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Autore: Demy77    25/06/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Londra, Ottobre 1786
Elizabeth picchiettò nervosamente con il piede sul pavimento. Era in attesa dalla modista da quasi un’ora e nessuno era ancora venuto a servirla. Si trattava di una boutique esclusiva, gestita da una sarta di origine francese, Madame Foret; la moglie di Ross aveva assoluta urgenza di abiti più pesanti dal momento che la permanenza a Londra si stava prolungando oltre il previsto e i vestiti che aveva portato con sé, e pure quelli di Valentine, non erano adatti per il clima londinese che cominciava a farsi più rigido.
Si trovavano nella Capitale da quattro mesi e le cure per Valentine, che stavano dando ottimi risultati, dovevano proseguire per almeno un altro mese ancora. Il piccolo, a poco più di un anno e mezzo di età, aveva ormai imparato a camminare bene da solo e vi era solo da rafforzare la muscolatura delle gambe, dal momento che si stancava facilmente quando il tragitto diventava più lungo del solito.
Complessivamente poteva dirsi soddisfatta del risultato di quella trasferta a Londra, anche se i rapporti con Ross continuavano ad essere piuttosto burrascosi: il marito aveva avuto addirittura l’ardire di proporle una separazione di fatto, ma era una cosa inconcepibile! Che aveva detto il prete sull’altare? “Ora siete marito e moglie, finché morte non vi separi!”. Una separazione sarebbe stata un vero scandalo, estremamente pregiudizievole per la sua immagine agli occhi del mondo. Elizabeth aveva dovuto ammettere con Ross che la loro vita coniugale non era idilliaca, ma aveva attribuito a lui tutta la colpa, perché era sempre stato preso da tutto tranne che da sua moglie: la miniera, i suoi parenti, i problemi economici degli amici, la povertà della gente della Cornovaglia, quell’insulsa servetta. A proposito di Demelza, tramite Ruth (che le aveva fatto giungere di nascosto una missiva di Warleggan) Elizabeth era venuta a sapere che non si trovava più a Killewarren da vari mesi: era sparita per ignota destinazione dopo la prima visita di Tom Carne, ma in fondo ciò poteva dirsi un bene. Anche se Ross continuava ad ignorarla ed a umiliarla, rifiutando addirittura ogni intimità, aveva almeno la soddisfazione di saperlo separato per sempre da quella donnaccia.
Finalmente la sarta fece capolino nella bottega, profondendosi in scuse per l’attesa. “Tra due giorni c’è un evento molto importante, il matrimonio del tenente Armitage… abbiamo dovuto consegnare l’abito alla sposa ed agli invitati… torno or ora da casa di miss Penvenen, una delle mie migliori clienti”.
All’udire il nome della benefattrice di Ross Elizabeth aguzzò le orecchie. Disse che non conosceva questo tenente Armitage, ma che Caroline era una cara amica di famiglia: quando avrebbe avuto luogo dunque questa cerimonia? Madame Foret iniziò a prenderle le misure ed intanto raccontava: “Tra due giorni, alle 10, alla chiesa di St. Andrew. Miss Penvenen sarà tra gli invitati. Il tenente Armitage è uno dei suoi più cari amici, uno dei nobili più in vista della nostra città. Suo zio è lord Boscawen, membro del Parlamento, e suo padre era un colonnello dell’esercito. È un giovane talmente a modo, educato, galante, e- cosa che non guasta! – ha anche un aspetto molto gradevole!”
“E la sposa?” – domandò Elizabeth.
“Anche la sposa è molto graziosa, una fanciulla delicata, ben fatta, nonostante abbia partorito da poco – spiegò la sarta – è una vedova di origine irlandese, nessuno di noi la conosceva prima d’ora. Povera ragazza, pare che il suo primo marito sia morto mentre era in attesa del loro bambino! Il tenente Armitage l’ha conosciuta da poco, è stato amore a prima vista e hanno deciso subito di sposarsi! Invece lo zio, il lord deputato, è su tutte le furie perché la ragazza non appartiene ad una famiglia rinomata; in verità Hugh Armitage ha mantenuto il più stretto riserbo sulle origini della sua futura sposa, e lei stessa, quando le ho provato l’abito, ha parlato pochissimo… tra l’altro non mi è sembrato che avesse un accento irlandese, ma più simile a quello delle vostre zone…”
Quanto la sarta aveva appena riferito era più che sufficiente per far sorgere nella moglie di Ross un atroce sospetto, ma poi pensò che non tutto il male veniva per nuocere: avrebbe cercato di sfruttare la situazione ancora una volta a suo vantaggio.
