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Autore: heulwen_mai    18/05/2021    4 recensioni
Post 14 luglio. Oscar è sopravvissuta, André è sopravvissuto, non tutto è rose e fiori.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Bernard Chatelet, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non racconterà alle donne dei giorni trascorsi nella casa di Alain. Lascerà che immaginino la sua latitanza come qualcosa di voluto, il generale di brigata nascosto tra alleati ad architettare il proprio ritorno teatrale. Ci saranno richieste di raccontare, ma lei sorriderà con aria enigmatica, scuoterà la testa e si ammanterà di silenzio. La tata Marie, in via eccezionale, siederà sulla poltroncina nel salotto di madame de Jarjayes; madame si sarà certamente messa a letto. Oscar si accomoderà accanto a sua madre, le mani ruvide a far crepitare il copriletto di raso, e si lascerà lambire dalle familiari ondate di amore, ammirazione e attenzione che le sono mancati durante la sua assenza. Eventualmente verrà il momento di stringere la mano del generale (Oscar non si sofferma su ciò che dovrà chiarirsi tra padre e figlia- le è sufficiente proiettare nella mente l’immagine del generale rigido ma commosso, l’immagine di un’accoglienza e un perdono che sa inevitabili).

 

Poi da Parigi arriverà la divisa, insieme alla notizia di una partenza che non la riguarda. E arriverà la morte. Quello che di epocale sta succedendo in Francia non è più nelle sue mani; il momento di gloria di Oscar de Jarjayes è trascorso e pochi ne tramanderanno forse la memoria. Pazienza. Rimpiange la piccola guerriera che componeva tra sé e sé le proprie gesta eroiche. Rimpiange il suo scudiero- fratello, amico, compagno di avventure. Non marito: quello è stato l’errore di un momento.

 

 

 

Scopre che le fantasticherie non sono sufficienti a sostenerla. Percorre via Saint Antoine trascinando gli stivali di André che pesano come zavorre. Il suo respiro impazzito raschia il silenzio. Tossisce. La testa le gira e la bocca si riempie del sapore del sangue.

 

 

 

Gli Châtelet abitano al secondo piano di una casa modesta ma non cadente. Oscar è stata lì per parlamentare con Bernard poco tempo fa e ne riconosce il portone, oltre il quale cerca rifugio. Solo due minuti, si dice. Cammina da circa un quarto d’ora ed è così stanca che vorrebbe sedersi per terra.

 

Ogni gradino è una montagna da scalare, ma a un tratto è davanti alla porta giusta, a bussare forte fino a quando la faccia pallida e tirata di Bernard non spunta da una fessura.

 

“Sì?” chiede Bernard. Solleva una candela gettando un alone giallo sulla parete e la studia aggrottando le sopracciglia. “Oscar..?”

 

“Oscar?” La voce di Rosalie la raggiunge dall’interno. “Bernard, cosa succede?” Lo spinge da parte ed esce sul pianerottolo in camicia da notte, con i capelli sciolti e gli occhi ancora gonfi di sonno. Senza neanche accertarsi della sua identità, Rosalie spalanca la porta e guida Oscar all’interno dell’appartamento sfiorandole il braccio.

 

“Cosa avete fatto al viso?” Rosalie le sfiora lo zigomo gonfio, e Oscar sibila.

 

“Cos’è successo?” Ci si mette anche Bernard. Ma Oscar è sopraffatta: non sa cosa rispondere; nel turbine che le imperversa nel cervello, tutte le risposte che dovrebbe dare loro si sono mescolate come scartoffie davanti a una finestra aperta. Non sa neanche perché si sia fermata lì, a casa degli Châtelet. Ogni tappa è tempo buttato. Deve solo riprendere fiato.

 

Rosalie la fa sedere su di un minuscolo divano tarmato. Oscar si accascia all’indietro ed esamina le macchie di muffa e di fumo sul soffitto.

 

Non possiamo tenerla qui…

 

Guardale la faccia, Bernard. Ora, dimmi cosa pensi che le sia successo.

 

Le sembra di sentire su di sé gli occhi di Bernard, come spiragli di luci che scrutano dentro di lei. E’ una sensazione singolarmente sgradevole.

 

“Rosalie,” dice poi lui a voce alta, come parlando di un assente, “se resterà verranno a riprendersela...”

