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Autore: Corydona    03/05/2021    0 recensioni
Come in una partita a scacchi, due fazioni si ritrovano schierate l'una contro l'altra, pronte a dichiararsi una guerra che entrambe non vorrebbero. Da un lato gli Autunno, la cui potenza sembra inarrestabile, dall'altra i Primavera-Inverno, che possono contare su un'influenza senza eguali.
Una situazione di apparente stasi: apparente, perché nell'ombra i sovrani cadono e le successioni al trono sembrano più complicate del previsto. La guerra sarà dichiarata? Termineranno i regicidi? Quale delle due parti avrà la meglio?
Un'antica profezia annuncia la disfatta degli Autunno: si realizzerà? O rimarranno solo vaneggiamenti di un passato caduto nell'oblio?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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Un vento fresco aveva iniziato a soffiare, in quella mattinata estiva, quando Gaò era ancora immersa nel sonno. Si insinuava tra le case con violenza, bussando alle porte, sbattendo le imposte alle finestre, ma gli abitanti di quella strana capitale non si affacciavano per comprendere quale fosse la causa di quella furia.

Una coltre di nuvole dall'aspetto invernale sostava immobile, come volendo tenere prigionieri quei sudditi, privandoli della luce del giorno. Il candore perlaceo si rifletteva accecante sulle pietre delle case, illuminando più di quanto non facesse il sole nelle giornate limpide.

Lo sbattere di una porta svegliò Franco di soprassalto. Si rigirò sotto le trapunte, anche se ormai era consapevole che non avrebbe più ripreso sonno. Dunque si vestì e controllò nella sua bisaccia quanti fiorini defici avesse ancora per rimanere in quella locanda. Fece una smorfia di disappunto, temendo che forse quelle quaranta monete in oro gli sarebbero bastate a malapena per il viaggio di ritorno, se non avesse trovato di nuovo la Millenaria: era stata davvero una fortuna incontrare il vice capitano di quella nave quando era di passaggio a Nilerusa, ormai diverso tempo addietro.

Ancora non aveva idea del motivo per cui un ragazzo dedito ai viaggi per mare avesse intrapreso un percorso via terra che lo aveva occupato per settimane, se non mesi; ma Angelo era stato molto riluttante a parlarne. Probabilmente aveva avuto ragione nel mantenere il silenzio: c'erano troppi segreti su Selenia, preferiva doversi concentrare sui suoi.

La vecchia Mila era andata più volte da lui a dirgli che l'arrivo di Tancredi doveva essere imminente, perché aveva la fama di essere un uomo che si presentava tempestivo dove richiedevano il suo aiuto. Franco tuttavia non credeva che si sarebbe presentato tanto presto: nonostante il Pecama fosse un'isola molto piccola, non credeva che gli spostamenti fossero così rapidi. Anche se immaginava che il re di Inverno e Defi possedesse i migliori cavalli e che, se avesse avuto bisogno di un viaggio veloce, le sue risorse glielo avrebbero permesso.

Prese la sua bisaccia e ne controllò per l'ennesima volta il contenuto: nessuna moneta si era mossa da lì. Il suo era un gesto meccanico, come se volesse rassicurarsi che viaggiare con quella valuta lo avrebbe riportato presto a casa, nel Defi. Da Flora.

Scese velocemente le scale, saltando qualche gradino come al solito, e si avvicinò al locandiere, intento a versare del latte in alcune tazze. Due baffoni scuri davano personalità a un viso altrimenti anonimo e facilmente dimenticabile.

«Messere Ulsi, sempre lo stesso?» bofonchiò, nascondendo uno sbadiglio.

Lui annuì.

«Bene, prima che me ne dimentichi, è arrivato un uomo molto importante che vuole parlare con lei.»

«Sa chi è?» gli chiese Franco, trattenendo un'espressione di stupore.

«No, era coperto da un mantello, anche sulla faccia. Mi ha pagato in anticipo e con più denaro del necessario la sala privata per la colazione e ha chiesto proprio di lei, come se sapesse che fosse qui.»

Il giovane annuì, tremando all'idea che l'uomo di cui il locandiere gli avesse parlato fosse proprio Tancredi Inverno.

«Sarà meglio che vada, allora» si congedò, più per convincere sé stesso che fosse il momento di raggiungere il re di Defi. Nei pochi passi che lo separavano dalla sala privata, non seppe decidere se fosse rassicurato o meno dalla sua presenza. Se da un lato si sentiva sollevato l'idea che il re potesse tirare Chiara fuori dai guai e permetterle di salire al trono delle Foglie Cadute, dall'altro la paura che scoprisse la relazione di Franco con la figlia lo atterriva.

