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Autore: stellalfry    01/07/2021    2 recensioni
Quel giorno al Dipartimento Misteri, Harriet segue Sirius oltre il Velo, cadendo direttamente nell'estate del 1976.
Genere: Guerra, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus, James/Lily, Remus/Sirius
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo 7: Look to the past VI






Fanculo Sirius. 

Harry era in Biblioteca da più di un’ora e non era proseguita in nessuno dei suoi studi. Aveva mentito solo a metà quando aveva detto a Wilkes che avrebbe dovuto studiare Incantesimi — si era data appuntamento con Lily alle sei, così da avere quanto più tempo possibile davanti a lei per studiare il suo piccolo problema temporale, ma a quanto pare le cose non potevano mai andare bene per Harry. 

La sua testa era piena delle immagini che l’avevano assillata fin dal momento in cui le aveva viste accadere davanti ai suoi occhi, e tutto ciò a cui riusciva a pensare era Sirius. Sirius Black, il suo padrino. Era così diverso dall'uomo che conosceva a suoi tempi o, meglio, dubitava di averlo mai conosciuto davvero. Per non parlare di suo padre! E Remus! Merlino, come poteva Remus voltarsi dall’altra parte? Era persino un prefetto?

Tutto ciò che aveva visto sino a quel momento le aveva lasciato l’amaro in bocca. All’inizio aveva cercato di ignorarli, di giustificarli anche, dicendo a se stessa che erano proprio come i gemelli Weasley, dei burloni senza speranza e senza cattive intenzioni; ma man mano che le loro buffonate proseguivano e lei li osservava in silenzio, iniziò a diventare difficile non notare come i loro scherzi fossero ben diversi da quelli che i gemelli Weasley erano soliti scatenare in tutta la scuola. Fred e George non avevano mai fatto del male a nessuno, non avevano mai umiliato o bullizzato. Quelle erano cose che facevano unicamente Malfoy e Dudley. 

E i Malandrini sembravano incarnare quei due esempi in un unico grande schifo.

Un mal di testa pulsante iniziava a darle tormento, questa volta non frutto della maledizione degli Indicibili. Harry strinse la radice del naso tra il pollice e l’indice e gemette, subito ripresa dall’aspro “Sssh!” di Irma Pince. Non poteva andare avanti così ancora a lungo.

Proprio in quel momento, una testolina nera fece capolino da sopra le interminabili pile di libri che Harry aveva accumulato sul suo tavolo e, insieme alla testa del bambino, sbucò fuori anche la testolina di un serpente, rimasto nascosto fino a quel momento nel colletto del ragazzo.

“La ragazzzza che puzzzzzza di magia è qui, padroncino.”

“Ciao Theo, ciao Timmy”, salutò allora Harry con la testa appoggiata pesantemente sul palmo della mano e senza neanche sollevare lo sguardo dal libro che stava leggendo. I suoi occhi stanchi scorrevano pigramente la pagina senza davvero capire nulla di quello che c’era scritto e quindi non notò subito come il ragazzino sembrasse più agitato del solito. 

“Stai… stai studiando, Harry?”

“Sì.”

“E… cosa stai studiando?”, domandò il bambino. Harry corrucciò le sopracciglia e, stranita dal quel comportamento, alzò la testa per guardarlo. Sembrava preoccupato. 

“C’è qualcosa che non va?”, chiese, cercando di decidere se fosse una buona idea lasciare che Timmy strisciasse sui suoi appunti o se fosse stato meglio rimetterlo al suo posto nella cartella del bambino, dove vi erano meno rischi che qualcuno potesse vederlo.

“Mh…” Theo si dondolava sulle punte, la piccola fronte aggrottata ben più di quanto fosse normale per un bambino della sua età. Faceva scattare gli occhietti scuri di qui e di lì, in chiaro stato di agitazione, e persino il suo serpente sembrava infastidito visto che di solito preferiva non uscire mai dal suo maglione o dalla tracolla.

Harry sospirò. “Spara, Theo, qualsiasi cosa sia possiamo risolverla insieme.”

Il ragazzino si fece improvvisamente piccolo e imbarazzato. Harry quasi non riuscì a sentirlo quando aprì bocca, nonostante nella Biblioteca non vi fosse altro che silenzio e qualche eventuale fruscio di pagine. 

