Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: MadMary    24/05/2021    2 recensioni
Aceto Doppio era sempre stato affascinato dagli Strip Club, ma non si era mai osato.
Quella sera, però, si sentiva diverso: una forza non troppo sconosciuta lo stava spingendo ad entrare, a sperimentare. Doppio sentiva di aver bisogno di contatto umano, come se la sua vita dipendesse da quello.
Entrando nel locale capì di aver fatto la scelta giusta, quando posò gli occhi su di lei e la forza sovrannaturale lo spinse a prenderla.
Genere: Angst, Dark, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Diavolo, Doppio Aceto, Ghiaccio, Prosciutto, Risotto Nero
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Threesome, Violenza
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Il sapore metallico del proprio sangue le ricoprì il palato, accompagnato dal forte aroma dell’uomo, che stringendole prepotentemente il capo con una mano, continuava a ripetere quel movimento meccanico, costringendola avanti e indietro sul suo membro, lasciando che lei lo sentisse colpire più volte il fondo della sua gola, facendola resistere ai conati di vomito indotti da tale azione.  

L’idea di star di nuovo praticando della fellatio contro la sua volontà oramai non la stupiva nemmeno più di tanto, e ciò la spaventava: era diventata davvero così insofferente ai suoi aguzzini, in così poco tempo? Davvero essere forzata in delle pratiche sessuali, come se fosse unicamente un pezzo di carne, posto lì per il lor piacere, non la faceva straziare più come le prime volte?  

Aveva mai veramente provato a combattere, contro di loro? 

Un gemito gutturale dell’uomo le fece alzare gli occhi stanchi verso quel viso stoico, che integerrimo continuava a scrutarla con quella strana espressione, dritto nelle pupille.  

A cosa pensava lui, in momenti del genere? Celeste se l’era chiesto ormai troppe volte, ma non era mai riuscita a darsi una risposta. Era davvero soddisfatto, raggiunto l’orgasmo, dopo ciò che gli era costato fare per raggiungerlo? Davvero riusciva a guardarsi allo specchio, sapendo di aver abusato così di una persona che non aveva alcun potere su ciò che le accadeva? 

Rise mentalmente: sciocco da parte sua pensare che la sua vita potesse influenzare anche solo un minimo quella di un mafioso, che oramai da anni uccideva persone sconosciute, per solo qualche soldo. Lo sapeva bene che nessuno di loro era veramente soddisfatto del proprio lavoro; non facevano altro che lamentarsi. “Il boss non ci paga abbastanza”, “quel bastardo continua a sottovalutarci”, “un giorno si pentirà di averci sempre pagati una miseria”. Celeste le conosceva tutte a memoria quelle frasi, le sentiva come una cantilena da settimane, senza tregua.  

Magari la odiavano così tanto non perché erano persone cattive nell’anima, ma perché l’ambiente in cui erano vissuti e in cui stavano ancora vivendo li aveva resi dei frustrati e, vedendo la personificazione di un ennesimo ordine del loro boss, vivere sotto il loro stesso tetto, a portata di mano ventiquattro ore su ventiquattro, li aveva fatti andare in escandescenza. Nessuno era così malvagio e corrotto per natura, giusto? Doveva essere successo loro qualcosa. Infondo chi condurrebbe una vita del genere, solo per puro piacere? Sicuramente nessuna persona sana di mente.  

Eppure loro tanto sani mentalmente non le sembravano. 

-Cazzo...- sibilò Risotto, mordendosi il labbro alla vista del sangue della ragazza fuso con la sua stessa saliva, che le colava lentamente lungo il mento, macchiando le piastrelle sottostanti.  

Sicuramente dopo avrebbe dovuto ricucirle accuratamente il palmo squarciato e sarebbe stato un lavoro assai lungo e noioso, ma ne era valsa assolutamente la pena.  

Non era solito lasciarsi andare alle sue parafilie più estreme, ma la vista di quel liquido cremisi gocciolarle dal dito, quasi zampillando, lo aveva mandato letteralmente in estasi e non si era più riuscito a controllare, proprio come se una forza lo avesse costretto a portarla in quel bagno, per vedere e assaporare più di quell’oro scarlatto.  