Si ritrovò a bussare, con le gambe che si erano mosse da sole fino alla porta. Una voce profonda tuonò "Avanti!" e lui entrò.

Franco non si illuse: davanti a lui c'era proprio Tancredi Inverno. Il naso piccolo, la bocca sottile, gli zigomi alti erano gli stessi di Flora. E anche il modo in cui i suoi occhi freddi lo puntarono era lo stesso che usava la sua amata con le persone che non conosceva.

Deglutì, incerto se avvicinarsi o meno, ma quando il re gli fece cenno di accomodarsi tirò un sospiro di sollievo.

«Immagino che tu sia Franco Ulsi» disse l'uomo, senza espressione.

Annuì. «Sì, mio signore.»

«Bene. Vorrei sentire dalla tua voce cosa è successo quando sei arrivato qui con la pricipessa Delle Foglie. Sono disposto ad aspettare che tu faccia colazione, se non sei ancora del tutto sveglio.»

«Non c'è molto da dire, in realtà. Quando io e Chiara Delle Foglie siamo arrivati al castello, Donna Delia ha dubitato che fosse realmente lei, nonostante avesse il pettine della madre e la lettera che ne confermava l'identità. Quindi mi ha incaricato di mettermi in contatto con voi, perché voi avete una copia uguale della lettera. Ho incontrato vostro figlio sulla nave che mi ha portato qui, quindi ho pensato di scrivere a lui... e visto che siamo attraccati a Punta Salina, immaginavo che l'avrei trovato alla corte dei Dal Mare.»

Tancredi fece un cenno di assenso con il capo, come confermando le parole del giovane. «Devo farti alcune domande, perché non mi è molto chiaro il motivo della tua presenza qui.»

Franco trattenne il respiro, preoccupato a ciò che il sovrano avrebbe potuto chiedergli. Per sua fortuna il locandiere entrò proprio in quel momento, senza curarsi di bussare. Posò sul tavolo in legno che separava i due una tazza di tè fumante, un'altra con del latte e un recipiente stracolmo di biscotti che profumavano di burro. Il nobile gli rivolse un'occhiata glaciale, rimproverandolo tacitamente per non aver bussato all'uscio come il giovane aveva fatto poco prima.

L'uomo se ne andò senza proferire parola, così come era arrivato.

«Dicevo, viste le circostanze particolari in cui ci troviamo, devo farti alcune domande» riprese Tancredi, con un tono di voce vagamente affabile. Sembrava che non volesse far pesare al giovane la spiacevole interruzione.

«Sono pronto a rispondervi» gli disse Franco con prontezza.

Le labbra del re Inverno si piegarono appena, in un sorriso misterioso. «Bene. A quanto mi ha riferito mio figlio, sei di estrazione borghese, e la tua famiglia vive a Nilerusa. Di cosa vi occupate?»

«Abbiamo un'azienda che produce tappeti» rispose Franco. «Abbiamo persone che lavorano per noi sparse per il Defi, soprattutto le massaie in campagna, poi facciamo arrivare...»

Si interruppe a un gesto perentorio del sovrano.

«Conosco il processo di lavorazione, mi era sufficiente "tappeti". So dove si trovano entrambi i negozi in cui rivendete a Nilerusa. Ho incontrato tuo padre Emilio, alcune settimane fa. Ne ricordi il motivo?»

Puntò i suoi occhi freddi in quelli altrettanto chiari e cristallini del giovane, che sostenne il suo sguardo con coraggio. Tancredi aveva riflettuto a lungo su quale domanda fargli per dimostrare che fosse proprio lui e non qualcuno che volesse ingannarlo utilizzando un cognome a lui familiare.

Non dovette attendere per avere una risposta, perché Franco annuì. «Lui e mia madre pensavano di aprire un negozio anche a Mitreluvui e serviva il vostro aiuto per chiedere il permesso anche nello Cmune.»

Tancredi annuì. «Bene, ora sono certo che non sei un impostore che si finge qualcuno che non è. Ora, ti chiedo di illustrarmi i motivi per cui hai accompagnato qui Maria Chiara Delle Foglie.»
Il giovane deglutì, sapendo di dover escogitare in fretta una storia che non includesse anche Claudio, che sicuramente sarebbe stato rintracciabile dal re nel caso avesse voluto conferme ulteriori.

