Anime & Manga > BeyBlade
Segui la storia  |       
Autore: Chocolate_senpai    30/06/2021    1 recensioni
A dieci anni di distanza dall'ultimo, famoso campionato, la ruota della storia gira di nuovo, di nuovo il perno di tutto è qualcosa che il Monaco stava tramando.
Volenti o meno, Kai, Takao, Rei, Max, e tutta l'allegra combriccola verrà buttata nel mezzo dell'azione, tra i commenti acidi di Yuriy, gli sguardi poco rassicuranti di Boris, i cavi dei computer di Ivan e la traballante diplomazia di Sergej.
Da un viaggio in Thailandia parte una catena di eventi; per inseguire un ricordo Boris darà innesco a un meccanismo che porterà i protagonisti a combattere un nemico conosciuto.
Sarà guerra e pianto, amicizia e altro ancora, tra una tazza di te, dei codici nascosti, una chiazza di sangue sulla camicia e il mistero di un nome: Bambina.
Starete al loro fianco fino alla fine?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Takao Kinomiya, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Capitolo 22

 

Un uovo.

Due uova.

Zucchero.

Farina.

Accidenti.

Olio di semi. Ci andava prima quello, poi la farina e il lievito. Hilary si era raccomandata: separare sempre i liquidi e le polveri quando si prepara un dolce! E lui, come un idiota, si era dimenticato di fare l’unica cosa importante.

- Al diavolo ... –

Riprese comunque a mischiare l’amalgama con la frusta da cucina, spargendo chiazze d’impasto ovunque per magia.

- Maledizione –

- Lo stai facendo davvero?-

Kai sobbalzò, chiazzando la camicia azzurra di pancake ancora crudo. Maledì mentalmente l’universo creato.

Erano tornati alla normalità da circa tre mesi, lasciandosi dietro il freddo dell’inverno, le esplosioni, le lettere minatorie e tante altre magiche avventure. Appena aveva messo piede in suolo giapponese Kai si era assicurato di avere un minimo di tranquillità domestica, scrollandosi di dosso gli insistenti inviti di Max e Takao a svernare al dojo. Avevano salutato Rei e Mao, gli americani erano tornati al loro covo di computer e tecnologia, Kenny si rintanava di nuovo tra i libri dal lunedì al venerdì e Ralph era stato ben felice di vedere il maniero sgombero dagli intrusi. Andrew e Olivier avevano preso il primo volo per la Francia, mentre Gianni era stato spedito seduta stante a Bologna dai suoi, che, giusto perché non aveva altro da fare al momento, lo avevano iscritto a un master nella più autorevole e antica delle università. Ming Ming aveva un tour in programma, e avrebbe voluto Garland con se. Ma quel tipo di riflettori non facevano per lui.

Yuriy e Boris avevano ringraziato tutti, a modo loro, e se n'erano tornati nell’appartamento di Londra, più che decisi a mandare al diavolo le lezioni di bey e tornare alla madrepatria con Ivan. Sergey no: lui non ne voleva sapere di abbandonare l’asilo di Croydon, almeno per quel momento.

Kai ne aveva approfittato per riflettere sulle sue priorità. Afferrando la valigia stracolma dal nastro trasportatore, si era scoperto sorprendentemente a cambiare l’ordine delle cose importanti nella sua vita. Il beyblade sarebbe rimasto al primo posto, senza soluzione di continuità; ma al secondo, magari, poteva pensare di affiancare ai buoni amici anche una figura più ... sentimentale?

- Hilary-

- Mh?-

- Vieni a stare da me in questi giorni-

Non glielo aveva chiesto; diciamo che non si sarebbe aspettato comunque una risposta negativa; in ogni caso aveva preferito non rischiare. Un infarto aveva colto la ragazza, mentre Takao origliava con un sorriso da un orecchio all’altro e Max saltellava urlando Yeah boy!, gusto per non mettere l’amico in imbarazzo.

E così, immerso nella pace della sua villa, senza nemmeno preoccuparsi di avvertire il nonno e sperando che non tornasse a casa a tradimento, Kai aveva cominciato a convivere con l’idea di inserire qualcuno di significativo tra le sue faccende quotidiane.