-Ah...!- gemette ancora, premendola con più forza sul suo pene, facendole affondare il naso nei propri riccioli bianchi, piegandosi in avanti e reggendosi al muro, poggiando il palmo contro la parete liscia e facendo leva col braccio.  

Celeste iniziò a concentrarsi sul proprio respiro: la stava soffocando. Dovette focalizzare con calma i propri polmoni, visualizzandoli riempirsi d’aria, per poi comprimersi, lasciandola uscire dalle narici, infastidite dalla peluria contro la quale erano premute. Tentò un lamento, ma il risultato fu solo un altro singhiozzo dell’uomo, che mai era sembrato così coinvolto in un momento simile, nemmeno quando l’aveva violata sul divano, in soggiorno.  

Con un ultimo gemito strozzato, la allontanò violentemente dal suo membro, per poi stringerlo con forza fra le proprie dita, prima di venirle in volto, schizzandole il viso col proprio sperma bollente, costringendola a serrare gli occhi, mentre il liquido si depositava sulla sua pelle. 

La ragazza aprì la bocca e il flusso di saliva rossa che le colava dal mento aumentò per qualche istante, mentre ella sentiva le proprie papille gustative urlare a quel sapore di morte che le invadeva la gola, non lasciandole un attimo di tregua dal ricordo di ciò che le era appena accaduto.  

Quella bestia le aveva fatto ingerire del suo sangue.  

-Risotto...- sussurrò, rimanendo inginocchiata al suolo, continuando a guardare davanti a sé e passandosi le dita sane lungo il volto macchiato di liquido seminale, mentre il suo aggressore era intento a ripulirsi accuratamente. 

-Cosa.- 

-Mi fa male la mano...- provò a dire, prima che la voce le si spezzasse completamente e, accasciandosi contro il muro gelido, scoppiò finalmente in uno stridulo e disperato pianto, ma che aveva in sé un qualcosa di infantile, quasi come se fosse quello di un bambino.  

Stringendosi il palmo incrostato di rosso, il suo respiro rotto e affannato si fece più forte, mentre serrava gli occhi per evitare di guardare a quello squarcio gonfio e crudo che le deturpava il corpo.  

Era colpa sua; non avrebbe mai dovuto lasciarsi distrarre da quei pensieri folli su di lui, non si sarebbe mai dovuta tagliare in quel modo. Avrebbe dovuto subito dire di sì a Illuso, si sarebbe dovuta subito far medicare da lui. Invece, come al solito, era stata testarda, si era comportata da stupida e, ancora una volta, ne aveva pagate le care conseguenze.  

Era colpa sua.  

-Alzati, devo lavarti la mano e disinfettarla.- le ordinò Risotto, osservandola dall’alto, con quei suoi occhi inflessibili e scuri, pieni di così tanto odio e rancore; verso cosa? Cos’aveva fatto questa volta per infastidirlo? Forse era il suo pianto a mandarlo in escandescenza così tanto... doveva controllarsi di più, avrebbe potuto punirla ancora, dopotutto. 

Fece come comandato e, tremante, gli si avvicinò, non osando alzare lo sguardo verso il suo volto severo, mentre le forzava la mano ferita sotto l’acqua ghiacciata e un sibilo di dolore le lasciava le labbra gonfie e serrate. Il lavandino presto si tinse di sangue e, finalmente, il suo palmo rimostrò i colori pallidi della pelle. Subito dopo, con poca delicatezza, le schizzò in volto dell’acqua, per rimuoverle completamente lo sperma rimasto. 

Espirando rumorosamente dal naso, Risotto afferrò con violenza e fretta il cotone e il disinfettante abbandonati precedentemente e subito sanificò i due lunghi fendenti fra le carni della ragazza; in seguito, prese il necessario per ricucirle.  

-Siediti dov’eri prima: ti farà male.- 

Ancora una volta ubbidì agli ordini e si accomodò sulla superficie in ceramica, tendendo la mano aperta verso di lui, sentendo la pelle tirare al gesto.  

