Anime & Manga > Haikyu!!
Segui la storia  |       
Autore: Memel    20/04/2021    20 recensioni
Ci sono storie che non possono essere cambiate, o aggiustate.
Non importa il numero di cancellature e riscritture, per quanto possiamo impegnarci il finale non cambia.
In questi casi la cosa migliore da fare è abbandonarle, accettare la sconfitta e ricominciare.
Ci sarà sempre una nuova pagina bianca ad attenderci, l’inizio di un nuovo capitolo, di una nuova storia.
~
Tratto dal prologo:
Fu soprattutto Bokuto ad attirare completamente la sua attenzione: imprimeva in ogni azione tutta la potenza che il suo corpo gli permetteva, e la sua passione traboccava da ogni sguardo ed esclamazione durante il gioco.
Sembrava davvero la persona più felice del mondo, intento a fare ciò che più amava e per cui era portato.
Era davvero al posto giusto, nel momento giusto.

[Characters Study / IC / OCxCanon + SideBokuAka]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A P R I L E

卯月

 

 tracks n°4-5 
chapter pic: 

Nori 1 ; 2 ; 3

 

Era ormai aprile inoltrato e i colori degli alberi viravano ogni giorno sempre di più al verde, mentre i petali rosa dei ciliegi andavano via via scomparendo.

L’Accademia Fukurodani era ancora buia e addormentata quando Nori arrivò, cosa che la fece rabbrividire sotto al cappotto spesso: non era mai stata una fan degli allenamenti mattutini, soprattutto quando le mattine erano ancora così cupe e fredde, e il letto così caldo e invitante. 

Bevve l’ultimo sorso del cappuccino ormai tiepido preso per strada e si avviò verso la palestra 3, battendo teatralmente i denti.

Le luci erano già accese: Nori aveva imparato molto presto che era quasi impossibile arrivare in anticipo agli allenamenti, perché era praticamente impensabile battere quello stakanovista di Kotaro Bokuto, tanto che si era spesso chiesta se non dormisse direttamente lì dentro dato che non si scollava mai dal campo.

“Ehi Shikako-san! Buongiorno!” Bokuto si voltò di scatto, sorridendole festoso, mancando così la palla lanciata da Akaashi che finì a pochi centimetri dalla faccia di Nori, sulla parete affianco a lei.

Lei non ci fece caso, raccolse la palla e gliela lanciò, ignorando le sue scuse: aveva ancora troppo sonno per dargli corda.

Kotaro la guardò sospirando, sovrappensiero.

“Akaaashiii, pensi che a Shikako io stia antipatico?” esclamò, sbuffando drammaticamente come spesso faceva

Akaashi studiò Bokuto prima di rispondergli: era raro, ma non impossibile, per lui entrare in emo-mode per questioni non legate alla pallavolo perciò la cosa lo insospettì. Poi gli venne in mente di quella volta che Bokuto si era chiuso negli spogliatoi, disperato perché avevano tolto la sua marca di te verde preferita dalle macchinette della scuola, e non era uscito da lì finché Yukie non era tornata con un sacchetto di scorta dal konbini.

Forse non c’era motivo di preoccuparsi allora.

“Con te è gentile e parla sempre, mentre invece quando le rivolgo la parola io mi ascolta sì, ma sembra che non gli interessi molto quello che dico…” proseguì Kotaro indispettito, abbassando lo sguardo e mettendo il broncio

“Forse è perché io e lei siamo nella stessa classe e abbiamo più occasioni per parlare. E forse perché non le interessa sentirti discutere sempre di pallavolo visto che ti vede già giocare tutti giorni agli allenamenti” concluse l’amico senza tanti giri di parole 

Vedendo però che Bokuto non sembrava dargli corda ma sembrava sempre più sul punto di deprimersi cercò di salvare la situazione in corner.

“Comunque non penso che tu le stia antipatico. Secondo me Shikako-san è una ragazza gentile e disponibile con tutti, è solamente un po’ sulle sue e meno espansiva di te. Devi solo darle il tempo di abituarsi al tuo carattere e modo di fare…”

“Stai dicendo che sono una persona con un carattere difficile??” esclamò lui sbuffando offeso, per poi allontanarsi dal campo con aria sconsolata

Keiji sospirò: non ci voleva proprio un Bokuto depresso per iniziare la giornata.