E Hilary era stata ben felice di assecondarlo. Così felice che, piano piano, i loro incontri erano diventati di routine.

 

La ragazza gli si presentò in pigiama rosa di Winnie the Pooh; l’antisesso in persona ma, per qualche strana ragione, Kai lo trovò quasi tollerabile. Lei lo guardò con aria di sfida.

- Allora, questi pancake?-

Lui sostenne il suo sguardo.

- Li stavo giusto preparando-

Hilary notò il giallognolo dell’impasto sparso su ogni angolo visibile della cucina.

- I mobili li gradiscono?-

- Ah ah ... spiritosa –

- Vuoi una mano?-

Kai si impettì, tornando con serietà al suo lavoro, pur non sapendo bene come proseguirlo.

- No –

- Sicuro?-

- Certo –

- Hei ... – Hilary, ridacchiando, gli assestò un paio di pacche tra i capelli perfettamente pettinati – Tranquillo! È solo un momento di ... beh, è una novità, no? Non ci si improvvisa cuochi!-

- Stavi per dire di debolezza, vero?-

Gli occhi di Hilary sfiorarono il soffitto. Kai Hiwatari stava davvero cominciando a fare del teatro ... per dei pancake?

- Mio dio ... –

- Cosa? – Kai la guardò dall’alto della sua statura, incrociando le braccia come faceva tutte le volte che stava per cominciare un discorso in cui voleva avere ragione. Hilary non seppe se prenderlo a schiaffi e tagliare lì il discorso, o essere, come sempre, il più onesta possibile.

- Sei ... un pelino esasperante –

Lui inarcò le sopracciglia, senza scomporsi.

- Non la pensavi così ieri notte –

Hilary arrossì fino alla punta dei capelli. Girò i tacchi, evitando di guardare dritto in quegli occhi che la calamitavano verso la follia; afferrò il pacco di farina mezzo aperto e glielo schiaffò in braccio, poi finse di andare alla ricerca di una padella in quella cucina in cui non sapeva dove mettere le mani.

Kai sorrise furbo.

Punto per me

Poi rincarò la dose.

- Ieri non mi sembravi neanche così in imbarazzo ... e dire che abbiamo fatto ben altro che i pan ... –

- Lo stai facendo apposta?- Le uscì quasi balbettando, mentre si dava da fare tra i cassetti con una leccarda in mano, sbucata chissà da quale antro mistico.

- Anche se fosse?-

- ... antipatico –

- Hei, ho detto che mi piace la grinta ... – Kai la prese per le spalle, voltandola verso di sé senza dover insistere troppo, curvando le labbra davanti alla faccia completamente rossa di Hilary - ... ma così esageri –

Lei approfittò della vicinanza per tirargli un calcio al polpaccio. Ma non riuscì a moderare la forza, e Kai non riuscì a nascondere un brivido di dolore che gli percorse il corpo. Fu il turno di Hilary di sorridere alla vittoria.

- E io ti ho detto che sarebbe bello se fossi meno scorbutico-

Ma lui non si diede per vinto.

- Lo hai detto? Sai, non lo ricordo tra tutto quello che mi hai sussurrato ieri notte – Continuò con finta noncuranza, mordendosi la lingua quando un secondo calcio lo raggiunse alla caviglia.

 

...............

 

- L’amore es como una danza. Devi uscirne senza fiato, con i capelli scompigliati, le guance rosse, la fronte sudata e gli abiti sbottonati. Con il fuego dentro che non si spegne nonostante il respiro, che non si darà pace finché non avrà di nuovo ciò che lo ha fatto ardere. E non potrà più bruciare di altro –

- Cavolo ... –

Ming Ming rigirò la cannuccia tra le labbra rosse, godendosi uno degli ultimi chai tea della stagione, vagando con occhi sognanti sulla pelle perennemente abbronzata di Julia.

- Ma quanto sei poetica?-

La spagnola sorrise misteriosa, nascondendo le labbra dietro un dolcissimo cappuccino.

