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Autore: EleAB98    10/05/2021    4 recensioni
Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni interiori, e non solo quelli... Riuscirà mai a guardare oltre l'orizzonte? Ma soprattutto, chi lo aiuterà nell'ardua impresa?
[...]
Gilberto Monti è un giornalista affermato. Oltre a ricoprire una posizione lavorativa più che soddisfacente, ha appena esaudito uno dei suoi più grandi sogni: sposare la donna che più ama. Ma è davvero tutto oro quello che luccica?
[...]
Alex Valenza, un reporter piuttosto famoso, è alle prese con una drammatica scoperta che lo porterà a chiudersi, a poco a poco, in se stesso. A nulla sembra valere il supporto della moglie. Riuscirà a ritrovare la serenità perduta?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo IV – Io vorrei... Non vorrei, ma se vuoi

Mercoledì


 

«Andiamo, non può essere vero! Come cazzo è possibile? Non se ne parla nemmeno! Io non la voglio tra i piedi, né ora né mai!» sbottai, mosso dall'irrefrenabile istinto di sbarazzarmi di un'assai scomoda presenza. Di quella scomoda presenza.

Ryan Vermut storse il naso e arricciò le labbra, regalandomi un'occhiataccia di sommo rimprovero. Soltanto in quel fottutissimo, terribile momento mi accorsi di aver perso del tutto il controllo della situazione e, non da ultimo... di aver sbroccato senza alcun riguardo contro il direttore responsabile del Ciak, si gira! e altri, innumerevoli periodici di settore. Quel mercoledì mattina era iniziato proprio male. Terribilmente male. «Mi scusi tanto, signor Vermut, è solo che...» farfugliai, in un maldestro tentativo di smorzare il fuoco che avevo aizzato con una stupida ammenda. Quelle profetiche parole mi morirono letteralmente in gola. Stavo consumandomi da una rabbia cieca ma, al tempo stesso, sapevo benissimo di non potermi opporre in alcun modo alla volontà del direttore.

Ryan inforcò gli occhiali da vista, senza smettere di scrutarmi. Poi, come suo solito, incrociò le braccia e se ne stette in silenzio per un paio di minuti. Esaminai l'espressione di sonoro ammonimento che campeggiava sul suo viso smunto, gli occhi infossati eppure lucenti, carichi di un'energia che contrastava del tutto con l'avanzare dell'età, testimoniata dalle rughe profonde che solcavano gli angoli degli occhi azzurri e della bocca, sottile come il gambetto di un piccolo fiore. «Non accetto un no come risposta, signorino Malcom. Il tuo comportamento, devo ammetterlo, mi ha lasciato non poco perplesso e mi ha altrettanto deluso. Che fine ha fatto la tua professionalità? Sei stato il miglior caporedattore che io abbia mai avuto, ti ho assunto in quest'azienda che eri ancora un adolescente in piena crisi d'identità, almeno per certe questioni, sei stato l'unica – e dico l'unica! – persona cui io abbia concesso di darmi del tu dopo soltanto un paio d'anni di servizio. Insomma, ti ho concesso tutte le opportunità di crescita di questo mondo, e ora... Vorresti farmi credere che ti senti minacciato? Da una donna, per giunta? Andiamo, non sei per nulla credibile! Per carità, lungi da me dal fare commenti sessisti, la signorina Rossi vanta una certa esperienza nel settore, è una ragazza molto in gamba. Ma lo sei anche tu, conosco bene il tuo operato! Per quale motivo non vuoi buttarti in questa nuova avventura?»

Deglutii a fatica nell'istante in cui sentii quella parola. Avventura. In un momento, immaginai di scaricare la passione che mi portavo dentro e di avventarmi sulle labbra di quella Megan, di palpare sfacciatamente ogni angolo del suo corpo. Di avventurarmi con lei sulle note di un qualcosa che, almeno da un lato, avrei voluto reprimere con tutte le mie forze, ma che dall'altro bramavo sin dal momento stesso in cui il mio sguardo si era posato sulla sua armoniosa figura. In realtà, avevo provato sensazioni contrastanti durante quella serata. La prima di una lunga seria. Vederla aggirarsi in quel di Firenze mi aveva impressionato, aveva scatenato in me uno sconvolgente turbinio composto da un qualcosa che tuttora non sapevo definire. La sua indiscutibile bellezza mi aveva colpito, ma non potevo dire lo stesso del suo sguardo. In quello sguardo percepivo un qualcosa di vagamente familiare. Quello sguardo aveva dipanato ogni certezza, provocando in me un improvviso susseguirsi di domande che cercavo di ignorare da non so quanto tempo.
Non volevo ripensarci, non volevo ricascarci. Da quel giorno, però... nulla era stato più lo stesso. Alzai di nuovo il capo. «D'accordo, Ryan. D'accordo... accetterò di collaborare con quella Megan», sospirai, rassegnato.

