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Autore: GReina    24/04/2021    1 recensioni
[Iwaoi | Kuroken | Daisuga | Tsukkiyama | Bokuaka | Sakuatsu + accenni di Kagehina | Tanakiyo].
Haikyuu ad Hogwarts: segue le vicende dei nostri protagonisti per un anno (quinto per Hinata e co; settimo per Daichi e co).
Daichi è il papà di tutti i Grifondoro e Suga la mamma dei Corvonero; Kenma nasconde un segreto; Oikawa è paranoico; Tsukishima è irritato (be', non è una sorpresa!); Sakusa vuole liberarsi di Atsumu; Osamu e il suo amore per il cibo sono l'unica certezza. Venite a scoprire il resto!
Genere: Demenziale, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hogwarts' Series'
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Eccoci arrivati al mio arco preferito della storia!! 
Mi rendete felice se lasciate dei commentini <3 <3 
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Kuroo
Kuroo esultò insieme a gran parte della scuola. Quella partita era stata uno spettacolo e una sorpresa per tutti. Si trattava della squadra più quotata dell’anno contro quella messa peggio. Nessuno si sarebbe mai aspettato quel risultato, eppure i centocinquanta punti afferrati da Akaashi avevano fatto sì che la partita si concludesse quattrocentodieci a centoquaranta per i Corvonero. Persino Kenma, di solito poco incline ad interessarsi di sport, esultò accanto a lui. Kuroo lo vide con la coda dell’occhio e sorrise, ma quando si voltò verso di lui, il suo ragazzo era tornato serio e fintamente indifferente.
“Accidenti,” disse con fare annoiato “adesso la Sala Comune sarà rumorosissima per i festeggiamenti.” si lamentò, ma Kuroo non aveva alcun dubbio che in realtà fosse felice per la propria Casa. Decise comunque di stare al gioco.
“Che ne dici se vado a cambiarmi e poi ti passo a prendere per fare un giro?” non si poteva mai sapere quanto sarebbe durata una partita di Quidditch, quindi le lezioni del pomeriggio erano state annullate. Kenma ci pensò su, o almeno finse di farlo, ed infine annuì.
“D’accordo. Vorrei farmi una doccia, poi puoi passare a prendermi.” ed era esattamente quello che stava facendo due ore più tardi quando il corridoio che portava alla torre ovest fu invaso da una mandria di corvonero urlanti e spaventati che fuggivano dalla Sala Comune. Ignaro di cosa fosse successo, Kuroo si allarmò e prese a farsi largo a forza contro la corrente nero-blu che fuggiva nella direzione opposta. Era arrivato quasi all’ingresso della Sala Comune quando le condizioni di Kiyoomi Sakusa lo gettarono ancora più nel panico. Il Capitano Corvonero era bianco come un lenzuolo, aveva lo sguardo vuoto e tremava dalla testa ai piedi.
“Dov’è Kenma??” gli chiese agitato. Sakusa fu a stento in grado di indicare verso l’ingresso della torre.
“È rimasto bloccato in bagno.” arrancò le parole a fatica. Kuroo non perse tempo e corse all’interno della Sala Comune. Erano anni che insieme a Bokuto tentava di entrare in quel posto, e adesso che finalmente c’era riuscito notò a stento il luminoso e bellissimo salotto rovinato dalla melma e dalla puzza che portavano senza ombra di dubbio la firma di molte cacchebomba fatte esplodere. Se per i dormitori dei grifondoro si doveva salire, le scale che portavano a quelli corvonero scendevano a chiocciola verso il basso. Kuroo vi ci si precipitò ed iniziò a contare: primo anno, secondo anno, terzo anno. Arrivato alla porta del dormitorio del sesto anno afferrò la maniglia ed entrò. La stanza, eccetto che per i colori, non era troppo diversa da quella che abitava lui nella Torre di Grifondoro: i letti a baldacchino erano disposti a mezza luna, ai piedi di ognuno di essi un baule e accanto un comodino. Era proprio uno di questi che – rovesciato – bloccava la porta del bagno. Kenma era riuscito ad aprirne solo uno spiraglio e fu proprio attraverso quello spiraglio che Kuroo, paralizzato, vide il proprio ragazzo trasformarsi in gatto – in quel gatto – e uscire.
