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Autore: heliodor    09/06/2021    0 recensioni
Nata con grandi poteri magici, Bryce è stata addestrata fin da bambina per diventare la strega suprema, la più forte della sua generazione. Lo scopo della sua stessa esistenza è guidare l’esercito dell’Alleanza nella guerra contro l’Orda.
Quando Malag il rinnegato esce allo scoperto e attacca Valonde, la vittoria sembra allontanarsi sempre di più e molti iniziano a dubitare delle sue capacità.
Per diventare la guida che tutti si aspettano che sia e vincere la guerra, Bryce dovrà rinunciare all’amore, all’amicizia e a tutto ciò che la vita potrebbe offrirle se smettesse di combattere.
Ma sarà davvero in grado di compiere un sacrificio così grande?
Da oggi con il 100% di Mappa in più!
La trovate in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Stammi lontana!

 
Elvana la seguì in silenzio per il corridoio oltre la sala. Bryce non era rimasta ad ascoltare i discorsi di quelli che stavano commentando la sua sconfitta.
Mentre usciva colse solo qualche frase.
“Non ha valutato la precisione.”
“Ha solo finto di lanciare, poi…”
“Hai notato come piegava il polso prima di…”
Idioti, si disse uscendo a passo di marcia, il viso arrossato per la rabbia e la vergogna che provava.
Aveva perso altre volte una sfida, ma mai in quel modo. Mai dopo essere stata in vantaggio di due punti. Mai per aver mancato il bersaglio.
Elvana l’affiancò.
“Se vuoi” disse con tono serio. “Posso spiegarti dove hai sbagliato. Così la prossima volta non commetterai lo stesso errore.”
“Taci” disse a denti stretti.
“Potrebbe esserti davvero utile per il futuro.”
“Basta” esclamò esasperata. “Hai vinto, non è abbastanza per te? Vuoi che mi inginocchi e ti baci i piedi?”
Elvana la guardò perplessa. “A cosa servirebbe? Non impareresti niente in questo modo.”
“Tu non puoi insegnarmi niente, Elvana di Ningothris” disse puntandole contro l’indice.
Lei fissò il dito senza parlare.
Bryce le volse le spalle e riprese a camminare per il corridoio. Giunta alla sua stanza aprì la porta e si infilò all’interno. Solo quando la chiuse emise un ringhio sommesso.
Andò al letto e sedette sul bordo, le mani che le tremavano e la mente in subbuglio.
Ho perso, si disse. Potevo liberarmene per sempre ma ho perso. Dovevo fare una sola cosa e ho fallito.
Si alzò di scatto, i pugni chiusi. Alzò la mano e nello stesso sitante fiamme color rosso accesso si formarono davanti al palmo. Il fuoco guizzò in tutte le direzioni cercando di liberarsi dalla gabbia in cui solo la volontà di Bryce poteva contenerlo.
Era generato dal potere che sentiva scorrere dentro di lei. Le sarebbe bastato un atto di volontà per liberare la sua forza distruttiva.
Per un attimo fu tentata di scagliarlo contro la porta. L’avrebbe distrutta in mille pezzi e fatto accorrere lì metà del circolo allarmato per un nuovo attacco.
Sarebbe una bella soddisfazione mettere un po’ di paura ai decani, si disse. Così imparerebbero a trattarmi come una bambina. Neanche fossi Joyce che ha bisogno di una scorta per muoversi.
Quel pensiero fece scemare la sua rabbia sostituendola con la vergogna. La stessa volontà che aveva generato la sfera infuocata la fece sparire in una cascata di scintille.
Sedette di nuovo sul bordo del letto, la testa che le faceva male.
Ho perso contro quella mezza strega, si disse. Come posso sperare di poter vincere contro Malag e la sua orda?
Quasi le sembrava di sentire le parole di suo padre quando la rimproverava.
“Ti devi impegnare di più” le diceva con tono severo. “O quando arriverà il momento, non sarai pronta.”
Bryce aveva solo undici anni e non comprendeva quelle parole. Non come le avrebbe comprese anni dopo e la sera dell’attacco quando aveva capito che la guerra tanto temuta era davvero iniziata.
“Quando arriverà quel momento” le ripeteva suo padre nelle pause che ogni tanto le concedeva. “Tu sarai la nostra guida. Devi essere forte. E devi fidarti di noi.”
“Noi?”
“Tua madre. Me. I decani. La tua guida. E quelli che saranno i tuoi confratelli e le tue consorelle. Loro guarderanno a te, quando scenderanno in campo per combattere. Avanzeranno quando tu avanzerai e ripiegheranno quando tu ripiegherai.”
