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Autore: HypnosBT    15/04/2021    1 recensioni
Ella arriva a Heaven e la sua vita cambia irrimediabilmente.
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«Cassandra ha detto di passare da Adan, non so se… ».
«E tu fai sempre tutto quello che ti dicono, non è così?»
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[Solavellan] La nostra storia preferita, condita di Missing Moments che avrei voluto vivere e ho scelto di condividere con voi.
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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     La mattina seguente mi recai in quella che veniva chiamata sala da guerra. Mi accolse una Cassandra visibilmente agitata. «Dunque», cominciò, «Josie sarà qui a momenti. Nel frattempo, hai già incontrato il Comandante Cullen, leader delle forze dell’Inquisizione», disse.

     «È stato un incontro fugace in battaglia», rispose lui, «Mi fa piacere vederti ancora in vita».

     «Altrettanto», risposi pungente. Il sole era appena sorto e io ne avevo già abbastanza di queste frasi di circostanza.

     «E ovviamente», continuò Cassandra alzando la voce, «conoscete già Sorella Leliana».

     «Il mio ruolo qui impone un certo livello di…».

     «È il nostro Capospia».

     «Sì. Impareggiabile tatto», replicò Leliana. A quel punto nella stanza entrò una donna giovane, molto affascinante, rivestita di drappidorati che ben sposavano la sua carnagione scura. «Scusate il ritardo, ho avuto delle… Discrepanze con il Marchese», disse.

     «Lei è Dama Josephine Montilyet», annunciò Cassandra, «Nostra ambasciatrice e primo diplomatico».

     «Siete molto più giovane di quel che pensassi», disse lei con un sorriso incoraggiante. «Non che sia importante, certo, qualche voce sparsa qua e là e avremo il controllo di ciò che il popolo sa di voi o su ciò che crede di sapere». Mi fece l’occhiolino. Cullen comandava l’esercito, Leliana le spie, com’era possibile che Josephine sembrasse già la persona più influente e e affascinante nella stanza?

     «Lieta di conoscervi», risposi con un sorriso.

     «Ti ho già accennato che secondo Solas al tuo marchio serve più potere per poter sigillare il Varco», continuò Cassandra.

     Solas. Il giorno prima l’avevo cercato con lo sguardo senza successo. Volevo saperne di più su di lui. Nessuno mi aveva guardato così prima di allora, con una tale intensità, come se stesse veramente provando a leggermi dentro. Aveva attivato qualcosa in me. Non avevo idea di cosa, tuttavia sapere che era ancora con noi mi era di conforto. L’avrei cercato dopo la riunione se non avessi ricevuto altri incarichi. Avrei dovuto anche pensare a qualcosa da dire. In ogni caso sembrava felice di parlare di sé o delle proprie conoscenze, c’erano mille domande che avrei voluto fare… Oppure avrei potuto usare semplicemente la scusa del marchio e cavarmela senza preoccuparmi troppo. Mentre riflettevo sul da farsi mi resi conto che le informazioni riguardanti il marchio mi erano realmente necessarie, usarle come scusa per fare conversazione suonava ridicolo. Quanto potevo essere sciocca a volte.

     «Ella?»

     «Sì?», risposi cadendo da chissà quali nuvole.

     «Cosa ne pensi?», chiese Cassandra.

     «… Riguardo?»

     «Ugh».

     «Sfortunatamente», intervenne Josephine, «Nessuno ci darà retta per ora. Maghi o Templari che siano non abbiamo abbastanza influenza per avanzare richieste. La Chiesa ha denunciato l’Inquisizione. Voi, in particolare», disse indicandomi.

     «Beh, questa si che è una notizia», replicai ironicamente.

     «In ogni caso questo ci mette in una posizione di svantaggio, avvicinare una delle fazioni in questo momento è fuori discussione», concluse Josephine.

     Si misero tutti a cercare un modo per gestire gli attacchi mediatici della Chiesa. Io assistevo in silenzio, cercando di non lasciarmi trasportare troppo da altri pensieri (di nuovo). Conoscevo così poco del mondo che avere un’opinione riguardo temi così scottanti era veramente lontano da me. In ogni caso dovevo fare uno sforzo: se volevo diventare l’eroina delle mie fantasie avrei fatto bene a imparare in fretta e non solo a combattere.

