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Autore: _justabibliophile_    22/06/2021    0 recensioni
Tra poco probabilmente il Sole sorgerà di nuovo e tu forse aprirai gli occhi, sbattendo le palpebre un sacco di volte e cercando a tentoni gli occhiali sul tuo comodino, occhiali che non troverai perché come sempre io te li avrò nascosti in un posto troppo lontano per la tua mente ancora annebbiata dal sonno.
Ma io non sono così sicuro di voler restare qui quando ti sveglierai. [...]
Perché quella che ti hanno fatto, James, è Magia Oscura. E se pensavo che questa guerra l'avremmo combattuta fianco a fianco, andando allo sbando come nostro solito e senza un piano ben preciso a cui attenerci, ora devo arrendermi di fronte alla consapevolezza di non esserne più così sicuro. Perché se credevo che ormai non potessi più provare sulla mia pelle il dolore dell'abbandono, del tradimento, dell'assenza di chi ero convinto non se ne sarebbe andato mai, oggi devo gettare la spugna e rendermi conto che non esiste più nemmeno questa certezza.
Perché il Sole sorgerà di nuovo, l'alba rischiarerà un'ennesima giornata e tu aprirai gli occhi.
Ma di te, di lei, di noi, tu non ricorderai più nulla.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Regulus.

Serro i palmi delle mani intorno al legno gelido della mia scopa, rendendo la presa delle mie gambe ancora più salda intorno al manico e distendendo ripetutamente le dita coperte dai guanti di cuoio, per far passare questo fastidioso intorpidimento. Scendo in picchiata di qualche metro e guardo Nicholas stringere la Pluffa tra le mani, per poi lanciarla esattamente nell'anello centrale, facendo sì che l'attrito con il vento gelido produca un fruscio sonoro.

Un'ennesima folata mi sferza il volto e io alzo gli occhi verso il cielo scuro, pensando che certamente questo venerdì - il giorno della partita, neanche a dirlo - ci sarà la classica bufera che renderà la mia ricerca del Boccino un'impresa davvero titanica. Poi il mio sguardo viene catturato da quel preciso puntino che vola sopra di me più veloce del vento, i capelli scompigliati visibili addirittura fin da qui, con davanti a sé quello sfavillio dorato che percorre ogni centimetro libero di campo. Proprio sul più bello, comunque, il suo braccio destro si protende in avanti ed eccolo lì, il Boccino stretto esattamente tra le sue dita.

È che questa, naturalmente, non è nemmeno una scena così inusuale: James Potter che cattura il Boccino d'Oro è quanto di più banale e meno sorprendente esista al mondo. Certo, a renderla più sconvolgente è forse il fatto che, mai prima d'ora, nessuno l'aveva visto farlo con indosso una divisa verde e argento.

«Bene, per oggi può bastare.» urlo, stringendo il fischietto tra le labbra e soffiando due volte per sancire così la fine dell'allenamento.

Comincio a scendere verso il campo e vedo i miei giocatori e le riserve fare lo stesso, tutti stremati dal freddo di fine febbraio che non costituisce propriamente lo scenario perfetto per una preparazione di due ore in vista dell'imminente partita. C'è ancora questo dannato vento che fischia imperterrito intorno a me, ma non è comunque sufficiente a impedirmi di sentire quelle urla che, a mano a mano che scendo con la mia scopa, si fanno sempre più alte.

«Te lo ripeto, Selwyn: ti devi svegliare.» sta per l'appunto gridando Nicholas, la durezza quasi palpabile nel tono di voce e gli occhi neri assottigliati dalla rabbia. «È l'unica soluzione. O ti svegli prima della partita, oppure così non si va avanti.»

«Non ne prendi una.» rincara la dose Damian, grugnendo mentre brandisce la sua mazza da Battitore e riducendo così drasticamente la linea sottile che separa lui da un prototipo di uomo delle caverne.

«E l'ultima volta potevamo anche scusarti, perché pioveva e c'era un tempaccio orrendo, ma oggi...»

«Mi dispiace.» mormora Selwyn, interrompendo il discorso di Daisy Warrington con un tono stizzito e mortificato al tempo stesso.

«Al diavolo le scuse, noi...»

«Che sta succedendo?» mi intrometto all'istante, scendendo di scatto dalla mia scopa e dirigendomi a passo di marcia verso il gruppetto che ormai si è creato al centro del campo. Volto piano la testa alla mia destra, constatando come anche James abbia appena fatto lo stesso e sia giunto adesso ad affiancarmi.

«C'è che Selwyn è un incapace, ecco cosa.» risponde aspramente Nicholas, ricevendo svariati cenni di assenso. «Non fa un passaggio giusto e non segna nemmeno se preghi Morgana in ginocchio.»

«Possiamo per favore abbassare i ton-»

«Non mi pare di essere stato l'unico a sbagliare qualcosa, oggi.» ribatte Selwyn, interrompendomi e alzando la testa per recuperare tutta la sua dignità.

Ha quindici anni ed è il più giovane della squadra, dunque era abbastanza logico che, fra tutti, Nick decidesse di prendere di mira esattamente lui. Perché fa davvero sempre così: cercare un capro espiatorio, aizzare tutto il suo gruppo contro quest'ultimo e crearsi intorno quell'aura invincibile, esercitando terrore sulla vittima in questione e godendo quanto questa, come nel caso di Selwyn, ha difficoltà a controbattere perché si mostra nettamente più debole.

Non mi è mai piaciuto questo lato del suo carattere, ma è anche vero che non è un caso se io sono un Serpeverde fatto e finito: so che qualunque Grifondoro non esiterebbe a ribaltare la situazione e a rimettere Nick al suo posto, prendendo le difese del vero anello debole del gruppo, ma io non posso farlo. Non sono coraggioso abbastanza. Preferisco starmene nel mio, tenermi lontano quanto basta da questi momenti di esagerata tensione e pensare alla mia incolumità, piuttosto che a quella degli altri.

«C'è una netta differenza tra lo sbagliare un singolo passaggio e non azzeccare niente per tutto l'allenamento, Selwyn.»

Ma è anche vero che oggi è tutto diverso. Perché adesso alla mia destra c'è qualcuno che Grifondoro lo è per davvero fino al midollo, anche se non lo sa. C'è qualcuno che si è appena avvicinato a Selwyn e l'ha fatto nella maniera più inconscia e naturale possibile, ponendosi al suo fianco repentinamente, perché ancora una volta l'istinto protettivo ha avuto la meglio su di lui.

C'è qualcuno chiamato James Potter, che potrà anche avere la mente offuscata e annebbiata da un Incantesimo di Memoria, ma che continuerà sempre a prendere le difese di chi ne ha davvero bisogno, proprio com'è nella sua natura.

«Resta il fatto che se sono in squadra...»

«Se sei in squadra è solo perché tuo padre è in buoni rapporti con quello di Regulus.» lo interrompe bruscamente Mike Bletchley, Portiere, suscitando la risata sguaiata e un cenno di approvazione da parte di Nicholas.

«Questo non è affatto vero.» mi intrometto definitivamente e con voce ferma, perché Selwyn sarà anche un idiota colossale e tutto, ma di certo non si è comprato nessunissima ammissione in squadra e l'unico ad averlo voluto qui, fra noi, sono stato proprio io.

«Non mi pare che le sue condizioni siano così disastrose.» soggiunge James, la voce ferma e perfettamente sicura di sé. «Niente che non si possa risolvere con un po' di allenamenti intensivi.»

«Tu sei troppo buono, James Potter.» decanta Olivia Bole, rivolgendogli un sorriso stucchevole e mulinando la lunga chioma corvina.

«Fosse per me, gli allenamenti intensivi li sognerebbe e basta.» afferma Nick, con un ghigno beffardo stampato sul volto che è solo il pallido riflesso della sua reale cattiveria. «Sarebbe da buttare a calci fuori dalla squadra. E a testa bassa.»