“Kenma…” fu solo in grado di sussurrare. Entrambi adesso erano come pietrificati e si fissavano. Fu solo dopo interminabili secondi che Kuroo riuscì a riscorrersi e a scappare via.
 
***
Atsumu
Atsumu stava ancora cercando di riprendersi dalla tremenda sconfitta contro i Corvonero quando si ritrovò nelle scale per raggiungere la torre ovest. Era stato il primo della squadra a finire di fare la doccia ed era quindi stato anche il primo a rientrare in Sala Comune dagli spogliatoi. Stava provando a distrarsi mezzo coricato sul divano quando l’arrivo del resto della squadra lo spinse ad uscire. Non uno di loro si era risparmiato e tutti avevano avuto qualcosa da ridire sul modo di volare dell’altro. Atsumu, poi, fu il più bersagliato di tutti dal momento che non era riuscito a segnare neanche un punto.
Ogni volta che chiudeva gli occhi, il brutto ghigno di suo fratello sembrava apparire davanti a lui per deriderlo. Atsumu non dubitava che tutta quella sete di sangue fosse stata accumulata sin dalla punizione di Washijo e gli faceva male pensare a come Osamu l’avesse sconfitto su tutta la linea. “Neanche un punto!!” pensò con stizza “Non mi ha lasciato segnare neanche un punto!”. Era stato allora che aveva deciso di dirigersi verso la torre ovest. Non era ancora sicuro di cosa avrebbe fatto, ma sicuramente il minimo era insultare suo fratello.
Aveva appena svoltato l’angolo quando decine di corvonero lo urtarono. Atsumu era confuso ma, visto lo stato dei nemici, non poté che sorridere. Individuò le spalle di Sakusa che si appoggiava al muro e il suo ghigno si accentuò. Sollevò una mano per toccargli la spalla e richiamare la sua attenzione:
“Omi! Ma che succede?” ebbe appena il tempo di finire la domanda che Sakusa si voltò di scatto e scansò con forza la sua mano.
“NON TOCCARMI!” urlò in un misto di rabbia cieca e cieca paura. “PER TE È IMPOSSIBILE ACCETTARE LA SCONFITTA, NON È COSÌ?” Atsumu si indignò.
“Si può sapere di che cosa stai parlando??” chiese arrabbiato.
“NON FINGERE DI NON SAPERE, MIYA!” continuò ad urlare l’altro “CREDI CHE NON SAPPIA CHE SEI STATO TU?” Atsumu continuava a non capire e Sakusa non sembrava incline alle spiegazioni, quindi si guardò intorno e gli bastò questo per unire i puntini. L’ingresso della Sala Comune era spalancato e da lì stava ancora uscendo la nube bruna e la puzza tipiche delle cacchebomba; Sakusa era misofobo e Atsumu lo sapeva bene. Lo osservò meglio e solo allora si accorse del suo stato: era pallido come un cadavere, stava sudando freddo e tremava come non mai. Non si sarebbe mai appoggiato al muro – si rese conto il serpeverde – se non gli fosse servito per non cadere a terra.
“Omi, non ho fatto niente!” il cuore di Atsumu si chiuse in una morsa all’idea che Sakusa pensasse davvero che ne sarebbe stato capace. Il serpeverde aveva capito dal suo primo anno quanto il disturbo del compagno di scuola fosse serio. Ci aveva messo un po’ per capire i limiti oltre i quali non avrebbe dovuto spingersi con i suoi scherzi, ma una volta delineati non aveva neanche mai pensato di superarli.