 

*

 

La panchina era vuota, probabilmente Yukie e Kaori erano andate a ritirare le divise nuove visto che le stavamo aspettando da giorni.

Presi una matita dalla cartella e tentai di raccogliere parte delle mie ciocche ribelli in uno chignon, ben consapevole del fatto che si sarebbe sicuramente disfatto in 2 millisecondi, ma c’era davvero troppo caldo in quella palestra. Non capivo ancora come faceva Bokuto a tenere le ginocchiere a compressione sotto i pantaloncini, c’era un’umidità pazzesca!

Vidi che il campo si era svuotato: strano, non era da loro battere la fiacca così presto. 

Poi mi accorsi che i ragazzi si erano sdraiati da un lato a fare stretching, ma mancava il capitano: dove si era cacciato? Guardandomi intorno mi accorsi che quella testa buffa si era andata a nascondere nell’angolo opposto come se si fosse messo in castigo. Cosa stava combinando?

Akaashi sembrò leggermi nel pensiero:

“Shikako-san non fare caso a Bokuto. Forse per te è la prima volta che lo vedi così ma credimi gli capita spesso di deprimersi in modo molto teatrale. Il problema è quando succede durante una partita, ma negli altri casi cerchiamo di lasciargli smaltire la cosa prima di approcciarlo. Vedrai che ora di questo pomeriggio sarà tutto passato.”

Ma non fu così. Quando tornai dopo le lezioni vidi che la situazione non era cambiata molto.

Mi sedetti vicino a Yukie, intenta a guardare il nostro capitano in cagnesco.

“Detesto quando Bokuto-san si impunta a comportarsi così. E il bello è che questa volta non ci vuole neanche dire il motivo dietro a tutte queste scenate” 

“Vuol dire che non sai perché fa così?” chiesi, stiracchiandomi sulla panchina
 “No! E stranamente sembra che neanche Akaashi voglia dire nulla al riguardo. Se ne sta lì senza fare nulla, senza neanche intervenire come fa sempre!” sbuffò lei 

Alzai lo sguardo su Kotaro, intento a vagare per il campo con passo strascicato, la palla stretta al petto come se fosse un peluche.

Sentii che mi stava per scappare una risata e feci di tutto per rimanere seria. Ma vedere quel sempliciotto sempre pieno di energia e allegria ridotto ad uno straccio era troppo buffo e surreale. Era davvero un pessimo attore, pensai. 

Anche se la prima volta che lo avevo visto giocare mi aveva lasciato un’ottima impressione, durante i primi giorni di prova come manager Bokuto non mi era andato molto a genio: quella sicurezza spavalda che trapelava da ogni parola e gesto, quel suo essere sempre solare e pieno di energie anche alle 6 di mattina o alle 10 di sera, dopo ore di massacranti servizi, per altri poteva essere qualcosa da ammirare, ma per me, miss pigrizia fatta persona, io che nei giorni di vacanza dovevo mettermi la sveglia perché ero capace di dormire 12 ore di fila, era qualcosa di inconcepibile e a tratti irritante da vedere.

Ma quando entrava in campo era come se si trasformasse, catturando del tutto la mia attenzione e diventando fino in fondo quel giocatore forte e sicuro di sé che era stato uno dei motivi che mi aveva spinto ad entrare in squadra. Dall’impegno che metteva in ogni battuta e salto all’attenzione che imprimeva in ogni azione, dalla premura verso i suoi compagni alla sua incrollabile fede nell’essere l’asso della squadra, tutto questo lo rendeva davvero il punto di riferimento per ogni membro della Fukurodani ai miei occhi.

Perciò vederlo ora, spogliato di quella pompa magna ed aura era uno spettacolo piuttosto strano, a tratti grottesco. 

Prima che mi potessi rendere conto di quello che stavo facendo mi diressi verso di lui, decisa a capire il motivo di tanto scombussolamento.

