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Autore: GReina    17/04/2021    2 recensioni
[Iwaoi | Kuroken | Daisuga | Tsukkiyama | Bokuaka | Sakuatsu + accenni di Kagehina | Tanakiyo].
Haikyuu ad Hogwarts: segue le vicende dei nostri protagonisti per un anno (quinto per Hinata e co; settimo per Daichi e co).
Daichi è il papà di tutti i Grifondoro e Suga la mamma dei Corvonero; Kenma nasconde un segreto; Oikawa è paranoico; Tsukishima è irritato (be', non è una sorpresa!); Sakusa vuole liberarsi di Atsumu; Osamu e il suo amore per il cibo sono l'unica certezza. Venite a scoprire il resto!
Genere: Demenziale, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hogwarts' Series'
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ATTENZIONE! A questo capitolo ne seguirà un altro che pubblicherò domani (domenica 18). Non perdetevelo!
 
Hinata
Non poteva credere che Kageyama avesse ottenuto uno stage migliore del suo!! Hinata ci aveva pensato per tutto il tragitto da Hogwarts fino in Scozia, dove si sarebbe tenuto lo stage organizzato dal professor Washijo per coloro interessati a perseguire una carriera nel Quidditch in modo che trovassero appoggi per il futuro.
Il grifondoro non stava simpatico al professore di Difesa, questo non era un segreto. Quando aveva scoperto che lo stage era stato organizzato da lui, Hinata non si era potuto impedire di tremare dalla paura. La squadra che aveva invitato Kageyama era esclusiva e non c’era possibilità per lui di accedervi, quindi non gli rimaneva che l’opzione della Scozia. Era stato il professor Takeda a tranquillizzarlo: “Il professor Washijo non può certo impedire a uno studente di partecipare per mera antipatia!” quindi, tenendo anche bene a mente i racconti del quinto anno di Bokuto e del suo stage, si era fatto coraggio e aveva affrontato il professore. Con la divisa sportiva addosso e la scopa in spalla, adesso, non poteva che sentirsi soddisfatto della propria intraprendenza. Per giorni non aveva fatto altro che rammaricarsi ed insultare in silenzio Kageyama per la sua fortuna, ma una volta messo piede nel principale stadio d’allenamento del Paese, tutto fu dimenticato.
“Ci osserveranno squadre che giocano a livello Nazionale!!” sebbene lo sapesse da settimane, ebbe l’epifania solo in quel momento “Chi se ne importa di Stupiyama e del suo corso per giovani dotati?”, ma se aveva creduto d’incontrare subito dei giocatori professionisti, si era sbagliato. Prima di tutto i ragazzi di Hogwarts si unirono a quei pochi di Durmstrang che erano giunti fino a lì, dopodiché furono fatti riscaldare nella piccola ma ben allestita palestra del campo sportivo, e solo allora fu il turno di entrare nello stadio vero e proprio. A quella vista, subito, nella mente di Hinata riaffiorarono i ricordi dell’unica partita della Coppa del Mondo a cui aveva assistito: Meian e Tomas che colpivano i bolidi con le loro mazze, Barnes che proteggeva gli anelli, Romero che dribblava con incredibile facilità, Sokolov che segnava. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza Kenma per averlo invitato a vedere quell’incontro con lui. Era ancora perso nel ricordo di quel giorno: al campeggio dei tifosi; alla passaporta che li aveva condotti lì; a Tanaka e Noya incontrati per caso tra gli spalti, e fu solo grazie a un ragazzo di Durmstrang che Hinata tornò alla realtà.
“È raro per me essere con i piedi per terra e poter guardare un avversario senza alzare lo sguardo!” il tono dello studente che Hinata si ritrovò davanti gli era sembrato scherzoso, ma al grifondoro era bastata un’occhiata per capire che se anche solo avesse provato a ridere della sua altezza l’avrebbe pagata cara, quindi tacque.
