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Autore: komova_va    19/06/2021    2 recensioni
Dopo la 5x134, le cose sono andate in maniera molto diversa per Rocco e Irene. Dopo un periodo di frequentazione clandestina, i due sono arrivati a un bivio: o escono allo scoperto, o si lasciano. Peccato che non siano consapevoli che nel frattempo circa metà del Paradiso ha scoperto la loro storia e non sia affatto d'accordo con la decisione che hanno preso.
(Paring principale: Irocco, personaggi principali: Rocco Amato, Irene Cipriani)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'elenco di cose che Irene Cipriani non sopportava o che mettevano a dura prova la sua pazienza non solo era molto, molto esteso, ma era anche in continuo aggiornamento (alcuni avrebbero perfino osato dire fin troppo continuo). Nel corso di quel fine settimana emotivamente estenuante, la lista si era decisamente ampliata. Il primo posto adesso era occupato dalla voce che indicava le interminabili e strazianti (ma sopratutto inutili) sofferenze (lagne) di Maria Puglisi, il cui melodramma francese Irene aveva dovuto sorbirsi per ben due (lunghissimi) giorni. E tutto per colpa di chi? Di quella zucca vuota di Rocco, tanto per cambiare. Sì perché il signorino, non si sapeva come o perché o in base a quale criterio, proprio venerdì sera, il giorno della loro “rottura” (se così poteva essere definita, visto che la loro cosa non era mai stata definita ufficialmente) aveva avuto la bella pensata di parlare con Maria e mettere in chiaro la loro situazione sentimentale, spiegandole in modo diretto e abbastanza inequivocabile che dopo averci riflettuto a lungo aveva capito che quello che lo legava a lei era soltanto amicizia, e che voleva metterlo in chiaro per evitare che lei si facesse illusioni e ci rimanesse male. E così, naturalmente, le sue tre coinquiline avevano dovuto trascorrere tutto il fine settimana a consolarla e cercare di distrarla quando, francamente, Irene avrebbe avuto ben altro da fare.

A parte tutto, Irene non poteva certo negare che le dispiacesse sia per Maria in sé, sia di vederla stare male. Il fatto era che non trovava il minimo senso logico nella sua sofferenza! Rocco non aveva mai mostrato segni di interessamento nei suoi confronti chiari ed inequivocabili, non si era mai esposto, chiunque con un minimo di obiettività lo avrebbe notato. Anche nell'ultimo mese, durante il quale la sua cosa con lui era andata avanti, qualsiasi cosa fosse (stata), Maria aveva continuato a illudersi stupidamente. A Irene quasi aveva fatto pena, certe volte (quasi). “Ragazze, oggi ho portato il pranzo a Rocco e lui mi ha ringraziata e mi ha sorriso, secondo voi significa qualcosa?” e le altre lì ad incoraggiarla. Irene si era ritrovata costretta a fare buon viso a cattivo gioco, dovendo fisicamente sforzarsi per non scaricarle addosso l'amara verità e rivelarle quanto in realtà si stesse illudendo. Come avrebbe potuto farlo? Già si immaginava i commenti. Irene sei la solita acida, sei invidiosa, non puoi mai essere contenta per nessuno al di fuori di te, “Irene che pensa sempre agli altri”. Certo, forse Stefania avrebbe preso le sue parti, o quantomeno si sarebbe mantenuta neutrale, ma era giusto lei l'unica alleata che aveva lì dentro.

Se poi avesse detto loro il perché, esattamente, lo pensasse, se avesse raccontato loro della cosa tra lei e Rocco, insomma, Irene era piuttosto sicura che Maria avrebbe tirato fuori l'Andreina Mandelli dentro di lei e, come era successo al povero dottor Conti qualche anno prima, si sarebbe ritrovata sbattuta fuori da casa sua, con tanto di vestiti lanciati dalla finestra (Irene se lo ricordava ancora, la notizia era stata sulla bocca di tutti per almeno una settimana). Poi la voce si sarebbe diffusa al Paradiso e la gente ne avrebbe parlato, e probabilmente anche lì tutti, dalla prima all'ultima delle veneri, passando per il magazzino e i piani alti, l'avrebbero vista come la strega che aveva spezzato il cuore della povera Maria e corrotto l'ingenuo Rocco, portato sulla cattiva strada dai suoi comportamenti da sciacquetta. O almeno, questo è quello che avrebbe pensato la signora Amato, magari gli altri non sarebbero arrivati a questi estremi, ma sicuramente avrebbero tutti preso le parti di Maria. E Irene avrebbe perso l'unica cosa veramente buona che le fosse mai capitata nel corso della sua vita: una famiglia. O almeno, un surrogato. Una casa in cui poteva tornare la sera e sentirsi accolta, un posto privo di urla e litigi e tensioni, un posto in cui non si sentiva una delusione. Prima di incominciare a lavorare al Paradiso, Irene aveva passato tutta la sua vita sentendosi sbagliata per il modo in cui era fatta, soprattutto a causa dell'influenza di suo padre, che non faceva altro che rimarcare dalla mattina alla sera quanto fosse profondamente deluso da lei per il fatto che non era come tutte le sue coetanee, perché non faceva quello che ci si sarebbe aspettato da lei.