 

 

     La riunione era finita. L’entourage aveva deciso: in pochi giorni sarei partita alla volta di Redcliffe. Nonostante sapessi della guerriglia che stava devastando le Terre Centrali ero emozionata all’idea di viaggiare. 

     Prima però avevo delle cose da fare: farmi visitare dal medico di Heaven e imparare a difendermi.

     Mi recai dunque dal primo, il cui studio era situato a pochi passi dalla locanda. Mentre salivo le scale in direzione delle tre casette semi diroccate assistetti a una scena particolare: un uomo con la barba scura stava urlando a Solas di non impicciarsi.

     «Non mi interessa se siete un mago, un genio o un prestigiatore. Giuro sul Creatore che la prossima volta che interferirete con il mio lavoro vedrò di farvi cacciare da questo posto dimenticato da Dio!», sbottò irato. Detto questo rientrò nell’alloggio sbattendo la porta alle sue spalle. Solas nel frattempo tentava di nascondere un ghigno diabolico. Si accorse di me.

     «E dire che fino ad ora Heaven mi sembrava il posto perfetto per una vacanza», dissi. Era la mia occasione.

     «Non per il più grande pozionista mai esistito a quanto pare. Temo si senta un po’ sprecato ora che le sue mansioni si sono ristrette a unguenti per i reumatismi e impiastri curativi», replicò sorridendo.

     «Oh quindi mantenere in vita l’Araldo di Andraste non è stato abbastanza emozionante per lui?», chiesi.

     «Non lo sapremo mai. Sembra infatti che un aitante elfo eretico si sia presentato alla sua porta per rubargli il lavoro e la paziente».

     «Con successo, spero».

     «Certamente», disse con aria sorniona. «Deduco che il titolo sia diventato ufficiale».

     «Mi auguro ancora di no», risposi. Scoppiò a ridere vedendo il mio cruccio. «Spero solo mi diano un cavallo bianco in dotazione».

     «Avrei voluto suggerito un grifone», replicò, «Se non fossero estinti». Fece qualche passo in direzione del Varco.

     «Nell’Oblio ho esplorato antiche rovine e calcato campi di battaglia per scrutare i sogni di civiltà perdute. Ho visto torme di spiriti scontrarsi in sanguinose rievocazioni di guerre leggendarie o a lungo dimenticate. Ogni guerra ha i suoi eroi. Mi chiedo che tipo di eroe sarai tu».

     Ancora questo discorso degli eroi. Mi sentivo schiacciata dal peso di un’idea simile; già essere l’Araldo di qualcuno era un grande responsabilità, figuriamoci diventare di punto in bianco un’eroina acclamata da tutti.

     «E se non volessi essere l’eroe? Se mi svegliassi domani e scoprissi di aver sbagliato tutto, di essere diventata il cattivo?» replicai spazientita.

     «Ne sarei deliziato», sorrise Solas. Mi sprofondò il cuore nel petto. Sembrava una presa in giro bella e buona. Bastava guardarmi per intuire quanto fossi mediocre. Potevo impegnarmi, imparare, essere coraggiosa. Ma da qui a soddisfare delle aspettative simili… Ero improvvisamente triste. Forse veramentequeste persone credevano in me. Varric aveva visto nascere un eroe, un Campione. Solas si basava invece su dei sogni di gloria. Fu questo a ferirmi di più. Nessuno aveva la benché minima idea di chi fossi, di cosa avessi vissuto. Sembravano dare per scontato che in due giorni sarei stata pronta a salvare il mondo solo perché possedevo il marchio, nulla più. Questo era il mio potere. E per quanto volessi dimostrare a loro e a me stessa di cosa fossi capace la fiducia non veniva riposta in me ma solo ed esclusivamente sulla situazione. Che scelte potevo realmente intraprendere? A parte quella di tornare all’enclave per essere una serva o restare dove una vita avrei potuto quasi averla? Ripensai all’incontro con i membri dell’Inquisizione. Cassandra aveva provato a coinvolgermi e ne ero felice, tuttavia la mia conoscenza del mondo al di fuori dell’enclave era scarsa, addirittura nulla rispetto a questi uomini e donne. Come avrebbero potuto le mie decisioni cambiare il mondo?

     Solas interruppe le mie malinconiche riflessioni.