“CHI ALTRI, ALLORA??” non gli credette “SEI STATO SCONFITTO E TI VENDICHI COSÌ! MA QUANTO PUOI ESSERE MESCHINO!?” Astumu, colpito e ferito come non lo era mai stato, fece un passo indietro. Fu solo allora che si rese conto che Osamu li aveva raggiunti. Il volto di suo fratello era una maschera di delusione che tuttavia si inclinò quando incontrò lo sguardo di Atsumu.
“Samu…” sussurrò quasi fosse una supplica “non sono stato io…” il volto del corvonero si distese.
“Mi crede.” pensò Atsumu “Almeno Samu mi crede”. Sakusa si allontanò tremante, Osamu indugiò ancora qualche secondo a guardare suo fratello, poi seguì il compagno di squadra in modo da sorreggerlo qualora fosse svenuto.
 
***
#proteggiamoKenma #anzinoproteggiamoKuroo
Kenma aveva appena finito di prepararsi e stava uscendo dal bagno quando una forte puzza invase le sue narici. Aprendo la porta, si stava ancora chiedendo a cosa fosse dovuta quando riuscì a malapena a vedere una nube scura entrare dall’ingresso del dormitorio e Sakusa alzarsi come impazzito dal proprio letto. Nell’impeto, il compagno di Casa aveva rovesciato il comodino che a sua volta aveva fatto chiudere di scatto la porta del bagno. Kenma imprecò sommessamente e provò a riaprire. Facendo forza, riuscì infine a spostare il mobile fino al letto, ma tutto ciò che ottenne fu uno spiraglio. Sospirò. La puzza gli faceva lacrimare gli occhi e gli era pure venuta la nausea. Il passaggio era stretto, ma non per un gatto, quindi si trasformò.
“Kenma…” quella voce, quel sussurro, quel tono distrutto. Il corvonero sollevò lo sguardo solo per trovare Kuroo paralizzato che lo fissava con occhi vitrei. Corse via e Kenma – tornato umano – lo inseguì.
Non era fatto per l’attività fisica, questo non era un segreto. Di contro, il suo ragazzo era un atleta eccezionale. Lo chiamò disperato moltissime volte mentre quello a poco a poco lo seminava. Perse il conto di quanti corridoi superarono o di quante scale scesero. Seppe solo che alla fine, non sapeva come, lo aveva raggiunto. Kuroo doveva averlo aspettato, perché non appena fu a portata di braccio Kenma fu afferrato al gomito e spinto con forza all’interno di un’aula vuota. Il volto di Kuroo era una maschera di rabbia, estrasse la bacchetta e per un solo, fugace e stupido istante, Kenma pensò volesse usarla contro di lui. La puntò invece verso la porta chiusa e disse: “Muffliato”. Il corvonero conosceva quell’incantesimo: era stato messo in programma da pochi anni e permetteva di coprire una conversazione privata con un lieve brusio che sarebbe cresciuto a seconda dei toni. La vista di Kenma si annebbiò “È arrabbiato a morte con me, ma non vuole che nessuno senta che ho infranto la Legge.” si impose di ricacciare indietro le lacrime.
“Kuroo-” provò, ma l’altro lo interruppe.
“Me lo avresti mai detto?” Kenma si era aspettato urla e sbraiti, ma il tono di voce che venne usato fu persino peggio.
“Non lo so…” si ritrovò a rispondere in un sussurro “Forse.” lottò contro le lacrime, non poteva reggere la vista del suo volto devastato, quindi distolse gli occhi.
“Guardami!” si arrabbiò l’altro. Kenma sussultò e tornò a guardare Kuroo.
“Perché me lo hai nascosto!? Non ti fidi di me?” chiese, Kenma pensava che non potesse insinuare niente di peggio, ma si sbagliava: “O ti piaceva tanto vedermi mentre mi mettevo in ridicolo, eh!?” alzò il tono. “Ti divertiva, non è vero?? Sentirmi parlare di quel gatto e di quanto mi piacesse accarezzarlo! Mi lasciavi raccontare ai miei amici che la volta successiva l’avrei portato in dormitorio e poi ridevi alle mie spalle!”