Per contro, al di fuori dell'ambiente domestico Irene non faceva altro che cercare di dimostrare agli altri, a se stessa, e forse inconsciamente un po' proprio anche a suo padre, di essere la migliore in quello che faceva. Di essere brava, di essere capace, di riuscire, di non essere una delusione, di essere anche meglio di tutti gli altri. Si sentiva validata ogni volta che riusciva a vendere un abito a una cliente esigente, ogni volta che uno dei suoi consigli veniva ascoltato e si rivelava quello vincente, ogni volta che una sua previsione si avverava, ogni volta che qualcuno faceva come diceva lei. Voleva l'autorità in un certo senso, voleva avere il completo controllo sulla sua vita e smettere di sentirsi come la bambina fragile e impotente che era stata davanti ai soprusi e la violenza verbale di Tommaso Cipriani. Avere finalmente una casa degna di questo nome, essere accolta e benvoluta in un posto sicuro ed accogliente la faceva sentire giusta, soddisfatta di sé stessa e della donna che era diventata, di tutte le piccole e grandi conquiste che aveva raggiunto. La presenza di Rocco Amato all'interno della sua vita comprometteva tutto ciò, e lei non poteva permetterlo. Non poteva permettersi di perdere tutto quello che aveva faticato così tanto per ottenere, tutto quello che fino a pochi anni prima le sembrava soltanto un lontano miraggio. Certo, avrebbe comunque dovuto mentire e rinunciare a una cosa che la rendeva felice, ma in fondo che importanza aveva? Irene non sarebbe tornata a sentirsi una delusione, a sentirsi esclusa ed emarginata, a sentirsi sbagliata. Rocco avrebbe dovuto arrangiarsi. E invece, sembrava che lo facesse apposta a mettere i bastoni tra le ruote al suo proposito di ignorare la sua esistenza e quella della loro cos- oh al diavolo, della loro relazione.

E soprattutto, qual era il senso di scaricare Maria all'improvviso, senza alcun motivo apparente? Certo, che la sua coinquilina stesse ancora sperando in un futuro tra di loro era abbastanza innegabile – e Irene sospettava che gran parte della colpa fosse della cattiva, anzi, pessima influenza di Agnese Amato e dei suoi numerosi condizionamenti e pressioni, che probabilmente contribuivano a convincere Maria del fatto che lei e Rocco fossero in qualche modo predestinati. Però era anche vero che Rocco avrebbe potuto dimostrare un po' più di tatto. Avrebbe potuto continuare a tenersi in disparte e non arrivare mai a un nulla di concreto, se davvero non pensava che ci fosse la possibilità di una relazione romantica con lei. Perché spezzarle il cuore gratuitamente? Una delle – tante – cose che faceva imbestialire di più Irene Cipriani in assoluto era proprio la mancanza di logica, buonsenso e raziocinio. Ma Rocco non l'avrebbe passata liscia così, nella maniera più assoluta. Aveva rovinato completamente non solo il suo fine settimana ma anche quello di una persona a cui – più o meno, a tratti – voleva bene, senza nemmeno una valida ragione. Irene pretendeva una spiegazione. I due non avevano avuto occasione di vedersi né sabato né domenica: le occhiate storte che Maria le aveva rivolto mentre raccontava ciò che le aveva detto il siciliano avevano fatto intuire a Irene che, anche se di fatto non aveva detto nulla, almeno non apertamente, un pochino sospettasse che potesse esserci lei dietro alle sue azioni. E quindi, l'ultima cosa che Irene aveva voluto fare era farsi vedere assieme a lui (o anche solo rischiare l'eventualità) e darle motivazioni concrete per sospettare della cosa.

Ma naturalmente questo non significava che Rocco sarebbe stato risparmiato. Adesso che era finalmente arrivato il lunedì e si trovavano entrambi al Paradiso avrebbero parlato, non c'era santo che tenesse. Irene aveva bisogno di spiegazioni, doveva capire perché l'avesse fatto. Era una forma di ripicca la sua? Aveva detto qualcosa a Maria di quello che c'era stato tra loro? Qualcuno sospettava qualcosa, suo zio, suo cugino?

O forse potresti semplicemente ammettere a te stessa che stai solo cercando un pretesto per andare da lui e vederlo, ora che tra voi è finita.

Facendo del suo meglio per zittire quell'irritante vocina all'interno della sua testa che chiaramente si sbagliava, non appena terminò il turno mattutino Irene chiuse la cassa e si avviò in fretta e furia verso il magazzino, ignorando completamente le sue colleghe in galleria e la signora Conti, che per qualche motivo (di cui non le importava minimamente) si trovava lì. Rocco Amato aveva ben più di qualche spiegazione da darle, e non l'avrebbe passata liscia.



