Sistemò le uova nella stanza, fermandosi poi a guardarle. “È il posto perfetto per loro.”
Nasuada si appese al suo braccio. “Sì, Cavaliere. Questo è il tuo passato e il tuo futuro, la tua vera eredità.”
“E pensare che Castigo dormiva nella Volta, quando eravamo schiavi. Eravamo totalmente ignari di questo posto.” , mormorò estasiato Murtagh.
“Perché Galbatorix voleva farti credere che essere un Cavaliere fosse qualcosa di unico ma in negativo, come se pochi dovessero soffrire una tale sfortuna. Come se solo lui, che possedeva le uniche tre uova rimaste, disponesse della vita di quegli animali e dei loro Compagni.”
Nasuada non poteva sapere, salvo che Arya le avesse raccontato dove avesse ritrovato l’uovo di Fìrnen, che Galbatorix teneva veramente le uova nella sala del tesoro, che non conteneva ori o gemme preziose, ma le spade di tutti i Cavalieri uccisi dai Tredici, e qualche reliquia magica rara. Il tesoro del re precedente era, a tutti gli effetti, più un museo della morte e della disperazione che era riuscito a ottenere con una guerra sanguinosa.
La guardò con gli occhi leggermente lucidi e la ragazza dalla pelle scura si sporse, per circondargli la guancia con la mano sottile e nodosa. “È tardi, e la stanchezza ti sta provando, Amore mio.”
Lui confermò con il capo, stringendola per un istante nel suo abbraccio caldo. Le poggiò una guancia sui capelli, respirandole l’odore.
Quando fu tornato in sé, tornò dritto e le prese la mano, trascinandola all’esterno e poi su per le scale, fino alla loro stanza da letto.
“Va’ a farti un bagno, ho chiesto a una domestica di prepararti dell’acqua calda. Nel frattempo io invierò a Eragon un messaggio, dicendogli che hai le uova.”
Murtagh esitò. “Non potresti chiedergli di intercedere?”
Nasuada si poggiò i pugni sulle anche. “No, Cavaliere. Voglio che tu parli con tuo fratello!”
Lui sospirò, spostandosi nell’altra stanza e immergendosi nella vasca da bagno. Il calore sciolse la stanchezza e i dubbi. L’intercessione era a suo favore, perciò era suo dovere come minimo pregare Eragon di fornirgliela.

  
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