Lui non parve accorgersi di me, tanto che quando lo chiamai sobbalzò e mi guardo come se avesse visto un fantasma, cosa che mi costrinse a reprimere nuovamente le risate, con molta fatica aggiungerei.

“Bokuto-senpai, va tutto bene?” 

Ecco la parolina magica che ero sicura lo avrebbe costretto a deporre le armi: sapevo che tutti gli studenti del terzo anno, e lui in modo particolare, si scioglievano come ghiaccioli al sole quando venivano chiamati così dai loro kohai.

Lui ovviamente si comportò come da copione.

“Sh-Shikako-san!” esclamò bloccandosi come se avesse ricevuto una scossa

Sembrava stesse lentamente assimilando la mia frase, parola dopo parola, ma poi sbarrò gli occhi come se una rivelazione importante lo avesse colpito.

“Lo sapevo! Era impossibile che non ti potessi piacere!” esclamò con sicurezza, ritornando in sé 

“Akaashiiiii, avevi ragione! Nori-san mi ha chiamato senpai e mi ha chiesto come stavo! Non le sto antipatico!!” urlò all’altro lato del campo per farsi sentire dal vice-capitano

Sentii le guance surriscaldarsi mentre tutti i membri della squadra si giravano a guardarci.

Ecco, forse era meglio se seguivo il consiglio di Akaashi e lo lasciavo in pace invece di ficcarmi in una situazione simile. Ma volevo capire meglio cosa intendesse Bokuto con quella frase.

“Cosa vuol dire che non mi stai antipatico?” chiesi, cercando di ignorare gli sguardi curiosi degli altri puntati nella nostra direzione

“Bè, ho notato che non mi dai molta corda quando parliamo… per questo mi ero fatto l’idea che non ti andassi molto a genio” disse lui scrollando le spalle come a voler affermare l’ovvio

Quindi era questa l’impressione che avevo dato inconsapevolmente? Effettivamente durante le prime settimane ero stata abbastanza sulle mie, limitandomi a parlare con Yukie e Kaori di questioni relative al club, e a volte con Akaashi, durante i momenti di pausa tra una lezione e l’altra, ma sempre di argomenti di scuola o sciocchezze.

Quell’innocente frase detta da Bokuto mi aveva messo davanti ad una realtà scomoda: non riuscivo ancora a dare davvero confidenza alle persone che mi stavano accanto. Nell’ultimo anno mi ero isolata molto, chiudendomi in me stessa, ma quella persona non ero io e lo sapevo. Per questo avevo deciso che una volta arrivata in Giappone mi sarei impegnata per ritornare a essere la persona positiva, spensierata e amichevole che ero sempre stata, ma che ora mi appariva come una sconosciuta.

Non volevo essere così, non volevo essere vista come una ragazza fredda e sulle sue, distaccata e silenziosa. 

No. 

Volevo essere in grado di sostenere e accogliere le attenzioni degli altri e non di temerle. 

Alzai lo sguardo, incontrando gli occhi di Bokuto, accesi e letteralmente spalancati sul mondo, occhi che non temevano nulla, o quasi, che andavano incontro a tutto quello che il destino gli riservava senza mai dubitare o lasciarsi sopraffare, sempre affamati e pronti ad abbagliare tutti e tutto.

Dovevo cambiare. 

Volevo cambiare. 

E per farlo dovevo abbassare le mie difese, il muro di dubbi e domande che avevo costruito negli anni, e far entrare la luce.

“Hai ragione… effettivamente a volte tendo a stare sulle mie e a dare l’impressione sbagliata. Mi spiace che tu ti sia fatto quell’idea, ma non ho nulla contro di te…” dissi distogliendo lo sguardo ma senza fermarmi “Anzi mi farebbe piacere poterti conoscere meglio, insieme al resto della squadra, così da potervi fornire il miglior supporto possibile. E voglio che anche voi riusciate a conoscermi per la persona che sono davvero” esclamai, stringendo i pugni tesa, trovando finalmente il coraggio di sostenere il suo sguardo

Bokuto sembrava essere rimasto colpito dalle mie parole e dalla mia reazione, e stava riflettendo su quanto avevo appena detto, glielo leggevo in faccia.