 

Beatrice Conti era una donna che tendenzialmente amava avere certezze; una delle cose che sua madre Maria Luisa le ripeteva più spesso fin da quando era piccola, chissà, forse anche per via del suo retaggio ligure*, era che ognuno doveva stare al proprio posto. Tu pensa per te e bada ai fatti tuoi, le diceva sua mamma, e stai al tuo posto. E Beatrice aveva rispettato quelle rigide linee di confine imposte tra sé e gli altri per tutta la sua vita. Aveva sposato un uomo con una posizione stabile e un lavoro sicuro, che le permettesse di vivere il resto della sua vita occupando esattamente il posto in cui sarebbe dovuta stare: in casa a crescere i suoi due figli, Pietro e Serena, ai quali aveva dedicato anima e corpo. Poi, quando Edoardo era venuto a mancare, il posto di Beatrice era stato nuovamente messo in discussione: non era più una moglie, uno dei suoi due figli stava per finire la scuola mentre l'altra trascorreva la maggior parte dei suoi giorni in un collegio. E lei? Cosa ne rimaneva di lei? Aveva esitato tanto prima di accettare l'aiuto di Vittorio perché non le spettava, quello non era il suo posto, e esattamente per lo stesso principio aveva tergiversato tanto prima di acconsentire a trasferirsi a casa sua e andare a lavorare nel grande magazzino di cui l'uomo era il direttore. Nonostante Vittorio avesse messo in chiaro più di una volta che lui era contentissimo di ospitarli per tutto il tempo di cui avrebbero avuto bisogno, Beatrice si era sentita spesso in colpa per occupare una posizione che non era la sua, quella di Marta, e per il fatto che, nonostante non riuscisse ad ammetterlo nemmeno a se stessa, a lei quella posizione piaceva. Molto più di quella che aveva occupato per gran parte della sua vita al fianco di un uomo che non amava.

Da quando aveva lasciato casa sua e si era trasferita in un piccolo appartamentino vicino alla stazione con Pietro, Beatrice era tornata a sentirsi in pace con la sua coscienza e stava iniziando piano piano, per la prima volta in tutta la sua vita, ad ambientarsi un posto scelto interamente da lei e che non era definito dalla presenza (né dall'assenza) di un uomo al suo fianco. Negli ultimi mesi non si sentiva più una moglie, una madre, una vedova o un'amante, ma semplicemente una persona che faceva del suo meglio per arrivare a fine mese e far fronte a tutte le spese che aveva. Insomma, quello che una volta era stato il suo posto, una posizione con confini ben definiti che non andavano superati per nessuna ragione al mondo, ora era diventato un qualcosa di molto più labile, un concetto molto più astratto all'interno del quale non sapeva nemmeno lei stessa dove collocarsi con precisione; anzi, certe volte Beatrice era persino arrivata a mettere in dubbio se, di fatto, ci fosse davvero la necessità di collocarsi da qualche parte, se fosse davvero così indispensabile. L'insolita circostanza nella quale si era ritrovata – suo malgrado, sottolineiamolo – coinvolta pochi giorni prima costituiva l'esempio perfetto di un episodio in cui Beatrice avrebbe voluto andare oltre i limiti che sentiva di dover rispettare e che lei stessa aveva stabilito.

La sua coscienza di donna rispettabile di media estrazione sociale le avrebbe imposto di dimenticarsi tutto quello che aveva visto e proseguire con la sua vita e il suo lavoro come se nulla fosse stato. Qualsiasi cosa ci fosse (o fosse stata?) tra Rocco Amato e la signorina Cipriani certamente non era di sua competenza e non doveva interessarle. Fatti i fatti tuoi e sta' al tuo posto, le avrebbe detto sua mamma. Eppure, da quando lavorava al Paradiso delle Signore Beatrice stava piano piano imparando che il concetto di posto, in fondo, era molto relativo. Il posto delle veneri era in galleria, eppure di tanto in tanto scendevano in magazzino per rifornire i reparti, oppure salivano su nel suo ufficio o direttamente da Vittorio nel caso ci fosse stato un qualche problema da riferire. E in fondo lo stesso valeva per tutto il resto del personale che stava dietro il negozio di vestiti: ognuno aveva un ruolo, una posizione ben precisa da ricoprire, ma se non ci fossero stati scambi regolari e costanti con il resto di quell'ingranaggio difficilmente il Paradiso sarebbe riuscito a funzionare così bene e offrire il servizio di qualità che accontentava ogni giorno centinaia di clienti in tutta Milano.