«Basta così.» asserisco con convinzione, riempiendo questo vuoto di silenzio e lanciando un'occhiata fugace a Selwyn, che sta adesso fissando con un certo interesse e con un'aria vagamente mortificata il campo sotto i suoi piedi. «Piantala di usare questo tono e di prenderlo di mira, Nick. Questa storia sta cominciando a stancarmi.»

«Difendi il tuo pupillo, Regulus?»

«Si dà il caso che il Capitano sia lui.» si intromette James, precedendomi di appena un soffio e catalizzando tutta la nostra attenzione su di sé. «E come tale, è lui che dobbiamo ascoltare.»

Le sue parole sembrano non ammettere alcuna replica e infatti segue qualche secondo del più mero silenzio, mentre tutti i nostri occhi sono fissi sul volto dell'ex Grifondoro e lui ci osserva a sua volta uno ad uno, sostenendo i nostri sguardi con una fierezza disarmante.

Infine la scena pare ripartire a rallentatore, perché Nick sfodera una smorfia infastidita e si limita a scuotere la testa, per poi partire alla volta degli spogliatoi ed essere seguito a ruota da tutta la squadra.

«Grazie.» mi sento mormorare laconicamente, voltandomi verso l'unica persona ancora rimasta al mio fianco. «Purtroppo il problema principale di questa squadra è che la maggior parte di loro preferisce non ascoltarmi e fare tutto di testa sua.»

«Sono i classici problemi di ogni Capitano, suppongo.» replica con un minuscolo sorriso, facendomi scuotere la testa e distogliere lo sguardo dal suo.

Perché se c'è una cosa che tutti qui a Hogwarts devono riconoscere, è il fatto che James Potter sia sempre stato un Capitano davvero impeccabile. Sa farsi ascoltare, sa essere un punto di riferimento insostituibile e un modello da seguire, sa come caricare la squadra e non esita mai a trasmettere ai suoi compagni tutta la fiducia che ripone in loro. Ed è sempre stata una caratteristica intrinseca della sua personalità, fin da quando al quinto anno ha preso in mano le redini della squadra di Grifondoro: i più piccoli lo guardavano con ammirazione, ma persino i ragazzi più grandi di lui lo ascoltavano senza fiatare, rapiti dalla sua determinazione e dalla sua proverbiale risolutezza.

«Dai, andiamo dentro prima di prendere un accidenti.» lo esorto, mentre una folata particolarmente violenta smuove la mia uniforme da Quidditch e causa un rincorrersi di brividi lungo tutta la mia colonna vertebrale.

«Aspetta.» mi blocca di scatto, obbligandomi a voltarmi verso di lui e permettendomi di coglierlo nel momento esatto in cui si passa nervosamente una mano tra i capelli. «Volevo...parlarti di una cosa.»

***

James.

Regulus mi guarda perplesso e ancora una volta la mano destra affonda nei miei capelli, mentre deglutisco e mi maledico mentalmente per questa momentanea debolezza. Nemmeno volevo ritrovarmici, in questa situazione: è solo che da svariati giorni a questa parte - esattamente da venerdì, il giorno della punizione con Black - sto seriamente male, attanagliato da un dolore sordo che non la smette di perseguitarmi.

La sofferenza non è qualcosa di unico, ha mille sfaccettature diverse che corrispondono ai differenti modi per affrontarla. Ma quando non ti sai spiegare perché questo malessere sempre più profondo sembri colpirti quando meno te lo aspetti - e, anzi, senti come se fossi tu stesso la causa del tuo dolore - la situazione si complica e le possibilità di risolverla in autonomia diventano sorprendentemente scarse.

«È qualcosa di grave?»

Ed è allora che non puoi fare a meno di rivolgerti all'unica persona di cui senti di poterti realmente fidare.

«È qualcosa di strano.»

Regulus mi osserva ancora per qualche istante e poi mi fa cenno di seguirlo verso le tribune, sempre mantenendo sul volto quell'espressione curiosa di chi ha davvero voglia di ascoltarmi. Non so nemmeno io come spiegarmi, a dirla tutta: è solo che questo gelido martedì pomeriggio sono arrivato sul serio ad un punto di non ritorno, tanto che le parole premono nella mia bocca per uscire fuori e io ho un dannato bisogno che ci sia qualcuno davanti a me pronto a capirmi.

«Sai che venerdì sono stato in punizione con tuo fratello, no?» comincio, lasciandomi cadere su uno dei posti a sedere e guardando lui fare lo stesso.

Non è ancora molto tardi e la cena non verrà servita prima di un'ora, ma il cielo si è già tinto di quel blu opaco, scuro, velato di nuvole grigie mosse da un vento che fa pensare ad un imminente temporale, tanto spira forte intorno a noi. Eppure restiamo ancora qui, due puntini isolati dal resto del mondo, a fissare il verde del campo totalmente deserto che si stende davanti ai nostri occhi.

«Sì.» risponde laconicamente, senza staccare le pupille da un punto imprecisato di fronte a lui. «Alla fine non mi hai raccontato nulla di quella sera.»

«Lo so, ma avevo davvero bisogno di dirtelo senza che tutti gli altri ci ronzassero intorno.» dico con sincerità, appoggiando i gomiti sulle gambe e protendendomi in avanti. «È una cosa che vorrei rimanesse tra noi due.»

«Un segreto confessato a un Serpeverde è come un granello di sabbia gettato nell'oceano.» asserisce con finta convinzione, sfoderando un mezzo ghigno che inevitabilmente mi riporta a Sirius Black. «Si perde nell'acqua e nessuno saprà più dove sia, eccetto l'oceano stesso.»

«E questa dove l'hai presa?» gli domando, aggrottando la fronte e sentendo la sua risata divertita riecheggiare nel silenzio.

«Olivia Bole lo diceva oggi a pranzo alle sue amiche. L'avrà letto su Strega Moderna o qualcosa del genere.» confessa, scuotendo la testa e lanciandomi un'occhiata di sottecchi. «Davvero non l'ascolti mai quando parla? Perché ti confesso che lei apre bocca principalmente per catturare la tua attenzione.»

«Non sviare il discorso, per favore.» lo interrompo, scuotendo la testa e pensando che, al momento, Olivia Bole è per davvero l'ultimo dei miei problemi.

Regulus ride di nuovo e ancora una volta, inconsciamente, mi ritrovo a constatare come la sua risata sia così sfacciatamente diversa da quella sguaiata e rumorosa di suo fratello.

«Stavo solo cercando di alleggerire l'atmosfera, ti vedo particolarmente...nervoso, in questi giorni.» ammette, tornando a farsi serio e passandosi la scopa da una mano all'altra. «Questo era per dire che puoi raccontarmi tutto quello che vuoi, io sono qui ad ascoltarti.»

Annuisco brevemente e sospiro un'ennesima volta. Cerco il suo sguardo, perché parlare fissando negli occhi il mio interlocutore è qualcosa che mi viene davvero naturale, ma Regulus seguita a puntare le pupille verso il basso e ha un mezzo sorriso consapevole sulle labbra, quasi sapesse perfettamente ciò che andrò a dirgli di qui a poco.

«C'è Sirius che...ci sono alcune persone, in verità, che mi fanno uno strano effetto.» comincio, certo che la mia spiegazione non sarebbe potuta cominciare in maniera peggiore e scuotendo repentinamente la testa. «Parlo di lui, di Lupin e dell'amico che si portano sempre dietro.»

«E di Lily Evans.» aggiunge nel modo più spontaneo possibile, facendomi perdere un altro battito.

Avevo volutamente deciso di non inserire anche lei nel discorso, perché ho la netta convinzione che quello che riguarda Evans sia qualcosa di estremamente complesso e che va al di là di tutto il resto, ma la naturalezza con cui Regulus l'ha accostata a questa lista è qualcosa di davvero destabilizzante.