“E quindi anche tu giochi da cercatore?” gli chiese lo straniero. Shoyo lo guardò sorpreso, quindi l’altro indicò Goshiki “Me lo ha detto il tuo amico. Pare che saremo in molti a volerci fare notare con quel ruolo!” lo guardò con sfida.
“Mi chiamo Korai, comunque. Korai Hoshiumi.” tese la mano ed Hinata, dopo appena un attimo di esitazione, la strinse. “Sei titolare nella tua squadra?” continuò l’albino. Ancora incapace di parlare per la troppa tensione, Hinata annuì. “Sono curioso di vederti giocare…”
Ah! Shoyo Hinata!”
“…Hinata.” concluse l’altro. “Vediamo se sei davvero alla mia altezza.” rise per nulla divertito “Vediamo chi dei due è più adatto ad essere chiamato il Piccolo Gigante.” Hinata spalancò gli occhi.
“Ma quel soprannome-!?” pensò; come faceva un ragazzo di Durmstrang a conoscerlo? Il grifondoro non ebbe tempo di chiederglielo, perché i giocatori professionisti entrarono in campo.
 
Da anni Hinata non faceva altro che aspettare un’occasione del genere, e adesso che vi era totalmente immerso, non riusciva ancora a crederci! Per quanto appassionato, in vita sua era riuscito ad assistere ad una sola partita importante di Quidditch, accontentandosi per il resto di ascoltare le squadre giocare in radio. Non aveva idea di cosa aspettarsi, quindi, quando Washijo l’aveva informato – forse a malincuore – che anche lui era stato ammesso allo stage.
Il cuore gli batteva forte, il corpo gli tremava d’eccitazione, le sue labbra non riuscivano a smettere di sorridere e i suoi occhi di brillare. La Federazione Sportiva del Paese aveva invitato molti atleti importanti, ma i professori li avevano avvertiti: i fondi erano pochi e l’intervento dei giocatori professionisti praticamente non retribuito. In pochi si sarebbero scomodati per raggiungerli.
“Pochi??” si ritrovò a pensare Hinata guardandoli sfrecciare dentro il campo in sella alle proprie scope. Divise dei Black Jackals, dei Sendai Frogs, degli Schweiden Adlers, degli EJP Raijin e dei Red Falcons invasero lo stadio. Tutti i ragazzi li guardarono volare rapiti per molti minuti prima che si decidessero ad atterrare. Fu solo allora che tutti notarono una figura solitaria che stava attraversando il campo a piedi e fu lo stesso a prendere la parola una volta arrivato davanti al gruppo:
“Immagino che nessuno di voi mi conosca. Il mio nome e Fuki Hibarida, il mio lavoro è quello di trovare giovani talentuosi per poterli rendere perfetti giocatori di Quidditch, ed ecco perché voi siete qui.” il petto di Hinata si gonfiò d’orgoglio mentre l’uomo continuava “Questi sono tra gli uomini più capaci nel volo che io abbia mai visto.” indicò i professionisti che aveva accanto “Oggi giocherete con loro. Capisco che possiate essere emozionati, ma cercate di giocare come sempre! Mostrateci di che stoffa siete fatti.” tutta l’ansia di Shoyo sembrava ad un tratto essere svanita nel nulla, tutto ciò che era in grado di fare era saltare sul posto impaziente di cominciare. Hibarida lo vide e sorrise, poi fece cenno ai giocatori che si sparpagliarono per il campo.