“Shikako-san, in questa squadra nessuno si deve sentire in dovere di scusarsi o dare spiegazioni. Devi essere semplicemente te stessa, questo è tutto quello che conta! Ricordati che essere un team significa sostenersi sempre, in campo e fuori dal campo” disse, sorridendo sicuro e comprensivo

Quelle parole mi colpirono come un soffio di vento tiepido, che creava scompiglio ma allo stesso tempo dava conforto. Vederlo così serio e maturo mi fece pensare a quante sfumature potesse avere il suo carattere, e a come ero stata superficiale nel giudicarlo così frettolosamente. 

Aveva appena detto ciò che avevo bisogno di sentire, le parole che per anni avevo atteso dalla mia ex-squadra, da mio padre. 

Percepii un senso di leggerezza e sollievo che non provavo da tanto, troppo tempo.

Come se mi trovassi al posto giusto, al momento giusto.

Capii che stavo sorridendo, un sorriso vero, non forzato, ma spontaneo e incontrollabile. 

Lo stesso sorriso del capitano di fronte a me.

“In ogni caso puoi chiamarmi Nori… “ dissi, affrettandomi ad aggiungere –san per evitare ulteriori incomprensioni

“Nori-chan! Nori-chaaaan! Nooriii-chaan! Sì mi piace!” esclamò felice come un bambino sovrastando le mie parole

Decisi di lasciarlo fare e sentii il mio sorriso allargarsi, fino a scoppiare in una risata liberatoria. 

 

*

 

I giorni seguenti apparvero più luminosi a Nori, come se un velo prima invisibile si stesse pian piano sollevando, rivelando colori nuovi e inaspettati. Cominciò a parlare di più con le sue compagne di classe, e nelle pause pranzo aveva preso l’abitudine di cercare Akaashi, che era solito pranzare con Bokuto, e così iniziò a passare sempre più tempo con loro due. 

Durante gli allenamenti si ritrovò spesso a chiacchierare con Yukie e Kaori, e non solo di questioni tecniche legate al club. Voleva conoscerle meglio e così scoprì quanto erano diverse: Yukie era fidanzata da anni con un ex-compagno delle medie, anche se negli ultimi tempi litigavano spesso, e aveva una passione smisurata per tutto ciò che fosse commestibile; Kaori invece aveva una sorella e due fratelli più piccoli, a cui faceva spesso da baby-sitter appena libera dagli impegni della scuola e dagli allenamenti, visto che i genitori gestivano un piccolo emporio ed erano sempre occupati. Entrambe avevano pochi momenti liberi, ma cionostante riuscirono a organizzarsi per vedere assieme gli ultimi ciliegi in fiore rimasti e fare un piccolo pic-nic il sabato seguente.

 

*

 

Quel venerdì pioveva a dirotto e tirava un vento fortissimo, tanto che mi trascinai verso l’entrata con una mano sulla gonna e l’altra impegnata a tenere in vita l’ombrello, o quel che ne restava, cercando di non bagnarmi del tutto. Arrivai in classe piuttosto zuppa e nel raccogliermi i capelli in una treccia notai che la punta gocciolava. Pensai al picnic organizzato l’indomani mattina e sbuffai sconsolata, accasciandomi sul banco. Vidi Akaashi salutarmi con un cenno dall’uscio della classe, ovviamente completamente asciutto a differenza della sottoscritta.

“Tutto bene Nori-san? Hai per caso dimenticato l’ombrello?” mi chiese avvicinandosi  

“No, diciamo solo che l’ombrello che mi ha prestato stamattina mia nonna ha visto tempi migliori e che se mi fossi messa la cartella in testa forse mi sarei bagnata meno”

“Mi dispiace. In caso, per evitare che ti prenda un raffreddore, puoi usare le docce degli spogliatoi del club e metterti la tuta finché l’uniforme non si asciuga completamente.” suggerì lui, pragmatico come sempre

Non era una cattiva idea in fondo, ma ero troppo pigra anche solo per prenderla in considerazione.