«E di Lily Evans.» confermo, chiedendomi perché lui abbia ancora stampato in faccia questo sorriso di chi la sa lunga. «Succedono delle cose strane quando loro sono nei paraggi. Cioè, in verità succedono quando siamo più vicini del solito.»

«Cose strane?» ripete lui, aggrottando la fronte e facendosi più attento.

Sospiro, arrendendomi al fatto che questi giri di parole non serviranno assolutamente a nulla ed io ho davvero la necessità di dare, una volta per tutte, un nome a quello che mi sta succedendo.

«Mi capita di rivivere delle scene...degli episodi che non ricordo più, come se appartenessero a un passato lontano e da me dimenticato.» confesso tutto d'un fiato, deglutendo piano e comprendendo che, ormai, nemmeno volendo potrei tornare indietro. «Ci sono delle precise occasioni in cui sono con loro, perdo i sensi e...e rivivo questi ricordi.»

Finisco di parlare e mi volto verso Regulus, constatando come il suo sorriso si sia appena incrinato e i suoi occhi grigi siano ancora fissi davanti a sé. Ha la macella contratta e dal suo profilo sembra teso, non come se le mie parole lo stupissero, ma piuttosto come se fossero la conferma di qualcosa che già temeva.

«L'hai detto tu stesso, James: sono perdite di sensi, è come se...come se stessi solo sognando.»

«Ma sono reali, Regulus. Scene fottutamente reali.» ribatto prontamente, sbuffando e alzando gli occhi per puntarli al cielo. «Ci siamo noi che...che andiamo d'accordo, che ci vogliamo bene, che siamo amici. E io so bene di aver trascorso sette anni con loro, tra i Grifondoro, ma non ricordo affatto di aver mai instaurato con tutti un rapporto che andasse così...oltre

Deglutisce e finalmente si decide a spostare lo sguardo su di me, fissandomi con la testa inclinata di lato e con un'espressione neutra, impassibile, stampata in faccia.

«Ti fa paura rivivere quelle scene?»

«Mi terrorizza, che è diverso.» Rido forzatamente e scuoto la testa, mordendomi il labbro e chiudendo di scatto gli occhi, come se il peso di queste parole mi ferisse mortalmente. «Perché appena succede, appena torno nel passato, io ho...ho l'impressione che quelle cose siano accadute sul serio. Che non siano sogni o qualcosa di simile, ma che io li abbia semplicemente dimenticati

Mi dà sollievo il fatto di essermi tolto questo dannato macigno dal petto, ma non ho comunque mai avuto la pretesa che Regulus mi comprendesse pienamente. Si sta sforzando di farlo, questo lo so, perché continua a guardarmi e sulla sua fronte è appena comparsa una ruga di preoccupazione. Poi lo vedo sospirare e scuotere impercettibilmente la testa, ostentando un sorriso che è così fintamente allegro da farmi preoccupare ancora di più.

«James, niente di tutto questo è reale. Sono solo delle tue fissazioni, lo capisci?»

Vorrei capirlo, lo vorrei sul serio più di ogni altra cosa, ma non è come se avessi la facoltà per farlo. Perché chi non lo vive sulla propria pelle non lo può intendere pienamente, nonostante io abbia cercato di raccontarlo a Regulus nella maniera più semplice e precisa possibile. Nessuno potrà mai comprendere quel misto di angoscia e confusione che mi smuove lo stomaco ogni volta che loro mi sono accanto, né potrà mai capire quanto sia avvilente sentirsi costantemente quello sbagliato della situazione.

«Ma è davvero improbabile che delle fissazioni siano così realistiche.»

«È tutto frutto della tua mente.»

C'è qualcosa, dentro di me, che continua a spingermi a giocare a fare il cattivo della situazione. È come se avessi delle catene, delle spesse e robuste catene che cercano di tirarmi anche contro la mia volontà verso determinate direzioni già prestabilite: odiare i Grifondoro, disprezzare i Nati Babbani, tenere la massima distanza possibile da quel gruppetto che sento di dover odiare più di qualunque altra persona al mondo.

Ed è facile a dirsi, davvero facile, ma quando me li ritrovo davanti ogni mia resistenza sembra crollare. Le catene si indeboliscono, io mi faccio più arrendevole e sono loro a prendere il sopravvento su tutto il resto, catapultandomi in questo passato dimenticato e lasciandomi lì, ancora più confuso e atterrito di prima.

«Lo credi davvero?» chiedo, guardandolo negli occhi e pregando che quelle iridi grigie così familiari sappiano darmi il conforto che cerco.

E familiari lo sono sul serio, anche se celano una sfumatura lievemente diversa dall'immagine che conservo nella mia memoria. È quasi come se fossi stato abituato per una vita intera a vedere questi occhi chiari, a intuirne e riconoscerne ogni minima sfumatura, sebbene all'improvviso quelli di Regulus mi risultino differenti e decisamente più misteriosi.

«Lo credo davvero.» asserisce con ostentata convinzione. Potrei anche credergli, penso, se non non fosse che nel pronunciare questa frase ha accuratamente distolto lo sguardo dal mio. «Potresti parlarne anche con qualche professore, se ti senti più sicuro.»

«Mi prenderebbero per pazzo.» commento con una risata, scuotendo la testa ma appuntandomi il suo consiglio in un anfratto della mia memoria.

«Non ti ha nemmeno sfiorato il pensiero che anche io potessi crederti matto, non è così?» mi domanda ironicamente, guardandomi di sottecchi e sfoderando un sorriso beffardo che fa apparire di nuovo nel mio cervello il volto di Sirius Black.

«Mi fido di te.» dico con sincerità, annuendo per avvalorare ancora di più le mie parole. «Se c'è una persona su cui so di poter contare, quello sei tu. Non so dirti il perché, non so spiegarti il motivo, ma è stato così fin da subito.»

«Lo apprezzo, James. Lo apprezzo davvero tanto.»

Regulus tace e il suo sguardo torna a incrociare il mio, ma a lasciarmi spiazzato è questa volta una nuova emozione che riesco a scorgere alla perfezione nei suoi occhi. C'è una parvenza di profonda malinconia, una tristezza nascosta sotto cumuli di ostentata indifferenza che pare essere tornata a galla tutta in una volta, riversandosi nel suo sguardo e colpendomi nel petto come un precisissimo fendente.

Mi alzo dal posto a sedere e gli tendo una mano per aiutarlo a fare lo stesso, mentre la prima pioggerella fine della giornata comincia a cadere piano su di noi.

«Non ne farai parola con nessuno, vero?»

«Puoi starne certo.» afferma sicuro, sorridendomi impercettibilmente. «Non posso tradire gli insegnamenti di Olivia Bole in questo modo, no?»

Ed io sento di non essermi mai fidato così tanto di qualcuno prima d'ora.

***

Frank.

«Mi sta evitando, questo è chiaro. Ci sta evitando. Da venerdì, per la precisione.»

Quando la Sala Comune Grifondoro è vuota, non è mai un buon segno.

Questa è una delle regole non scritte da nessuna parte ma valide universalmente tra noi studenti di Hogwarts, una normativa che si tramanda da una generazione all'altra e che nessuno, naturalmente, si sogna di contraddire. Se chiunque prendesse da parte un primino con la cravatta rossa e oro e gli domandasse cosa fare quando la Torre Grifondoro è completamente deserta, la risposta da lui articolata sarebbe certamente una e una sola.

Scappare.

«Vale a dire, guarda un po' che coincidenza, da quando è stato in punizione con te.» sento rispondere da Remus, seduto alla mia destra. «Perché non ne sono affatto sorpreso?»

Ma questo, come ho già detto, è il giorno della settimana che più preferisco ed era tanto logico immaginare che almeno lui, che almeno il martedì considerato tanto inutile da tutti, potesse essere dalla mia parte.