“Ho dei problemi… con un incantesimo.”

“Che incantesimo?”, domandò allora Harry, addolcendo la voce nel modo in cui aveva visto fare alla signora Weasley quando si rivolgeva a lei o ai suoi figli — se non era arrabbiata con loro, naturalmente.

Theo non rispose ma prese un libro dalla sua cartella, aprì una pagina e lo spinse verso di lei con fare timoroso. Harry fece un sorrisino al bambino, cercando di tranquillizzarlo, poi guardò l’incantesimo che Theo le stava indicando.

“Wingardium Leviosa?”, chiese conferma e, al cenno di Theo, continuò. “Va bene, allora. Fammi vedere il movimento che fai.”

Il bambino si posizionò e aprì la bocca, ma fu prontamente fermato e la sua bacchetta abbassata. 

“No, no”, gli sussurrò concitata Harry, gli occhi che scattavano di qui e di lì alla ricerca di eventuali testimoni. “Mostrami solo il movimento, senza parole. Cerchiamo di evitare di fare pasticci qui in Biblioteca, ok? Non voglio che Madama Pince si arrabbi.” Dopotutto, i primi incantesimi di Harry erano stati un disastro totale e non voleva rischiare che Theo rovinasse dei libri. Aveva bisogno di quella Biblioteca, non poteva farsi cacciare perché il bambino aveva buttato giù tutti gli scaffali o aveva dato fuoco a qualcosa.

Theo annuì subito e lanciò anche lui una veloce occhiata a destra e a sinistra, assicurandosi che non vi fosse nessuno nei paraggi proprio come aveva fatto Harry, poi le mostrò il movimento che a dirla tutta sembrava più un tentativo di non far cadere la bacchetta che un vero incantesimo, così Harry si alzò e procedette a correggerlo.

“Sbagli, devi mantenere il polso più in su rispetto alla bacchetta. Puntala un po’ verso il basso. Ecco, così, bravo. Ora, quando fai il movimento, fai attenzione alla curvatura, non tagliare subito verso il centro o non funzionerà.” Fece un esempio con la propria bacchetta, prima lentamente, perché lui potesse studiarlo, poi a velocità normale. Il bambino la guardò attentamente per tutto il processo e, risoluto, lo imitò. “Sei uno studente veloce, Theo. Ora fammi sentire come dici l’incantesimo, questa volta solo a voce.” 

“W-w-wingardium Levi-iosa.”

“Qualche ‘w’ e ‘i’ di meno, questa volta. Su, ripeti.” Così il bambino ripeté finché non ebbe una pronuncia perfetta. Harry sorrise. “Molto bene, Theo, davvero! Dopo, quando usciamo da qui, cerchiamo di esercitarci davvero sull’incantesimo. Va bene?”

Harry si stava già rimettendo a sedere, stanca ma decisa a finire almeno il capitolo che cercava di leggere da due ore a questa parte, quando la vocina di Theo la riscosse.

“Perchè queste cose non ce le dicono in classe?” 

“Be’, credo perchè ci sono tanti studenti, no? Sarebbe difficile gestirli tutti ad uno ad uno. E poi i primi anni sono sempre più numerosi, col passare del tempo migliorerà, fidati. Ci saranno sempre meno studenti e i professori impareranno a conoscerti. Starai bene.”

“Ma io non piaccio molto ai professori…”, disse a quel punto il bambino con un sussurro triste e allungò una mano verso il suo serpente, che si era arrotolato sotto la luce di una candela magica. Timmy subito si infilò nella sua manica, contento che il suo padroncino si fosse calmato.

“Oh?” Harry guardò confusa Theo, cercando di intuire qualcosa dalla sua espressione, ma il ragazzino aveva lo sguardo basso e in penombra. “Il professor Flitwick”, iniziò allora con voce cauta, cercando di leggere al suo meglio il linguaggio del corpo di Theo, “si è sempre preoccupato molto dei suoi studenti, indipendentemente dalla loro casa.” 

Ma il bambino la interruppe ancor prima che finisse scuotendo il capo risolutamente. “Lo so. Non è il professor Flitwick il problema. O meglio, lo è anche lui, ma…”

“Ma?”

Theo tirò su col naso. “Stiamo con i Grifondoro.”

“Ah.” 