     «Hellathen», disse, «Perdonami. Non volevo renderti triste. Ricorda che con un solo gesto hai salvato centinaia di vite e qui, tra le fila dell’Inquisizione, ci sono persone disposte a tutto per aiutarti. Non sei sola in questo». Era bello sentirselo dire. Era bello che fosse Solas a dirlo.

     «Resterò», aggiunse, «Almeno fino a che il Varco non sarà chiuso». Mi prese in contropiede.

     «Pensavo fosse già stabilito», dissi io.

     «Sono un pericoloso eretico agli occhi della Chiesa. Gli abitanti di Heaven tollerano a malapena la mia presenza. È imprudente per me restare. Cassandra ha fatto da garante e mi ha permesso di rimanere qui per stabilizzare il marchio ma la situazione potrebbe degenerare in ogni momento», replicò.

      «Non puoi andartene. Nessuno ha idea di cosa mi stia succedendo, della natura di… questo», dissi guardando la mano sinistra, «Sono l’Araldo di Andraste e non permetterò che ti facciano del male».

Mi guardò compiaciuto. Troppe cose stavano succedendo, quasi non mi riconoscevo. Forse Solas aveva ragione: stavo già usando il mio potere per cambiare le cose. Stavo diventando l’Araldo e, seppure la scelta in quel caso fosse stata troppo facile e al limite dell’egoismo, mi apprestavo a prendere decisioni che avrebbero indiscutibilmente cambiato il corso degli eventi.

     «Devo andare ora, Cassandra vuole che mi faccia visitare».    

     «Posso dare uno sguardo io, se permetti». Tentennai.

     «Cassandra ha detto di passare da Adan, non so se… ».

     «E tu fai sempre tutto quello che ti dicono, non è così?», disse lui. Sembrava divertito, lo aveva detto quasi con tenerezza. Io, d’altro canto, ero estremamente offesa. Non perché avesse detto qualcosa di sbagliato, ma perché aveva ragione. Per diventare una vera eroina avrei dovuto cambiare la forma dei miei pensieri. Per il momento però avevo eletto Cassandra come mia guida e se mi avesse anche detto di *staccare tutti gli aghi di un pino con i denti per nessuna ragione*, Solas poteva scommetterci che l’avrei fatto. Gli diedi le spalle, scegliendo per la vigliacca mossa della non risposta. Mi incamminai verso l’ambulatorio di Adan, sentendo ancora gli occhi di Solas addosso. Bussai e sentii l’alchimista urlare: «E adesso che volete?».

 

 

     Entrai timidamente, pronta ad accusare io stessa un po’ della sua furia.

     «Sono Ella», dissi quasi sottovoce, ancora dubbiosa del fatto che l’uomo potesse ricordarsi di me.

     «Ah, l’Araldo! Sedetevi e spogliatevi. Sarei passato io stesso a visitarvi se non dovessi ricucire un’intera guarnigione, come se fossi un banale medico da campo, tsè!», borbottò. «Essere così vicini ad un’importante rivelazione per poi venir scambiati per un dottore qualunque». Scuoteva la testa mentre mi sfilava il bendaggio, troppo distratto dai suoi problemi per rimproverarmi per le condizioni dello stesso.

     «Dovrei applicare un nuovo impiastro, anche se la ferita non sembra essersi infettata è necessario accelerare la guarigione. Lo farei, se solo avessi altre erbe officinali a disposizione», continuò. Sembrava che ogni piccola cosa stesse portando alla totale distruzione dei suoi poveri nervi.

     «Potrei andare a raccoglierle io se mi indicate il luogo». Sembrò illuminarsi per un secondo.

     «Allora siete veramente la prescelta! Eccovi qui, pronta a salvare la giornata a noi poveri mortali. Sì, perché no, può funzionare». Procedette a rifasciarmi e mi indicò a grandi linee la direzione da intraprendere.

     «Se vi serve qualcos’altro…», aggiunsi titubante.

     «Sì, sì, ci sarebbe una cosa»

 

 

     Uscii dall’ambulatorio e vidi che Solas era ancora esattamente dove l’avevo lasciato.

     «Ero preoccupato per la tua incolumità», disse, «Temevo che Adan avrebbe trascinato anche te nella sua spirale di ingiustificato rancore».

     «Non che non ci abbia provato», risposi.

     «La ferita?».

     «Necessita di un ulteriore impiastro, sembrerebbe. Devo andare a raccogliere della radice elfica, sperando di trovarla in mezzo a tutta questa neve».

