Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Assia7    09/06/2021    0 recensioni
Atena vide i suoi genitori morire ma li vendicò proteggendo la sua sorellona.
Protesse anche lei, credendo che fosse semplice adrenalina.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Kenny Ackerman, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Stavo pulendo la cucina mentre la mamma e Mikasa, stavano ricamando.
Mio padre stava lavando i piatti.
Stavamo chiacchierando del più e del meno fino a quando non bussarono alla porta.
“Ah, questo dovrebbe essere il dottor Jeager” disse mio padre, asciugandosi le mani su una pezza e andando ad aprire la porta.
“Ehi, dottor Jaeger-“ fece per dire ma non fini la frase.
Singhiozzò per poi accasciarsi a terra, facendo colare il sangue sul pavimento, non riuscì ad urlare ma vidi tutto, feci cadere la scopa a terra e corsi dalla mamma, che anche lei si era alzata.
“Fate silenzio, e state ferme altrimenti vi ammazziamo! E tu prova a prendere quelle forbici e ti tagliamo la testa con l’ascia” disse un uomo, lurido pezzo di merda.
Mia madre non li ascoltò e prese la forbice e li attacco, ma non servì a niente, la disarmarono e la uccisero confinandogli l’ascia sulla nuca.
“Scappate, presto!” erano le ultime parole di mia madre, ad un certo punto sentì l’elettricità nel mio corpo, un calore caldo e accogliente.
Sapevo cosa dovevo fare, Mikasa stava immobile a fissare nostra madre, ormai deceduta.
Uno aveva un fucile, uno un coltello e l’altro l’ascia.
Corsi, il più velocemente possibile e con un salto, diedi un calcio sul petto dell’uomo che aveva l’ascia, facendolo cadere e gli presi l’ascia.
“Ehi, ragazzina!” mi disse un uomo puntandomi il fucile addosso.
Conficcai l’accetta nel ginocchio di quello con il coltello dove sgorgò molto sangue e che mi finì addosso, il tizio urlò di dolore e fece cadere l’arma.
Lo usai come scudo, quando l’altro sparò e dopo che sentì che i colpi erano finiti, buttai il corpo d’avanti a me e lo usai da trampolino per arrivare al viso spaventato del tizio numero tre che cercava i proiettili del fucile, ma che evidentemente non aveva, e gli conficcai l’accetta in mezzo agli occhi, schizzandomi in faccia il suo sangue, schifoso.
Scesi da quei cadaveri e presi il coltello, andai dal tizio numero uno che ansimava e gli misi il coltello alla gola.
“Ce ne sono altri?” chiesi e lui scosse la testa spaventato.
“T-ti prego h-ho una famiglia” disse lui, e io ridacchiai mi allontanai e gli lanciai il coltello nelle costole.
Il sangue, ormai invadeva l’ingresso, sulle pareti, i pavimenti e la porta.
“Come hai fatto?” mi chiese Mikasa, spaventata.
“Non lo so, ma tu stai bene?” gli chiesi, in quel momento sentì le lacrime agli occhi e singhiozzai, crollando sul pavimento pieno di sangue, penso che era stata l’adrenalina a farmi fare tutto quello ma non ne ero sicura.
Ad un certo punto qualcuno bussò alla porta.
Presi il coltello e guardai alla finestra, riposi il coltello e aprì la porta.
“Atena, ma che è successo? Quello è sangue?” mi chiese il dottor Jaeger.
Piansi, a sentirlo dire a voce alta era peggio.
Mi scostai per farlo passare, e lui entrò.
Io e Mikasa, gli spiegammo tutto, anche la sensazione che avevo avuto dopo che mia madre era morta.
“L’evento che mi ha spiegato il signor Ackerman. Dev’essere questo, sta tranquilla Atena, è stata autodifesa, sarà un po’ difficile spiegare come una bambina di otto anni sia stata capace di fare tutto quello che hai fatto tu” mi disse, sorridendo.
“Signor Jaeger, la vorrei abbracciare ma sono ricoperta di sangue e non vorrei sporcarla” dissi. “Ma faccia come se l’avessi abbracciata.”
Lui ridacchiò e annuì.
“Comunque, lui è Eren, mio figlio” ci disse il dottore.
“Piacere, io sono Atena e lei è la mia sorellona Mikasa” ci presentai.
Presto arrivò la Gendarmeria e il signor Jaeger gli spiegò tutto e loro annuirono.
“Allora, cos’è l’evento Ackerman?” ci chiese Eren, ma alzammo tutt’e due le spalle.
Non lo sapevo, ma sapevo che questa tristezza mi faceva male e che quindi doveva sparire al più presto.
“Venite con me, bambini” ci disse Grisha, sorridendoci.
I soldati mi guardarono e mormoravano nell’orecchio dei compagni.
Appena arrivammo a casa, Grisha mi disse di farmi una doccia e di gettare il vestito per terra e che Carla, sua moglie lo avrebbe lavato.
“Non c’è bisogno, signore, posso lavarlo io” dissi, ma il signor Jaeger non mi ascoltò e mi costrinse a fare come aveva detto lui.
 
   
 
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