In tutta onestà, non ne era neanche tanto più sorpresa, anche se il pensiero si accompagnava sempre con una fitta di dolore. Prima Piton, poi Theo... c’era un problema lì sotto ed era dolorosamente evidente. 

Quando stava dall’altra parte, a Grifondoro, non credeva neanche che esistesse un accanimento del genere. Certo, la faida tra lei e Malfoy non era un segreto per nessuno, ma non era mai stato a senso unico, anzi, ancora le lampeggiavano davanti agli occhi quelle maledette spille “Potter puzza” del Torneo Tremaghi. Ma adesso che si trovava tra i Serpeverde assisteva a cose che prima non era stata in grado di riconoscere o non aveva voluto vedere: la faida tra Grifondoro e Serpeverde non era come quella tra lei e Malfoy, e non era per niente onesta con se stessa se a volte cercava di illudersi che lo fosse. Quando era una Grifondoro, dopotutto, nessuno aveva mai avuto il bisogno di dirle che una delle regole principali era quella di girare accompagnati con un altro Grifondoro perchè c’era il rischio che qualche subdolo Serpeverde attaccasse.

Cosa che, invece, sembrava accadere assai di frequente a parti inverse.

“Mi… mi danno problemi”, stava continuando Theo, i pugni stretti contro i fianchi e gli occhi lucidi. “Mi fanno tremare, mi lanciano le carte addosso e mi sussurrano cose cattive. Non riesco a concentrarmi, non riesco… non riesco a fare niente, e i professori sono sempre così delusi da me.”

Harry si guardò intorno, poi allungò una mano verso Theo e lo tirò a sé, impacciata. Theo ne approfittò subito per stringere la braccia intorno al suo collo e piagnucolare. 

“Forse dovresti solo farlo notare ai professori”, suggerì Harry dopo qualche minuto, cercando di essere rassicurante. “Potresti chiedere di farti mettere vicino a qualcuno meno problematico, un Serpeverde, magari.”

Theo sussurrò qualcosa di incomprensibile nel suo maglione.

“Come?”

Il bambino si scostò appena dal suo abbraccio e incontrò brevemente il suo sguardo, prima di puntare gli occhi a terra alle sue scarpe. “Emma e Georgina non mi vogliono.”

“Emma e Georgina? Sono le tue compagne di Serpeverde?” Un cenno. “Be’, basta un altro Serpeverde che non siano Emma e Georgina, semplice.” Ma quelle parole sembrarono intristire ancor di più il bambino, che iniziò a tremare e a tirare frequentemente su col naso. 

“Non ci sono altri Serpeverde oltre a Emma e Georgina”, spiegò con voce tremante, poi si rigettò subito tra le braccia di Harry.

“Oh.” Fu tutto quello che la ragazza riuscì a dire, mentre il bambino le piangeva sulla spalla. Harry aspettò che Theo si calmasse un po’, dopodichè lo tirò di nuovo lontano da sè e lo guardò negli occhi, questa volta assicurandosi che lui non abbassasse di nuovo lo sguardo. “Senti, facciamo così, parlerò io con i professori e vedrò di aiutarti con Emma, Georgina e tutti gli altri, va bene? Ora che ne dici se ripetiamo un altro po’ quell’incantesimo, ti va?”

Theo annuì subito e così ripresero a lavorare sull’incantesimo. Non che il bambino ne avesse ancora bisogno, ma Harry non se la sentiva di lasciarlo da solo in quelle condizioni e, dopo l’esperienza con Piton, non voleva neanche che se ne andasse in giro per Hogwarts senza qualcuno al suo fianco per proteggerlo. 

Dopo gli eventi di quel giorno, era impossibile non lasciare che i pensieri vagassero. E, come ovvio in quella circostanza, capitava sempre che si soffermassero sempre su quelle spiacevoli scoperte che non poteva più seppellire sotto strati e strati di orgoglio e cavalleria Grifondoro. Aveva visto già nel Pensatoio del vecchio Piton un indizio della portata del bullismo di Sirius e di suo padre, ma era diverso dal vederlo accadere quotidianamente davanti ai suoi occhi, ogni giorno della settimana. Potevano essere piccole sciocchezze, come buttargli a terra dei libri o farlo inciampare, ma a volte erano più cattivi ed elaborati, come lo scherzo con Aguamenti o come nel ricordo che Harry aveva visto al suo quinto anno.