***
Demelza sfiorò il tessuto dell’abito da sposa color avorio che giaceva sul letto. Aveva scelto un abito molto semplice, impreziosito solo da qualche ricamo nel corpetto: non voleva rinnegare se stessa solo perché stava per sposare un uomo importante. Nonostante Hugh l’avesse tranquillizzata sul fatto che nessuno dei suoi parenti avrebbe osato ostacolare le loro nozze e la stessa Caroline le avesse più volte ripetuto le stesse parole, Demelza era ancora molto agitata. Era più che probabile che fosse considerata una arrivista, prima dallo zio di Hugh e poi da tutti gli altri, e sarebbe stato ancora peggio quando non avrebbe più avuto Hugh a sostenerla….
Hugh era stato molto premuroso con lei dopo l’irruzione di suo padre a Killewarren, aveva ascoltato tutta la sua storia con attenzione e dopo aver riflettuto, con l’obiettività tipica di un terzo finora estraneo alle vicende, aveva dichiarato che per Demelza e sua figlia la cosa più opportuna era allontanarsi da Killewarren e rifarsi una vita altrove. Tom Carne era un uomo niente affatto ragionevole ed era probabile che anche Elizabeth Poldark – che la temeva a tal punto da averla ricattata  - non sarebbe rimasta inerte ed avrebbe continuato a tormentarla.  Lui e Caroline avevano quindi proposto che Demelza si trasferisse a Londra a casa di Hugh, in attesa di trovare un’occupazione e magari una sistemazione autonoma per sé e Julia. Demelza era ancora spaventata per il colloquio avuto con suo padre; lasciare la Cornovaglia non la entusiasmava, ma il timore che quell’uomo tornasse era più forte di tutto e si era detta quindi d’accordo a seguire Hugh a Londra. Si era deciso di attendere che Hugh fosse visitato da Dwight e poi sarebbero partiti insieme alla volta della capitale.
Qualche giorno dopo, però, tutto era cambiato…
Demelza aveva ancora vivida davanti agli occhi, come accaduta il giorno prima, la conversazione avuta con Hugh, quando lui le aveva proposto di sposarla.
Stranamente un pomeriggio  il giovane aveva chiesto che la raggiungesse nella sua camera. Lo aveva trovato in poltrona, accanto alla finestra, con un raggio di sole che gli illuminava i capelli ed un libro chiuso sulle ginocchia.
“Siediti – le aveva detto- leggeresti per me?”
Demelza si era stupita a quella richiesta. Aveva preso il libro, un’opera del poeta Milton, ed aveva iniziato a leggere. Terminata la prima poesia, Hugh a bruciapelo le aveva detto: “A breve non sarò più in grado di leggere da solo. Il dottor Enys ha detto che presto diventerò cieco”.
“E’ terribile! Che cosa posso fare per voi?”
“Tu non puoi fare niente per me, ma sono io che posso fare qualcosa per te. Demelza, vuoi sposarmi?” – le aveva chiesto prendendole la mano.
“Che cosa dite? Io…vi conosco appena, come potremmo… cosa penserebbero di noi…”
“Demelza, non soltanto sto per diventare cieco, ma mi rimane non più di un anno da vivere. Ho una malattia incurabile, il dottor Enys è stato molto chiaro in proposito. Non potrò più lavorare, non potrò viaggiare, non posso aspirare ad una vita serena con una sposa devota ed innamorata. Mi piacerebbe  soltanto avere qualcuno che si prenda cura di me e renda meno triste il mio viaggio su questa Terra per i mesi che mi restano. Perché non tu? Tu e tua figlia avete bisogno di un riparo sicuro, io ho bisogno di una compagnia amorevole che mi aiuti a combattere la solitudine e lo sconforto. Si tratta di bisogni che coincidono. Inoltre… comprendi bene che una volta morto i miei beni andrebbero in eredità a dei lontani cugini che non ho mai frequentato, a stento sanno della mia esistenza e non hanno certo bisogno di diventare più ricchi di quanto già non siano; al contrario, quel denaro potrebbe essere utile a te e tua figlia  per garantirvi un tenore di vita dignitoso”.