Quando l’ago penetrò, Celeste chiuse gli occhi e strinse i denti, per evitare di lasciar trapelare alcun suono, terrorizzata all’idea di infastidirlo nuovamente. Non osò nemmeno per un istante a spalancare le palpebre: non sapeva in che stato avrebbe potuto trovarlo e, visto ciò che era precedentemente accaduto, non era intenzionata a scoprirlo.  

Quanto tempo era passato senza che qualcuno in quella casa si forzasse su di lei?  

Era tutto iniziato quella sera, proprio con Risotto, nella sala principale; lui poi l’aveva portata nella sua stanza da letto e aveva tentato di violentarla, accontentandosi alla fine del sesso orale. L’aveva violentata quando, il giorno dopo? Due giorni dopo? Davvero non sapeva dirlo, lo spazio e il tempo avevano totalmente perso di significato oramai nella sua testa. Sta di fatto che subito dopo, era riuscito definitivamente a prenderla, sopra uno dei divani. Ancora dopo era arrivato Prosciutto, anche lui in quella stanza, e adesso era riaccaduto nuovamente col capo di quel gruppo di malati. Chi sarebbe stato il prossimo? Ghiaccio? Sarebbe finalmente riuscito a terminare il lavoro iniziato tempo prima? Magari Illuso, che continuava a fissarla in ogni suo movimento, cercando il più possibile di instaurare un contatto visivo, in modo da rivolgerle uno di quei suoi sorrisetti nauseabondi, che la facevano vergognare della sua stessa pelle. Oppure Formaggio, che puzzava sempre di alcol e di sudore; anche lui non si risparmiava quegli sguardi languidi e viscidi, anche se quelli che più la mettevano a disagio erano quelli rivolti da Melone: quell’uomo le faceva letteralmente venire da vomitare, coi suoi atteggiamenti così lascivi e lussuriosi. 

Eppure non capiva: cosa faceva lei per meritarsi tutto questo?  

Erano vere le parole che le rivolgeva sempre Ghiaccio? Si comportava davvero in maniera provocante? Era davvero colpa sua? Si era sempre risposta di no a quelle domande, convinta della sua innocenza a riguardo, sicura di non essere lei il problema, ma arrivata a questo punto, non aveva più alcuna certezza. Se si fosse sbagliata sul suo stesso conto dal principio? Se effettivamente quell’odioso ometto avesse ragione? E se fosse lei la causa dei suoi problemi?  

E se si meritasse tutto quello che le stava accadendo? 

-Smettila di fare la bambina e apri gli occhi; ho finito.- la voce infastidita di Risotto la convinse controvoglia a riaprire le palpebre pesanti, per osservare quella terribile e dolorosa cucitura che le percorreva l’intera lunghezza della mano, dandole quasi un aspetto... finto? Come se fosse un giocattolo di pezza strappato e rattoppato in fretta e furia, con poca attenzione.  

-Grazie...- disse, tirando rumorosamente su col naso, mentre provava a stringere delicatamente le dita, sentendo i punti tirare. 

Le rispose con un grugnito disinteressato, alzandosi dalla sua posizione accucciata, prima di spalancare la porta del bagno, lasciandola finalmente sola in quella piccola stanza gelida. Celeste sospirò, sollevandosi a fatica in piedi, continuando a guardarsi la mano gonfia e rossa, ripensando a ciò che era appena avvenuto in quelle quattro mura. Un brivido le percorse la schiena al ricordo della spiacevole scoperta fatta su quell’uomo misterioso: era indubbiamente un perverso, un essere con fantasie deviate e dannose per gli altri; era chiaramente disposto a ferire gli altri pur di provare del piacere personale e, questa nuova informazione, la terrorizzava: significava essere in pericolo in ogni aspetto della giornata, in ogni situazione che lo coinvolgesse con lei. Non avrebbe mai potuto essere al sicuro con lui accanto.  

 

-Capo, eccoti finalmente! Ci stavamo chiedendo cosa fosse successo.- disse Illuso, girando leggermente la schiena dalla sedia per guardare Risotto, che con passo sicuro e pesante si avvicinava al tavolo dove erano riuniti i tre colleghi, con dei piatti fumanti di pasta davanti agli occhi.  