«Sapete,» disse, «il mercato di Nilerusa è molto frequentato e ci sono persone che vengono anche da luoghi distanti per vendere da noi. C'è un mio coetaneo che gestisce l'azienda agricola di famiglia, e si occupa personalmente di portare i frutti del loro lavoro nel Defi e nello Cmune; sono entrato in familiarità con lui, gli ho fornito i contatti per alcuni lavori che dovevano fare a una vecchia magione... Così ho scoperto che lì era cresciuta la principessa Delle Foglie, lontana dal suo regno e sotto falso nome, proprio per ammissione del mio amico. Una volta sono persino andato lì, ma sapete...» esitò, nervoso, come quel resoconto in parte vero avrebbe richiesto se lo fosse stato del tutto. «... Si trovava nel Pogudfo e i miei genitori non erano contenti all'idea che corressi il rischio, perché non ci sono bei racconti su quel vecchio regno. Però alla fine li ho convinti e sono partito per una settimana insieme al mio amico...»
 

E insieme a Claudio, aggiunse mentalmente, ma evitò di dirlo ad alta voce. Così come evitò di dire che aveva conosciuto Gaetano grazie a Claudio e che aveva dovuto convincere Flora a rimanere nel Defi e a non fuggire dal castello per stare insieme a lui.

«Quando siamo andati lì era appena giunta la notizia, della morte dei sovrani Delle Foglie, quindi la principessa ne ha parlato anche con me e insieme abbiamo deciso che era la cosa migliore da fare. In due eravamo discreti, se qualcuno aveva ucciso i suoi genitori era meglio che noi due non attirassimo l'attenzione su di lei. Siamo arrivati tardi perché organizzare i preparativi non è stato semplice, soprattutto nascondendo il vero motivo della mia partenza.»

Tancredi sorrise, convinto da quel resoconto e divertito dall'ingegno del ragazzo. «Quindi ufficialmente sei qui per...?»

«Per studiare le usanze del regno del Mare, nella previsione di aprire un'attività anche lì.»

Il re di Defi si portò la tazza di tè alle labbra, bagnandole appena, poi scrutò il giovane defico seduto innanzi a lui. «Immagino, dunque, che tu sia in grado di usare una spada.»

Franco si allarmò: che Erik gli avesse parlato del loro duello?

«Ho preso lezioni di scherma e con i miei compagni abbiamo anche fatto qualche combattimento non proprio seguendo le regole dei duelli... quindi ero preparato anche nell'eventualità di un attacco a sorpresa.»

«E se fossero stati più di uno?»

«Lo ammetto, forse abbiamo sottovalutato il pericolo...» disse il giovane, abbassando lo sguardo, «ma se non avessimo attirato l'attenzione, non ce ne sarebbe stato bisogno. Non abbiamo mai viaggiato in carrozza, i cavalli che abbiamo noleggiato sono stati veloci... e persino nell'Autunno non abbiamo incontrato problemi.»

«Dunque avete evitato il regno dei Prati?» domandò Tancredi, incuriosito da quella accortezza. Più il giovane parlava, più a lui sembrava di scorgere degli elementi di eccezionalità che difficilmente avrebbe attribuito a un popolano, anche se di buona condizione; tuttavia già il fatto che avesse fatto da scorta alla Delle Foglie avrebbe dovuto indurlo ad averne un'alta opinione.

«Certamente: non potevamo correre dei rischi attraversandolo.»

Il re sorrise di nuovo mentre il borghese sorseggiava il suo latte caldo. «Non sei affatto una persona comune» commentò. «Vai a radunare le tue cose, dobbiamo andare al castello e liberare la futura regina di questo luogo. Prima» soggiunse non appena il ragazzo si fu alzato in piedi, «puoi finire la tua colazione. Non mi serve a nulla un alleato che non sia in forze.»

Il cuore di Franco vibrò, come mosso da un terremoto interiore. Alleato? Il re di Defi, il sovrano più rispettato di Selenia, nonché padre della sua Flora con cui aveva una relazione clandestina... lo considerava un alleato?

Sorrise riconoscente, mangiò un paio di biscotti in fretta e si ripresentò pochi minuti pochi alla sala privata della locanda, pronto a seguire re Tancredi verso il castello di Gaò.