- Dovresti provare anche tu –

- A far che?-

- A lasciarti prendere dalla poesia. la vita sarebbe mas divertente –

- Ma lo faccio! La musica alla fine è poesia, no?-

Ming sorrise di sfuggita a un paio di fan che la indicavano dall’esterno della caffetteria. La Rambla in primavera era uno spettacolo; appena sbarcata in Spagna, si era premurata di ritagliarsi uno spicchio di tempo tra concerti e servizi fotografici, e sapeva già con quale compagnia trascorrere quelle poche ore. Julia non se l'era fatto ripetere due volte.

- Entonces ... è tutto finito? Niente più armi, niente più missili ...?-

- Sembra di sì –

- E Garland?-

- Come?-

Julia rise.

- Andiamo!- Ammiccò con lo sguardo – Non fingere con me. Ho visto come lo guardavi quel giorno a New York, mi è bastato un secondo per fiutare del tenero –

- Julia! – Ming si guardò intorno, più per fare scena che per reale preoccupazione che qualcuno le sentisse -Ma che dici?- Sussurrò, trattenendo le risatine.

- Ma sì! Dai, sto aspettando. Cuentame-

La mano di Ming svolazzò leggera tra i boccoli – Che vuoi che ci sia da raccontare ... è sempre il solito Garland. Io ci ho provato a tenerlo con me, ma lui ... – Si schiarì la voce, pronta alla migliore imitazione possibile – Ora ho bisogno di tempo per meditare-

Julia scoppiò a ridere con foga, sputacchiando cappuccino sulla tovaglietta.

- Disculpa – Si coprì la bocca con un tovagliolino di carta – Ma è troppo ... pff – Soffocò l’ennesima risata.

Ming alzò gli occhi al cielo, immergendo una mano nella pochette paiettata alla ricerca di un fazzoletto per l’irriducibile spagnola.

- Sei incredibile ... –

- Ah no, sei tu che mi hai provocata!-

Con uno scossone la ragazza liberò il pacchetto di fazzoletti dalla prigione paiettata, facendo volare a terra qualunque altra cosa quella piccola borsa contenesse.

- Cavolo ... – Lanciò il pacchetto a Julia, che la aiutò a raccattare gli oggetti dispersi.

- Boris?- Fece lei a tradimento.

- Che c’entra lui?-

- Vamos ... non dirmi che non hai fiutato nulla- Julia sventolò un foglio appena sfuggito dalla borsetta dell’amica – Non li hai visti gli occhi a cuore?-

- Aspetta aspetta ... ti hanno raccontato di lui e Rose?-

Julia strabuzzò gli occhi.

- Rose? Espera... era innamorato della ragazza morta?-

Ming parve non capire. Chiuse un paio di volte le iridi dietro le lunghe ciglia.

- Scusa Julia ... tu avevi capito che Boris era innamorato senza che nessuno ti dicesse nulla?-

- Ma certo! – La guardò come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo – Anche se avreste potuto dirmi qualcosa di più ... –

- Scusa, eravamo un po’ di fretta –

- Lo se, lo se ... però era abbastanza claro. Non aveva il solito sguardo da arrogante, o da svitato ... era diverso. Di una calma ... strana, como nei quadri di De Chirico. Sai, quella tranquillità che fa presagire l’arrivo di una tempesta ... –

- Kogarashi – Ming Ming pronunciò la parola con solennità.

- Mh?-

- è il primo vento freddo che annuncia l’arrivo dell’inverno. Abbastanza poetico?-

- Puede ser ... –  Julia guardò di sfuggita il foglio che ancora reggeva in mano – Questo mi sembra familiare ... Non è quello che mi avete fatto vedere in America? Con i codici che non riuscivate a decifrare?-

- Cavolo, me lo sto portando ancora dietro! Potrei anche buttarlo, tanto è una copia –

- Espera ... – La spagnola assottigliò gli occhi, scorrendo le file di numeri e lettere fino a scontrarsi con qualcosa di familiare. Prese la sua tracolla, tirandone fuori una cartellina nera.

Ming si alzò, sporgendosi verso di lei.