Chiaramente, era ben lontana dal dire che la sua vecchia Casa fosse un covo di bulli. Bastava pensare a Hermione o Ron o Neville o qualsiasi altro dei suoi amici… anche Lily, volendo fare un esempio più attuale. Ma non era neanche la Casa bianca e candida che aveva sempre pensato che fosse, in contrasto con gli oscuri e malvagi Serpeverde. 

Persa in quei pensieri e con un occhio su Theo che si esercitava a pochi passi da lei, non notò subito la figura che si librava a lato della sua visuale e fu solo grazie a un leggero colpo di tosse che quella la avvertì della sua presenza. Harry si girò immediatamente e così Theo, che sembrava spaventatissimo di esser stato colto in flagrante.

“Non si possono fare magie in Biblioteca, sapete?”, disse Lily Evans sorridendo. “Sono una prefetta, normalmente dovrei prendere punti.”

La bocca di Harry si chiuse tutto d’un botto con uno schiocco di denti e arrossì. “Non non stavamo… voglio dire… io e Theo… non c’era magia… solo…”

Una dolce risata si levò dalle labbra di Lily, risuonando appena nella Biblioteca. Subito la ragazza si tappò la bocca con una mano, sogghignando e guardando di sottecchi alle sue spalle in un atteggiamento cospiratorio. “Non vi preoccupate”, disse quando fu sicura che Madama Pince non l’avesse sentita, “non prenderò punti. Piuttosto, in cosa vi stavate esercitando?”

Le guance di Harry erano in fiamme e non voleva fare altro che nascondersi sottoterra, ma si sforzò di rispondere. “Niente di che, aiutavo… aiutavo Theo con un incantesimo che non aveva ben capito.”

Theo annuì, come per rafforzare la risposta, ma corse a nascondersi dietro le sue gambe non appena l’attenzione di Lily si posò su di lui. Lily ridacchiò.

“Be’, se avete bisogno di tempo, posso aspettare. Credo di essere un po’ in anticipo, in effetti.”

Harry guardò alle sue spalle a Theo, che ancora si nascondeva imbarazzato. Scosse piano la testa. “Credo che abbiamo finito qui. Evans, ti presento Theo. Theo, Evans.”

“Lily va bene”, lei aggiunse con un sorriso e Theo si calmò, scostandosi appena dal suo rifugio dietro le gambe di Harry e guardando curiosamente la ragazza con i capelli rossi. Poi afferrò una manica di Harry e la tirò appena.  

“Posso… posso rimanere qui con voi? Non voglio uscire.”

Harry guardò prima Theo poi Lily. Si schiarì la voce. “Ti… ti dispiace se Theo rimane con noi? Anche lui stava studiando e...” Diede uno sguardo veloce al bambino, che la guardava con occhi imploranti — evidentemente neanche lui voleva avventurarsi da solo nei corridoi di Hogwarts, col rischio di incontrare qualcuno dei suoi tormentatori. “È un ragazzo tranquillo, davvero.”

La risata di Lily era dolcissima. “Certo, non c’è problema.”

E in un attimo Theo sembrò tranquillizzarsi. Il suo volto si distese, le sopracciglia persero la loro forma scura e aggrottata e le spalle caddero, come se fino a quel momento fossero rimaste rigide come un manico di scopa. Rimasero a guardarsi per qualche secondo in silenzio e Harry si agitò a disagio sui suoi piedi, insicura sul da farsi. 

“Vedo che stavi già studiando”, disse a quel punto Lily, avvicinandosi alla sua scrivania e dando un’occhiata alle sue letture. “Il percorso della storia: un tempo non lineare di Christopher Cohen; Nuove teorie sulla ricostruzione del passato, Lysandra E. Black; De Tempore et Divinatione, Aurelius M. Maximum… questo non è neanche in inglese, sai leggere il latino?”

“No. Stavo, ehm, imparando.” Harry indicò un dizionario che giaceva scompostamente in un angolo del tavolo, abbandonato in preda alla frustrazione dopo l’ultimo infruttuoso tentativo di traduzione.

“Vuoi una mano? Ho studiato un po’ di latino in queste ultime estati. Credevo che mi avrebbe aiutato con, be’, tutto, considerando che tutto il mondo magico è basato in buona parte sul latino.”