“Non ti preoccupare, ho preso acquazzoni peggiori quando ero in Canada. Diciamo solo che adesso sto invidiando i tuoi pantaloni, che scambierei volentieri con questa gonna inutile” esclamai piccata

Lo vidi sorridere e arrossire leggermente.

“Spero solo che domani il tempo non sia così brutto!” aggiunsi per cambiare argomento “Ho visto che le previsioni mettono nuvoloso con sole a tratti, ma era previsto sole anche oggi quindi forse non ci azzeccheranno neanche domani. Che peccato, chissà quando riusciremo a trovare un altro weekend in cui sia Yukie e Kaori sono libere…” dissi sovrappensiero

“Capisco, allora è fissato per questo weekend il pic-nic di cui parlavate in questi giorni durante gli allenamenti?
 Mi resi solo allora conto della gaffe che avevo appena fatto: non era stato molto carino parlarne di fronte a lui, in fondo avremmo anche potuto invitarlo, visto che era sempre stato disponibile e gentile nei miei confronti, e negli ultimi giorni avevamo passato sempre più tempo assieme.

“Se ti fa piacere sarebbe bello se ti aggiungessi anche tu! Sempre se il tempo migliora” dissi sperando che non lo vedesse come un invito forzato

“Va bene, cosa devo portare?”

 

*

 

La mattina dopo per fortuna il cielo si era rischiarato e alcuni timidi raggi di sole facevano capolino tra la distesa di nuvole che aleggiava sopra i tetti di Tokyo. 

Nori uscì di casa stringendo a sé una sacca di tela ripiena di snack, onigiri, un thermos di tè verde, alcuni egg sandwich e anche una scatola di mochi ripieni di burro d’arachidi, i suoi preferiti.

La metro era piena zeppa di famiglie e coppie che come lei sembravano intenzionati ad approfittare della bella giornata. Guardò sbadatamente il telefono e solo allora si accorse che lo aveva lasciato in modalità aereo dalla notte prima, per non consumare la batteria. Vide un paio di messaggi non letti e alcune chiamate perse da parte di Kaori e Yukie, ed ebbe un brutto presentimento.

Ascoltò i messaggi che le avevano lasciato in segreteria: a quanto pare Yukie aveva litigato per l’ennesima volta con il fidanzato e non se la sentiva proprio di uscire, Kaori invece si era svegliata con qualche linea di febbre e preferiva rimanere a casa a riposare.

Insomma era proprio destino che quell’uscita dovesse saltare, pensò imbronciandosi, le dispiaceva molto dover rimandare quel pic-nic che attendeva da tanto. Ma doveva almeno avvisare Akaashi. La prossima fermata era la sua, Yoyogi-Koen Station, quindi tanto valeva scendere e dirglielo di persona.

Il parco di Yoyogi era per lei un luogo ricco di ricordi felici, sua nonna l’aveva spesso portata lì quando era piccola e trascorreva ancora le estati in Giappone. Ricordava i primi dango dalle tonalità pastello che si era fatta comprare da sua madre, le prime timide pedalate sulla bicicletta rossa comprata da nonno Shouta, che aveva conosciuto solo per poco tempo.

Non si accorse che mentre era persa nei suoi pensieri aveva oltrepassato l’ingresso, il punto d’incontro fissato con gli altri, e si trovava ora vicino al piccolo santuario Meiji che precedeva l’area protetta del parco dedicata ai volatili e agli appassionati di birdwatching. Stava per ritornare sui suoi passi quando riconobbe delle voci familiari.

“Bokuto-san il cartello dice che qui ci sono solo diversi tipi di anatre e passerotti, non gufi”

“Akaashiiii, un vero gufo sa riconoscere i suoi simili! Sono sicuro che se stiamo qua e ci vedono arriveranno a stormi!” disse Bokuto appoggiandosi alla ringhiera di legno che delimitava l’area, gli occhi che brillavano per l’eccitazione

Nori rimase a guardarli incerta sul da farsi, indecisa tra ridere per la scemenza detta da Bokuto e farsi avanti per salvare Akaashi dal passare l’intera mattinata a osservare uccelli. Alla fine optò per la seconda opzione.