I ragazzi furono divisi in gruppi e sfortunatamente Hinata non capitò in quello che avrebbe giocato per primo. Osservò quindi le azioni da bordo campo; i suoi occhi scattavano da un punto all’altro, indecisi su quale giocatore seguire, se i battitori dei Red Falcons che colpivano i bolidi con una velocità, forza e precisione micidiali o Romero che evitava con facilità le sfere impazzite; se i cacciatori dei Frogs che eseguivano una perfetta Thimblerig Shuffle o il portiere dei Black Jackals che rimaneva appeso alla scopa solo con una mano per poter arrivare alla pluffa con il piede destro ed evitare che gli avversari segnassero. Il primo gruppo dovette cedere il passo al secondo perché Hinata si rendesse conto di non aver prestato la minima attenzione a nessuno dei due cercatori in campo. Ancora costretto sugli spalti, il grifondoro scosse la testa con energia e si impose di focalizzarsi sui giocatori che ricoprivano il suo stesso ruolo.
“Certo che i cercatori giocano molte meno azioni rispetto agli altri!” l’aveva sempre saputo, e allora perché ci pensava soltanto adesso? Assistendo solo a partite a livello scolastico Hinata non aveva avuto modo di pensarci fino in fondo, ma in quel momento la domanda gli sorse spontanea: “Perché ho scelto di diventare un cercatore?” voleva seguire le orme del Piccolo Gigante, quello era ovvio “E volevo battere Kageyama.” concluse la propria risposta. Solo allora si rese conto di quanto poco significante fosse stata la sua scelta.
Si maledisse per quei pensieri: “Io amo giocare da cercatore!!”
“Ma non sono forse i giocatori che riescono a ricoprire diversi ruoli i più fighi?” controbatté un’altra parte di sé. “Se Kageyama è figo quanto può esserlo un Re, un giocatore come Oikawa allora è un Grande Re!” si ritrovò a sorridere per quegli strani nomignoli usciti fuori dal nulla sebbene azzeccati.
“Sì,” si convinse “io voglio provare anche altro!” osservò i battitori, i portieri, i cacciatori; osservò ogni ruolo.
“Prima, però…” puntò la propria attenzione sui cercatori “sarà meglio battere Kageyama al suo stesso gioco”.
 
***
Shittykawa
Oikawa era già di malumore senza che nessun allenamento straordinario si mettesse di mezzo. La partita contro i Corvonero sarebbe stata tra poco e sicuramente Oikawa non aveva intenzione di sottovalutare Sakusa e la sua squadra, ma organizzare un allenamento extra solo perché Tsukishima era mancato al precedente gli sembrava eccessivo.
“Siamo anche primi in graduatoria!” pensò con stizza “Certo che Ushiwaka avrebbe potuto lasciarci almeno il sabato mattina libero”.
Era a metà strada tra la scuola e il Campo di Quidditch quando la voce di Iwaizumi lo raggiunse. Una morsa si chiuse sullo stomaco del serpeverde. La tensione che c’era tra lui e il suo ragazzo era talmente densa da poterla tagliare con un coltello e se c’era un momento per Oikawa di parlare con Iwaizumi, sicuramente quello non era quando uno dei due – se non entrambi – era nervoso e di malumore come Oikawa lo era quella mattina.
Si costrinse comunque ad arrestarsi e a voltarsi verso il grifondoro.
“Finalmente ti trovo da solo!” gli disse quello non appena lo raggiunse. Il suo tono era arrabbiato, quasi accusatorio.
“Non mi sembra che io sia l’unico a stare evitando l’altro. O vuoi dirmi che non sparisci apposta in stanze affollate quando cerco di parlarti?” sapevano entrambi a quale episodio si stesse riferendo. Iwaizumi esitò, poi tornò all’attacco:
“Ti ho aspettato al nostro solito posto ad Hogsmeade. Non sei venuto.” Oikawa strinse i pugni: “No, non sono venuto.” pensò. Stava per farlo, ma poi qualcosa l’aveva trattenuto: “E se non trovassi lì Iwaizumi?” ricordò di aver pensato. Erano giorni che il suo ragazzo lo evitava e non voleva scoprire di essere stato lasciato solo.
“Quindi tu hai lasciato solo lui!!” si rimproverò mentalmente.
“Tendou e Wakatoshi erano nella strada maestra.” ricordò però a sé stesso “Avrebbero potuto seguirmi e scoprire tutto.”