L’offerta era stata posta in modo gentile, ma l’idea di passare più tempo del necessario con sua madre spaventò Harry così tanto che scosse il capo con fin troppa veemenza. Non si sarebbe meravigliata se Lily si fosse offesa dopo un rifiuto tanto maleducato, ma Lily non si offese e sembrò solo un pochino dispiaciuta. Immediatamente Harry si sentì in colpa.

“Sono sciocchezze, davvero”, cercò di spiegare. “Uno stupido progetto personale, non vale la pena imparare un’intera lingua per questo.”

“Sembra che tu ti stia impegnando un bel po’ con questo tuo progetto, però. Ma non insisterò, non ti preoccupare.”

Harry arrossì, quasi tentata di scusarsi. Alla fine fece un cenno alla sua scrivania. “Ti va bene se ci sediamo? Se aspetti qualche minuto, rimetto a posto questi libri e iniziamo.”

Lily annuì, così Harry si caricò in braccio la sua pila di libri e procedette a riporli, ben felice della tregua che questa attività le avrebbe dato da sua madre. Ne approfittò per calmare il cuore impazzito e dare una scossa ai suoi pensieri: era già abbastanza stupida di suo, non era necessario che anche l’emozione facesse la sua parte. Quando tornò, trovò Lily a conversare piacevolmente con Theo.

“... e allora papà me l’ha regalato per difendermi dalle persone cattive, per spaventarle, ma Timmy è troppo pauroso e non vuole mai vedere nessuno. Quando siamo in camera si nasconde in fondo al baule e non vuole uscire, anche se siamo solo io e lui. Credo che gli manchi casa…”

“Non ti preoccupare, sono certa che più in là imparerà che anche questa è casa sua. Hogwarts è casa di tutti.”

Theo annuì. “Giusto. Timmy deve solo crescere, come me. Hogwarts ora è casa mia, giusto? È casa di tutti.”

“Esatto.” Ridacchiò Lily.

Theo sorrise di rimando, poi corrucciò la fronte, improvvisamente serio. “Di tutti, tranne dei babbani e dei sanguemarcio, però.”

Subito ogni senso in Harry si rizzò, e così fece anche Lily se l’improvvisa rigidità della sua schiera fosse stato un indizio. 

“E questo chi lo dice?” domandò infatti la ragazza rossa mantendendo la voce bassa e dolce. Harry si avvicinò piano ai due, impressionata dalla capacità di Lily di rimanere calma anche di fronte a una parola del genere detta con tanto candore, come se la usasse ogni giorno. E probabilmente era proprio così.

“Papà.” Fu l’altrettanto candida risposta di Theo.

Lily annuì piano e stava per dire qualcosa quando Harry la anticipò, sopraggiungendo in quel momento alle spalle di Lily. “Theo.”

Theo si girò verso di lei sorridendo.

“Io sono una Nata Babbana.” 

E il sorriso del bambino si cristallizzò. 

Ma Harry non aveva ancora finito con lui e indicò la narrativa babbana che faceva capolino dalla sua tracolla. “E quel libro che hai preso è stato scritto da babbani.”

Gli occhietti nocciola di Theo iniziarono a correre spaventati da Harry al suo libro, come se vedesse entrambi per la prima volta. Alla fine si concentrò su di lei. “Tu?”, chiese con vocina flebile flebile ed Harry annuì. A quel punto Theo chiuse la bocca e si fissò le scarpe, pensieroso. Lanciò un piccolo sguardo a Timmy, che in quel momento assaggiava l’aria con la lingua dal colletto del suo maglione, poi a Lily, che a sua volta fissava Harry curiosa e sorpresa. Harry fece finta di non accorgersene.

Theo non parlò più, ma allo stesso tempo non si scostò quando Harry si sedette accanto a lui nè gettò via il suo libro. La guardò sconcertato per qualche istante, poi Timmy sibilò e lui si concentrò sul suo serpente, rimasto incastrato nei bottoni della camicia. 

“Allora”, iniziò Lily guardando Harry dall’altro capo del tavolo, le sopracciglia aggrottate e un sorrisino insicuro appena accennato sulle labbra, “sei anche tu una Nata Babbana.”

Harry annuì piano e si ricordò che, fino a prova contraria, Lucy Harrison non sapeva che anche Lily lo fosse. Cercò di fare una faccia sorpresa. “Anche tu?”