Dicevano tutti che il Paradiso fosse un po' come una grande famiglia, ma Beatrice poteva davvero dire di farne parte? Delle veneri sapeva giusto come si chiamassero e qualche altra vaga informazione, del magazzino era a conoscenza soltanto del poco che suo figlio Pietro le raccontava, con la signora Bergamini le conversazioni non andavano mai oltre il costo dei materiali da ordinare e le ditte a cui rivolgersi; al di là dei rapporti lavorativi, sul piano personale l'unico con cui Beatrice là dentro aveva instaurato un connessione che potesse definirsi significativa era Vittorio... probabilmente l'unico con il quale invece non sarebbe dovuto succedere (o perlomeno, magari su un piano giusto un po' meno personale). Dopo il ritorno di Marta e la consapevolezza che qualsiasi cosa fosse quella che c'era stata tra loro non solo non potesse durare, ma probabilmente non sarebbe nemmeno dovuta iniziare, la donna si era buttata sul lavoro a capofitto. Instaurare relazioni interpersonali con i colleghi non le era mai interessato più di tanto, e anche le poche volte nelle quali avrebbe effettivamente avuto l'occasione di farlo, ad esempio quando a fine marzo era stata invitata al compleanno della signorina Colombo in caffetteria, aveva declinato con una scusa senza pensarci più di tanto, per il semplice fatto che proprio non aveva le energie né fisiche né mentali per avere a che fare con altre persone. Suo figlio Pietro, i fornitori del Paradiso e i drammi sentimentali di Vittorio e la moglie erano già abbastanza estenuanti di per sé, ma Beatrice riusciva a sopportarli tutto sommato di buon grado, dal momento che in fondo erano parte di ciò che il suo ruolo richiedeva e si aspettava da lei.

Adesso invece, Beatrice era stata tirata dentro una faccenda che non la riguardava minimamente, né era di sua competenza. Avrebbe potuto tranquillamente fare finta di nulla e ignorare quanto aveva visto e saputo, ma il fatto era che lei non voleva. Contro ogni logica, morale e rispetto della privacy altrui, si era inaspettatamente scoperta curiosa di scoprire tutti i dettagli della relazione tra il magazziniere e la più impulsiva di tutte le veneri, e soprattutto, cosa avesse provocato la loro rottura. Chissà, forse emotivamente le sue ferite stavano (lentamente) cominciando a guarire e stava piano piano iniziando a superare quanto successo con Vittorio, forse aveva incominciato a sentire anche lei il bisogno di un'appartenenza maggiore al Paradiso sul piano emotivo e sociale, forse era semplicemente davvero stufa del triangolo amoroso tra Vittorio, Marta e Dante e necessitava disperatamente di una qualche forma di intrattenimento, anche una qualsiasi, che la aiutasse a distrarsi (anche se naturalmente era troppo gentile ed educata per ammetterlo davanti a Vittorio; e comunque per il momento Dante Romagnoli sembrava essere tornato in America e i coniugi Conti parevano aver ritrovato la loro armonia e serenità, il che era la cosa migliore per tutti, compresa sé stessa).

E quindi che fare? Ascoltare ciò che la sua morale le imponeva e rimanere al suo posto, a fare il suo lavoro dietro il telefono e la sua scrivania, o dare retta a quella fastidiosissima vocina che invece le diceva di indagare, di scoprire cosa fosse successo, di fare domande? Beatrice avrebbe mentito se avesse detto che nel corso degli ultimi tre giorni il pensiero non l'aveva mai sfiorata. Almeno con la signorina Moreau avrebbe potuto parlarne, in teoria; del resto era stata presente anche lei quel pomeriggio in magazzino, avevano visto e sentito le stesse cose. Non sarebbe certo andata in giro a spiattellare ai quattro venti la relazione clandestina tra i due giovani, si sarebbe limitata a confrontarsi con una persona che di per sé era già informata della cosa e magari fare giusto qualche commento...

Ma chi voleva prendere in giro, Beatrice stava morendo dalla voglia di parlarne con qualcuno e liberarsi di quel peso, non ce la faceva proprio più a tenerselo dentro tutto per sé! Rocco Amato e la Cipriani, chi lo avrebbe mai immaginato! Così tanto diversi tra loro, eppure in qualche strano modo quell'improbabile coppia poteva quasi avere senso. Chissà come avrebbero reagito la signora Amato e la signorina Puglisi se solo avessero saputo, quale dramma ne sarebbe scaturito. Dal poco che Beatrice sapeva (e un po' aveva intuito) la sarta del paradiso vedeva i suoi prediletti praticamente già sposati, mancava poco che trascinasse il nipote sull'altare con la forza. Il che spiegava come mai Rocco si fosse sempre rifiutato di impegnarsi e ufficializzare il fidanzamento con Maria, o quantomeno di fare almeno un passo verso di lei. Praticamente tutti al Paradiso si aspettavano di vederli convolare a nozze da un giorno all'altro, o almeno questo era quello che aveva percepito dai discorsi che a volte captava dal gruppo di veneri a pranzo in caffetteria, e nel frattempo Rocco si vedeva in magazzino con la Cipriani clandestinamente! E ora che in un modo o nell'altro era venuta a scoprire di tutta quella vicenda, Beatrice non avrebbe nemmeno saputo come sarebbe finita. Se i due si sarebbero riappacificati, o se davvero non ci sarebbe stato più niente. Non sapeva nemmeno cosa esattamente portasse la signorina Cipriani a voler tenere la relazione segreta – forse paura di quello che avrebbero detto le sue colleghe? -, dal momento che la mancanza di sentimenti non le era decisamente sembrata il problema.