- Che stai facendo?-

- Il giorno dopo il funerale di Vince l’avvocato ci ha dato un’enormità di documenti su quello che possedeva, le sue case, i contratti ... e i conti in banca –

Julia tirò fuori un foglio fitto di scritte. Le passò una ad una, finché non le si illuminò lo sguardo.

- Ero sicura! Mira – Lo passò a Ming – Esto es lo mismo. C’è lo stesso codice sulla vostra lista, è uno dei conti bancari di Vince –

Un brivido percorse la schiena dell’altra, arrivando fino ai boccoli celesti. Julia continuò il discorso, in preda a una strana adrenalina.

- Non ci avevo nemmeno guardato, non aveva collegato minimamente le due cose. Dopo il funerale ho rimosso tutto, ma sono uguali. Forse è una lista di conti bancari, ma non credo siano tutti di Torres. Magari qualcuno può risalire ai proprietari ... –

- Julia ... sai in quale banca è depositato il conto?-

La spagnola tornò a scartabellare tra i fogli, scannerizzandoli con gli occhi.

Si fermò solo quando trovò quello che cercava.

- La Shawbrook Bank, filiale di Croydon –

 

................

 

- 32 ... 34 .... –

Adorava l’Italia. La amava. Nulla era più bello della sua patria, più profumato dei suoi vini, più gustoso del suo cibo. Ma vedersi sballottato da un viaggio all’altro così, senza preavviso, gli aveva messo addosso uno strano malumore.

Gianni strinse a sé la borsa a tracolla, già carica di cultura alla prima settimana di lezioni. Quantitative Risk Management era un nome pomposo e scomodo per chi non aveva mai avuto interesse nella finanza, ma i suoi genitori avevano adocchiato quel master come una grande opportunità. Allora Gianni non aveva potuto fare altro che piegarsi al volere della famiglia, spostarsi nella metà superiore d’Italia, a Bologna, e prepararsi a parlare solo in inglese in una classe di figli di papà. Un po’ come lui, ma più fasciati da giacche e cravatte.

- Che palle ... 38 –

Si fermò davanti al civico che gli avrebbe procurato almeno un altro paio di pesanti libri da infilare in saccoccia. Per di più libri di filosofia, che alla finanza non serviva granché, ma gli erano stati caldamente consigliati per cultura personale.

Avanzò verso la biblioteca del secondo piano, scansando orde di matricole spesate e professori fermi a parlare in mezzo alle scale.

Che stress

Sentiva già la mancanza delle risate cristalline delle ragazze, delle serate interminabili a sentire l’eco degli urli di Yuriy e Kai, dei discorsi da anziano di Olivier ... sì, gli mancavano persino quelli. Soprattutto gli mancava casa. Avrebbe provato a sopperire con l’appartamento provvidenzialmente acquistato dai suoi in pieno centro, cercando di godersi quell’aria d’università che in realtà non amava così tanto.

Entrò in biblioteca con passo felpato, incrociando gli occhi con un paio di ragazze carine.

Forse non sarà una giornata così orribile

- Dovrei prendere in prestito un libro – Chiese alla bibliotecaria, con il sorriso più largo e cordiale che le nove della mattina gli concedessero.

La ragazza gli passò un modulo da compilare. Gianni si mise a scribacchiare, cercando il movente giusto per attaccare bottone con la bella bibliotecaria bionda, ma venne interrotto. Un’altra ragazza scese dalle scale in fretta, beccandosi le occhiatacce di chi stava studiando al piano di sotto.

- Cla, guarda qui! –

Cla, che presumibilmente si chiamava Claudia, la zittì con gli occhi.

- Ma che urli?-

L’altra non la ascoltò nemmeno, piazzandole davanti alla faccia il cellulare.