L'Inverno lo guidò all'esterno, dove incontrarono un gruppo di uomini armati, che subito si unì a loro. Nessuno disse una parola mentre attraversavano la città silenziosa, in cui il soffio irrequieto del vento faceva da padrone sferzando i visi degli uomini che percorrevano le vie grigie.

Gli abitanti sembravano temere quell'irruenza della natura: nessuno si affacciava, nessuno scendeva nelle strade, né per aprire le botteghe né per altri motivi.

«Non pensavo che avremmo trovato davvero una città a lutto. Se si fermasse Eldisu, sarebbe la fine» commentò uno degli uomini della scorta.

Re Tancredi lo zittì con un cenno. «Ci si può spostare in altri modi, soprattutto in un centro piccolo come Gaò. Potrebbero esserci delle strade sotterranee. Alla locanda c'era qualcuno, e il locandiere in qualche modo deve esserci arrivato.»

«Dopo quello che è successo al re e alla regina non si fidano più degli stranieri?» sussurrò un altro uomo.

«Può darsi» annuì il sovrano di Defi. «Il clima è tumultuoso, quaggiù, ma non sono stati gli abitanti della città a ucciderli. Erano i contadini nelle campagne ad avere da ridire sul loro operato: credo che non si fidino di loro. Noi siamo ospiti esterni, non abbiamo motivo di nuocere. Vedono la mia spilla, sanno che non devono temere me e chi mi sta intorno.»

Franco allungò il collo per osservare il luccichio sulla veste del re, sui cui in precedenza non si era soffermato; c'era ben altro a occupargli la mente. Si trattava di un fiocco di neve stilizzato, in oro bianco: uno dei simboli della famiglia Inverno.

Arrivarono a grandi passi al castello di pietra, dopo aver salito la lunga scalinata che collegava la reggia alla città. Il popolano, quella volta, non perse tempo a guardare il panorama della muta Gaò, ma si fece avanti agli altri e fece risuonare i battenti.

Gli uomini della scorta di Tancredi lo fissarono sorpresi per l'ardire con cui aveva agito, ma lui non si lasciò intimidire.

«Era un codice tra me e una delle donne di servizio qui, nel caso in cui voi foste arrivati» spiegò.

La vecchia Mila apparve poco dopo, mostrando le rughe del tempo e i capelli bianchi legati sulla nuca. Fece un profondo inchino al cospetto dell'illustre ospite, e senza dire una parola li fece entrare e li guidò fino alla sala in cui si riuniva il consiglio, in cui già si trovava Donna Delia.

A differenza di quando Franco l'aveva incontrata la volta precedente, la nobile era in piedi e camminava avanti e indietro pensierosa. Il suo profumo di lavanda impregnava l'aria, tanto che Tancredi storse il naso, in segno di disapprovazione.

Il re estrasse una lettera dalla tasca e la posò sul tavolo in pietra scura della sala. «Questa è la prova che presso di voi c'è la vera Maria Chiara Delle Foglie» asserì con sicurezza, mentre la donna alzava lo sguardo incontrando il suo. «Avete un giorno per predisporre tutto per l'incoronazione.»

«Voi non potete darmi ordini» ribatté Donna Delia, algida. Si era fermata e puntava i suoi occhi neri come la notte in quelli cristallini del sovrano Inverno, offesa dal modo in cui era stata trattata.

Tancredi, tuttavia, sorrise. «In queste circostanze, sì. La futura regina vi direbbe lo stesso. Bisogna fare il prima possibile, bisogna dare una regina al vostro popolo. Un giorno per organizzare la cerimonia sarà più che sufficiente.»

Franco esultò intimamente nel vedere Donna Delia abbassare lo sguardo e passare la mano con un gesto nervoso sulle pieghe dell'abito. La nobile non poteva opporsi all'autorità del re né alla sua alleanza diplomatica con i Delle Foglie, che gli dava il potere di intervenire in situazioni delicate come quella. Al giovane di Defi non era chiaro con quali intento avesse guidato il Consiglio fino a quel giorno, e dubitava che Chiara potesse fare affidamento su di lei in futuro.

«La farò liberare» ammise Donna Delia con un soffio di voce. «Sarà la nostra regina.»

 

*Angolino autrice*
Personalmente non sono molto soddisfatta della seconda metà del capitolo... ma ho deciso che ci torrnerò su a fine stesura. Se trovate qualcosa che può essere migliorato/aggiunto/sistemato, sentitevi liberi di farmelo notare! (Ho già una mezza idea di cosa non va, ma vorrei avere delle conferme)

   
 
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