“Avrebbero. Forse.” sottolineò l’altra voce nella sua testa.
“Sono mesi che ti rifiuti anche d’incontrarmi nella radura della Foresta.” in mancanza di una risposta Iwaizumi aveva continuato. Oikawa sollevò di scatto lo sguardo che poco prima aveva abbassato. Non aveva detto ad Iwaizumi che Miya li aveva visti ed era deciso ancora a non farlo: “Non lo farò diventare anche un suo problema”.
“Ti comporti così a causa di Atsumu?” a quelle parole, il cuore di Oikawa mancò un battito e una corrente gelata parve attraversargli tutto il corpo.
“C-che” balbettò “che cosa ti ha detto!” concluse più duro di quanto avesse voluto. Hajime assottigliò lo sguardo e strinse i pugni.
“Dovresti essere tu a dirmi cosa sta succedendo! Credi che non mi sia accorto di come ti comporti con lui??” Oikawa ripensò a quando Iwaizumi l’aveva sorpreso a provocare Miya in corridoio. Era stato allora che era fuggito in Sala Grande impedendogli di spiegare.
Imitando il grifondoro, anche Oikawa assottigliò lo sguardo.
“Adesso ti interessa?” pensò, invece guardò il proprio orologio e disse: “Adesso non ho tempo per queste cose. Farò tardi all’allenamento.”
“Queste cose??” lo fece a stento finire l’altro “È della nostra relazione che stiamo parlando! Ma il Quidditch è più importante, vero!?” e prima che Oikawa potesse rispondere, Iwaizumi gli voltò le spalle e andò via. Il serpeverde lanciò in aria un’imprecazione; guardò prima il campo d’allenamento, poi Iwaizumi.
“Fanculo.” disse arrabbiato “Non è il momento giusto per parlare di queste cose.” si sistemò meglio la scopa in spalla e proseguì verso il Campo di Quidditch.
 
***
(un sempre più esaurito e disperato) Daichi
Quella mattina Daichi aveva salutato Suga e aveva raggiunto il resto dei ragazzi del settimo anno ad Hogsmeade dove avrebbero preso l’espresso per andare a Londra. Durante il viaggio, Kuroo e Bokuto non fecero altro che insultarlo per quei saluti ed insinuare ad ogni sua espressione corrucciata che il caposcuola fosse depresso per l’assenza del corvonero.
“Sono depresso perché devo sorbirmi questo viaggio con voi!” rispondeva ogni volta per poi aggiungere solo per sé stesso “E anche perché Suga non è qui”.
Come aveva fatto ogni anno sin dal quinto, la scuola aveva organizzato loro uno stage in modo che potessero capire che tipo di lavoro avrebbero voluto fare una volta lasciata Hogwarts. Quello sarebbe stato il turno del Ministero della Magia. I professori avevano insistito per quello stage più che per qualsiasi altro, perché il Ministero aveva così tanti tipi differenti di impieghi da soddisfare le idee per il futuro di praticamente tutti gli studenti.
“Ma non di Suga.” si ripeté Daichi per l’ennesima volta. Il corvonero era più che deciso a diventare insegnante “E se non dovessi riuscirci” gli aveva detto solo pochi giorni prima “cercherei comunque un impiego simile. Nulla che il Ministero possa offrirmi.” il suo ragazzo era quindi stato uno dei pochi del loro anno a non unirsi alla gita. Si aggiungevano Oikawa, che aveva già ottenuto un invito ufficiale per la panchina di un’importantissima squadra di Quidditch; Asahi, che aveva semplicemente affermato “Il Ministero della Magia non fa per me”; e Aran, che avrebbe ereditato l’attività di famiglia.
