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Autore: Mary P_Stark    19/07/2021    2 recensioni
Il piccolo paese di Nederland, Colorado, viene stravolto dalla notizia di un rapimento incomprensibile ed Emily Poitier, fotografa e scrittrice presso una piccola casa editrice della zona, è suo malgrado costretta a rivivere ciò che, vent'anni addietro, accadde a lei.
Sarà grazie all'aiuto dei suoi amici e di Anthony, sua vecchia fiamma, se riuscirà a non impazzire a causa dei ricordi, aiutando così a scoprire chi si cela dietro al rapimento e a recuperare, una volta per tutte, la serenità tanto cercata.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3.

 

 

 

Lasciata l’auto a un addetto dello Sheraton Denver Downtown Hotel, Emily si lasciò il tempo per ammirare l’elegante albergo cittadino, prima di dirigersi verso l’entrata, porgendo il suo bagaglio a mano all’inserviente di turno.

Il sole si specchiava sull’ampia parete a vetri dell’enorme complesso dinanzi a lei, dando l’impressione che la facciata dell’hotel fosse ricoperta d’oro e pietre preziose.

Non che l’interno non le ricordasse antichi manieri europei, o eleganti ville dell’East Coast; la zona dell’ampio camino, posto all’entrate, era una delle preferite degli ospiti, che vi stazionavano a lungo per leggere, o chiacchierare in tutta tranquillità.

In generale, Emily si era sempre trovata bene, allo Sheraton e, più di una volta, si era incontrata lì con la madre o con Jamie, quando si  erano trovati di passaggio in Colorado.

Sua madre, per l’appunto, l’aveva chiamata il giorno prima per confermarle la sua presenza in città, in vista del gala benefico che stava organizzando nella Majestic Ballroom dell’albergo.

Emily non aveva trovato alcun motivo per non andare e, dopo aver lasciato Cleo a Gilda – con la promessa di una bella bistecca per la sua cagnolona – era partita alla volta di Denver per incontrare madre e fratello.

Erano circa sette mesi che non si vedevano, poco meno con Jamie – che aveva incontrato durante le festività natalizie –, ed Emy non sapeva esattamente come sentirsi.

Sua madre le mancava, ma sapeva bene cosa volesse dire per entrambe, incontrarsi. Ciò che lei le riferiva, finiva inevitabilmente con l’essere poi riportato anche a suo padre, e non sempre Emily era entusiasta di far sapere a Jordan Poitier come lei vivesse la sua vita.

A dirla tutta, erano ben poche le cose che Emily voleva che lui sapesse, a parte che non lo aveva ancora perdonato.

Aveva avuto solo otto anni quando, una notte di inizio maggio, i rapitori l’avevano strappata al suo letto e ai suoi affetti, complice un vernissage a cui i genitori avevano partecipato.

Per fortuna, il suo fratellino Jamie si era recato da amici per un pigiama party, quindi i rapitori avevano potuto scegliere solo lei per quell’aggressione mirata.

Dopo aver disinserito l’allarme generale, con l’aiuto compiacente di un dipendente della ditta di sicurezza – avevano scoperto poi, durante il processo –, erano riusciti a penetrare entro i confini della villa e penetrare nell’abitato.

La balia era stata stordita con un colpo alla nuca, colpo che le aveva provocato una lesione permanente al midollo spinale, costringendola per tutta la vita su una sedia a rotelle. Quanto ai cani, avevano subito una sorte ben peggiore.

I genitori li avevano trovati nel viale d’ingresso, sdraiati l’uno accanto all’altro ed entrambi uccisi da una dose letale di veleno, inoculata grazie a due dardi sparati da un fucile.

Erano seguiti cinquantadue interminabili, estenuanti giorni rinchiusa in una fredda e umida grotta degli Adirondack, nei pressi del Giant Mountain.

Di quel periodo, Emily ricordava ogni dannatissimo secondo, ogni più piccolo sgocciolio della roccia, ogni discussione dei suoi rapitori… persino i buffi origami che era stato solito regalarle Ray.

Al pensiero del giovane Ray Woodword, Emily sorrise beffarda. Suo fratello Simon lo aveva sempre chiamato ‘scemo’, almeno durante il periodo di prigionia che lei aveva trascorso con loro. Tutto questo, perché Ray aveva deciso di prendersi cura della loro potenziale miniera d’oro, della piccola che avevano rapito per fare soldi.

Né Simon né Vince, l’altro rapitore, avevano preso l’iniziativa di occuparsi di una bambina di otto anni, spaventata da quell’incubo a occhi aperti in cui era capitata suo malgrado.