 

“Sarà solo qualche giorno. Possiamo spiegarlo ad Alain...” risponde Rosalie, seccata.

 

Bernard sparisce nell’altra stanza, portando con sé l’unica candela accesa. Nel buio, Rosalie la raggiunge. La cerca a tentoni, e Oscar si impadronisce della sua mano. Stringe.

 

“Resterete qui, per adesso. Bernard andrà un attimo a casa di Alain… non vogliamo che il vostro André stia in pena per voi...”

 

Rosalie ascolterebbe certe storie- storie di camice strappate, di deludente amore carnale, di ceffoni- con la comprensione con cui le persone buone come lei accolgono le confessioni dolorose e imbarazzanti dei loro amici. Quelle storie hanno dato vita alla donna tremate e sudata che siede ora in questa stanza buia, con la faccia tumefatta e il respiro roco e lamentoso. Una donna che Oscar detesta e di cui si vergogna; resta zitta senza commentare, senza nemmeno scuotere la testa. Quando Bernard sarà di ritorno, lei avrà già abbandonato il quartiere Saint Antoine.

 

 

 

“Che cos’hai fatto a quella camicia?”

 

La porta sbatte, ma è stata la domanda scocciata e lamentosa di Rosalie a scuoterla. Oscar apre gli occhi nella stanza di nuovo illuminata da una candela accesa sul tavolo. Bernard è rientrato. Non somiglia che vagamente a Châtelet il grande oratore- è trafelato, la camicia strappata all’altezza del colletto, i capelli fuori posto. Accigliato, ignora la domanda e si rivolge direttamente a Oscar.

 

“Vostro marito è molto alterato.” Oscar non può che ammirare quel modo di fare diplomatico che riveste come una sottile pellicola la rabbia che bolle sotto la superficie delle parole educate.

 

“Ne sono al corrente,” risponde.

 

Rosalie le mette in mano qualcosa- un bicchiere caldo. Oscar prende meccanicamente un sorso, sorreggendo lo sguardo di Bernard. Faticoso apparire padrona di sé stessa e dei propri movimenti, faticoso mandare giù il pessimo caffè di cicoria che Rosalie deve avere preparato appositamente per lei. Ma è compiaciuta dall’immagine che sente di proiettare, forte e serena, voce ferma.

 

“Resterete con noi per qualche giorno. I documenti saranno pronti da un momento all’altro.” Bernard si impettisce, drizzandosi in tutta la sua altezza. “Non tollererò scenate quando André tornerà a prendervi.”

 

Davanti a quell’atteggiamento via via più ostile, Oscar fa quello che le è sempre venuto naturale fare: si abbandona contro lo schienale del sofà, ostenta una posa rilassata, stende in avanti le gambe e le accavalla. Beve il caffè cercando di non fare caso al sapore mentre i coniugi Châtelet la lasciano sola.

 

Bernard spiegherà a Rosalie quanto Oscar sia stata infida e crudele con il suo povero marito cieco. Le brucia pensare che le simpatie di Rosalie possano rivolgersi ad André- di fatto la sola idea le riempie gli occhi di lacrime, che una a una scivolano lungo le guance, le si infilano nel naso o sgocciolano pesanti nel bicchiere. Quando però Rosalie torna da lei, non c’è differenza visibile nel suo modo di fare.

 

“Sarete stanca, Oscar. Finite con calma il vostro caffè… vi darò una camicia da notte e dormirete di là con me… Bernard per stanotte si accontenterà del divano.”

 

 

Quando si sdraiano una accanto all’altra e Rosalie spegne la candela, Oscar è contenta di essere lì. E’ come essere di nuovo giovani, quando concedeva, ostentando sufficienza, a una Rosalie bambina di dormire con lei- temporali, fantasmi, ladri, ogni scusa sembrava buona. Rosalie le ricorda di dire una preghiera- da quanti anni Oscar non lo fa più con costanza?

 

Cala il silenzio. Da qualche parte della casa un orologio scandisce il tempo, i rumori che giungono da fuori sono deboli e fanno venire sonno. Oscar accorda il ritmo del suo respiro a quello del corpo amico sdraiato accanto al suo, e per questa notte non sogna di affogare.

 

 

  
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