Sono piombato qui dopo aver accompagnato Alice a Divinazione e, da povero sciocco ingenuo quale sono, non ho resistito al fascino del divano di fronte al camino così meravigliosamente libero.

«Cosa staresti insinuando, Moony?»

E mi ci sono pertanto gettato sopra, completamente intontito dal silenzio disumano che regnava in questa stanza e pregustando già un intero pomeriggio trascorso così, a portarmi avanti con i compiti seduto davanti alle fiamme calde, con la pioggia che imperversa fuori e la pace tutta intorno a me.

Povero illuso.

«Non sto insinuando nulla, Sirius. Sto solo dicendo che questa storia dei ricordi...forse gli fa solo del male.»

«Sciocchezze, persino Silente ha detto che...»

«Da quando tu ti fidi di Silente, per l'esattezza?»

È stato nel preciso momento in cui i Malandrini sono piombati al mio fianco - sopra di me, dovrei dire, considerando che Sirius mi si è letteralmente buttato addosso senza pensarci due volte - che ho compreso che questo martedì pomeriggio non sarebbe stato poi così pacifico come speravo.

«Oh, aspetta che ci penso un attimo.» comincia sarcasticamente Sirius, bloccandosi per un frangente nella classica posizione di chi finge di pensare e dimenandosi un secondo dopo. «Forse da quando avete iniziato a ripetermi che sbaglio a dargli sempre la colpa e che dovrei iniziare a fidarmi ciecamente di lui, come fate tutti voi?»

«Non è il caso di litigare.» li blocca Peter, protendendosi in avanti come a voler frenare l'impeto delle loro parole, mentre io sono costretto ad accartocciare il mio saggio di Trasfigurazione a causa della boccetta di inchiostro che Sirius, nel tentativo di esprimere tutto il suo feroce disappunto, ha rovesciato sulla mia pergamena.

«Non stiamo litigando, Pete. Stiamo parlando di James.»

«Cosa che a breve vi porterà a litigare.» concludo brevemente in un sussurro, tornando ad ascoltare il soliloquio di Sirius su James e sul modo buffo con cui, in questi quattro giorni, le ha provate tutte per girare alla larga da tutti noi.

L'allontanamento di un membro ufficiale dei Malandrini ha chiaramente minato gli equilibri del loro gruppo, questa era una cosa assolutamente inevitabile.
Mi piacciono da morire le metafore, perché le considero delle immagini rapide e semplici per esprimere ancora più concretamente quei concetti che, con inutili giri di parole, sarebbero estremamente complessi e arzigogolati da spiegare.

La loro amicizia, neanche a dirlo, ne è l'esempio più lampante.

Suppongo sia un'impresa titanica riuscire a descrivere con meticolosa precisione il rapporto che tutti e quattro hanno intessuto in questi quattro anni, perché il loro stretto legame di fratellanza è qualcosa che va al di là di ogni banalissima frase. È fatto di sguardi più che eloquenti, di soprannomi che celano significati nascosti, di prese in giro cariche di affetto e di risate più o meno sguaiate. È fatto di rimproveri quasi paterni, di mezze discussioni che spesso si concludono con una lotta belluina sul pavimento della loro stanza, di una complicità che non ha nemmeno la necessità di essere concordata, ma che viene naturale come se tutti e quattro fossero nati per sostenersi, per reggersi vicendevolmente il gioco.

La loro amicizia è tutto questo e provare a spiegarla a parole significherebbe inerpicarsi in qualcosa di estremamente complicato e contorto. Così intervengo io, il Re delle Metafore, colui che ha trovato tempo fa l'immagine perfetta per rappresentare tutti e quattro i Malandrini e l'indissolubile amicizia che li unisce.

James, Peter, Remus e Sirius sono precisamente un tavolo.

Un tavolo di quelli quadrati e con quattro posti, fatto di quattro lati e quattro angoli tutti uguali. Nessuno prevale sull'altro, nessuno è diverso: ogni lato può essere sbeccato in alcuni punti, può avere una sfumatura di legno differente da quella degli altri, ma la loro lunghezza è sempre la stessa ed è questo, esattamente, ciò che ne definisce la perfezione quadratica.

E poi il tavolo in questione ha degli spigoli, naturalmente: appuntiti, affilati, che se si conficcano nel fianco possono fare un gran male. Sono i loro difetti, quelle parti certamente meno morbide e anzi più taglienti, che sanno bene di poter pungere ma che lo fanno esclusivamente quando sei tu stesso a sbatterci contro.
I Malandrini sono un tavolo da quattro posti, certo, ma che è anche allungabile. Chiunque abbia bisogno di un minuscolo spazio sa dove andare, sa che da loro troverà il suo posto nel mondo e, ancora di più, sa che starà comodo e che si sentirà come a casa.

Solo che, per l'appunto, per stare in piedi questo tavolo ha bisogno di tutte e quattro le gambe: se ne togli una, traballa pericolosamente. Forse non cadrà, ma il suo equilibrio diventerà nettamente più labile e precario.

«Questa volta non ho intenzione di ascoltarti, Moony. Non eviterò James, ci puoi giurare.»

«Ma lo stai ferendo così, capisci? Lui...l'hai detto tu stesso che era terribilmente scosso, la sera della punizione.» precisa Remus, abbassando il tono di voce dopo essersi accorto che la loro discussione stava per farsi più accesa e che, di conseguenza, avrebbe attirato ancora di più gli sguardi già curiosi dei presenti.

«Scosso, sì, ma questo non vuol dire che adesso dobbiamo allontanarci da lui.» ripete Sirius con fermezza. «Non smetteremo con la storia dei ricordi, questo è fuori discussione.»

«Almeno voi siete riusciti a trasmettergli qualcosa.» sussurra Peter quasi tra sé e sé, permettendomi comunque di sentire benissimo le sue parole. «Io non riesco nemmeno ad avvicinarmi.»

Mi volto piano verso di lui, mettendo definitivamente da parte i miei compiti e fissandolo dritto negli occhi.

«Non credere sia una cosa facile, Pete. Eri abituato a un James tutto diverso, ma stare vicino al James di adesso è un'altra storia. E lo è per tutti.» dico risoluto, scrutando la sua espressione vagamente affranta.

«Il fatto è che voi due...» comincia, indicando Remus e Sirius con un gesto distratto della mano. «Riuscite almeno ad attirare la sua attenzione. Forse vi fate odiare, forse vi insultate, ma almeno lui si accorge della vostra esistenza.»

«Pensi che non si accorga della tua, Wormtail?» gli domanda Sirius, osservandolo adesso con un'apprensione che raramente gli ho visto addosso.

Peter annuisce piano e questa volta è Remus a sporgersi verso di lui, per posargli una mano sul braccio e guardarlo dritto negli occhi.

«James sa che esisti, Pete. Lo sa bene, l'ha visto nei nostri ricordi e sente di conoscerti anche quando gli sei accanto.» lo rincuora, senza interrompere il contatto visivo con lui. «Il fatto che tu non sia riuscito a trasmettergli ancora nessun ricordo non è preoccupante, in fondo è passata solo poco più di una settimana da quando gli hanno cancellato la memoria.»

«Basterà ricreare la situazione perfetta.» propongo, sorridendo nella sua direzione. «Sirius ha avuto la punizione, Remus il lavoro di coppia in Biblioteca, Lily la pozione...troveremo qualcos'altro per te, ne sono certo.»

«E poi potremo usare qualcosa di concreto.» aggiunge Sirius, che si è adesso alzato da terra per andare a sedersi esattamente sopra Peter, sulla poltrona.

Non è un asso con le parole e questo tutti lo sappiamo, ma ha talvolta dei modi bizzarri e piuttosto dolci per dimostrare che vuole bene a chi gli sta intorno: salta all'improvviso sulle spalle di Remus, scompiglia e tira i capelli di James, riproduce qualche canzone rock babbana che gli piace tanto usando la mia schiena come una batteria...