-Scusate per il ritardo; abbiamo avuto un piccolo dibattito e ha opposto resistenza alle cuciture.- spiegò l’uomo, sedendosi al suo posto, massaggiandosi vigorosamente gli occhi, premendo con fin troppa forza sulle palpebre stanche e pesanti.  

-Spero tu le abbia dato una lezione, capo! Quella zoccola continua a comportarsi come più le piace nonostante tutte le botte che si piglia, è davvero una testa di cazzo!- 

-Abbassa la voce Ghiaccio, mi stai urlando nelle orecchie.- 

-Stai zitto, Illuso! Vuoi che spacchi la faccia anche a te?! Eh?!- 

-Quale cazzo è il tuo problema scusa?!- 

-Basta entrambi, sono stanco: non ho intenzione di sentirvi litigare; fate silenzio.- li ammonì con tono sostenuto il loro capo, facendo ammutolire immediatamente i due sottoposti. 

Prosciutto guardò con aria quasi preoccupata il suo collega: sembrava così spossato, come se avesse appena affrontato una qualche sfida psicologicamente snervante. Aveva sentito chiaramente la voce di Celeste urlare una ventina di minuti prima, come l’avevano udita anche i suoi due altri compagni, eppure non era ancora sicuro di cosa fosse effettivamente successo fra loro in quel bagno, soli in una stanza.  

Un dubbio gli fece fermare il respiro di colpo, lasciandolo quasi strozzarsi con un boccone di pasta: e se l’avesse uccisa? 

Cominciò a tossire rumorosamente, battendosi dei vigorosi colpi contro il petto, cercando di fermare gli spasmi del proprio corpo. 

-Cazzo amico, tutto okay?- chiese allarmato Ghiaccio, mentre Illuso dava delle forti pacche alla schiena del biondo, porgendogli un bicchiere d’acqua. 

Dopo ancora qualche colpo di tosse, Prosciutto fece dei profondi respiri, asciugandosi le lacrime dagli occhi e passandosi un tovagliolo sulla bocca. 

-Sì, grazie... mi sono un attimo strozzato.- e prese il bicchiere dalle mani del collega bruno, ringraziandolo ancora con un gesto del capo, prima di bere qualche sorso d’acqua, sentendola scivolare quasi dolorosamente per la propria gola. 

No, non poteva averla uccisa, Risotto non era una persona irrazionale, figuriamoci così egoista e irresponsabile. Non avrebbe mai agito così d’impulso, così d’istinto. 

Istinto. 

E se lo stand di quella donna avesse avuto un’influenza negativa questa volta? E se quel potere amplificasse le volontà dell’individuo colpito, anche quelle omicide?  

Merda, merda, merda! Aveva bisogno di sapere come stesse quella stolta, non riusciva più a trattenersi. 

-Come sta Celeste?- domandò di colpo, quasi urlando, facendo alzare il capo a tutti i suoi colleghi.  

Risotto lo guardò con fare interrogativo per qualche istante, prima di tornare al suo classico aspetto disinteressato. 

-Sta bene, come ti ho già detto prima abbiamo discusso per via di un’inezia, ma sta bene. Non so bene cosa stia facendo al momento, credo sia ancora chiusa nel bagno.- rispose, masticando un boccone, prima di fissare il biondo negli occhi con uno sguardo glaciale –Se proprio ti pressa così tanto l’argomento, vai direttamente da lei e chiedile come sta.-  

Nella sala calò un silenzio angosciante, mentre un sentimento di disagio e imbarazzo fece colorare di rosa le guance pallide di Prosciutto, imbarazzato e umiliato dalla provocazione inopportuna del suo capo.  

Perché lo aveva messo in ridicolo davanti a tutti i suoi compagni in questo modo? 

Stringendo i pugni, si alzò dal tavolo e, senza dire una parola, si diresse con passo svelto verso la porta del bagno, spalancandola senza bussare, incurante dello stato in cui avrebbe potuto trovare la ragazza. 