Daichi si fingeva ovviamente più disperato di quanto in realtà non fosse senza Suga. Sarebbe stato via solo tre giorni scarsi e in compagnia dei suoi amici. Tuttavia, guardando i propri compagni davanti a sé, non poté impedirsi di pensare che quella gita prometteva essere peggio di quanto non avesse pensato solo il giorno prima: Kuroo e Bokuto erano naturalmente eccitati “Ma anche troppo.” pensò. Sarebbe stato difficile tenerli in riga in un posto serio come il Ministero. Shimizu aveva fatto strada con lui fino alla stazione di Hogmeade, ma poi l’aveva salutato e sembrava avere tutta l’intenzione di passare il resto della giornata con i compagni della sua Casa. Infine, Iwaizumi sembra triste più che mai; era taciturno, di malumore e suscettibile. Daichi, quindi, si ritrovò ancora una volta a sospirare e Bokuto e Kuroo non mancarono d’insultarlo per questo.
Era sera quando raggiunsero King’s Cross; i professori li guidarono per le strade di Londra fino al luogo in cui avrebbero alloggiato per la notte. Il caposcuola divise la camera con Iwaizumi e – mentre lentamente scivolava nel sonno – si ritrovò a pensare che tutto sommato poteva andargli peggio. Nonostante la stanza d’albergo mai vista prima e l’eccitazione che gli scorreva nelle vene al pensiero dello stage dell’indomani, Daichi riuscì presto e con tranquillità ad addormentarsi non rimpiangendo affatto la stanza accanto dove – avrebbe potuto scommetterci la vita – Bokuto non stava dando pace a Kuroo.
 
Ad accoglierli nell’atrio d’ingresso del Ministero fu un giovane impiegato di nome Tsukishima. Daichi non ci mise molto a collegare quel cognome al portiere serpeverde, eppure non avrebbe potuto affermare con certezza che fossero imparentati. L’uno sembrava l’opposto dell’altro: se Kei era duro, preciso e introverso, il giovane uomo che Daichi si ritrovò davanti era solare, amichevole e – ne ebbe conferma un’ora più tardi – distratto.
Avevano finito di visitare l’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici, quello per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche, quello sull’Applicazione della Legge sulla Magia e per la Cooperazione Magica Internazionale. Si trovavano adesso in una strana stanza circolare pronti per visitare l’Ufficio Misteri quando all’improvviso Tsukishima si arrestò.
“Ho dimenticato i permessi speciali per accedere a questa parte del Ministero.” spiegò. Daichi non si stupì del fatto che nonostante il loro fosse un gruppo organizzato da Hogwarts avrebbero avuto bisogno di ogni genere di scartoffie per poter proseguire lì il loro giro. “Voi restate qui.” aveva continuato l’impiegato dopo appena un momento di esitazione. “Vado e torno in un baleno!” stava per lasciare la stanza quando si voltò per un ultimo avvertimento: “Dico sul serio, non muovetevi o potreste perdervi.” Daichi annuì e vide gran parte degli altri fare lo stesso. Stavano aspettando solo da pochi minuti quando a un tratto la stanza iniziò a ruotare. Gli studenti persero l’equilibrio e si ritrovarono a terra. Fu solo quando si fu rialzato che ebbe la capacità di chiedere cosa fosse successo. Nessuno dei suoi compagni fu in grado di rispondergli fino a che Kuroo non gli toccò la spalla con urgenza:
“Dov’è Bokuto?” il che spiegò il resto. Tutti presero a guardarsi intorno, ma non c’era traccia del grifondoro.
“Avrà varcato una delle porte.” fu l’ipotesi di Kita, l’unica che avesse senso. Daichi sospirò prima di passarsi una mano sul volto.
“Vado a cercarlo.” disse subito e con impeto Kuroo mentre raggiungeva a grandi passi la porta più vicina. Iwaizumi fu il più rapido e lo bloccò.
“Sei impazzito?” gli disse “Ti prederai anche tu.”
“E allora? È il mio migliore amico!”
“Non è che sia in pericolo o altro.” cercò di farlo ragionare Yaku “Non ci avrebbero lasciati qui da soli, altrimenti.” Kuroo parve irritarsi.