     «Penso che Cassandra si offenderebbe se non ti accompagnassi. Dopotutto, visti i recenti avvenimenti, nessuno è al sicuro. Anche se forse un mago eretico a fare da guardaspalle è un’altra cosa che Heaven non è abituata a vedere».

      «Ho la sensazione che non sarò l’Araldo ancora per molto, tanto vale esercitare il mio divin potere», sorrisi. «Andiamo a dare scandalo».

 

     Mi scortò silenziosamente in giro per la cittadina, osservando senza dare nell’occhio ogni mia reazione. Incontrammo fedelissimi in ogni angolo, impegnati a comporre silenziosi omaggi, ma anche persone più amichevoli che desideravano solo scambiare qualche parola con me. Threnn venne a spiegarmi il funzionamento degli approvvigionamenti, Seggrit il mercante mi diede l’arco migliore che aveva, in funzione della mia prima lezione di difesa personale. Ci inoltrammo poi al di fuori delle mura, dove ebbi il piacere di conoscere Harrit il fabbro che, scambiandomi (non a caso) per una serva mi chiese di andargli a prendere dei materiali. Non mi stupii più di tanto, eppure Solas sembrava essersi irrigidito.

     Tutto attorno a noi vi erano soldati intenti a esercitarsi nelle armi; vedendone così tanti combattere tra di loro, anche se per finta, percepii per la prima volta l’estensione dell’emergenza tutto attorno a noi.

     Il punto indicato da Adan era poco più lontano. Ci inerpicammo verso il limitare del bosco, sospinti dall’aria fredda. I miei stivali nuovi bucavano facilmente la neve, procedevamo spediti tra gli alberi in cerca di piccole foglie superstiti.

     A Denerim non avevo mai visto niente di simile; il manto bianco che copriva tutto, il rumore dei nostri passi, la brillantezza dei piccoli granelli di ghiaccio che volteggiavano giù dai pini. Tutto mi sembrava magico.

     «Non mi sembravi stupita prima per come Harrit si è rivolto a te», disse Solas, interrompendo il filo dei miei pensieri.

     «Avrei dovuto?», chiesi. «Sono un’elfa, sono cresciuta in un enclave, questo è il trattamento a cui sono abituata. È semplicemente così che gira il mondo».

     «E non ti distuba?». Mi presi un momento per riflettere.

     «Mia madre era una Dalish. Si innamorò di un altro elfo, il servo di un lord che era di stanza vicino al loro accampamento. Ebbe la grande idea di giacere con lui. Il risultato puoi vederlo con i tuoi occhi», gli lanciai un’occhiata. «Il punto è che quell’elfo, quando mia madre gli riferì la notizia, non volle prendersi le sue responsabilità e le spezzò il cuore, eppure questo non fu il problema maggiore. Penso sappia anche tu come funzionano i Dalish: appena il capo clan venne a conoscenza della cosa diseredò mia madre, dandole appena il tempo di partorirmi in sicurezza. Finì a crescermi nell’enclave di Denerim, tra fame e abusi. Eppure, in mezzo a tutto quel disastro, riuscì a trovare una comunità che era disposta ad aiutarci. Si fecero in quattro per trovarle un lavoro e crescermi, era come se non avessimo mai abbandonato gli aravel. Ho conosciuto l’amore nell’enclave, il valore dell’aiutarsi, sono stata cresciuta da molte famiglie con dolcezza infinita. Sono finita poi a lavorare per una famiglia rispettosa, conosco persone a cui è andata mille volta peggio. Per rispondere alla tua domanda: sì, mi disturba, ma fino a pochi giorni fa non avrei potuto fare nulla per cambiare la situazione. Mi è stato insegnato a vedere il buono nelle situazioni, altrimenti sarebbe incredibilmente facile perdere il contatto».

     Vidi Solas piegarsi e scavare per raccogliere la prima radice elfica della giornata.

     «Tu piuttosto, come sei finito qui?», gli chiesi. Accennò un sorriso sghembo mentre toglieva la neve rimasta impigliata tra le foglie.

     «Il Conclave sarebbe dovuto essere un evento significativo per tutti. In qualche modo perverso lo è stato. Ero curioso».

     «Tutto qui? Mi sembra un po’ azzardato».