- Guarda! L’hanno data per morta alla fine!-

- Scherzi?- La bibliotecaria le afferrò il telefono di mano, scorrendo l’articolo sullo schermo – Ma dai ... povera, mi dispiace da morire! –

- Beh, alla fine erano mesi che non se ne sapeva niente –

- Ma così, senza aspettare? Non hanno indagato più di tanto, eh ... certo, tanto lei non era nessuno, non aveva nessuno ... povera Rose –

Gianni drizzò le orecchie. Forse i suoi occhi scattarono sulle due ragazze con troppa foga perché le vide irrigidirsi all’improvviso, come se fossero state colte con le mani nella marmellata. Claudia gli tolse il foglietto compilato da sotto gli occhi con noncuranza.

- Mi scusi ... dunque, questo lo può trovare ... –

- Posso sapere – Gianni la interruppe con più delicatezza – Di chi stavate parlando? Non per farmi gli affari vostri ma ... conoscevo anche io una Rosemary - si inventò una scusa, giusto per inserirsi nella discussione - e so che non torna a casa da un po’, allora ... –

L’altra ragazza si fece avanti con foga, beccandosi altre occhiatacce dalla bibliotecaria.

- Conoscevi Rosemary? Rosemary Primerose?-

Il cuore di Gianni accelerò un poco, e chissà perchè pensare che tutto si era concluso, che l’arsenale era stato distrutto e i piani del monaco malefico erano stati mandati all’aria, beh, non lo aiutò a calmarsi.

- Sì, beh, era una buona amica di un mio amico ... diciamo che la conoscevo. Ma ... è morta?- chiese, giusto per sembrare credibile - Poi, credevo vivesse a Londra –

- Macchè, a Londra non ci andava da una vita! Era qui fino a pochi mesi fa –

- Viveva a Bologna?-

- Viveva, studiava e lavorava. Qui in biblioteca. A proposito ... – Le due ragazze si scambiarono occhiate complici – Lei, beh ... non aveva una famiglia, per quel che ne sappiamo –

- Eravate molto amiche?-

- Diciamo che le piaceva parlare. Era molto esuberante – gli occhi di Claudia si velarono di un’improvvisa malinconia – Sembrava così felice qui. Poi a un certo punto ... puff! Sparita! Nessun saluto, nessun messaggio ... non è venuta a prendere neanche la sua roba dall’armadietto. Ma forse ... se conosci così bene un suo buon amico, la sua borsa puoi prenderla tu –

- Io? – Gianni tentennò. La curiosità lo bruciava, ma non voleva passare per un approfittatore.

- Ma ... non c’è davvero nessun altro che abbia chiesto di lei?-

Claudia alzò le spalle – Nessuno. Ma sono passati così pochi mesi ... non ci avevo neanche pensato che potesse ... insomma ... che le fosse successo ... questo –

- E i suoi amici?-

- Parlava con tutti, ma non aveva davvero legato con qualcuno. Però ... Le sue cose non possono restare qua, e non vorrei che qualcuno le prendesse e le buttasse via. Sono in quell’armadietto da mesi, quindi, se tu volessi ... –

Gianni non se lo fece ripetere. L’armadietto era proprio lì, dietro la segreteria della biblioteca. Non ci avrebbero messo molto.

- L’unico problema è che non so la combinazione, ma possiamo provare a forzarlo, non è per niente robusto-

- La combinazione? Ma non avete le chiavi?-

- Non per tutti. E ricordo che lei ha insistito per averne uno a combinazione. Se mi dai un attimo chiamo qualcuno che ci dia una mano –

- Aspetta un attimo- Gianni sfiorò la superficie di metallo, contando le caselle da riempire con il codice che fungeva da chiave. In un lampo di genialità prese il telefono, rovistò tra le vecchie foto e, nascosta tra i selfie non richiesti di Olivier, ci trovò l’ingrandimento di un piccolo anello.

Boris l’aveva scattata a malincuore. Avrebbe preferito che quell’oggetto rimanesse sempre e solo suo, ma Kai aveva insistito: in caso di necessità tutti dovevano avere copia dei codici nelle loro mani. Non si poteva mai sapere cosa sarebbe potuto succedere. E forse aveva avuto ragione.

Cinque numeri

Si scoprì in corpo una strana eccitazione, che esplose quando, all’inserimento dell’ultima cifra, l’armadietto si aprì con un click. Le due ragazze erano più sorprese di lui.