“Ah sì? Perché a te la nostra guida sembra affidabile su questo?”
“Sto solo dicendo che è meglio aspettare! Peggiorerai solo le cose.”
“Ha ragione.” si aggiunse Daichi prima che Kuroo potesse ribattere ancora, ed anche Komi, Wakatoshi e Shimizu furono d’accordo con lui. Il grifondoro era troppo impegnato a parlare con quest’ultima di quanto fosse impulsivo Bokuto perché potesse accorgersi di cosa stesse facendo Kuroo.
“Accidenti!!” sentì l’esclamazione di Iwaizumi “Daichi!!” lo chiamò disperato mentre Kuroo afferrava una maniglia e Iwaizumi la toga dell’amico. Il Caposcuola si precipitò da loro, ma era troppo tardi. Kuroo aveva già aperto la porta e tutti e tre furono spinti all’interno come attirati da un forte magnete. La porta si chiuse dietro di loro e poi scomparve.
 
***
Iwaizumi
La stanza che gli si parò davanti era fredda e totalmente vuota tranne che per il singolo oggetto che regnava al suo centro. Ci doveva per forza essere un’altra porta nei paraggi, ma tutti e tre i grifondoro non ebbero occhi che per quello che aveva tutta l’aria di essere uno specchio. Kuroo fu il primo a raggiungerlo e a specchiarcisi dentro. Iwaizumi poté vedere il suo volto diventare rosso fuoco e poi sbiancare improvvisamente. Si voltò verso gli altri due e aprì le braccia in modo tale che a Daichi e Iwaizumi fosse nascosto tutto ciò che lo specchio stava riflettendo.
“State indietro!” intimò l’amico “Distogliete gli occhi, non guardate! Solo io posso vedere Kenma vestito in questo modo!!” Iwaizumi corrucciò gli occhi senza capire. Tutto ciò che vedeva – nella porzione di specchio lasciata libera da Kuroo – erano solo loro tre all’interno della stanza vuota.
“Ma che stai dicendo.” disse nel frattempo Daichi. “Non può esserci Kenma riflesso là dentro.” continuò avanzando. Kuroo perse la testa all’idea che Daichi potesse vedere qualcosa, si lanciò addosso al capitano e insieme caddero per terra. Iwaizumi rimase solo davanti allo specchio e il riflesso cambiò. Il ragazzo spalancò gli occhi, poi si girò verso Daichi e Kuroo per assicurarsi che non stessero vedendo la scena che aveva davanti.
Non ci volle molto a Iwaizumi per capire che ognuno di loro vedesse qualcosa di diverso. Non per questo fu meno agitato mentre continuava ad osservare ammaliato quello che non dubitava essere il suo più grande sogno.
Erano in Sala Grande. Doveva essere un’occasione speciale, perché tutta la scuola sembrava essere riunita lì. Erano in corso dei festeggiamenti, o se non era così comunque tutti sembravano felici. Iwaizumi era attorniato dai propri amici, stavano scherzando e ridendo insieme quando a loro si era avvicinato anche Oikawa. La scena sembrava quotidiana, familiare, come se i suoi amici e l’intera scuola fossero abituati a vederli insieme. Oikawa gli sorrise e Iwaizumi – nello specchio e anche fuori – rispose con un sorriso altrettanto bello e felice. Poi si baciarono. In molti si voltarono verso di loro, altri non li notarono. In ogni caso nessuno sembrava farsi problemi riguardo alla loro relazione perché era normale, scontato che loro due si baciassero. Era giusto così.
“Sì,” pensò con tristezza mentre perdeva il sorriso che gli era sorto spontaneo “è sicuramente il mio più grande sogno.” ammise, poi pensò ad Oikawa e al suo atteggiamento degli ultimi giorni “Probabilmente però sono solo io”.