Bryce non comprendeva il motivo di tutta quella fiducia.
Un giorno suo padre, forse accorgendosi dei dubbi che provava, la portò in una delle sale del livello sotterraneo del castello.
Era buia e poco illuminata, ma non era un problema usando una lumosfera.
“Evocane una” le aveva detto suo padre.
Bryce aveva ubbidito evocando al lumosfera nella sua mano. La luce bianca e fredda aveva illuminato i visi di uomini e donne fissati in dipinti allineati lungo le mura. Ne aveva contati una trentina prima di smettere.
“Chi sono?” aveva domandato al padre.
Re Andew di Valonde aveva assunto un’espressione solenne. “I migliori.”
Bryce si era accigliata.
“Le streghe e gli stregoni supremi che il nostro circolo ha generato nei secoli della sua storia. Qui li troverai tutti.”
Bryce si era avvicinata al dipinto di una donna dai capelli rossi annodati in complicate trecce. Indossava una cotta di maglia sotto il mantello azzurro.
“Somiglia a Joyce” aveva detto.
“Lei è Alyada di Valonde” le aveva detto suo padre. “È nata e vissuta in un’epoca pacifica. Combattemmo solo due guerre quando era in vita.”
Bryce aveva passato in rassegna una decina di visi. Alcuni erano ritratti in pose solenni, altri sorridenti o mentre erano impegnati in qualche attività come cavalcare o dipingere a loro volta.
C’era anche una ragazza dalla pelle scura come la notte e dall’aria triste.
“E lei chi era?”
“Yolane Twani di Mar Qwara” le aveva spiegato suo padre. “Fu costretta a fuggire dal dominio degli albini quando era molto più giovane di te e venne qui in esilio.”
“Perché venne esiliata?”
“Gli albini scacciano quelli che nascono con i poteri al di fuori del loro ristretto gruppo.” Aveva scosso la testa. “Yolane sposò il principe Janoz, che qualche anno dopo sarebbe diventato re di Valonde.”
“Quindi lei è una mia antenata.”
“Molti in questa sala lo sono. Il loro sangue scorre nelle nostre vene. Così come il loro dono. È il loro lascito e sta a noi fare in modo che non vada sprecato. O perduto.”
Bryce aveva fissato a lungo quei volti.
“Sono vissuti e sono morti affinché noi oggi avessimo tutto questo” aveva detto suo padre. “Non devi mai dimenticarlo. Se sei qui, adesso, lo devi anche a loro. Onora la loro memoria.”
“Come?” aveva chiesto.
“Diventando degna di stare qui in mezzo a loro. Diventa la strega suprema, Bryce. E nessun sacrificio che avrai compiuto sarà stato vano. Ma se cedi e abbandoni la tua lotta, se decidi di non essere abbastanza forte o abbastanza degna.” Aveva scosso la testa affranto.
Si alzò di scatto e andò alla porta, spalancandola. “Elvana” disse. “Credo di doverti delle scuse.”
Fissò il corridoio vuoto.
“Sei di nuovo dietro un angolo?” domandò ad alta voce sentendosi una stupida.
Rientrò nella stanza e chiuse la porta scuotendo la testa. Tornò verso il letto e si distese chiudendo gli occhi. Poco dopo era immersa in un sonno leggero.
Si svegliò in tempo per la cena e uscì dalla stanza sicura di trovare Elvana ad attenderla, ma il corridoio era ancora vuoto.
Perplessa, si recò alla sala dove servivano i pasti. Era un ambiente grande abbastanza da accogliere cinquanta tavoli da dieci posti ciascuno. In quel momento solo la metà delle sedie era occupata. Ne scelse una lontano da tutti gli altri e vi sedette dopo aver raccolto un vassoio di legno pulito da una bacinella sorvegliata da uno stregone.
Un valletto vestito con un camice grigio portò un vassoio colmo di carne e verdure e lo depositò in mezzo al tavolo in modo che chiunque potesse servirsi allungando la mano.
Altri vassoi pieni di formaggi e frutta vennero messi sul tavolo e infine un cesto con delle pagnotte ancora fumanti.
Bryce prese della carne e del formaggio a cui aggiunse delle carote tagliate e una pagnotta. Stava addentando il pane quando qualcuno sedette al suo fianco.
“Questo posto è occupato?” le domandò una voce divertita.
Alzò la testa e incontrò due occhi di un azzurro così profondo che per un attimo ebbe l’impressione di stare osservando due laghi gemelli
Invece erano gli occhi di Vyncent, lo stregone di Londolin che aveva conosciuto due giorni prima, al ballo della sua consacrazione.