-Donna, perché diavolo non sei a mangiare con...- la voce gli morì in gola quando, facendo girare le pupille per la stanza, non trovò la donna dai capelli dorati seduta in un qualche angolo, ma al suo posto gli si presentò un bagno con vari oggetti spostati, gettati al suolo, che presentava diverse macchie di sangue, misto a saliva e... sperma? 

Prosciutto storse il naso, disgustato dalla scena palesatagli davanti: cosa diamine era successo fra lei e Risotto?  

Chiuse con un gesto rapido la porta lignea, indietreggiando di qualche passo e voltando il capo verso la camera da letto di Celeste e vi si avvicinò. 

-Cosa diavolo stai facendo? Perché non sei a tavola a pranzare con noi?- chiese, entrando nella stanza di colpo, sorprendendo la ragazza supina sul suo letto, che ebbe un sussulto alla vista dell’uomo. 

-Cosa ci fai in camera mia?- rispose con una domanda a sua volta, sedendosi sul materasso e stringendosi contro il muro, scrutandolo con i suoi gonfi occhi, colmi di odio e risentimento.  

-La tua camera? Guarda che sei un ostaggio, mica vivi con noi.- sputò con fare acido, poggiandosi a braccia incrociate allo stipite della porta –Allora, rispondimi, non ho tempo da perde; mi si fredda la pasta.- 

La sentì sospirare rumorosamente, mentre distoglieva lo sguardo stanco verso le proprie mani, prima di parlare. 

-Non ho fame.- 

-Hai bisogno di mangiare.-  

-E perché?- 

Egli alzò gli occhi al cielo: la detestava, quella stupida ragazzina, così testarda e infantile. 

-Piantala con questa pagliacciata e vieni a sederti con noi a tavola, le conosci le regole; a Risotto non piace quando non gli si ubbidisce.-  

La sentì ridacchiare, prima di coprirsi la bocca con il palmo sano, per nascondere il suo sorrisetto arrogante. 

-Oh, lo so bene, credimi.- 

-Allora perché continui a metterti nei guai, perché continui a provocarlo? Cosa ti costa ubbidirgli?- il tono esasperato lasciò trapelare quasi della disperazione, come se fosse una supplica, fatta più e più volte, ma mai esaudita. 

La vide tremare sul posto, scossa da una scarica di rabbia. 

-Cosa mi costa?!- urlò, alzandosi dal letto, correndo incontro all’uomo, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso –Mi costa che mi avete rapita, cazzo! Mi avete rapita, mi avete stuprata, mi avete picchiata! Mi costa la mi cazzo di dignità, porca puttana! Guarda come cazzo mi avete ridotta! Sto persino perdendo i capelli, lo capisci?! Non dormo da settimane e tu mi chiedi perché cazzo non vi ubbidisco?! Tu lo sai che cazzo mi fa quel porco del tuo capo?!- prima che potesse continuare, un suono sordo e schioccante riempì la stanza: Prosciutto le aveva appena schiaffeggiato la guancia, costringendola a voltare il capo completamente dall’altra parte. 

-Fai silenzio.- disse semplicemente, osservandola mentre si portava la mano sulla pelle arrosata del viso, ricambiando lo sguardo di odio, mostrandogli i suoi occhi gonfi e lucidi, carichi di lacrime pronte a zampillare come fontane; nulla di nuovo per quella donna.  

-Siete solo dei fottuti maniaci, dei sudici maiali.- portò le braccia lungo i fianchi, stringendo il più possibile i pugni nonostante le ferite –dei cazzo di falliti.- 

Prosciutto la scrutò con disprezzo: quella sgualdrina lo disgustava.  

Sospirando infastidito, si voltò da lei, dirigendosi nuovamente verso la porta d’ingresso. Prima di lasciare la camera da letto, decise di volgere il capo verso di lei un’ultima volta. 

-Spero tu muoia nel modo peggiore possibile.- e sorrise, notando l’espressione della ragazza mutare completamente, come se si stesse sgretolando sul posto, proprio davanti a lui, mentre il volto veniva inondato di lacrime silenziose –ora vieni a mangiare.-  

   
 
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