Insomma, Beatrice aveva davvero bisogno di confrontarsi con la signorina Moreau, di parlarne con qualcuno. O perlomeno, ne sentiva il desiderio. Il che era precisamente il motivo per cui non poteva farlo. Cosa avrebbe pensato di lei se l'avesse sentita parlare così? Che era una pettegola, che non si faceva gli affari propri, che non sapeva stare al suo posto. E lei non voleva certo che la capocommessa pensasse certe cose di lei. Beh, a Beatrice a onor del vero importava parecchio l'opinione che gli altri avevano di lei, ma con la signorina Moreau ci teneva particolarmente a fare una bella impressione. Non la conosceva ancora molto bene, ma le sembrava una persona per bene. Gentile, educata, colta, sensibile, molto brava nel trattare le clienti e capire al volo ciò che desideravano per accontentarle – e per giunta era davvero una bella donna; non che quest'ultimo punto c'entrasse poi molto, era semplicemente una constatazione obiettiva. Peccato che negli ultimi tre giorni le occasioni di scambiare due parole con lei fossero state praticamente nulle.

Venerdì scorso, dopo che le due erano rimaste sole in magazzino, avevano avuto davvero poco tempo prima della riapertura. E la Moreau, in quanto capocommessa, doveva dare il buon esempio alle altre e salire un po' prima, a verificare che le sue ragazze fossero effettivamente pronte per tornare operative e sistemare i reparti, se ce ne fosse stato bisogno. Beatrice non aveva avuto voglia di trattenerla a fare inutili discorsi, e comunque, lì per lì si era sentita fin troppo in imbarazzo per dire o fare qualsiasi cosa. Lei e Gloria si erano semplicemente guardate e, con un cenno del capo, l'altra donna si era limitata a borbottare qualcosa sul fatto che fosse tardi e dovesse salire su nello spogliatoio a vedere se le veneri erano pronte. Beatrice le aveva rivolto un semplice sorriso di circostanza e l'aveva congedata, anche lei altrettanto desiderosa di lasciarsi tutto alle spalle e buttarsi a capofitto in un altro pomeriggio di lavoro. Soltanto che poi, durante le pause e i tempi morti, quel pensiero chissà perché le era tornato in mente, continuando a stuzzicare la sua curiosità. Poi di mezzo c'era stato il fine settimana e il paradiso era rimasto chiuso, di conseguenza lei e la capocommessa non si erano viste.

Beatrice ci aveva riflettuto, e aveva capito che quell'occasione tutto sommato poteva anche avere dei risvolti positivi: ad esempio, le era servita a rendersi conto di quanto sentisse la mancanza di una figura amica nella sua vita, di quanto fosse in realtà alienata dalle dinamiche interpersonali instaurate nel posto in cui lavorava e che forse, in fondo in fondo, non le sarebbe dispiaciuto farne parte anche lei. Certo, aveva comunque Vittorio vicino, ma poteva davvero considerarla un'amicizia platonica e disinteressata come tutte le altre, visti i loro trascorsi? Con sua moglie, Marta, tutto sommato erano in buoni rapporti, ma c'era sempre quel sottofondo di imbarazzo che segnava tutte le loro interazioni, dovuto al fatto che entrambe erano consapevoli di quanto successo tra lei e Vittorio in sua assenza. Potevano essere gentili l'una con l'altra e fare finta di niente, ma difficilmente sarebbero riuscite ad andare oltre la cordialità.

Con Gloria invece sarebbe potuto essere diverso; almeno potenzialmente. E così, Beatrice si era finalmente convinta: lunedì le avrebbe chiesto di pranzare insieme in caffetteria. In fondo non c'era niente di male, tutti i suoi colleghi pranzavano sempre in compagnia, non era strano che per una volta desiderasse trascorrere la sua ora libera insieme a qualcuno della sua età invece che con suo figlio. E allora perché adesso che lunedì era arrivato e il negozio si accingeva a chiudere temporaneamente, Beatrice si sentiva un po' nervosa alla prospettiva di estendere finalmente all'altra donna il suo invito? Una parte di lei temeva che quell'uscire dal proprio posto, dagli schemi dentro i quali si era sempre autorelegata, fosse sbagliato, o comunque che sarebbe stato malvisto. In fondo lei e la signorina Moreau non si conoscevano molto bene, magari avrebbe trovato strano il fatto che le chiedesse di pranzare insieme da un giorno all'altro senza nessuna ragione lavorativa che giustificasse tal gesto; magari, di fatto, la capocommessa non aveva proprio alcun interesse a parlare con lei e conoscerla un po' meglio. Magari sarebbe stata invadente.