“Ehi per fortuna vi ho trovato! Con tutta questa gente temevo che non saremmo riusciti a incrociarci!” disse avvicinandosi alle spalle dei due ragazzi

“Oh Nori-san!” c’era del sollievo nella voce di Akaashi? “Perdonami, Bokuto ha sentito del pic-nic e si è auto invitato, spero non sia un problema” aggiunse, quasi a scusarsi della presenza del bambinone che affianco a lui mimava molto sgraziatamente quello che doveva essere il verso di un gufo.

“No figurati, in effetti ero venuta ad avvisarti che sia Yukie che Kaori hanno avuto un contrattempo e non riescono a raggiungerci… ma visto che siamo in tre e ho dietro un sacco di cibo sarebbe un peccato se andasse sprecato, giusto?”

 

*

 

Mi sdraiai sulla coperta di pile portata da Akaashi, sospirando soddisfatta: dopo quella mangiata mi sentivo in pace con il mondo, l’aria era piacevole e tiepida, priva del gelo dei giorni precedenti, e c’era un silenzio e una tranquillità stupendi, l’atmosfera ideale per un piccolo riposino…

“Noooriii-chaaan! Ho portato la palla! Ci aiuteresti a fare qualche schiacciata?” 

Vidi la faccia di Bokuto oscurarmi la visuale, le guance arrossate per il riscaldamento che aveva appena fatto, e ancora un po’ sporche della polvere dei mochi mangiati prima

Sapevo che se gli avessi detto di no gli avrei solo fornito l’occasione di diventare ancora più molesto, e in ogni caso ogni proposito di riposarmi sarebbe stato praticamente impossibile con lui attorno.

“E va bene, ma giusto un paio di tiri e senza esagere… sono troppo piena per correre in giro a recuperare la palla” lo avvertii

Ovviamente le mie furono parole al vento: Bokuto aveva deciso di mettersi in mostra obbligando Akaashi ad alzargli la palla ed esibendosi in alcune schiacciate che avevano attirato subito un piccolo gruppo di bambini incuriositi, per la sua felicità.

Vedendoli occupati con quella nuova schiera di piccoli fan, e ancora provata dal pranzo di prima, decisi di riposarmi qualche minuto. 

Mi ricordai solo allora della fotocamera dimenticata sul fondo della borsa di tela, tra i tovaglioli di carta e le lattine di ramune. Pregai che non si fosse bagnata o sporcata, ma per fortuna era integra e anche carica visto che sin dal mio arrivo a Tokyo l’avevo preparata per un’eventuale tour fotografico. Ma tra il maltempo delle ultime settimane, il club e il mio cercare di mettermi in pari con il programma accademico giapponese, non avevo avuto molte occasioni libere per girovagare nella mia nuova città.

“Non sapevo che ti interessassi di fotografia” disse Akaashi facendomi sobbalzare, allungandosi per bere un sorso di te dal thermos

“Diciamo che non sono un’esperta, ma mi piace fare foto ai posti che più mi colpiscono. E poi ho una memoria orribile, almeno così posso fare affidamento sulle foto!” risposi, nascondendo il mio imbarazzo, visto che non mi era mai capitato di parlare a qualcuno di quella mia nuova passione

“Allora devi portarla alle prossime partite, posso farti da modello!” esclamò Bokuto sbucando alle spalle di Keiji 

“Grazie ma il mio soggetto preferito sono i paesaggi, urbani e naturali. La mia idea sarebbe quella di esplorare Tokyo e cercare di fare qualche scatto decente, ma non saprei proprio da dove iniziare” sospirai rimettendo la mirrorless dentro la borsa

“Per quello non c’è problema, possiamo aiutarti noi… vero Akaashi? Possiamo portarla in quel tempio strano che abbiamo trovato l’ultimo volta che siamo andati a mangiare yakiniku con la squadra!” disse, cominciando ad esaltarsi all’idea

“Penso che Nori-san preferisca vedere i posti più famosi della città, che forse non ha mai visitato…”

“In realtà fino all’età di 10 anni ho trascorso tutte le mie estati qui a Tokyo, a casa dei miei nonni materni, ma è passato tanto tempo ed effettivamente mi farebbe bene una bella rinfrescata dei luoghi più turistici. E ora che ci penso ci sarebbe un tempio in particolare che mi piacerebbe vedere, il Senso-ji!”