E poi, certo, sale in braccio a Peter quando lo vede più giù del normale.

«Che intendi dire?» domando a mia volta, constatando con piacere come adesso Pete si sia visibilmente tranquillizzato.

«Io ho usato gli specchi gemelli, no?» replica Sirius con ovvietà, ghignando divertito. «Abbiamo ancora la Mappa e il Mantello dell'Invisibilità. Sono sicuro che se Wormtail si ritrovasse davanti a James e, che so, gli lanciasse addosso il Mantello, lui perderebbe i sensi e ricorderebbe altri dettagli del suo passato.»

È complicato essere amico dei Malandrini, questo lo so da un pezzo. Loro hanno tutti questi segreti, questo modo di comunicare usando delle parole totalmente incomprensibili a noi comuni mortali e facendoci pienamente intendere che, qualunque cosa accada, esisterà sempre qualcosa di inconfessato che custodiranno lontano da tutti e contro ogni logica.

«Fammi capire, il piano sarebbe tramortirlo e sperare che questo serva a qualcosa?» chiede Remus, inarcando un sopracciglio e inserendo quella tipica vena beffarda nel suo tono di voce che fa tanto ridere me e Peter.

«Ma come sei bravo a minimizzare, Moony. Complimenti.» borbotta Sirius, alzando gli occhi al cielo e tornando di nuovo a sedersi per terra. «Dico solo che è una fortuna aver tenuto questi oggetti qui con noi, perché potremo usarli a nostro vantaggio.»

«Anche perché sarebbe stato rischiosissimo lasciarli a lui. Vi immaginate? Non saprebbe nemmeno da dove partire per usare la Mappa.»

«Oppure, ancora peggio, li avrebbe fatti scoprire senza troppi problemi a quei dannati Serpeverde.»

Peter finisce di parlare e io torno a guardarli uno ad uno, osservando come l'assenza di James, sebbene pesi su tutti, non li abbia cambiati nemmeno un po'. Sono sempre loro, sono sempre tre adolescenti che si divertono a ridere e a scherzare, che usano i loro sorrisi per tirarsi su vicendevolmente in un momento tanto critico come questo.

Ed io sono grato, davvero grato di avere il privilegio di essere al loro fianco. Perché la teoria dei Malandrini come tavolo allungabile, ecco, non è così stupida come pensavo in un primo momento. Perché io stesso accanto a loro - tra loro - ci sto bene, sono comodo, ho il mio spazio. Mi sento a mio agio come se fossi a casa e non importa se loro sono semplicemente loro, se il loro legame è qualcosa di così particolare che va persino oltre la mia immaginazione e se non sarò mai in grado di comprenderlo pienamente: tutti e quattro mi hanno sempre tenuto al loro fianco, quasi fossi stato un'appendice e non un peso, ed è con una consapevole presunzione che posso affermare di essere diventato un vero e proprio punto di riferimento per tutti e quattro.

«Fate un po' di posto a una fanciulla stremata da una lunghissima giornata di scuola, per favore.»

Non mi serve nemmeno voltarmi per capire che ad aver appena parlato è Alice, perché subito le sue labbra premono contro le mie ed eccola qui, seduta vicino a me, mentre lascia cadere la borsa con i suoi libri sul tappeto e si appoggia allo schienale del divano con le palpebre serrate.

«Hey Frank, hai sentito? La tua ragazza ha bisogno di rilassarsi.» grida Sirius, ghignando divertito e muovendo le sopracciglia con quell'aria beffarda che si porta sempre dietro. «Scommetto che tu sai come aiutarla.»

«Molto spiritoso Sirius, davvero.» replica Alice, mentre io rido divertito e passo un braccio intorno alle sue spalle.

«Sei tu quella che pensa sempre male, signorina Prewett. Io mi riferivo al fatto che Frank sa la parola d'ordine per entrare nel Bagno dei Prefetti, quindi...»

«Tu sai quella parola d'ordine?!»

A nulla sono serviti i miei segnali di fumo per far capire a Sirius di tacere, perché quando lui parla va veloce come un treno - malattia che deve avergli attaccato James, indubbiamente - e non ragiona più, cominciando a dire tutto quello che gli passa per la testa e infischiandosene di chi gli sta intorno.

Così eccomi qui, a sopportare il peso dello sguardo sconvolto di Alice e della sua bocca spalancata dallo stupore e dallo sdegno, mentre mi passo una mano sulla fronte e sospiro davanti al danno ormai concluso.

«Doveva essere una sorpresa, tesoro. L'avevo chiesta a Lily per...il nostro secondo anniversario, sai. Volevo portarti lì.» confesso con un sospiro, mentre Sirius si lascia andare alla sonora esclamazione di chi sa di aver rovinato tutto e gli occhi di Alice si addolciscono istantaneamente.

«Oh Frank, non avevo idea che volessi organizzare tutto questo e...Godric, quanto mi dispiace!» comincia a dire a raffica, tornando ad abbracciarmi e facendomi sorridere inevitabilmente. «E Lily era persino una tua complice! Merlino, è dal quinto anno che si rifiuta di dirmi come accedere a quel Bagno e...»

«A proposito di Lily,» inizia Remus, schiarendosi la voce per cancellare quell'imbarazzo che solo le nostre pubbliche effusioni sembrano provocargli. «sapete che fine ha fatto?»

«L'ho lasciata ad Aritmanzia e da lì credo sia andata da Lumacorno.» replica Alice con una scrollata di spalle. «Sapete, vuole aiutarlo con la pozione per James.»

«Ebbene sì, la nostra Lily è nell'aula di Pozioni.» So che non dovrei stupirmi del ghigno tremendamente furbo sfoderato da Sirius, considerando che sulle sue gambe c'è adesso un foglio di pergamena su cui sono appena apparse scritte e disegni che non riesco a capire da questa distanza, ma non è come se potessi autocontrollarmi: quando lui ha questa espressione sfacciatamente ammiccante, non andare nel panico è praticamente impossibile. «Però non è con Lumacorno.»

«E con chi è?»

Non faccio nemmeno in tempo a ridere di fronte al coretto che noi quattro ascoltatori abbiamo improvvisato, perché le successive parole di Sirius hanno il potere di stupirmi, spaventarmi e darmi sollievo tutte in una volta.

«È con James.»

***

Lily.

«Abbassa quel fuoco, la fiamma non deve essere così alta.»

Lancio appena uno sguardo a James per assicurarmi che stia facendo come gli ho detto, per poi voltarmi verso uno dei tanti banchi della stanza su cui ho sparso i vari barattoli e cominciare a preparare l'ingrediente base che sarà necessario per la pozione.
Non è la prima volta che entro in quest'aula dei Sotterranei per lavorare su un compito da consegnare, perché Lumacorno sa bene quanto io ci tenga a preparare ogni mia pozione al meglio e a monitorarla affinché non ci siano errori.

È una cosa che ho cominciato a fare con Severus più o meno a metà del primo anno, quando il nostro amore per questa materia era così forte da indurci a trascorrere pomeriggi interi tra zampe di rana e fumi più o meno nocivi. Dopo aver fatto esplodere la porta di un'aula studio per aver usato un calderone di rame anziché di ottone, comunque, Lumacorno ha proposto a entrambi di spostarci nella vera aula di Pozioni ogni volta che ci andava - a patto che non vi fossero lezioni in corso, naturalmente - per essere almeno sicuri di avere a disposizione il giusto materiale e di non danneggiare altri luoghi in giro per Hogwarts.

E forse la mia amicizia con Severus è davvero sfumata nel nulla, dissolvendosi per sempre, ma questa minuscola tradizione ha comunque resistito al trascorrere inesorabile del tempo ed è rimasta qui, aggrappandosi con le unghie e con i denti alla mia vita. Persino contro la mia volontà.

«Non capisco perché dobbiamo venire qui anche all'ora di cena.»

