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Autore: heliodor    11/05/2021    0 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Facciamo uno scambio
 
Il villaggio sembrava bruciato da giorni quando Ros vi entrò. Aveva sperato di trovarvi qualcuno vivo, magari una bottega dove poter scambiare qualcuno degli ingredienti che aveva nella sacca con qualcosa da mangiare.
Una volta doveva essere stato un piccolo centro con qualche attività, ma adesso era solo un mucchio di rovine annerite dal fuoco.
Chiunque fosse passato di lì sembrava si fosse divertito a bruciare ogni baracca e ogni bottega presente. L’unica struttura che non era stata data alle fiamme era il pozzo al centro dell’unica piazza.
Ros sedette sul bordo di pietra. Era esausto per aver camminato sotto il sole per mezza giornata e sentiva le piante dei piedi bruciargli.
Era una strana sensazione quella di trovarsi da solo in mezzo a quella devastazione. Sentiva il vento soffiare sulle case ridotte a cumuli di travi carbonizzate e gli sembrava di udire le grida degli abitanti mentre bruciavano a loro volta o scappavano terrorizzati.
Dentro un paio di baracche aveva notato dei corpi, alcuni sepolti sotto le macerie e altri che si erano trascinati fino all’esterno perché non erano morti subito.
Rabbrividì al pensiero di quello che dovevano aver provato.
Controllò di nuovo la sacca a tracolla per essere sicuro che non vi fosse rimasta della carne secca. Le sue dita esplorarono il fondo di pelle stringendo l’aria. La borraccia con l’acqua era vuota e un’occhiata veloce al pozzo gli confermò che sia la corda che il secchio giacevano sul fondo a una ventina di passi di profondità.
Sospirò e si allontanò dal pozzo.
Forse è rimasto qualcosa da mangiare in una delle baracche, si disse.
Entrò in una di quelle che sembravano meno danneggiate. Qualcosa aveva fatto esplodere verso l’interno il muro, trascinandosi dietro l’intelaiatura della porta e la parete stessa.
Pezzi di legno e travi divelte erano sparpagliate sul pavimento, ma non c’erano segni di incendio. Non vide corpi spuntare dalle macerie e ciò lo rese più sicuro. Inoltrandosi nell’abitazione notò che le scale che portavano al piano di sopra erano ancora intere.
Esitando si avvicinò al primo gradino e vi appoggiò sopra il piede, saggiandone la resistenza. Il legno scricchiolò appena sotto il suo peso.
 Stava per mettere il piede sopra il secondo il gradino quando dal livello superiore giunse un rumore di passi affrettati.
Stava per voltarsi e andare via quando dalla cima delle scale spuntò una figura. Un uomo dalla pelle cotta da sole lo scrutò dall’alto. Tra le braccia aveva un fagotto di stracci da cui penzolavano dei pantaloni.
“Drip” stava dicendo. “Ho trovato un bel po’ di roba qui. Perché non vieni.” Quando i suoi occhi incrociarono quelli di Ros si fermò stupito. “Tu non sei Drip.”
Ros fece un passo indietro.
L’uomo scese i gradini. “Tu non sei Drip” ripeté lasciando cadere a terra il fagotto e sparpagliando sui gradini calze di lana e pantaloni laceri.
Ros fece un altro passo indietro e inciampò nella gamba spezzata di un tavolo. Lottò per restare in piedi e si voltò, correndo fuori.
“Drip” gridò l’uomo alle sue spalle. “Drip. Fermalo.”
Ros annaspò verso l’uscita e quasi si scontrò con una seconda figura che si era piazzata davanti al muro distrutto.
“Che hai da urlare accidenti a te?” sentì dire mentre scartava di lato per non investirlo.
“E tu dove stai andando?”
“Drip, Drip” gridò l’altro mentre usciva dalla casa distrutta. “Fermalo.”
Ros si bloccò tra il pozzo e l’abitazione. Da una parte c’era il tizio che aveva incontrato sulle scale e dall’altra quello che aveva quasi travolto scappando.
Questi era alto e massiccio, con una folta barba e una zazzera di capelli neri e unti che gli ricadevano sulle spalle ampie.
Entrambi gli uomini indossavano abiti laceri e scarpe con le scuole scollate. Avevano anche delle borse a tracolla e una spada ciascuno al proprio fianco.
“Drip. Sta scappando.”