“Sì.” Ora Lily sorrideva apertamente ed era difficile per Harry non farsi distrarre da quel sorriso così luminoso. Merlino, era bellissima. “Sai, non pensavo che ci fossero Nati Babbani a Serpeverde… cioè, so che devono essercene stati di sicuro alcuni nel corso degli anni, ma non ne ho mai conosciuto nessuno.”

Harry si grattò la testa, imbarazzata. “Mh… forse si nascondono. Insomma, non lo dicono in giro.”

“Tu l’hai nascosto?”

Harry cercò di leggere qualsiasi sottinteso nella domanda di Lily, ma non ne trovò nessuno. Sembrava semplice e pura curiosità. A forza di cercare doppi sensi e cose non dette sto diventando proprio come i Serpeverde, pensò tra sè e sè, poi sbuffò. 

“No, anzi, è stata una delle prime cose che ho detto quando mi hanno presentata a banchetto. Credevo che tutti quei purosangue stessero per mangiarmi.”

“È una cosa molto coraggiosa da fare!”

“O stupida”, mormorò Harry con un filo di rosso che le colorava le guance.

“Io invece penso che tu sia stata coraggiosa, magari c’è anche un po’ di Grifondoro in te! Ci vuole molto coraggio per non nascondere quello che sei.”

Harry fece spallucce, compiaciuta e al tempo stesso imbarazzata. Cambiò subito discorso. “Hai già qualche idea per l’incarico di Flitwick?”

Lily sembrava volesse continuare sulla falsariga di prima, ma dopo qualche secondo di conflitto con se stessa sembrò cedere. “Qualcosina sì”, rispose, prendendo dalla sua cartella dei libri. “Ma speravo di confrontarmi con te. Dimmi, conosci qualcosa sulla teoria dell’Incanalazione?”

Alla fine studiarono un progetto fin troppo complicato per i gusti di Harry: un misto di Trasfigurazioni e Incantesimi così difficile che Harry gemeva al solo pensiero. Avrebbe voluto fare qualcosa di molto più semplice, qualcosa che avrebbe impiegato molto meno tempo e molta meno compagnia di sua madre, ma alla fine non era riuscita a resistere di fronte all’entusiasmo di Lily. Si diedero appuntamento la settimana prossima, il tempo necessario per studiare alcuni degli Incantesimi che avrebbero dovuto usare e i possibili modi in cui avrebbero dovuto legarli, poi si salutarono con un sorriso, forse il più vero che avesse mai ricevuto da Lily fino a quel momento.

Mi crede una Nata Babbana come lei, tutto qui, si diceva mentre accompagnava Theo in Sala Grande per la cena. È come quel sentimento amichevole fra camerati che appartengono alla stessa fazione e non necessariamente significa altro.

Eppure, nonostante se lo ripetesse in tutti i modi e in tutte le salse, non poteva fare a meno di sorridere più del solito, una risatina sciocca che si librava veloce dalla sua gola ogni volta che il ricordo del loro tempo passato insieme veniva alla luce. Se non fosse stata sua madre, avrebbe pensato di avere una cotta.

Aveva lasciato Theo in Sala Grande, con la promessa di Romilda di non lasciarlo da solo e di riaccompagnarlo quando avessero finito di mangiare, poi aveva preso una mela e si era incamminata nei sotterranei di Serpeverde, decisa a lavorare un po’ su quel libro latino che aveva preso in prestito dalla Biblioteca. 

Non aveva fame, nel suo stomaco c’erano già abbastanza farfalle.

Erano le otto di sera e i corridoi erano deserti, a parte Harry e qualche solitario fantasma che accorreva in ritardo alla Sala Grande. Benchè non mangiassero, infatti, i fantasmi erano sempre ben felici di riunirsi all’ora dei pasti, forse trovando divertente far passare l’appetito agli studenti con i loro macabri spettacoli di arti penzolanti e vestiti macchiati di sangue. Gli unici rumori in tutta Hogwarts erano i mormorii lontani dei ragazzi in Sala Grande, che ridevano, mangiavano e sbattevano le posate, e i passi di Harry che camminava quasi saltellando. 