Alla fine, Ray aveva potuto contare su uno sconto di pena proprio grazie alla sua testimonianza. Non se l’era mai sentita di infierire su Ray, per quanto anche lui avesse partecipato al suo rapimento.

Da quello che ricordava, sarebbe uscito di prigione da lì a qualche mese.

Il fruscio delle porte a vetri che si aprivano dinanzi a lei la riportò al presente, scacciando dalla sua mente quei pensieri opprimenti e di cui avrebbe fatto volentieri a meno per il resto della sua vita.

Avanzando a passo spedito attraverso l’atrio dai colori tenui e il lucido pavimento in marmo color crema, Emily giunse infine al banco informazioni e lì, educata, chiese della madre.

Un giovane in livrea color antracite la salutò educatamente, controllò in fretta sul suo computer dopodiché la indirizzò allo Sheraton Club, di cui la madre era socia.

Dopo aver ringraziato l’inserviente, Emily attraverso quindi un secondo atrio, dai toni dell’oro e del rosso, stavolta, lasciandosi alle spalle diverse persone ferme all’accettazione e bambini sorridenti che si rincorrevano tra loro.

Raggiunta che ebbe la porta che conduceva al club, vi trovò un usciere che già conosceva e che, vedendola, le sorrise per poi dirle: “Miss Poitier, buongiorno. La madre e il fratello la attendono al solito tavolo nei pressi delle scacchiere.”

“Buongiorno, Carl. Ti ringrazio molto.”

Con un sorriso e un saluto di commiato, si introdusse quindi all’interno del club, dalle linee innovative e moderne, i colori sobri e ampie vetrate che lasciavano intravedere la piscina dell’albergo.

Proprio come riferito da Carl, Jamie e sua madre si trovavano nei pressi delle scacchiere in alabastro – dove un paio di ragazzi stavano giocando con aria tesa e impegnata – e, dopo essersi fatta vedere, li raggiunse.

Accomodatasi su un divanetto color cipria, poggiò il soprabito di lana secca sul posto lasciato libero per lei e salutò i familiari con affettuosi baci sulle gote.

A quel punto, magicamente li raggiunse un cameriere in livrea che, consegnato al gruppo il menù, mormorò un benvenuto e si allontanò discretamente.

Emily sorrise divertita, di fronte a quel servizio così pieno di attenzioni, e sussurrò: “Da Gilda mi avrebbero dato una pacca sulla spalla e mi avrebbero rifilato subito dei quadretti di pizza.”

“E’ per questo che la adoro. Dimmi, è sempre convinta a non volermi sposare?” asserì Jamie, scorrendo velocemente il proprio menù con i chiari occhi grigi.

In questo, lui ed Emily si assomigliavano ma, contrariamente alla sorella – che poteva vantare naturali capelli biondo platino – Jamie li aveva castano chiari e tendenti al rosso. Per quanto le spiacesse ammetterlo, lei assomigliava al padre tanto quanto il fratello alla madre.

“Gilda ama troppo suo marito per scappare con te, e poi continua a dirmi che la tua è solo una passione passeggera, e che non può fidarsi dei bellocci come te” ghignò Emily, ammiccando al fratello.

“Così mi spezza il cuore!” esalò Jamie, portandosi una mano al petto con fare desolato.

Emily rise sommessamente e Jamie, ammiccando comicamente alla sorella, levò una mano per dare il cinque alla sorella maggiore.

Sorridendo a entrambi i figli, Margareth non poté che essere felice del loro evidente affiatamento, ma le spiacque che al marito non fosse riservato lo stesso trattamento.

La vicenda che aveva sconvolto la vita della sua famiglia era ben radicata nella  memoria di tutti loro e, per quanto fosse convinta che il marito avesse sbagliato, a suo tempo, non se la sentiva di mantenere le distanze da lui.

 A quel tempo, Margareth aveva ampiamente discusso con il marito in merito alla decisione sciagurata di non pagare il riscatto per riavere indietro la figlia ma, ugualmente, aveva continuato a supportarlo. Ad amarlo.

La sciagura che ne era seguita, poi, l’aveva convinta a non lasciare solo il marito. Due traumi a così breve distanza l’uno dall’altro, sarebbero stati difficili per chiunque, da sopportare.

Il dolore genuino di Jordan, così come i tentativi dell’uomo di recuperare un rapporto di qualsiasi genere con la figlia, l’avevano altresì convinta della sua buona fede. Convincere Emily e Jamie a dargli credito, però, era stato tutt’altro affare.

Jordan non le aveva mai spiegato i motivi di quella scelta, e suo cognato Armand – così come sua cognata Bérénice – non si erano mai espressi in tal senso, con lei, così come i vecchi Poitier.