Drip lo fissò interdetto. “È solo un ragazzo” disse socchiudendo gli occhi. “Non sei di qui, giusto?”
Ros scosse la testa.
“Come ti chiami?”
Valutò se fosse il caso di dire loro il suo nome.
“Rhanes” disse usando il nome di uno suo zio che una volta era venuto a trovarli a Cambolt. Suo padre non lo sopportava e lo considerava uno sfaticato che ogni tanto passava per spillargli dei soldi. L’ultima volta che si era presentato alla loro porta gli aveva tirato addosso una dozzina di monete prima di cacciarlo via. Da quel giorno non si era più fatto vedere.
Drip annuì lento. “Sembra un dannato nome inventato” disse cose se stesse parlando con la bocca piena. “Io mi chiamo Drip e quello lì è Calak.”
Ros fece un cenno della testa a entrambi. I suoi occhi scivolarono sulla spada che Drip portava legata al fianco.
L’uomo sembrò accorgersene perché cambiò espressione e sorrise. “Ti fanno paura le spade, ragazzo?” La estrasse con un gesto fluido. “Ne hai mai vista una da vicino? Così da vicino da poter sentire il freddo del metallo?”
Ros scosse la testa.
Drip rise.
Calak fece un passo verso Ros. “Hai della roba interessante in quei sacchetti?”
“No” disse Ros.
“Perché non ci fai vedere? Potremmo scambiare qualcosa, se vuoi.”
Rose esitò, poi disse: “Avete della carne secca?”
“Certo” disse subito Drip. “La possiamo scambiare, se vuoi.”
“Prima voglio vederla.”
Drip sollevò la sacca a tracolla con la mano libera. “Ce l’ho proprio qui dentro. Se vieni più vicino te la faccio vedere così puoi valutare meglio.”
“Preferisco guardare da lontano” rispose Ros, la tensione che saliva e il cuore che gli batteva all’impazzata.
Calak fece un altro passo verso di lui e gettò una rapida occhiata a Drip. A Ros ricordava un cane da caccia che aspettasse un cenno del padrone per lanciarsi contro la preda.
Drip sembrò deluso. “Così non ci guadagniamo né noi né tu, ragazzo. Sono tempi duri e bisogna fidarsi di quelli che si incontrano in giro.” Fece un ampio gesto col braccio come a voler indicare tutto il villaggio. “Lo vedi che è successo qui?”
“Hanno bruciato tutto” disse Ros.
“È perché non si sono fidati. Io li ho visti, ragazzo. Sono arrivati per comprare del cibo, ma quelli di questo villaggio hanno rifiutato. Così i soldati se ne sono andati e sono tornati di notte. C’erano anche un paio di stregoni con loro che hanno appiccato un paio di incendi.”
“Chi erano? Rinnegati?”
“E chi lo sa?”
Calak fece un altro passo in avanti. “Drip?”
Ros portò le mani alla cintura. La sua mente stava passando in rassegna il contenuto dei sacchetti cercandone uno che potesse essergli utile.
“Togli le mani dalla cintura, ragazzo” disse Drip, il tono della voce che si era fatto profondo.
“Volevo solo mostrarvi quello che ho” disse cercando di non balbettare. “Per fare uno scambio, no?”
“Facciamo così” disse Drip. “Tu ora ti sfili la cintura e la lasci cadere a terra e noi diamo un’occhiata, ci prendiamo quello che ci serve e ti lasciamo andare via. D’accordo?”
“Ho solo erbe e Sali nei sacchetti” disse Ros.
“Possono sempre essere utili” rispose Drip.
Calak fece un altro passo nella sua direzione. Adesso era a quattro o cinque passi di distanza.
“D’accordo” disse Ros mettendo le mani dietro la schiena. “Ora mi sfilo la cintura.” Le sue dita artigliarono uno dei sacchetti e lo sfilò dal gancio che lo teneva legato. Con l’altra mano allentò la fibbia che chiudeva la cintura lasciando che gli sfilasse lungo i fianchi.
Fece un passo all’indietro per mostrare ai due che aveva sfilato la cintura.
Drip avanzò deciso. “Hai fatto la scelta giusta.”
Calak si gettò sulla cintura frugando tra i sacchetti con dita febbrili. Mentre l’altro lo raggiungeva ridacchiò nervoso. “Ha detto la verità, Drip. C’è solo della robaccia inutile qui dentro.”