All’improvviso un rumore affrettato di passi interruppero i pensieri di Harry e la faccia sorridente di Lily scomparve dalla sua testa, sostituita da ben più urgenti istinti alla battaglia. Si nascose in un’alcova del muro mentre i passi si facevano sempre più vicini. 

“Aspetta, fermati!”, gridò una voce femminile e subito dopo un fruscio di vesti suggerì che la persona in questione si fosse fermata, girandosi verso la sua inseguitrice.

“Se non mi vedranno in Sala Grande si insospettiranno!”, sussurrò urgentemente un’altra voce, anche questa appartenente a una donna. Erano entrambe molto familiari alle orecchie di Harry.

L’altra persona rispose qualcosa, ma era troppo lontana perché Harry la sentisse bene. “... bugia… non ti sei sentita bene…”

“Non ho il lusso di non sentirmi bene, Maryon!” Poi le voci si abbassarono, alcuni passi suggerirono che l’una si fosse avvicinata all’altra. “Scusa... credo che… momento migliore...”

Ma l’altra ragazza, Maryon, evidentemente non era d’accordo. Fu con voce alta e alterata che rispose. “Non è mai il momento migliore per te.” Harry rimase in ascolto, ma nessuna risposta venne dall’altra donna. Maryon continuò e, anche se rispose a voce più bassa rispetto a prima, Harry la sentì meglio: si erano avvicinate al suo nascondiglio. “Neanche Vivien sa niente e voi due condividete una stanza. Lo sai che è preoccupata per te? Non sa più che pensare.”

“Maryon…”

“Per favore, Narcissa, non tenerci all’oscuro.”

Harry trattenne il fiato. Dall’altra parte del corridoio, anche Narcissa ispirò violentemente. Sembrarono passare ore quando la futura moglie di Lucius parlò, la voce più stanca che mai. “È stato deciso.”

Un’altra pausa. Maryon si mosse un poco e questa volta il sussurro fu così fievole che, nonostante si fosse avvicinata, Harry quasi faticò a sentirlo. Era abbastansta sicura che c’entrasse in qualche modo la festa di Samhain, anche se non capiva bene per cosa.

“Sì.” Fu la risposta secca di Narcissa. “Mio padre ha già chiesto a Silente di esonerarmi da scuola quel giorno, vuole che partecipi anche io.”

“Vuole che tu prenda—”

“No, vuole solo che…” La voce di Narcissa divenne quasi beffarda, “mi presenti in società.”

“La scusa del matrimonio non ha funzionato?”

Un silenzio acuto rispose al posto suo. Dopo qualche secondo, Narcissa sussurrò qualcosa che Harry non sentì, poi alcuni passi incerti la allontanarono da Maryon avvicinandola ancor di più ad Harry. “Lucius farà tutto quello che gli dice suo padre, non si opporrà.” Altri passi. “Devo andare, Maryon.”

“Narcissa...”

“Scusa, non posso.” 

I passi si persero in lontananza, superando il suo nascondiglio senza un secondo di tentennamento. 

Passarono diversi minuti, ma Harry non sentì più nulla. Dovevano essersene andate entrambe. Decise di sporgersi appena dal suo nascondiglio per controllare.

E subito Maryon le fu addosso.

“Cosa ci fai qui?”, sibilò velenosa la ragazza, spingendola con tanta forza da mandarla al tappeto. Non le diede neanche il tempo di rialzarsi che le ficcò un ginocchio nella pancia e le puntò la bacchetta al collo. “Cosa hai sentito?”

Harry scosse veementemente il capo, ma Maryon la interruppe.

“Non importa.” I suoi occhi neri mandarono scintille di rabbia e la sua bacchetta penetrò più in profondità nella delicata pelle del collo di Harry. “Fra poco non ricorderai più niente.”

Subito gli occhi di Harry si spalancarono, terrorizzati. “No, aspetta!”

Obliviate.








N.d.A
Ciao! E scusate per l'attesa! Spero di riprendere a ritmi normali ora che la sessione è finita, quindi... dita incrociate! In ogni caso, ho notato di avere alcuni problemi con la formattazione (testo, corsivi, spaziature, ecc.) e sto cercando di sistemarli, ma sono ancora ben lontana dal capire come funziona questo editor :p .
Spero che la lettura vi sia piaciuta! Se avete qualcosa da dirmi sono sempre qui, come al solito!
Tanti abbracci,
Stella

 

   
 
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