     «Forse. Tra una folla simile contavo di passare inosservato, e così è stato».

     «Fino a quando non hai deciso di salvarmi la vita, esponendoti al pericolo».

     «Dovere», rispose lui, sorridendo più apertamente. Avrei voluto insistere, chiedere di più. Gli avevo raccontato in breve tutta la mia vita e lui invece sembrava restio a condividere la sua.

     «Non ti giudico, sai? Prometto che non spiffererò nulla alle alte sfere dell’inquisizione», dissi, sperando di incoraggiarlo. Seguì un momento di silenzio. Ritornò serio e, mentre continuavamo a passeggiare nella landa di neve e giacchio, iniziò il racconto.

     «Sono cresciuto in un paesino a nord. C’era veramente poco da fare, specialmente… specialmente per qualcuno dotato come me della magia. Ma mentre dormivo, gli spiriti dell’oblio mi hanno mostrato scorci di meraviglie che non avrei mai potuto immaginare. Ho fatto tesoro dei miei sogni. Stare sveglio, vivere al di fuori dei sogni, divenne… complesso»

     «E gli spiriti non ti hanno mai tentato?», mi morsi la lingua. Non avrei dovuto interromperlo, avevo paura che non avrebbe ripreso a parlare liberamente.

     «Non più di quanto un frutto fresco e colorato ti inviti ad assaggiarlo», rispose. «Ho imparato a difendermi dagli spiriti più aggressivi e a interagire in maniera sicura con tutti gli altri. Ho imparato a controllare i miei sogni restando pienamente cosciente. C’erano così tante cose che volevo esplorare… Finché non fui più in grado di trovare nuove aree dell’oblio. L’oblio riflette il mondo che esiste in quel determinato spazio, se non avessi cominciato a viaggiare non avrei potuto trovare niente di nuovo».

     Continuammo a camminare. Guardavo per terra, incredula. Non mi ero mai interrogata su cosa significasse veramente la magia, su cosa fosse l’oblio, sul potere degli spiriti. La mia conoscenza dei fenomeni che vanno a comporre il mondo era limitatissima, eppure Solas me ne parlava come se fosse la cosa più normale del mondo, più reale dei miei guanti, zuppi di neve nel tentativo di estrarre un'altra radice.

     «Questo mondo, o la sua memoria, si riflette nell’oblio. Se provi a sognare sull’orlo di una città in rovina potresti vederla in tutto il suo antico splendore. I luoghi migliori sono i campi di battaglia, il Velo lì è così sottile che si può oltrepassare anche solo con il pensiero», continuò.

     «Per esempio?»

     «Ho sognato ad Ostagar. Assistere alla brutalità della prole oscura, vedere i custodi grigi venir travolti… Ho visto Re Alistair e l’Eroina del Ferelden accendere il fuoco di segnalazione, l’infausto tradimento dell’armata di Cailan».

     «Ma è incredibile!», esclamai, «Allora hai visto cos’è successo veramente».

     «Non proprio. Nell’oblio vedo spiriti che hanno reagito alle emozioni dei soldati. Un momento prima vedo degli eroi accendere il fuoco mentre Loghain tradisce il suo amato re, il momento dopo vedo un esercito sopraffatto e un veterano che decide di salvare i pochi soldati rimasti rifiutando di combattere».

     «E non riesci a determinare cosa sia reale?»

     «È l’oblio», rispose con un sorriso, «Tutto è reale».

 

 

     Trovammo le radici elfiche mancanti e ci imbattemmo nella casa di Taigen, il maestro di Adan, sventuratamente perito nel Conclave. Completai la missione segreta assegnatami dall’alchimista ritrovando i suoi appunti misteriosi, relativi a un intruglio ancora più misterioso.

     «Solas», dissi allora, «Tutto quello che mi hai detto è incredibile». Mi guardò nello stesso modo di sempre, radiografando ogni dettaglio visibile e invisibile. Tra vento e neve i suoi occhi erano braci in pieno inverno. Si convinse della mia sincerità.

     «Non ti spaventa?», chiese.

     «Dovrebbe?», risposi io. Sorrise.

     «No».

     «Vuoi sapere cosa mi spaventa davvero?»

     «Cosa?»

     «La faccia del Comandante Cullen quando scoprirà che non ho nessuna speranza nel tiro con l’arco».  

 

 

 

 

 

  
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