“Ma ionon voglio il vostro denaro, quello che serve a mia figlia voglio guadagnarlo onestamente, non così… e poi io non vi amo…” - aveva confessato candidamente Demelza.
“Forse non mi sono spiegato bene. Nemmeno io ti amo, sebbene ritengo che non avrei difficoltà con il tempo ad innamorarmi di te. Sei dolce, premurosa, attenta e sono sicura che mi assisteresti come la più amorevole delle spose … non escludo che anche tu potresti innamorarti di me, conoscendomi meglio… in ogni caso io non pretendo che tu sia per me una moglie a tutti gli effetti… Dopo tutto quello che hai passato, non ti forzerei mai a fare qualcosa contro la tua volontà. Se tu non vuoi, non condivideremo la stessa camera. Saremo marito e moglie agli occhi del mondo, una volta morto sarai la mia erede universale, e questo mi basta. Non stai rubando nulla, perché sono io ad offrirtelo, e lo faccio con piacere, perché sei una persona buona ed onesta. Se accetti, tutto quello che verrà dopo tra di noi sarà un di più… promettimi che ci penserai”.
Demelza aveva pensato per giorni e giorni a quella proposta, si era tormentata, divisa tra il pensiero di offendere o dare un dispiacere a quella persona così generosa e sfortunata e quello di agire contro la sua coscienza ed il suo più profondo sentire. Aveva pensato anche a Ross, a cosa avrebbe pensato di lei… ma lui era lontano, aveva la sua vita e la sua famiglia e non avrebbe mai potuto darle l’opportunità che aveva ora con Hugh. Aveva chiesto a Hugh del tempo per pensarci prima di dargli una risposta, ed erano trascorsi un paio di mesi, durante i quali era stata ospite in casa sua a Londra. Agli inizi di settembre, convinta anche da Caroline, Demelza aveva infine accettato la proposta di matrimonio. L’unica condizione per far sì che le nozze fossero accettate dal severo zio di Hugh era far credere a tutti che Demelza fosse una giovane vedova amica di Caroline proveniente dall’Irlanda, onde evitare troppo indiscrete domande sul suo passato.
Demelza si avvicinava dunque a quelle nozze con sentimenti contrastanti: profonda gratitudine per un uomo retto che aveva imparato a stimare ed apprezzare giorno dopo giorno, rimpianto per aver accettato una soluzione di compromesso che solo apparentemente sembrava accontentare tutti. Hugh forse non sarebbe morto da solo, ma non avrebbe mai goduto dell’amore di una donna e del calore di una famiglia sua. L’amore che lei provava per Ross era troppo forte per pensare che potesse essere soppiantato dall’affetto di natura fraterna che sentiva per il giovane amico di Caroline. Provava vergogna a pensare che un giorno i beni della famiglia Armitage sarebbero giunti in mano sua, la figlia di un minatore di Illugan, madre di una figlia illegittima. Nulla era giusto di ciò che stava accadendo, eppure Demelza sentiva di non avere la forza di contrastare la volontà dello sfortunato tenente. Se quello era il suo destino, avrebbe cercato con ogni mezzo in suo potere di rendere la vita di Hugh, per i mesi che gli restavano, piena di gioia e pace, in modo da sentirsi meno immeritevole dei benefici derivanti da quell’unione. Hugh dal canto suo era sempre il solito: gentile, paziente, comprensivo. Era proprio vero che, se le circostanze fossero state diverse, Demelza non avrebbe fatto fatica a provare per lui un sentimento più forte dell’amicizia, ma per il momento il suo cuore apparteneva totalmente ad un altro.  
***
Il giorno previsto per le nozze, un sabato, era una giornata tiepida e soleggiata. Elizabeth aveva fatto colazione e poi aveva insistito con Ross per accompagnare lei e Valentine a fare una passeggiata lungo il Tamigi. Ross aveva obiettato che forse Valentine si sarebbe stancato troppo a camminare a piedi lungo il fiume, allora Elizabeth aveva proposto di prendere a nolo una carrozza e di recarsi in collina, in una zona molto graziosa di cui le aveva parlato la sarta qualche giorno prima. Ross aveva acconsentito e così, intorno alle 11 del mattino, la famiglia Poldark giunse nei pressi della chiesa di St. Andrew.
Quando scesero dalla carrozza, le campane risuonavano a festa ed un nutrito gruppo di persone ben vestite attendevano festanti sul sagrato della chiesa una coppia di novelli sposi.