Cionondimeno, Beatrice era riuscita a combattere i pensieri che le suggerivano di desistere dal suo proposito ed aveva persino sceso la scala a chioccia che portava in galleria. Trovò la signorina Moreau in piedi al reparto accessori accanto alle altre veneri, vicino a lei c'erano la signorina Colombo, la Vianello e la Cecchi. Mentre le ultime clienti si accingevano ad uscire, il gruppetto sembrava impegnato in un'animata conversazione. Erano troppo lontane perché Beatrice riuscisse a sentirle, ma a giudicare dalle espressioni sui loro volti sembrava che stessero scherzando in merito a qualcosa di divertente. La signorina Colombo si era appena messa a ridere e le altre la stavano a seguendo a ruota; in effetti sembrava proprio una di quelle persone con la risata contagiosa, così, a primo impatto. Si vedeva che tra loro c'era proprio un bel rapporto. Sembravano tutte così serene e spensierate e leggere. Esattamente l'opposto di quello che la sua vita era stata nell'ultimo periodo. Beatrice le osservò da lontano e provò una piccola e transitoria fitta di invidia. Loro erano così unite e lei invece si sentiva così sola. Sapeva che in realtà per la maggior parte era dipeso da lei e dal suo comportamento, ma comunque... La ragioniera si morse il labbro inferiore con fare pensieroso e si domandò se fosse effettivamente il caso di approcciare la capocommessa, o se invece non fosse meglio lasciare perdere e farsi i fatti suoi. Magari proprio in quel momento si stava organizzando con le ragazze, magari le altre l'avrebbero guardata in modo strano o si sarebbero sentite in dovere di includerla soltanto per cortesia...

A distogliere Beatrice dalle proprie fisime mentali ci pensò Irene Cipriani. La commessa bionda, che era di turno alla cassa, chiuse finalmente il registro e con aria decisamente seccata (per usare un eufemismo) cominciò ad avviarsi verso il retro del negozio. In un primo momento Beatrice pensò che magari avesse avuto una qualche incomprensione con una cliente, o che fosse semplicemente stanca, e si stesse dirigendo nello spogliatoio a cambiarsi. E invece, la ragazza si stava avviando verso un'altra direzione. Con passo deciso e spedito superò prima la Moreau e il resto delle sue colleghe senza nemmeno degnarle di uno sguardo, poi fece lo stesso con lei. Per una frazione secondo Beatrice si domandò se fosse il caso di salutarla, o almeno rivolgerle un cenno del capo per riconoscere la sua presenza, ma la sua andatura spedita non le diede nemmeno il tempo di decidere.

Ovunque fosse diretta, pareva avere una certa fretta. La mente di Beatrice fu momentaneamente distratta dal suo (ipotetico) pranzo con la Moreau e il resto delle veneri e si concentrò su di lei. Adesso che l'aveva vista da vicino, Beatrice non aveva potuto fare a meno di notare la sua espressione assorta e, soprattutto, alquanto alterata. Anzi, altro che alterata, la Cipriani sembrava proprio arrabbiata nera. Beatrice non avrebbe certo voluto trovarsi nei panni della persona che, molto probabilmente, da lì a poco avrebbe subito la sua sfuriata. Incuriosita, la ragioniera si voltò per seguirla con lo sguardo. Dunque, ormai era appurato che non stesse andando nello spogliatoio, quindi in quella direzione c'era soltanto...

Oh.

Già, il magazzino. Beatrice ebbe come la sensazione di sapere cosa, o meglio, chi stesse cercando la giovane ragazza. Il che la portava a un'altra domanda, che probabilmente di base non avrebbe nemmeno dovuto porsi ma che, di fatto, quell'irritante vocina all'interno della sua testa non poteva fare a meno di esprimere: doveva seguirla? Non poteva negarlo, la tentazione c'era... E aveva anche pochi secondi per decidere il da farsi. Da un lato avrebbe potuto fare finta di nulla, restare al proprio posto come era solita fare, non lasciare che nessun altro pensiero diverso dal proprio lavoro occupasse la sua mente e la distraesse. Dall'altro invece, per una volta poteva rischiare e oltrepassare i confini che lei stessa si era imposta e che l'avevano sempre limitata; poteva seguire l'istinto e fare qualcosa di illogico e irrazionale soltanto per se stessa, soltanto perché lo voleva e per soddisfare almeno in parte la sua curiosità, pur assumendosi tutte le responsabilità del caso ed essendo ben consapevole di quanto fosse sbagliato da un punto di vista sia etico sia lavorativo spiare le conversazioni delle altre persone. E così, alla fine Beatrice prese la sua decisione.



-Tu! Proprio te stavo cercando.

L'entrata quantomeno dirompente di Irene Cipriani all'interno del magazzino fu accompagnata da una minacciosa occhiataccia rivolta al resto dei magazzinieri, che nonostante avessero almeno il doppio dei suoi anni ebbero il buon senso di capire che quel giorno era decisamente meglio non testare la sua pazienza e si affrettarono a defilarsi per la pausa pranzo, lasciandola sola con il suo bersaglio, Rocco Amato.

-E io qui sugnu, - le rispose Rocco con disinvoltura. -Che vuoi?

Quella risposta, se possibile, non fece altro che irritare Irene ancora di più. Se c'era una cosa che proprio non sopportava era perdere tempo, e lei sarebbe stata pronta a scommettere che Rocco sapesse perfettamente quale fosse il problema e le avesse risposto così semplicemente per provocarla e darle sui nervi. Il che gli era riuscito benissimo.

-Non fare il finto tonto con me, sai che non attacca, - replicò lei, invadendo il suo spazio personale e guardando dritto negli occhi. -Si può sapere cosa diavolo ti dice il cervello?

-Che ho fame e voglio andare a mangiare. E a te piuttosto? - rispose il ragazzo, anche con una certa insolenza. -Prima mi dici che non vuoi più vedermi e poi torni qua per parlare con me.