“No!” urlò Kenma disperato “Non è vero!”
“Allora perché!? Perché me lo hai tenuto segreto!” urlò di rimando Kuroo.
“Non te lo stavo tenendo segreto… io-” si interruppe “ecco, l’ho solo omesso. Non avrei negato se lo avessi scoperto.” Kuroo digrignò i denti e, pur di non lasciare che parlasse, Kenma continuò: “Anche quando Akaashi e gli altri del mio dormitorio l’hanno capito mi sono solo limitato a non negare!” l’espressione di Kuroo si raggelò.
“Gli altri del mio dormitorio.” ripeté il grifondoro in un sussurro. Alcune lacrime rigarono il volto dell’animago mentre il più grande continuava alzando la voce: “TUTTO IL TUO DORMITORIO LO SA E NON HAI PENSATO DI DIRLO A ME!?”
“Kuroo! Mi dispiace, io-!” ma fu interrotto dalla porta che si apriva. Erano Yaku e Akaashi che – probabilmente sentendo il rumore generato dall’incantesimo muffliato – erano entrati per vedere cosa stesse succedendo.
“Kenma.” lo chiamò il più grande “Stai bene?” gli chiese con cipiglio quando notò le sue lacrime.
“Va tutto bene.” rispose con rabbia Kuroo per lui. Kenma lo vide guardare Akaashi e assottigliare lo sguardo. Poi si voltò verso Kenma:
“Allora ti lascio nelle fidate mani del tuo amico.” ed uscì dando una forte spallata ad Akaashi.
 
***
Akaashi
Keiji non dovette a lungo chiedersi il perché di quella spallata. Era la seconda notte che tutti i Corvonero passavano in brande improvvisate disposte in Sala Grande ed era anche la seconda notte in cui Akaashi sentiva Kenma piangere. Lui, Ennoshina, Osamu, Shirabu e persino Sakusa avevano provato a consolarlo, ma senza successo. I ragazzi del sesto anno erano gli unici a sapere del suo stato animago e anche gli unici a poter capire il motivo del litigio con Kuroo. Yaku, Kita e Suga sembravano devastati di riflesso per il compagno, ma per quanto ci avessero provato nessuno di loro aveva ancora capito come aiutare il più piccolo.
Il giorno dopo, Akaashi si presentò come promesso all’appuntamento con Bokuto nel giardino della torre dell’orologio, ma il grifondoro capì subito che qualcosa non andava.
“Kuroo ti ha detto qualcosa su Kenma?” gli disse Akaashi quando Bokuto gli chiese se andasse tutto bene. Il grifondoro inclinò la testa verso il basso e sospirò.
“Hanno litigato.” rispose mesto “Kuroo di solito mi dice sempre tutto, ma non su questo. Non vuole dirmi perché hanno discusso, né perché non vuole più rivolgergli la parola.” Akaashi annuì; se l’era aspettato.
“Ma come sta?” chiese. Bokuto rise amaro.
“Davvero male.” rispose “È intrattabile e sembra davvero a pezzi.” Akaashi non poté far altro che annuire di nuovo.
“Kenma?” fu la domanda di Bokuto, il corvonero sospirò.
“Uguale.” disse. Il grifondoro si portò le mani ai capelli e prese a sfregarle mentre lanciava in aria un’esclamazione.
“Ma perché!?” chiese forse a lui, forse a nessuno in particolare. “Sono così stupidi! Se stanno male entrambi dovrebbero parlarne!” Akaashi non rispose. Si biasimò per non aver consigliato a Kenma di confidarsi con il suo ragazzo, ma davvero non riusciva a biasimare Kuroo per essersela presa tanto. Sospirò. Forse per la prima volta in vita sua Keiji non aveva idea di come aiutare un amico.
“Sono cose loro.” capì “Per quanto io voglia bene a Kenma e per quanto Bokuto ne voglia a Kuroo, non possiamo fare altro che stargli vicino”.
   
 
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