- Lo vedi? L’armadietto stava aspettando giusto te!-

 

.......................

 

- Cos’è che c’è a Croydon?-

- Ti giuro che non mi sto inventando nulla-

- Non è che non ti credo, solo che ... –

- Tu non abiti lì?-

­- Beh, sì ma ... –

­- E se, così per scrupolo, andassi a controllare? Solo un minutino, giusto per essere sicuri che non ci sia niente-

Sergej si massaggiò gli occhi, devastato dall’ennesima giornata di pioggia, bambini che vomitano il pranzo, camice macchiate e metropolitana sovraffollata. Tra il caos e l’umidità dell’iter del ritorno a casa, si era trovato incastrato in una chiacchierata con qualcuno che decisamente non si sarebbe aspettato.

- Mi dici come fai a essere sicura che a Croydon ci sia un altro laboratorio?-

- Che ne so se è un laboratorio, però è una roba losca!-

- E come ... come cavolo l’hai trovato?-

Ming Ming ridacchiò; dall’altra parte della cornetta Sergej fu sicuro di sentire una seconda vocetta elettrizzata dall’accento latino e il tono troppo acuto per passare inosservata.

- Diciamo che abbiamo fatto un po’ di ricerca ... –

Sergej chiuse gli occhi, ormai all’esasperazione.

- Ming Ming ... –

- Oh, insomma! Abbiamo solo frugato un po’ tra i documenti bancari di Torres, e tutti quei codici che voi avevate trovato in casa sua ... erano iban!-

Sergej riaprì gli occhi di scatto.

- Iban?-

- Sì, quegli affari che identificano il conto in banca ... –

- Sì, sì, so cos’è un iban –

Cercò di rilassarsi, ma un ronzio si inserì tra le sinapsi con insistenza.

Ecco cos’erano

- Ma poi io e Julia abbiamo frugato un po’ in giro ...-

- In giro dove?-

- ... potremmo aver frugato un po’ troppo sul web –

- Ragazze, se vi scoprono ad hackerare le banche ... –

- Ma che hackerare! Non ne siamo mica capaci!-

- Ah, volevo ben dire, infatti –

- Lo ha fatto Emily per noi, Ivan le ha insegnato un sacco di cose-

Sergey si morse la lingua. Stava cercando di vivere la vita nel modo più normale possibile, ed erano bastati pochi giorni a contatto con Ivan per far diventare Emily una fuorilegge.

Sospirò - E quindi?-

­- E quindi è saltato fuori che tra tutti i proprietari di quei conti in banca, ce ne sono diversi con il conto a Croydon! E che uno di loro ha comprato all’asta uno stabile vecchissimo, e guarda che questa notizia non l’abbiamo estorta a nessuno! Era su un articolo online –

- Ok, ok, va bene. Ma perché dovremmo preoccuparcene? Abbiamo fatto esplodere tutto a Norimberga –

Ming Ming si fece più insistente.

- Cioè, ma voi non volevate buttare giù l’impero del monaco pazzo? È probabile che anche quel posto abbia a che fare con lui! Dai, è ovvio pensare che i proprietari dei conti in banca avessero a che fare con Vorkov!-

- Magari erano solo in affari con Torres. Non c’è da allarmarsi così tanto-

Forse la ragazza capì il punto della situazione, perché smise di parlare per cominciare a sospirare copiosamente. Dall’altra parte la voce di Julia cantilenava un Puede ser que lui ha ragione.

La metropolitana giunse a destinazinoe, e la chiamata finì lì, con la promessa da parte delle due donzelle di non fare nulla di stupido. Immischiarsi negli affari di quella gente, soprattutto se amica di Torres, non avrebbe portato sicuramente a nulla di buono.

E comunque il loro obiettivo lo avevano già raggiunto.

Anche se ...

Sergej si incamminò verso casa più perso del solito nel suo mondo magico. Smanettò sul telefono, guardando di sfuggita l’indirizzo che Ming Ming gli aveva inviato.

In fondo controllare non mi costa nulla

 

 

Tra quelle pareti era terribilmente umido.