“Oh, guarda, un matrimonio! Ripensandoci, la sarta mi aveva detto che oggi si sposa il tenente Armitage, un ragazzo molto affascinante e di ottima famiglia!” – disse Elizabeth, senza aggiungere altro.
Ross aveva risposto con uno sguardo di sufficienza. Gli eventi mondani non gli erano mai interessati più di tanto, meno che mai quelli di Londra che riguardavano persone che neppure conosceva.
Elizabeth tuttavia lo aveva preso sotto braccio e lo aveva trascinato tra la folla, con Valentine per la manina. Sebbene seccato, Ross rivolse lo sguardo verso la sommità delle scale antistanti l’edificio religioso, dal quale uscirono sorridenti un giovane tenente della Marina nella sua sfavillante uniforme d’ordinanza ed una radiosa sposa dai capelli rossi, raccolti dietro la nuca, in cui Ross non faticò a riconoscere Demelza.
Mentre, accolti dal fragoroso applauso degli invitati, gli sposi si scambiavano un tenero e pudico bacio, Ross incredulo fissava la scena a bocca aperta, mentre Elizabeth, gongolante come non mai, sputava fuori la sua acida sentenza.
“Possibile? E’ quell’intrigante di Demelza Carne! Lo avevo detto io, che era solo un’arrampicatrice sociale che puntava a conquistare un uomo dal nobile lignaggio! Prima ci ha provato con tuo cugino Francis, poi ha fatto la gatta morta con te – non provare a negarlo, Ross! – ed ora finalmente è riuscita nel suo scopo… spero che adesso tu abbia aperto gli occhi, marito mio, rendendoti conto di che persona è quella donna! Per fortuna ha preso una strada che le impedirà di incrociare ulteriormente la nostra e di nuocerci….e questo è l’importante!”
Nonostante tutto, Ross non riusciva a distogliere lo sguardo da Demelza. Gli sembrava incredibile vederla sorridente per mano ad un altro uomo. Benchè la scena gli provocasse un indubbio dolore sentiva quasi il bisogno di crogiolarsi in esso, quasi fosse un modo per trattenere ed imprimere in sé il ricordo di lei, prima di farlo svanire per sempre.
“Andiamo a porgere i nostri auguri agli sposi, Elizabeth” – propose allora Ross, suscitando sorpresa nella donna. Preoccupata che suo marito potesse fare una scenata, Elizabeth suggerì che forse non era il caso di dare questa soddisfazione a quella sguattera, ma Ross si sfilò dal suo braccio ed in pochi passi fu in vista della coppia.
Con un braccio, mentre camminava, urtò Caroline Penvenen, che lo riconobbe e lo chiamò per nome, senza riuscire a trattenerlo; ella lo seguì immediatamente subodorando un pericolo, ma intanto Ross era già di fronte a Demelza e la fissava con occhi ardenti.
Demelza sostenne il suo sguardo solo per un istante; poi lo abbassò, travolta dall’emozione, mentre Ross, con estremo autocontrollo, le prendeva la mano e vi deponeva un galante e lieve bacio.
“Permettetemi di congratularmi, signora Armitage, e di augurare a voi e vostro marito una vita insieme lunga e felice”.
Demelza, molto imbarazzata, presentò a suo marito il capitano Ross Poldark di Nampara.
Hugh, che aveva una vaga conoscenza dell’infatuazione per Ross della donna che aveva appena sposato, con altrettanto autocontrollo ringraziò l’uomo del gentile omaggio, ma con fermezza aggiunse: “Ora, se volete scusarci, io e mia moglie dobbiamo prenderci cura dei nostri ospiti. Se volete unirvi ai festeggiamenti, vi attendiamo a palazzo Armitage, Kensington Street, al numero 15”.
Con formale cortesia Ross declinò l’invito, adducendo il pretesto di un improrogabile impegno familiare. Guardò Demelza e Hugh andare via, non prima che miss Penvenen gli rivolgesse un’occhiata di rimprovero, che egli ignorò, prima di ricongiungersi a sua moglie e Valentine, senza ulteriormente commentare l’accaduto.
Kensington Street numero 15… non ci sarebbe andato certo quel giorno, ma quell’indirizzo gli si era stampato a fuoco nella mente e sarebbe stato difficile dimenticarlo.

 
  
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