Trasalì quando Daichi e Kuroo tornarono al suo fianco. Il Caposcuola era finalmente riuscito a evadere il placcaggio di Kuroo e si era alzato. Subito, l’immagine riflessa sparì e all’interno dello specchio tornarono ad esserci solo loro tre. Iwaizumi sospirò silenziosamente e si allontanò prima che gli altri potessero vedere quanto il proprio umore fosse cambiato. Kuroo lo seguì immediatamente per interrogarlo su cosa avesse visto.
“Non c’era Kenma, ti dico!!” ripeté ancora “Ho solo visto…” ci mise un secondo di troppo per trovare qualcosa da dire: “la mia famiglia, i miei nonni. Cose così.”
“Credo che mostri qualcosa di diverso per ognuno di noi.” disse Daichi raggiungendoli. Kuroo sembrava stesse per chiedergli cosa avesse visto lui, ma il capitano lo anticipò parlando per primo:
“Forza. Lì c’è una porta, proviamo ad aprirla”.
Dovettero attraversare una stanza totalmente buia e apparentemente priva di oggetti al suo interno; una stanza tappezzata di quadri alle pareti, ma anche sul pavimento e sul soffitto senza che un solo spiraglio fosse lasciato tra una cornice e l’altra; una stanza piena di vasche con cervelli che vi galleggiavano dentro; un’altra in cui la gravità mancava e ancora una in cui si faticava a respirare. Solo allora riuscirono a tornare al punto di partenza. Tutti i loro compagni di scuola erano ancora lì apparentemente ad aspettare Tsukishima.
“Ragazzi, finalmente!” esclamò Bokuto. Stava tenendo un cervello in mano, i tentacoli argentei di questo gli si erano attorcigliati alle maniche della toga, ma lui non sembrava curarsene e lo accarezzava invece come fosse un tenero animaletto. “Ma dove siete stati?” chiese l’albino quasi volesse biasimarli per essersi allontanati. Iwaizumi ringhiò sommessamente, poi Akiteru Tsukishima fece il suo ingresso.
“Eccomi, ragazzi. Scusate se ci ho messo tanto.” Bokuto nascose subito il cervello dietro la schiena e Iwaizumi si ritrovò a pensare che se non altro l’amico aveva avuto la decenza di nascondere i propri pasticci.
Quindi rifecero – o per meglio dire – iniziarono il giro all’Ufficio Misteri. Videro tutte le stanze in cui erano già stati ed alcune che ancora invece non conoscevano; Kuroo convinse persino Bokuto a lasciare nella stanza giusta il cervello che teneva ancora nascosto sotto la tunica, infine giunsero allo Specchio.
“È meglio non indugiare troppo in questa stanza.” disse Tsukishima mantenendo il gruppo lontano dal centro. “Quello che vedete e lo Specchio Emarb, anche conosciuto come Specchio delle Brame. Mostra ad ognuno di noi ciò che il nostro cuore desidera di più. Può sembrare affascinante, ma in realtà è molto pericoloso. Molti uomini sono impazziti guardandoci dentro; può fare perdere noi stessi.” tutto il gruppo non poté che guardare l’impiegato con occhi spalancati finché questi non aggiunse: “Chi non vorrebbe vivere all’interno del proprio più grande desiderio?”. Spiegò anche loro che lo Specchio era stato ospitato ad Hogwarts per alcuni anni, ma che poi era stato trasferito lì, in un luogo che fosse più sicuro e lontano dagli occhi di tutti. Iwaizumi, Daichi e Kuroo stavano seguendo il gruppo in silenzio quando l’ultimo parlò:
“Fingiamo di non aver mai visto niente?”
“Assolutamente.”
“Sì, completamente d’accordo.” risposero insieme.
Lasciarono la stanza e nessuno di loro mai più parlò di quell’evento.

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n.a.
abbiate pazienza, scoprirete cosa hanno visto tutti in un modo o nell’altro!
   
 
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