Ciò che poi era successo a Bérénice, aveva complicato ulteriormente le cose.

La fuga rocambolesca di Emily aveva evitato il peggio – i rapitori avevano parlato di un ultimatum davvero terribile – ma, da quel momento, niente era più stato lo stesso.

Prima Bérénice, poi Emily… era stato un susseguirsi di emozioni fin troppo forti, per Jordan, e Margareth non aveva avuto la forza o la volontà di alzare un muro tra di loro. Aveva dovuto pensare innanzitutto a mantenere salda la famiglia.

“Mamma” disse per la terza volta Emily, sorridendole comprensiva.

Margareth si riscosse da quei ricordi dolorosi e si limitò a esporre un gran sorrisone, che però non bastò a ingannare Emily, la quale chiosò: “Non basto io a pensare a quei momenti? Ti ci devi mettere anche tu?”

Sospirando, la donna scosse una mano – richiamando così inavvertitamente anche il cameriere – e borbottò: “Sto diventando vecchia, se mi scopri con così tanta facilità.”

“Te l’ho già detto. Tu non sarai mai vecchia” replicò Emily prima di veder giungere a passi eleganti il cameriere. “Può portarci tre flute di Sauvignon Blanc della Napa Valley? Un 2013, grazie. E anche qualche pasticcino. Se possibile, con la granella di nocciole.”

L’uomo assentì elegante e le parlò delle torte preparate quel giorno dallo chef, che trovarono il pieno plauso della giovane.

Rimasti nuovamente soli, Emily chiosò: “Ho pensato che la cioccolata calda con dei marshmallow lo avrebbero sconvolto, così ho preferito fare la sofisticata.”

“Con gli otto gradi che ci sono fuori, in effetti, sarebbe stato il massimo…” assentì Jamie. “…ma va detto che qui dentro ce ne sono venti, e non ce la saremmo davvero goduta appieno. Comunque, rasserenati, il fronte freddo ha i giorni contati e, entro breve, potrai dire anche tu che è primavera.”

“Hai studiato il meteo locale, per caso?” ironizzò Emily.

“Tesoro, quando vengo a trovarti, devo sempre pensare a cosa mettere in valigia, se voglio evitare che mi si congeli tutto” sottolineò il giovane con tono falsamente snob.

Margareth ed Emily sorrisero divertite e, quando le loro ordinazioni vennero servite, quest’ultima propose un brindisi e chiosò: “Alla cioccolata calda che non abbiamo preso. Che le piantagioni continuino a produrre fave di cacao in eterno, così che la si possa bere anche in futuro.”

I tre brindarono a quello strano anelito e Jamie, nel sorseggiare il proprio vino – servito alla temperatura ideale, così che fosse fresco e aromatico al palato –, celiò: “Non capisco come tu non soffra di diabete, visto il cioccolato che mangi mediamente durante tutto l’arco dell’anno.”

“Sono brava a centellinarlo” sottolineò Emily.

“Centellinarlo… fai così anche con gli uomini? Non mi hai ancora chiamato per dirmi che devo sistemare qualche giovanotto troppo esigente!” ironizzò Jamie, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della sorella.

“Tu sei a schema fisso. Sembra che una donna non possa fare a meno di un uomo, per vivere.”

“No, cara. Precisiamo. Non possono fare a meno di me … ma, visto che sono tuo fratello, ahi te, non posso servirti a niente” precisò Jamie, scatenando la risatina della madre e il sospiro esasperato di Emily. “Per questo ti chiedevo se, grazie a qualche mistero recondito, tu fossi riuscita nell’impresa titanica di trovare qualcuno di speciale come il sottoscritto.”

“Dio! Dalla volta in cui lo hanno dichiarato il più sexy del circolo nautico, abbiamo finito di star bene” brontolò Emily, buttandosi sulla sua fetta di torta alle nocciole tonde del Piemonte e crema al cioccolato.

“Non dare la colpa a me, se le donne mi hanno reputato così affascinante e sposabile.”

“Ecco, appunto. Sposati, Jamie. Trovati una donna che sopporti il tuo ego smisurato e fammi felice” lo pregò a quel punto Emily, sorridendo per alleggerire quel rimbrotto.

Jamie però rise di gusto, scosse il capo e replicò: “E togliermi il gusto di scegliere con cura? No, cara. In questo sono come te. Non è facile trovare una donna che rispecchi i miei desideri.”

“E quali sarebbero, adesso? L’anno scorso erano ‘bella, divertente e chiassosa’. Stavolta come dovrebbe essere?”