«Non è ora di cena.» lo correggo con aria stizzita, lanciandogli un ennesimo sguardo di fuoco al di sopra del calderone e venendo ripagata con la stessa moneta. «Non ancora, perlomeno.»

«Fa lo stesso. Stiamo parlando di una stupida pozione, Evans, che ti importa se sbiadisce un po' da un giorno all'altro?» chiede con disappunto, scuotendo la testa e sedendosi con un salto su uno dei banchi alle mie spalle.

«Mi importa eccome, se permetti.» Finisco di tagliare l'ingrediente base e lo sposto nel mortaio, per poi appoggiare i palmi delle mani sul tavolo davanti a me e convincermi a guardare James dritto in faccia. «E dovrebbe importare anche a te, considerando che questa stupida pozione è di entrambi.»

«Va bene, ma c'è una sostanziale differenza tra il voler preparare un intruglio decente e il venire qui a controllarlo almeno due volte a settimana, oltre alle normali lezioni in cui ci lavoriamo su.» ribatte ancora una volta, fissandomi con la fronte aggrottata e facendomi credere, per un solo frangente, che il mio James sia di nuovo qui di fronte a me.

Mi riscuoto in tempo e inarco un sopracciglio, inclinando la testa e guardandolo con le braccia incrociate al petto.

«Mi pareva di aver capito che tu volessi monitorare la pozione con me per, testuali parole, evitare che mi prendessi tutti i meriti.» Apre la bocca per replicare di conseguenza, ma io sono più svelta e lo precedo sul tempo. «In ogni caso, Potter, quella è la porta.»

Lo vedo chiaramente irrigidirsi e mantenere quella sua aria piuttosto sconcertata, che in una situazione normale mi farebbe venire voglia di mandare tutto al diavolo e correre a baciarlo come se nient'altro importasse. Ma deglutisco e mi impongo la calma, perché averlo qui accanto a me continua a farmi un effetto devastante, ma l'autocontrollo è il mio forte e io so bene come devo comportarmi.

Mentirei se dicessi che ultimamente non ho trascorso ore intere nel Reparto Proibito della Biblioteca, un po' per capirci qualcosa in più sulla fattura che gli hanno scagliato e un po' per cercare qualche modo per velocizzare la preparazione della pozione che lo farà tornare come prima. Lumacorno dice che stiamo andando alla grande, che adesso che la procedura è già avviata la tempistica dovrebbe essere di quattro settimane e che, di conseguenza, la mia unica preoccupazione dovrebbe essere quella di stringere i denti e sopportare questi giorni senza di lui.

Ed io ho fatto sul serio tutte le ricerche del caso, perché è ciò che faccio sempre quando sento di non avere il controllo della situazione. Non forzarlo, queste sono le due parole che ricorrono più spesso nei libri che trattano di persone a cui sono stati modificati i ricordi. Non forzarlo e lasciare che il tempo faccia la sua parte, che la memoria torni lentamente e che lui stesso si renda conto, poco alla volta, di essere legato a tutti noi con un filo indissolubile.

Lo vedo bene che James è scosso, in questi giorni. Lo vedo e non riesco a capire se sia una cosa positiva o meno, se questo suo continuare a cercare il mio sguardo sia dettato dall'odio intenso che crede di provare per me o dalla presa di coscienza che, in fondo, sente qualcosa di più forte nei miei confronti, a cui non riesce ancora a dare un nome.

Ed è vero che su tutti quei volumi impolverati c'era scritto di non forzarlo, di lasciare che capisse da solo che il suo vero posto è qui al mio fianco, di non imporgli troppo a lungo la mia presenza. Ma finché il destino beffardo farà in modo che lui si ritrovi accanto a me più spesso del previsto e finché quei suoi occhi nocciola continueranno a cercare i miei ovunque vada, le mie resistenze crolleranno e io mi concederò quantomeno il lusso di fingere che tra noi non sia cambiato ancora nulla.

Lo guardo con un sorriso consapevole sulle labbra, mentre lui conserva quell'espressione stizzita e scende dal banco su cui era seduto. Si avvicina a me e sfila il mortaio dalle mie mani, cominciando a pestare l'ingrediente base senza aggiungere una parola e lasciandomi lì, a fissarlo con questo mezzo ghigno e con la testa piegata da un lato.

«Sapevo bene che provocarti sarebbe stata la giusta soluzione.» dico a mezza voce, posizionandomi di fronte a lui e sfogliando il manuale di Pozioni alla ricerca del prossimo passaggio del procedimento.

«Ho l'impressione che tu mi conosca fin troppo bene, Evans.»

Sollevo lo sguardo dal libro e lo poso su di lui, vedendolo fare lo stesso appena un secondo dopo. Rimaniamo a fissarci per qualche tempo senza aggiungere altro, finché non deglutisco e mi sforzo di non permettere ai suoi occhi di congelarmi sul posto.

«Magari non è solo un'impressione.»

Le labbra di James si incrinano alle mie parole, dando vita a quel mezzo sorriso nostalgico che stona così tanto rispetto al suo ghigno malizioso e impertinente di un tempo.

«Magari no.» sussurra quasi tra sé e sé, mentre quel groppo che ho in gola torna a farsi più pesante ed io devo lottare con tutta me stessa per frenare quell'impulso che mi imporrebbe di passargli una mano sul volto e dirgli che andrà tutto bene.

Perché poi, se andrà davvero tutto bene, nemmeno io lo so con certezza.

«Di sicuro so che sei competitivo e che il premio di Lumacorno lo vuoi vincere anche tu.»

«Essere invitato ad ogni sua dannatissima festa, che gentile concessione.» commenta ironicamente, tornando a sedersi sul banco.

«Ha detto che quello non è l'unico premio in palio, Potter.» gli faccio notare, senza staccare lo sguardo dal calderone. «E qualunque cosa ci sia in aggiunta, sarà nostra.»

«Sei molto ambiziosa, Lily Evans.»

«Qualcuno deve pur avermi insegnato ad esserlo.»

Spengo il fuoco con un gesto secco e analizzo il colore perlaceo della pozione, confrontandolo con l'immagine del libro e constatando come, ancora una volta, siano pressoché identici. Poi alzo gli occhi da lì e li poso in automatico su James, trovando le sue pupille già fisse su di me e quel mezzo sorriso totalmente svanito dalle sue labbra, sostituito da un'espressione estremamente smarrita.

E vorrei davvero stargli lontano e tutto il resto, ma ogni cosa adesso sembra per davvero remare contro di me. Ed io non so quanto a lungo riuscirò ancora a controllarmi.

***

James.

Era una regola che mi ero autoimposto, quella di evitarla insieme a tutti gli altri. La sera della punizione con Black ho avuto la prova definitiva del potere che hanno su di me, di questa capacità di destabilizzarmi e, inconsapevolmente o meno, di farmi soffrire con la storia dei ricordi. Fare il possibile per stare lontano da loro mi sembrava allora l'unica soluzione plausibile, la sola via di fuga per far cessare questo dolore che mi perseguita quando mi stanno troppo vicino.

Ancora una volta, credevo fosse facile.
Ancora una volta, mi sbagliavo.

Con Black e i suoi amici mi viene più facile far uscire il mio lato peggiore e lasciarmi andare alle mie solite sfuriate - che tuttavia, inspiegabilmente, loro hanno sempre il potere di placare - ma sapevo benissimo che con Lily Evans sarebbe stata tutta un'altra storia. Perché più mi allontano da lei, più cerco di tenerla distante ed evitare di guardarla, di cercarla, di sfiorarla, più quell'elestico invisibile che ci unisce si tende ed ecco che, quando meno ce lo aspettiamo, ci riporta ad essere più vicini del previsto.