“Vedi se ha delle monete.”
Ros aveva spostato i soldi in una tasca dei pantaloni due giorni prima.
“Niente” disse Calak. “Non c’è niente qui dentro.”
Drip lo raggiunse e gettò una rapida occhiata in basso. “Guarda meglio, idiota. Svuota tutti i sacchetti se necessario, magari ha messo qualche moneta sul fondo.”
“Ti dico che non…”
Ros decise che quello era il momento adatto per muoversi. Dominando a stento il tremore alle mani e l’istinto di mettersi a correre via, allentò la cordicella che chiudeva il sacchetto e nello stesso tempo lo lanciò verso di due.
Il sacchetto eseguì una parabola spargendo tutto intorno una polvere rossa che disegnò una scia cremisi nell’aria prima di finire contro il petto di Drip.
L’uomo lo guardò sorpreso, come se si fosse scosso all’improvviso dal sonno. “Che cosa?” fece stupito.
Una nuvola di colore rosso avvolse i due uomini sfumandone i contorni.
“Ti ammazzo” disse Drip sollevando la spada. Un attimo dopo un grido di dolore lacerò l’aria.
“I miei occhi” stava gridando Calak, le mani strette contro il viso. “Bruciano.”
Drip sbatté le palpebre e lasciò cadere la spada al suolo. “Che hai fatto ai miei occhi?” gridò, le mani che strofinavano frenetiche le palpebre.
“È polvere di betulla screziata” disse mentre a mente contava a ritroso partendo da venti. “Se sciolta in acqua cura il mal di schiena e i dolori alle articolazioni, ma dispersa nell’aria provoca irritazione agli occhi.”
Ros si concesse qualche altro istante dopo aver finito di contare, poi si gettò verso i due. Memorizzò la posizione della cintura e chiuse gli occhi prima di entrare nella nuvola rossa.
Al buio, la sensazione di pizzicore agli angoli degli occhi che rischiavano di farlo lacrimare, cercò a tentoni la cintura.
Sfiorò le mani di qualcuno e subito si ritrasse.
“Drip sei tu?” chiese Calak.
“No” rispose l’altro. “Leviamoci di qui.”
Ros udì i passi dell’uomo che si allontanavano.
Devo sbrigarmi, pensò. L’effetto della betulla non durerà ancora a lungo.
Mentre Drip gridava in lontananza, sentì Calak strisciargli accanto. Una mano si posò sul suo braccio e lui subito lo ritrasse per sottrarsi alla presa.
“L’ho trovato Drip” gridò Calak. “È qui.”
“Tienilo” gridò l’altro.
Ros sentì le dita artigliargli una gamba. Mentre con una mano afferrava la cintura, di distese sulla schiena e scalciò con tutta la forza che aveva.
Il tacco dello stivale incontrò qualcosa di duro e morbido allo stesso tempo.
Calak gridò per il dolore. “Mi ha colpito.”
La presa sulla gamba si allentò a Ros strisciò lontano di qualche passo. Aprì un occhio e quando non avvertì bruciore, anche l’altro.
Calak era ancora a terra che esplorava con le mani il terreno attorno a sé mentre Drip si muoveva a caso per la piazza.
Balzò in piedi e superò il pozzo lasciandoseli alle spalle, la cintura che gli penzolava tra le mani.
Alle sue spalle udì il rumore di passi frenetici che si dirigevano verso di lui.
“Prendilo Drip” gridò Calak. “Prendilo dannazione.”
Ros adocchiò una macchia di alberi che circondava una collinetta e vi si diresse di corsa. Arrancò su per il pendio scivolando e rimettendosi in piedi un paio di volte. Non osava voltarsi ma sapeva che qualcuno era dietro di lui.
Non si accorse di un masso nascosto tra l’erba e mise il piede in fallo, scivolando e urtando con il ginocchio sul terreno reso duro dalle piogge scarse. Gemette per il dolore mentre lottava per rimettersi in piedi.
Drip emerse da dietro gli alberi, la spada nella mano. Gli occhi erano rossi come due tizzoni ardenti e quando girò la testa verso di lui ringhiò. “Ti faccio a pezzi dannato ragazzino.”
Ros annaspò per il pendio mentre l’altro balzava in avanti, la spada sollevata. Fece per girarsi e alzare le braccia per difendersi dal fendente.