Il sole era calato da un pezzo, e il buio non contribuiva a rendere l’ambiente meno macabro. Sergej starnutì più volte, stuzzicato dall’odore di chiuso e da un certo fetore ... di chimico. Per terra scorreva un qualche liquido strano, vagamente verdastro, su cui decise che fosse meglio non indagare.

Chissà che cavolo ci facevano qua dentro

Imboccò una scalinata a caso, scendendo di qualche piano. Più andava giù, più tutto gli sembrava abbandonato e inanimato; e si sentiva più leggero, più tranquillo, più convinto che tutti i pensieri che si erano insinuati nella sua testa erano inutili.

Eppure c’era qualcosa che non andava. Alla terza rampa di scale cominciò a chiedersi perché un edificio del genere fosse così tanto sviluppato in profondità. Poi l’odore di liquame si fece più intenso, e quando notò l’uscita delle scale chiusa da una catena molto bassa e poco efficiente, Sergej si convinse che effettivamente c’era qualcosa sotto.

Un cartello attaccato alla catena recitava Warning, don’t entry without authorization. Lo sorpassò senza pensarci due volte. Davanti a lui si materializzò una porta, incredibilmente lucida per essere in un edificio così malandato. La aprì, con uno strano brivido a corrergli lungo la schiena e la certezza che forse sarebbe dovuto tornarsene a casa, senza dare retta alle paturnie di quelle due ragazze.

Quando fu dentro, gli occhi gli si riempirono di uno spettacolo bello e terribile.

- Non è vero –

Non potè far altro che cercare di negare l’evidenza.

Ivan lo aveva detto. Lo aveva detto che per lui l’arsenale non esisteva. Ma il punto non era che l’arsenale non c’era perchè non era ancora stato creato; piuttosto, perché l’arma di cui si parlava non era un arsenale

E Alyna l’aveva detto che in realtà non ne sapeva quasi nulla, che si era inventata quasi tutto quello che gli aveva rifilato. E così li aveva messi involontariamente fuori strada; e loro le avevano creduto.

Invece l’arsenale non esisteva. Ma c’era qualcos’altro.

Davanti a lui enorme, alta e terribilmente familiare, si stagliava una vasca verticale piena di liquido verdognolo. Dentro, tra i cavi sospesi nell’etere, fluttuava qualcosa.

Sembrava un ibrido. Era umano, ma non del tutto. Dalla schiena spuntavano, piccole e sparute, un paio di ali; il corpo era cosparso di cicatrici bluastre; le membra, innaturalmente allungate, gli davano un che di grottesco. Non aveva capelli, e sul capo glabro si snodava una specie di disegno tribale.

Sembrava ... sospeso. Qualunque cosa fosse. Più corporeo dei bit power modificati con cui avevano avuto a che fare in passato. Più ... umano.

Sergej lesse, quasi senza volerlo, i caratteri incisi sul bordo della vasca, illuminati da una tenue luce blu.

Bambina

D’istinto alzò gli occhi, incrociandoli con quelli di quell’essere, ridotti a due lunghe fessure. Gli sguardi si intrecciarono tra loro; Sergej rabbrividì, sentendo le gambe improvvisamente deboli. Allungò una mano verso la vasca, e quello strano angelo fece lo stesso.

Poi gli sorrise.


.....................................

Plot twist

Mi piace pensare che la realtà sia semplice, ma non sia mai come sembra al primo sguardo. Una piazza senza visitatori in una giornata tranquilla; una statua che ti osserva; e la sensazione che stia per succedere qualcosa.

Come nei quadri della metafisica.


Approfitto di questo angoletto per ringraziare di nuovo tutti coloro che leggono queste righe, sperando di continuare a sorprendervi. 

Chiedo scusa se non rispondo più alle recensioni come di consueto, purtroppo sento le ore scorrere più veloce del solito, e i minuti sono sempre arrotondati per difetto. Ma considerate che vi faccio pat pat sulla testa ogni volta. 

Ordunque, un enorme abbraccio a tutti e

arrivederci


Chocolate 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > BeyBlade / Vai alla pagina dell'autore: Chocolate_senpai