Come adesso, adesso che Evans ha appena fatto il giro dei banchi ed è piombata qui di fronte a me con l'apprensione stampata nello sguardo. Resto fermo, seduto a pochi centimetri da lei, mentre questo groviglio inspiegabile che ho nello stomaco comincia poco alla volta a districarsi, come se bastasse la sua semplice presenza a rischiarare tutto quello che ho intorno.

Ma poi lei solleva una mano e la posa qui, sulla mia guancia, permettendomi di sentire quanto sia inspiegabilmente fredda e obbligandomi a chiudere di scatto le palpebre. Ed è assurdo, ma una sua carezza sembra per davvero farmi crollare più facilmente di quello schiaffo meritato che mi ha tirato davanti a tutti.

«Ti sto evitando.» confesso in un sussurro, senza avere il coraggio di aprire gli occhi. «Stavo cercando di farlo.»

«Lo so.»

Sento la sua voce così vicina e persino il suo respiro è ad una distanza millimetrica dalle mie labbra, l'ennesimo dettaglio capace di mandarmi il cervello in confusione peggio di quanto non faccia il semplice averla davanti a me. La sua mano resta ancora lì, immobile sulla mia pelle, ed è tutto talmente assurdo che credo non sia mai stato più naturale e giusto di così.

«Dovrei starti lontano.»

«So anche questo.» Non un'incrinatura, non una singola inflessione nel suo tono di voce così spaventosamente dolce da fare male. «Apri gli occhi, James.»

Ed è naturalmente quello che faccio.

----

21 febbraio 1977

«Devi smetterla di guardarmi in questo modo.»

Sollevo lo sguardo e lo trovo sempre lì, la testa mollemente appoggiata su una mano e le pupille ancora fisse nelle mie. Ha un sorriso consapevole sulle labbra ed è difficile, dannatamente difficile non concentrarsi sulla piega perfetta della sua bocca e mantenermi invece lucida come al solito. Perché sono Lily Evans, per Godric, e non basta un bel sorriso a mandarmi completamente in palla il cervello.

«Non posso?»

Se il sorriso in questione è di James Potter, però, la situazione cambia drasticamente.

«No, non puoi.» ribatto stizzita, cambiando per l'ennesima volta la disposizione di piume e calamai davanti a me e cercando di focalizzarmi sulla banalità di questi oggetti per impedire alle mie guance di andare in fiamme. «Mi hai chiesto di aiutarti con il saggio di Pozioni, Potter, ed è quello che sto cercando di fare. Ma tu sei così distratto che...»

«È colpa tua, sei tu a distrarmi.»

Alzo gli occhi al cielo - tutto, pur di non posarli su di lui - e comincio a chiedermi da quando, esattamente, un intero pomeriggio in Biblioteca trascorso in compagnia di James Potter si sia trasformato nella più grande delle tragedie.

«Finiscila Potter, queste battutine con me non funzionano all'incirca da quando avevo tredici anni

No, Merlino, non voglio essere fraintesa.
Qualunque cosa implicasse la presenza di Potter nella mia quotidianità ha sempre avuto un impatto piuttosto negativo e devastante nella mia vita, questo è doveroso ammetterlo. Insomma, trascorrere del tempo con un idiota megalomane e arrogante, che non fa altro che passarsi continuamente la mano tra i capelli, ghignare e sfoderare quel suo dannato Boccino è un'esperienza che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico, se non fosse che il mio peggior nemico in questione è proprio James Potter e, di conseguenza, sono piuttosto certa che un intenso pomeriggio in compagnia di se stesso sarebbe il regalo più prezioso che qualcuno possa mai fargli.

«Quindi mi stai dicendo che prima dei tredici anni le mie battutine funzionavano

Ma oggi - in verità da un po' di tempo a questa parte, per la precisione - trascorrere del tempo con lui sta diventando drammatico per un altro motivo: perché non lo trovo più snervante, non lo trovo così immaturo come gli anni scorsi, non lo trovo più fastidioso come un tempo e, Godric Grifondoro mi perdoni, è cambiato così tanto da riuscire a mettermi in imbarazzo anche solo guardandomi negli occhi.

«Non se pronunciate da te, Potter.»

Ed è esattamente per questo che cerco di non incrociare il suo sguardo per nulla al mondo.

«Colpito e affondato.» dice tra le risate, obbligandomi ad alzare appena la testa per vedere quella fila di denti bianchissimi fare la comparsa tra le sue labbra carnose, che devono essere così morbide e...

E io devo decisamente darmi una calmata.

«Forza Potter, torna a scrivere se non vuoi che ques-»

«Però non riesci a guardarmi negli occhi.» mi interrompe bruscamente, con una palpabile vena sarcastica nel tono di voce.

Di fronte alla sua così palese provocazione, sono pressoché costretta a posare la piuma con cui stavo scrivendo e a sollevare la testa con fierezza.

«Prego?»

Potter continua a sorridere divertito, passandosi una mano tra i capelli e sporgendosi per avvicinarsi a me.

«Dico che è vero, Evans. Forse le mie frasi d'effetto non fanno poi così tanto...effetto.» comincia a spiegare, inarcando un sopracciglio con quella sua espressione canzonatoria che conosco davvero a meraviglia. «Ma non riesci comunque a guardarmi negli occhi

«È quello che sto facendo.»

«No, adesso stai guardando qui.» ribatte divertito, sollevando un indice e posandolo esattamente tra le sue sopracciglia. «Io parlo degli occhi, Evans. Mi sono accorto che ultimamente non riesci a guardarmi proprio lì.»

Ed è una mossa fatale, lo so perfettamente, ma c'è il fattore dell'orgoglio Grifondoro che pulsa nel mio petto e che, neanche a dirlo, mi obbliga a provargli che si sbaglia di grosso e a spostare gli occhi proprio lì, dritti nei suoi.

Ha queste iridi nocciola così buone da indurmi a chiedermi come io abbia potuto leggervi solo scherno e derisione in tutti questi anni, quando è chiaro che ci sono così tante emozioni celate dietro di esse da far quasi paura. E poi si aggiunge il suo ghigno che scompare così come è arrivato, sostituito improvvisamente da una lievissima curva delle labbra che, ancora una volta, ha in sé un'estrema dolcezza che mai prima d'ora credo di aver scorto in lui.

Forse lo sapeva, forse la sua è stata tutta una strategia: non è vero che poco alla volta sta cambiando e sta crescendoPotter mi ha soltanto indotta a guardarlo negli occhi per farmi ammettere apertamente che lui stesso sta diventando, contro il mio volere, la mia vera debolezza.
Il punto è che crederlo capace di una simile meschinitàquando dal suo volto traspare quella delicatezza di chi mi sta tendendo una mano e aspetta solo che io l'afferri, mi sembra una mossa azzardata e completamente errata da parte mia. Ed io, questa volta, di sbagliarmi non ne ho la benché minima voglia.

----

Severus.

Lo vedo entrare in Sala Comune così, con quello sguardo smarrito e malinconico che si porta sempre dietro da una settimana a questa parte. Fa vagare gli occhi su tutta la stanza finché finalmente non ci trova qui, sui divani più vicini al camino, mentre eravamo intenti a parlare dell'argomento più succulento degli ultimi tempi: lui.

«James, pensavamo di averti perso.» lo accoglie Nick, facendogli posto sul divano accanto a lui.

Potter ha saltato la cena e nessuno qui, tra noi, aveva la minima idea di dove potesse essere. Nessuno tranne me, naturalmente, perché il destino ha voluto che passassi davanti all'aula di Pozioni proprio mentre lui e Lily stavano procedendo con la loro preparazione.

«Ho avuto un contrattempo.»

Sono rimasto lì nascosto nell'ombra per qualche minuto, a guardarli lavorare e scambiarsi le loro solite battute pungenti. Non hanno affatto la stessa intesa che avevamo io e lei quando preparavamo insieme i nostri intrugli, di questo ne sono certo: noi pesavamo gli ingredienti, li tagliavamo, mescolavamo il contenuto del calderone e sfogliavamo le pagine dei volumi impolverati con una complicità rarissima per dei ragazzini che giocano a sperimentare nuove pozioni, muovendoci come se fossimo l'uno il prolungamento dell'altra e come se fossimo capaci di intuire e prevedere alla perfezione le nostre reciproche mosse.