Conosciuto non è il termine adatto, si disse divertita. Abbiamo combattuto fianco a fianco come vecchi veterani di mille battaglie.
“Posso sedere qui?” le chiese lui imbarazzato. “O vuoi restare da sola?”
Bryce scosse la testa con vigore. “No, no, siedi pure” disse. “Ti chiedo scusa.”
Lui agitò la mano con un gesto vago. “Perdonami tu. Ti ho colta di sorpresa e non volevo.”
Lo guardò mettere nel vassoio due fette di carne ancora grondanti sugo, un pezzo di formaggio e una pagnotta.
“Ti credevo sulla strada per Londolin” disse Bryce vincendo l’imbarazzo.
Vyncent deglutì un boccone di carne prima di risponderle. “C’eravamo” disse. “Ma Rajan mi ha detto di tornare indietro mentre lui avrebbe proseguito da solo.”
“E tu lo hai lasciato andare?”
“È la mia guida. Gli devo obbedienza.”
“Potrebbe essere pericoloso.”
“Per chi? Rajan Zedner? È lo stregone supremo di Londolin. Sono gli altri a doverlo temere.”
“È da solo e la strada potrebbe essere piena di rinnegati.”
Vyncent scrollò le spalle. “O lo lasciavo andare o mi avrebbe fermato con la forza. Tu non sai di che cosa è capace.”
Bryce ridacchiò. “No, ma vorrei proprio saperlo.”
Vyncent le rivolse un’occhiata perplessa.
“Erix, la mia guida” disse facendo un gesto vago con la mano. “Mi ha dato una scorta.”
“Una scorta?”
Bryce annuì seria. “Come se ne avessi bisogno.”
“Tu credi che non ti serva?” chiese lui bevendo acqua da una coppa di legno.
“Certo che no.”
Lui annuì. “Perché tu sei Bryce di Valonde. La futura strega suprema.”
Bryce arrossì. “Chi te l’ha detto?”
“Ne parlano tutti qui al circolo.”
Lei si accigliò. “Da quanto sei qui?”
“Da stamattina.”
Bryce sgranò gli occhi. “E non sei venuto a salutarmi?” chiese indignata.
Lui la fissò perplesso. “Non volevo disturbarti.”
“Non l’avresti fatto, Vyncent di Londolin.”
“Chiamami solo Vyncent” disse lui.
“E tu Bryce.”
“Principessa Bryce.”
Lei scosse la testa. “Solo Bryce.”
“Allora ti chiamerò solo Bryce. Sarà strano usare solo Bryce, ma se è quello che vuoi…”
Bryce rise. “No, non intendevo quello. Solo Bryce sta per solo, Bryce.” Fece una pausa. “Bryce.”
Vyncent annuì. “L’avevo capito. Ti stavo prendendo in giro.”
Bryce rise senza riuscire a staccare i suoi occhi da quelli di Vyncent.
“Ti sei alzata finalmente” disse una voce alle sue spalle.
Stavolta non rimase sorpresa.
Era quella di Elvana.
La strega la stava osservando con sguardo compiaciuto. “Potevi anche avvertirmi che venivi a mangiare alla mensa.”
“Te ne sei andata” disse con tono di rimprovero. “Non dovevi essere la mia scorta?”
“Credevo che saresti rimasta chiusa nella tua stanza a piangere sulla sconfitta” rispose Elvana. “E invece aspettavi solo che servissero carne e panini caldi.” I suoi occhi si volsero verso Vyncent. “E lui chi sarebbe? Un tuo amico?”
Vyncent si alzò agitando il mantello verde scuro. “Mi chiamo Vyncent” disse. “Sono onorato di conoscerti.”
Elvana lo fissò interdetta. “Il tuo mantello” disse con tono disgustato.
Vyncent si accigliò. “È sporco? Strappato?”
“No” esclamò la strega. “È il drago coronato quello ricamato lì sopra?”
Vyncent raccolse un lembo del mantello con l’indice e il pollice. “È il simbolo di Londolin.”
“L’avevo capito” disse Elvana lanciandogli un’occhiataccia. “Stammi lontana, Londolin.”
“Elvana” disse Bryce meravigliata.
“Se ti ho offesa ti chiedo scusa” disse Vyncent arrossendo.
“Stammi lontana almeno cento passi o te ne pentirai” ripeté Elvana puntandogli contro l’indice. “Non ti avvertirò di nuovo.”
 
  
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