Non solo Rocco sostenne il suo sguardo, ma non si ritrasse né indietreggiò; anzi, se possibile anche lui sembrò come avvicinarsi in direzione di Irene, come se fosse stato altrettanto desideroso di avere quel confronto. Solo allora Irene si rese conto della poca distanza che li stava tenendo separati e realizzò che non fosse esattamente una buona idea, il che la portò ad allontanarsi leggermente.

Poi, ricomponendosi, con voce leggermente più calma ma comunque innervosita, la venere mise in chiaro:-Sai benissimo a cosa mi riferisco, ma visto che francamente ho fame anche io e non ho voglia di perdere tempo sarò diretta: perché sei andato a parlare con Maria?

-Se non sbaglio non ti interessa più con chi parlo o cosa faccio, vedi che se mi va sono libero di parlare pure con la contessa di Sant'Erasmo, ah, - stabilì lui, con il tono di chi non ammetteva repliche. Irene lo guardò e a una parte di sé tornarono in mente tutti i battibecchi che avevano avuto proprio lì, in quello stesso magazzino, e per un secondo, ma solo per un secondo, il suo cervello evocò immagini e ricordi del passato a cui non avrebbe dovuto pensare.

Concentrati. Ricordati la tua decisione.

-E invece mi riguarda eccome,– obiettò lei con decisione, facendo del suo meglio per sembrare convinta delle sue parole, –visto che poi con quella ci devo vivere io e i suoi stati emotivi si ripercuotono su tutte noi. Ma che bisogno c'era di parlarle e andarle a dire che la vedi solo come una amica dico io, conoscendo quanto è tragica – Irene in circostanze normali avrebbe anche fatto lo sforzo di usare il termine “sensibile” e modificare un po' la sua scelta di vocaboli, ma davvero non ce la facevo più – dovevi aspettartelo che avrebbe reagito malissimo! Adesso chissà cosa penserà, ci manca solo che sospetti qualcosa.

-Iré, te l'ho detto, non devo più darti spiegazioni io. E comunque, se proprio ci tieni a saperlo, l'ho fatto perché ho avuto l'impressione che non a tutti era chiara questa cosa, che tra me e Maria non c'è proprio niente. Non è lei che voglio.

Irene ignorò l'ultima parte della frase, anche se doveva ammettere che il fatto che Rocco avesse di nuovo ribadito le sue intenzioni non la lasciava certo indifferente. Invece, preferì concentrarsi sulla vaga allusione fatta da lui per tentare di vederci chiaro:-Ti riferisci a tua zia?

-Anche, ma non solo.

Ecco, perfetto, i suoi sospetti erano stati appena confermati. Per quanto amas- volesse bene a Rocco, certe volte quel ragazzo dimostrava proprio di non capirci niente. -Tu credi davvero che io ti abbia lasciato perché ho un complesso di inferiorità nei confronti di Santa Maria Goretti da Partanna e sono gelosa?

-No, - disse lui in un primo momento, abbassando per un attimo lo sguardo. Forse il fatto che Irene avesse smontato la sua teoria in modo un po' brusco lo aveva fatto rimanere male, e la venere finì quasi per sentirsi un po' dispiaciuta. Non voleva che pensasse di non essere importante per lei, ma allo stesso tempo non le piaceva quando lui prendeva certe iniziate sconsiderate che poi avevano conseguenze per tutti. -Cioè, forse,– proseguì Rocco, tornando ad incontrare il suo sguardo. -È che io lo so che anche tu senti qualcosa per me Irè, puoi pure fingere davanti a tutti gli altri ma a me non mi freghi, lo sai.

Soltanto per un istante, Irene si lasciò andare e sorrise. Se solo avesse saputo quanto aveva ragione...

-E così ho pensato che magari credevi che avevo ancora dei dubbi su Maria, che ti sentivi pure un poco in colpa perché sapevi che mia zia voleva accasarmi con lei. Ma io ce l'ho già detto sia a lei che allo zio che se ne devono fare una ragione, io e Maria siamo solo amici. Pure se adesso tu non mi vuoi più e ti sposi un altro ricco e bello, magari un pilota, questa cosa per me non cambia.

In effetti doveva ammettere che la divisa aveva sempre sortito un certo fascino su di lei**, pensò Irene tra sé e sé, anche se naturalmente non lo disse ad alta voce. Avrebbe voluto riuscire a ritrovare il menefreghismo che un tempo non perdeva occasione di sfoggiare, spezzargli il cuore e magari uscirsene con una delle sue battute acide, ad esempio liquidarlo dicendogli che sicuramente un pilota avrebbe saputo intrattenerla e darle la vita che si meritava, eppure proprio non ce la faceva, non le apparteneva più. Al contrario, Irene non riuscì a impedirsi di guardarlo con orgoglio e soddisfazione, specie se pensava a tutti i passi avanti che Rocco aveva fatto da quando era arrivato a Milano: quel ragazzo addormentato e dalla mentalità ristretta, completamente assoggettato a logiche patriarcali prive di senso, ora era riuscito a farsi valere davanti alla sua famiglia e mettere in chiaro una volta per tutte che non avrebbe permesso loro di decidere del suo futuro. Era orgogliosa della persona che era diventato e della sicurezza che le stava mostrando, e a maggior ragione vedendo ciò che lui aveva fatto e stava facendo per lei il suo senso di colpa si fece più grande. Lui sarebbe stato disposto ad andare contro la sua famiglia, se necessario, e lei invece? Cosa stava facendo, oltre a scappare dai propri sentimenti e da una situazione che non sapeva come gestire? La verità era che quello che si meritava di meglio dei due era proprio Rocco, non di certo lei.