No, Potter e lei non avevano tutta questa intesa, ma tra loro c'era un altro tipo di chimica, totalmente nuova e diversa dalla nostra. Si completavano a suon di frasi sagaci e sguardi intensi, sapevano perfezionarsi semplicemente sfiorandosi più o meno volontariamente ed era quasi spaventoso il modo in cui sapevano colmare tutto il vuoto intorno a loro soltanto restando lì, a pochi centimetri l'uno dall'altra.

È doloroso ammetterlo, ma questo prototipo di complicità - meno concreto e decisamente più emotivo del nostro - è forse qualcosa di ancora più intenso e profondo del legame che univa i bambini curiosi e affamati di conoscenza che, un tempo, siamo stati io e lei.

«Un contrattempo dai capelli rossi e dal sangue non esattamente puro, non è così?»

La mia voce si alza sopra il lieve chiacchiericcio che riempiva questa porzione di stanza, catalizzando gli sguardi dei miei amici su di me. Simon alza gli occhi al cielo ed Evan borbotta qualche imprecazione tra i denti, mentre Damian sfodera la sua solita espressione confusa e Nick raddrizza la schiena, facendosi nettamente più curioso.

Regulus, ancora una volta, resta immobile.

«Piton, ti prego, non è il caso.»

«Che intendi dire?» domanda contemporaneamente Nick, spostando velocemente lo sguardo da me a Potter.

«Fattelo spiegare da lui.» replico beffardamente, sollevando l'angolo destro della bocca nella mia espressione più provocatoria. «È Potter quello che passa il tempo con la gente che dice di disprezzare, non di certo io.»

«Ero con Evans a lavorare sulla pozione per Lumacorno, va bene?» risponde lui, evidentemente stizzito e con una rabbia repressa che non mi sfugge. Guai in Paradiso, probabilmente. «E mi sembra assurdo dover dare spiegazioni a te, Piton. Si direbbe quasi che sei geloso, sai?»

Stringo i pugni e mi mordo l'interno guancia, perché la voglia di spaccargli la faccia si fa ogni giorno più intensa e non so quanto ancora potrò resistere ad averlo sempre tra i piedi. Ma poi, è di nuovo Nick a interrompere ogni mio remoto tentativo di ribattere a tono.

«Severus ha ragione, non dovresti passare così tanto tempo con quelli come lei.»

«Credi davvero che io lo voglia?» chiede Potter retoricamente, ma persino un estraneo si accorgerebbe quanto la sua risata risulti forzata, artefatta. «È Lumacorno che ha detto di mantenere le coppie dell'altra volta, non è stata una mia decisione.»

«Spero che tu non ti sia lasciato toccare da quella Sanguemarcio.» aggiunge Evan, sfoderando un'espressione estremamente disgustata. «Evans sa il fatto suo, certo, ma quello che scorre nelle sue vene ha una portata decisamente maggiore di un bel visino e un paio di occhi da cerbiatta.»

«Come se tu le guardassi gli occhi, ma per favore.» commenta freddamente Simon, scatenando alcune risate sguaiate.

Le mie pupille si posano di nuovo su Potter e lo vedo chiaramente irrigidirsi, stringere le mani a pugno e distogliere rapidamente lo sguardo dalla scena, per poi posarlo sul tappeto ai nostri piedi.

«Lungi da me tirare fuori questo discorso, ma devo ammettere che le Sanguesporco in questa scuola sono decisamente un gradino sopra le altre.» asserisce Nick con convinzione, ghignando compiaciuto. «Evans, MacDonald, le gemelle Blossom...hanno tutte dei corpicini niente male.»

«Dateci un taglio.» prova a intromettersi Regulus con uno sbuffo, prontamente ignorato da tutti gli altri.

«Damian sa qualcosa di Mary MacDonald, non è vero?» domanda Evan, mentre l'interpellato annuisce e ride con estrema soddisfazione. «Quando l'anno scorso l'hai terrorizzata e l'hai obbligata anche a togliersi la maglietta, hai detto tu stesso che...»

«Evans ed io non ci siamo toccati.» Potter parla e tutti, istantaneamente, si zittiscono e smettono di sghignazzare. Ha il volto trasfigurato dalla classica smorfia di chi sta provando una nausea oltre ogni confine nell'ascoltare questi discorsi - la stessa nausea che, inevitabilmente, provo anche io - mentre le sue mani sono ancora serrate a pugno e il suo petto si alza e si abbassa frenetico, seguendo il ritmo del suo respiro. «Evans ed io non ci siamo toccati, questo è quanto. Ma vi prego, basta con questi discorsi.»

«Hey James, non è che le Sanguesporco cominciano a farti tenerezza?» insinua Evan con un ennesimo ghigno beffardo.

«Sono semplicemente i vostri discorsi a non piacermi, ecco tutto.»

«Sono i normali discorsi di chi disprezza la gente come loro.» precisa Nick, guardandolo negli occhi e sporgendosi verso di lui. «Se sei dei nostri, è una cosa che devi accettare.»

Vorrei poterlo contraddire, ma in cuor mio so che non è possibile. C'è chi è come lui, Evan e Damian, che non si fanno troppi problemi a torturare fisicamente e psicologicamente i Nati Babbani, programmando a cuor leggero qualunque agguato o aggressione ai loro danni. Poi c'è chi è come me, Regulus o Simon, di natura più mite o forse semplicemente consapevoli di ritrovarci in un posto in cui le regole non siamo noi a dettarle, e che dunque con il nostro silenzio assecondiamo i comportamenti e i discorsi crudeli dei nostri amici.

«Sono dei vostri e questo lo sapete bene.» risponde Potter con convinzione, sostenendo il suo sguardo. «Ma vi chiedo solo di darci un taglio. Solo questo.»

«Tu prometti di cominciare a evitare con un po' più d'impegno quel gruppetto di Grifondoro che ti ronza sempre intorno.» propone Nick a sua volta, con un'impazienza che non mi sfugge.

«O perlomeno di trattarli come meritano, James.» precisa Evan con un sorriso estremamente sadico. «Sono la feccia di Hogwarts. Tutti quanti.»

«Già Potter, promettilo.» soggiungo a mia volta, le labbra sempre aperte in un ghigno amaro e questa furia cieca che continua a pulsare e a montarmi nel petto. «Naturalmente il concetto vale per tutti: traditori del loro sangue, sfigati, mostri...persino Nate Babbane.»

Lo vedo serrare i pugni e mordersi il labbro inferiore, mentre il suo sguardo torna a posarsi nel mio, sempre carico del più puro disprezzo. Adesso non ha davvero scelta, James Potter: niente compromessi, niente scorciatoie, niente di niente. Se vuole farsi accettare, se vuole provare di poter essere un Serpeverde fino al midollo, se vuole dare un senso alla confusione che alberga nel suo cervello e far pendere l'ago della bilancia dalla parte degli antieroi, non gli resta che promettere davanti a tutti.

Certo, il prezzo da pagare potrebbe essere, per lui, incredibilmente salato: costretto a stare lontano dai suoi fidati compari, a disprezzarli e umiliarli pubblicamente. Costretto persino a mantenere le distanze da Lily Evans, quella ragazza che più fra tutti lo sta portando a chiedersi se sia impazzito, se provare qualcosa per una Sanguesporco sia qualcosa di concesso e legittimato qui, tra noi.

No, James Potter. Non lo è.

«Sì.» concede infine con lo sguardo altrove, fisso sulla parete alle mie spalle, e con il volto disteso nell'espressione più neutra che io gli abbia mai visto indossare in tutti questi anni. «Lo prometto.»

 

   
 
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