Gli occhi del mio interlocutore s'illuminarono all'istante. «Benissimo, così ti voglio! Caparbio, determinato e... sempre a caccia di notizie! Sono sicuro che ne uscirà fuori un capolavoro! Tu e la Rossi farete un lavoro eccellente, me lo sento», sputò, ormai del tutto infervorato. «Avanti, che la tua bella ti sta aspettando nell'atrio.»

«Cosa? Nell'atrio? Di già?» domandai a raffica, inarcando un sopracciglio.

«Muovi le chiappe e raggiungila, avanti», mi disse l'altro, facendomi l'occhiolino. «Poi mi racconterai, siamo intesi?»

 

*

 

Quando varcai la soglia del parcheggio – intriso di macchine aziendali tutte disposte in fila –, stentai dal credere ai miei occhi. Una bellissima donna dai capelli scuri sostava proprio vicino alla mia Jaguar. Era lei. Megan Rossi.
Con fare circospetto, presi ad avvicinarmi a quella femme fatale. Vestito rosso fuoco, labbra del medesimo colore, tacco dodici, occhiali da sole. Era un vero schianto. E a me stava per prendere un infarto.

Sospirai pesantemente. Dovevo resistere a una donna simile. Dovevo rimanere professionale di fronte a una Venere che, se soltanto si fosse privata del suo bel vestitino e fosse rimasta in intimo, mi avrebbe suscitato un brivido di eccitazione che il mio corpo non si sarebbe risparmiato dal farmi notare. Dovevo scacciare dalla mia mente quei pensieri poco casti, arrestarli sul nascere. Dovevo contenere la meravigliosa paura di baciarla. Dovevo cancellare quella strana sensazione che mi catturava ogni singola volta che incrociavo i suoi occhi color zaffiro.

«Credevo non arrivasse più», esordì lei, togliendosi gli occhiali da sole.

«Cos'è, le infastidisce darmi del tu, forse?» Simulai un'impenetrabile espressione che, di certo, non si sposava con quanto provai nel preciso istante in cui le porsi la mano.

Megan ignorò il mio tentativo di accorciare le distanze e, piuttosto freddamente, incrociò le braccia. «Parla quello che, fino a poco tempo fa, desiderava che mi togliessi dai piedi», gracchiò, tagliente. «Non le sembra un comportamento ipocrita?»

Senza il benché minimo imbarazzo, le scoccai il primo di tanti sorrisi maliziosi. Prima o poi, pure lei sarebbe caduta ai miei piedi, anche se... non sapevo ancora se lo volessi davvero. Una parte di me provava uno strano timore, avevo il sentore che quella Megan non sarebbe stata una qualunque. Non soltanto perché la reputavo una difficile conquista. C'era qualcos'altro, in lei. Un qualcosa che, per molte settimane, non mi aveva fatto dormire placidamente. «Non crede che un uomo piacente come me debba preservarsi dal lavorare con una donna così sensuale come lei?»

«Oh, ma che adulatore! Sono sinceramente commossa, lo sa?» rispose Megan con fare teatrale. «Sono spiacente, ma queste strategie da latin lover non funzionano con me. Io e lei siamo soltanto dei colleghi e, che le piaccia o meno, dovrà collaborare assieme a me per produrre l'inchiesta sul caso Thompson.»

«Vedo che ha studiato, signorina Rossi. E sono del tutto d'accordo con lei. O quasi. Io e lei siamo dei caporedattori, abbiamo qualcosa in comune. Ma questo non basta», le dissi, squadrandola da capo a piedi. «L'avverto... non invada i miei spazi più intimi, o potrebbe anche pentirsene. O magari, caderci dentro con tutte le scarpe... e non solo quelle», avanzai, il sorriso malandrino che le avevo elargito non mi abbandonò neanche quando lei mi regalò una smorfia di sommo disgusto. «Vogliamo andare?» domandai, aprendole con gentilezza la portiera dell'auto.

Megan entrò in macchina senza battere ciglio, quindi accese la radio.

«Una donna di compagnia, non c'è che dire», mormorai non appena presi posto alla guida, credendo che lei non potesse sentirmi.