-Sono contenta che tu sia riuscito a farti valere e che abbia parlato con tua zia, ma per me le cose non cambiano. Io e te siamo troppo diversi e vogliamo cose troppo diverse, è meglio fermarsi ora prima di farci del male. L'unica cosa che mi interessa è che Maria e tutti gli altri continuino a non sapere di noi, - spiegò Irene, nel modo più convincente possibile. Odiava dovergli mentire, ma lei, al contrario suo, non aveva il coraggio di dire la verità. Sperava davvero che Rocco si sarebbe bevuto la bugia e l'avrebbe lasciata stare, finalmente.

-Ah sì, è questo che pensi, che siamo troppo diversi?- ribatté lui, con l'aria di chi non sembrava affatto intenzionato a lasciar perdere. Irene annuì, con poca convinzione.

-E io invece dico che è una gran fissaria. Saremo pure diversi, però sulle cose importanti in fondo ci capiamo, no? - Il ragazzo la guardò negli occhi e le prese la mano, e Irene si sentì sciogliere dentro. Perché rendeva tutto così difficile? Come avrebbe dovuto trovare la forza per contraddirlo ora? -Io con te riesco ad aprirmi di più che con la mia famiglia, - proseguì Rocco, –riusciamo a parlare, a scherzare, cosa conta che a me piace alzarmi presto mentre tu vuoi dormire fino a tardi. Anzi, se ci pensi è pure meglio, picchì così mentre tu dormi io preparo la colazione e ti faccio trovare il caffè già pronto.

Irene fece un sorriso divertito nel constatare che in effetti il ragionamento non faceva una piega. Anche in un momento serio come quello Rocco riusciva sempre a strapparle un sorriso e farle passare ogni traccia di arrabbiatura. -Scemo, lo sai che non mi riferivo a quello... Io non sono pronta per una relazione seria, e questo non lo posso cambiare.

Nonostante questo, Irene non trovò comunque la forza di lasciare andare la sua mano. Erano passati soltanto pochi giorni, eppure il contatto fisico con lui le mancava già tantissimo. Se già adesso pativa quella situazione, a lungo termine il proposito di stargli lontana si prospettava tutt'altro che semplice.

-Iré, lo vuoi sapere cosa penso io?- domandò poi Rocco, con aria di sfida. Con decisione fece di nuovo un passo avanti verso di lei e per un attimo, solo per un attimo, Irene credette che avesse intenzione di baciarla e sentì il suo stomaco ridursi ad una poltiglia. Per fortuna (o purtroppo) si fermò invece a pochi centimetri di distanza da lei e proseguì nel suo discorso:-Che tu hai solo paura. Che in passato sei stata male, sei stata delusa, e ora hai paura di fidarti e rimanere ferita un'altra volta. La verità è che tu non hai il coraggio di ammetterlo nemmeno a te stessa quello che provi per me.

Restarono a guardarsi in silenzio per alcuni istanti carichi di tensione. Era una sfida quella? Cosa stava cercando di dimostrare Rocco, voleva provocarla? Voleva forse sfidarla a trovare il coraggio di baciarlo? Lo sguardo di Irene cadde sulle sue labbra per un istante, e reprimere il suo istinto non fu mai stato più difficile. Alla fine, fu Rocco quello a fare un passo indietro dei due e porre fine al confronto che lui stesso aveva iniziato.

-Buon pranzo, va', - si congedò il siciliano. In un attimo si voltò ed uscì dal magazzino. E Irene rimase sola, di nuovo.
...


 

Quando pochi istanti dopo la signorina Cipriani se ne andò a sua volta, un'altra voce femminile rimbombò all'interno di quelle quattro mura, una che Beatrice Conti ci mise ben poco a riconoscere:

-È anche peggio di quanto pensassi.

La ragioniera del Paradiso si voltò, e soltanto in quel momento si accorse della presenza di suo figlio Pietro e quattro delle veneri alle sue spalle, in piedi a meno di un metro di distanza da lei: Stefania Colombo, Dora Vianello, Paola Cecchi e, naturalmente, Gloria Moreau.


 

 

Note dell'autrice

*Ho scelto di dare a Beatrice origini liguri per rendere omaggio a Caterina Bertone, la quale è anche lei ligure!

**Questo vuole essere un apposito riferimento alla splendida fanfiction di InvisibleWoman in cui Irene è effettivamente corteggiata da un pilota, Lorenzo. Se ancora non lo avete fatto andate tutti a leggerla!

   
 
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