 

*

 

Nori scorse le foto scattate quel pomeriggio ad Asakusa mentre aspettava fuori da un coschietto di melon-pan che i ragazzi tornassero con il bottino. Si era davvero divertita, e anche se ci era voluto un po’ per arrivare lì da Yoyogi Park, avevano passato il tempo in metro a parlare di manga e film. A quanto pare anche Akaashi era un appassionato, e oltre a possedere una vasta collezione di fumetti, aveva anche visto parecchi film cult occidentali. Bokuto si era limitato ad ascoltarli, visto che non conosceva neanche la metà dei titoli che avevano menzionato, tanto che Nori decise di fargli una lista delle pellicole che doveva assolutamente recuperare. Una volta arrivati al tempio aveva scattato un sacco di foto, e in qualcuna aveva incluso anche Kotaro, che insisteva nel suo definirsi fotogenico. Si era anche lasciata convincere da lui nel farsi predire la fortuna da un omikuji, ottenendo come risultato una piccola benedizione.

“Noori-chaaan! Ce l’abbiamo fatta!” esclamò Bokuto raggiante porgendole un melon-pan fumante

Erano anni che non ne mangiava uno ma il sapore era esattamente come se lo ricordava, fragrante e dolcissimo.

“Sei riuscita a scattare delle belle foto?” le chiese Akaashi offrendo metà del suo panino a Bokuto, che aveva già finito il suo e lo fissava con aria implorante

“In realtà sì… devo ancora prenderci la mano visto che non è da tanto che possiedo questa fotocamera, ma posso ritenermi soddisfatta! Mi piacerebbe riuscire a visitare un quartiere diverso ogni weekend, impegni scolastici e club permettendo. Magari potrei chiedere a Yukie e Kaori di accompagnarmi, sperando di riuscire ad organizzare di nuovo un’uscita assiem-“

Non fece in tempo a finire la frase che il forte boato di un tuono li fece sussultare mentre il cielo cominciava a diventare sempre più scuro, presagendo lo scoppio di un forte temporale di lì a pochi minuti.

“Sarà meglio dirigersi verso la metro prima che il tempo peggiori” disse Keiji, scrollandosi Bokuto dalle spalle, a cui si era ancorato per lo spavento improvviso

Nori riuscì a tornare a casa proprio quando le prime gocce di pioggia iniziarono a bagnare l’asfalto.

“Sono a casa!”

“Nori! Per fortuna sei qui, quando ho visto quei nuvoloni mi sono preoccupata! Hai fame?” chiese sua nonna abbassando il volume del televisore

“No grazie, credo che per oggi non toccherò altro cibo” le rispose lei, accoccolandosi sotto il kotatsu tiepido

Sentì il telefono vibrare e vide i messaggi che sia Bokuto che Akaashi le avevano mandato: il primo conteneva la gif di un animale buffo che saltellava dentro una pozzanghera, accompagnata da una fila di emoji che terminavano con una frase: Alla fine mi sono bagnato lo stesso, ma non dirlo ad Akaashi! Ci vediamo a scuola Nori-chin!; mentre il secondo un semplice Spero che tu sia riuscita a tornare a casa in tempo.

Sorrise pensando a come due ragazzi tanto diversi potessero essere diventati amici: da una parte Keiji, silenzioso ma attento, premuroso e intelligente, all’apparenza maturo ma non perfetto come si potrebbe pensare, sempre presente e sempre pronto a rassicurare la squadra con la sua incrollabile pazienza; dall’altra Kotaro, irruente e impaziente, rumoroso e testardo, ma sempre generoso e disponibile a supportare i suoi compagni come capitano e amico, un concentrato di energia, a tratti infantile, ma capace di tirare fuori saggezza e maturità quando il gioco si faceva duro. 