«Stia zitto e guardi la strada, piuttosto», mi redarguì la donna notando che, di tanto in tanto, le lanciavo delle occhiate inequivocabili. Il casanova che era in me non poteva proprio esimersi dal farlo. Trovavo quella Megan semplicemente irresistibile, malgrado il cuore la pensasse diversamente. Al momento, però, non volevo certo ragionare con quell'organo vitale. Volevo ragionare con ben altro.
Avevo deciso che sarebbe stata mia. Senza se e senza ma. Senza ma e senza se.

«Se lei non accavallasse ogni due per tre quel bel paio di gambe che si ritrova, magari, sarebbe assai più semplice pensare ad altro», le dissi con un sorriso, mentre cercavo di ricompormi. Ero già partito per la tangente. Ero già in viaggio, stavo già costruendo il mio personalissimo viaggio tra le pieghe di quel corpo tanto sconosciuto quanto seducente. Ammaliante.

«Potrebbe smetterla di molestarmi?» ribadì lei, senza degnarmi di uno sguardo. Scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.

Ghignai. Adoravo quando una donna mi resisteva, perché sapevo molto bene che, tra non molto tempo, si sarebbe gettata a capofitto tra le mie braccia. Proprio come tutte le altre donne che avevo incontrato. «Molestarla? Io, molestarla?» Una risata divertita riempì l'abitacolo. «Io la sto soltanto corteggiando, signorina Rossi. La cosa è ben diversa.»

L'altra si limitò ad alzare il volume della radio.

«Okay, ho capito. Tentativo fallito, game over. Ma io non mi arrendo, lo sa? So essere molto determinato quando mi prefisso un obiettivo.»

«Per questo ha scelto il giornalismo come professione?» domandò Megan, suscitando la mia completa sorpresa. In un istante, era passata dall'assoluta intolleranza a un velato – ma palpabile – interesse per il sottoscritto; un interesse che io stesso giudicai come l'inizio di un qualcosa. Uno splendido, intrigante inizio.

Un sorriso genuino sostituì la strafottenza di poco prima. «Ho sempre amato scrivere. Inventare storie, aprire inchieste interessanti, indagare con minuzia e dovizia di particolari sui casi più discussi della televisione. In poche parole, non è stato poi così difficile trovare la mia vocazione. A onor del vero, non sostituirei questa professione con nessun'altra cosa al mondo. Presumo neanche lei, non è così?»

Per un istante, Megan rimase in silenzio, e io ne approfittai per accostare la macchina di fronte al Mist, l'azienda oggetto delle nostre indagini.

«Cavoli, è lui!» sputò Megan d'un tratto. Io, che ero rimasto a guardarla incantato per un interminabile attimo, non mi ero accorto nell'immediato della presenza di quel Thompson. Non appena intravidi una cospicua massa di capelli bianchi, però, registrai quello che lei mi aveva detto e, al fine di non destare alcun sospetto, l'avvicinai a me. Senza alcun preavviso, le schioccai un bacio a fior di labbra. Megan, sorpresa e spaventata allo stesso tempo, ricambiò quel gesto all'istante ed entrambi ci curammo di coprire i nostri volti con le braccia mentre, nel frattempo, quel bacio innocente stava trasformandosi in qualcos'altro; quel qualcosa che poteva soltanto chiamare in causa una passione che mi accese all'istante. Una passione che, però, sembrava avesse sfumature ben diverse da quelle a cui, solitamente, ero abituato.
Mordicchiandole il labbro inferiore con maestria, in un misto di audace gentilezza – tra l'altro mescolata al desiderio crescente di rivelarle per quanto tempo avessi bramato quelle labbra –, ebbi l'ardire di stringerla ancora più a me.
Quante volte l'avevo sognata, quante volte avevo immaginato di incontrarla di nuovo. E poi, quando mi era capitata l'occasione, avevo persino pensato di rispedirla al mittente. Nella sua bella Italia, nei pressi dell'affascinante borgo fiorentino, dove avevo soggiornato solo un paio di settimane prima.

Tutt'a un tratto, quel pensiero mi fermò. Per l'ennesima volta, mi persi in quelle sconvolgenti riflessioni che non rispecchiavano affatto la felicità scaturita da quel momento inatteso.
La guardai profondamente negli occhi. La bocca dischiusa, lo sguardo sorpreso.

Avevo appena baciato quella donna. Avevo appena baciato Megan Rossi. E mi ero appena reso conto di una cosa. Sono un uomo perduto, constatai nella mia testa, senza dubbio alcuno. Completamente, inesorabilmente perduto.

 

*Io vorrei... Non Vorrei... Ma Se Vuoi: brano del cantautore Lucio Battisti (1972) 

   
 
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