Drip alzò la spada sopra la testa e torreggiò sopra di lui coprendo per un istante il sole come un gigante sorto dal terreno.
Qualcosa sibilò sopra la testa di Ros e una freccia si conficcò nella spalla di Drip. L’uomo indietreggiò di un passo, l’espressione sorpresa.
“Chi?” ebbe il tempo di dire prima che una seconda freccia lo colpisse all’addome.
Stavolta il contraccolpo lo spinse all’indietro e poi giù lungo il pendio facendolo rotolare.
Ros alzò gli occhi e vide un’ombra superarlo e continuare nella stessa direzione. Camminava china in avanti, un arco stretto tra le mani e una freccia già incoccata.
Più in basso Drip si stava rialzando aiutandosi con la spada. Girò la testa verso la figura che stava avanzando verso di lui.
Una terza freccia gli trapassò il collo e lo spinse indietro. Stavolta, dopo essere atterrato alla base di un albero, non si mosse.
La figura armata di arco esaminò il corpo di Drip e risalì per il pendio. Ros alzò la testa e strinse gli occhi per metterla a fuoco.
Era una donna dai capelli raccolti in quattro trecce che le scendevano sulle spalle. “Rimani lì” disse.
Un grido lacerò l’aria e Calak balzò fuori dagli alberi brandendo la spada.
La donna si voltò di scatto, lasciò cadere l’arco e con un gesto fluido estrasse dalla cinta una spada corta dalla lama ricurva.
Calak si gettò in avanti tirando un fendente. La donna scartò di lato e fendette l’aria con la spada. Sulla blusa sbrindellata di Calak apparve una striscia rosso sangue.
L’uomo si toccò la ferita e osservò le dita sporche di sangue. Anche lui aveva gli occhi rossi e gonfi. “Maledetta” gridò prima di ributtarsi contro la donna.
Lei lo attese e poi scattò in avanti. Calak affondò il colpo e le alzò la spada parando l’affondo, poi scartò di lato e alzò il ginocchio, affondandolo nell’addome dell’avversario.
Calak si piegò in due e lei gli danzò attorno, alzò la spada e lo colpì di taglio alla schiena. L’uomo gemette per il dolore e inarcò la schiena all’indietro. Allora la donna affondò la lama poco sopra i reni.
Calak barcollò in avanti e si inginocchiò prima di crollare nell’erba.
La donna rimase a fissarlo per qualche istante, poi si rivolse a Ros. “Stavi con loro?” gli chiese.
Ros scosse la testa.
“Meglio per te” rispose lei.
Solo allora Ros notò che aveva un taglio al braccio che doveva essersi fatta durante lo scontro. “Sei ferita” disse alzandosi.
La donna sembrò accorgersi solo allora del taglio. “Vero” disse. “Chissà chi dei due è stato.”
“Posso aiutarti” disse Ros. “So curare quel tipo di ferita.”
“Davvero?” fece lei guardandolo sospettosa. “E se invece tentassi di avvelenarmi come hai fatto con quei due nella piazza?”
“Mi hai visto?”
La donna annuì. “Sembri saperne qualcosa di erbe e pozioni. Forse potresti esserci utile, dopotutto.” Guardò verso la cima della collina e fece un fischio. “Ma non spetta a me decidere. Tra poco i miei amici saranno qui e decideranno loro che cosa fare di te. Come hai detto che ti chiami?”
“Ros.”
“Io sono Belia.”
“Grazie per avermi salvato, Belia. Quei due rinegati volevano derubarmi.”
Belia sorrise. “Ti avrebbero fatto ben di peggio se non fossi intervenuta io. E non erano rinnegati. Almeno, non ancora. Una volta combattevano per un nobile locale, prima che si dedicassero alle razzie.”
“Voi combattete per Talmist?” chiese Ros.
Belia sorrise e scosse la testa. “Certo che no, Ros. Noi siamo l’avanguardia dell’armata di Malag.”

Note
Di solito non celebro, ma siamo al capitolo 100 e lo considero un traguardo simbolico.
Vi farà piacere (?) sapere che siamo a (quasi) un terzo della storia.
La cosa che mi sorprende di più è che, statistiche delle letture dei vari capitoli alla mano, quelli di Valya sono meno seguiti rispetto a quelli di Zane (di gran lunga il più gradito) e di Ros.
Ok, ci vediamo al capitolo 200 (no, scherzo, mi farò sentire di sicuro prima :D )
  
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