Come lo ying e lo yang: due persone con caratteri diversi, quasi opposti, ma che sapevano bilanciarsi e che insieme erano davvero, come dicevano tutti, la forza della Fukurodani.

 

*

 

Era arrivata la Golden Week, una settimana in cui avrei finalmente potuto riposarmi, recuperare le ore di sonno perdute a causa degli allenamenti e continuare i miei giri turistici per la città. 

Magari avrei anche scritto a Kaori e Yukie per proporre loro un’uscita assieme per provare quel nuovo karaoke bar che avevano aperto vicino scuola, in cui Bokuto aveva più volte provato a trascinare la squadra dopo gli allenamenti, ma senza successo.

Sentii il telefono vibrare e vidi che, fatalità, la persona che mi stava chiamando era proprio lui.

“Nooooriiii-chaaan! Ho appena scoperto che Akaashi sarà a Nara per le vacanze, deve dare una mano nel ryokan dei suoi nonni o qualcosa del genere… ma mi aveva promesso che ci saremmo allenati per la partita di qualificazione al torneo del Kanto!” strepitò, e anche se non lo potevo vedere, sentendo il suo tono lamentoso, mi immaginai il suo mega broncio

“Bokuto-san, penso che se Akaashi è dovuto partire così all’improvviso sarà stato per via di un’emergenza o qualche altra questione familiare. Puoi sempre allenarti con Konoha e gli altri no?” risposi, trattenendo uno sbadiglio, la voce ancora impastata di sonno nonostante fosse ormai pomeriggio inoltrato

“Se Akaashi non può venire allora andrò io da lui… domani! Anzi, verrai anche tu! In due saremo più forti e potremmo convincerlo a tornare!” esclamò sicuro di se e del piano che si era immaginato

Avevo capito bene? Voleva andare a Nara e voleva che io lo accompagnassi? 

Stavo per rispondergli che non se ne parlava ma una vocina dentro di me si chiese se fosse davvero il caso di mandarlo da solo, e subito mi vennero in mente i possibili danni e guai che avrebbe potuto fare una volta arrivato lì alla ricerca del suo alzatore. 

Lo dovevo anche ad Akaashi in fondo, almeno se fossi andata con lui avrei potuto contenerlo e tenerlo sotto controllo convenni.

“E va bene ti accompagno, ma a patto che saremo di ritorno entro sera!” dissi, pensando a come mia madre e mia nonna avrebbero reagito se avessi detto loro che andavo fuori città con un ragazzo, soprattutto un senpai che giocava nella mia squadra di pallavolo.

Si sarebbero fatte strane, stupide, idee di sicuro.

Ma non avrei corso nessun pericolo se fossi riuscita a tornare a Tokyo entro sera.

O almeno questo era quello che pensavo.

 

 

 

 

- - -
 
N O T E
 

Grazie per essere arrivati fin qui!

Allora, intanto ringrazio chi ha voluto dedicare del tempo a questo mio esperimento, davvero, grazie!

Poi vorrei cogliere l'occasione per spiegare il motivo dietro alla scelta di alternare prima e terza persona (visto che la cosa ha scombussolato e colto di sorpresa alcuni di voi): la prima persona mi serve per essere introspettiva, per far parlare Nori, senza filtri, cercando di far trasparire il suo modo di ragionare e vedere le cose, se avessi scritto tutto secondo il suo POV penso che sarebbe risultato un po' pesante, un po' troppo monologo / flusso di coscienza / diario; la terza persona mi serve invece per spaziare, per prendere in prestito il POV di altri personaggi (e nei prossimi capitoli lo farò spesso) e anche per rendere la storia più oggettiva possibile. E' una scelta stilistica che ho deciso di adottare anche per sperimentare un po' visto che non scrivevo da anni, e posso dire che come espediente mi ha aiutato molto.

Se avete altri dubbi sono a disposizione!

Ancora grazie e a presto! 

   
 
Leggi le 20 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: Memel