Tornando serio, Jamie afferrò una mano della sorella, la sollevò fino a sfiorarle con le dita l’interno del polso e mormorò: “Deve essere coraggiosa, indipendente e fiera. Non mi interessa che sia miss Universo, o che abbia il conto in banca di Creso. Il problema è che, l’unica che conosco a essere così, è mia sorella, e onestamente non voglio macchiarmi di incesto.”

“Neppure io, credimi” ironizzò lei, afferrando quelle dita per stringerle tra le proprie. “Lisbeth ha combinato qualcosa, vero?”

Margareth assentì con fare indispettito e Jamie, ritirando a malincuore la mano, borbottò: “E’ stata un po’ troppo chiassosa, a quanto pare. L’hanno beccata a un festino a luci rosse assieme al senatore Patterson che, come ben sai, è sposato e con tre figli al seguito.”

Emily sgranò gli occhi per lo sgomento, esalando: “Ecco cosa succede a guardare poco la televisione. Non l’avevo affatto saputo!”

“Oh, tranquilla… non è colpa tua. Non l’hanno di certo pubblicizzato” brontolò piccata Margareth. “Noi lo sappiamo per gli ovvi motivi che tu ben sai.”

Scrutando spiacente il fratello, Emily allora mormorò: “Scusa se devo sottolinearlo, Jamie… ma te l’avevo detto.”

“Lo so, lo so. E’ per questo che ho deciso di pormi come ideale qualcuno come te. Direi che così non posso sbagliare, anche se rischio di restare solo come un uomo onesto in parlamento.”

“E limitarsi ad aspettare che qualcuna ti faccia battere forte il cuore, senza doverle fare il terzo grado per scoprire se corrisponde alla tua lista?” ipotizzò con ironia Emily.

Jamie si limitò a scrollare le spalle prima di mormorare: “Non mi fido molto del mio intuito.”

“Amen” chiosò la sorella. In effetti, con Lisbeth si era lanciato alla cieca, e la lista dei suoi pregi era nata dopo il loro primo appuntamento.

Dopotutto, forse, non era il caso di fare affidamento sulla spontaneità di Jamie. La sua lista poteva essere un buon metodo per non finire nei guai.

Sistemato che ebbe gli orecchini di perle, Emily si ammirò nell’ampio specchio tondo del bagno e, attenta, controllò che il lungo abito a sirena in raso color ghiaccio cadesse alla perfezione.

Contenta del risultato, abbinò al vestito delle décolleté nere di Michael Kors e, dal comò, recuperò la sua clutch trapuntata nera di Chanel.

Al collo portava il semplice giro di perle che le aveva regalato mamma per i suoi ventuno anni, mentre braccia e mani erano liberi da orpelli, a parte i suoi onnipresenti braccialetti in argento e lapislazzuli.

Era strano abbigliarsi in modo così elegante quando, per il resto del tempo, era solita indossare pantaloni da trekking, camice di flanella e maglie di cotone.

Non le dispiaceva mettersi in ghingheri, ogni tanto, e quel gala cadeva a pennello, ma le mancava già la sua Cleopatra, e sarebbe tornata volentieri a Nederland, una volta terminata quella festa.

Non era mai stata a suo agio, in quegli ambienti, e la maturità non l’aveva cambiata.

In quel momento, il cellulare squillò e, nell’accettare la videochiamata, sorrise a Gilda e – sorpresa sorpresa – a Parker che, a quanto pareva, stava facendo coccole spudorate a Cleopatra.

“Tesoro! Santo cielo, sei splendida!” esordì Gilda, facendo tanto d’occhi nel vederla attraverso la microcamera del cellulare.

Emily sorrise, ringraziandola e, indicando poi alle spalle della donna, domandò: “Che succede, Gilda? Qualcuno si sta facendo comprare?”

Scoppiando a ridere, Gilda assentì e ammise: “Parker è passato di qui mezzora fa per ordinarmi della pasta all’amatriciana e, quando ha visto Cleo, le si è incollato come una cozza.”

“Non sono una splendida cozza, però?” ironizzò dal fondo del locale Parker, facendo scoppiare a ridere la padrona di casa.

Anche Emily rise di gusto e, nell’asciugarsi una lacrima d’ilarità, domandò: “Cozze a parte, va tutto bene?”

“Ma certo, cara. Cleo è uscita con Cooper per una passeggiata e, da quel che ho capito, Parker la ospiterà per la notte perché, povero ragazzo, si sente solo tra queste montagne” ironizzò Gilda, ammiccando all’indirizzo dell’uomo che, in quel momento, stava spupazzandosi Cleopatra.

Emily non poté che esporre alla telecamera un sorriso enorme, cui corredò un ‘povero bambino sperduto’ gorgogliato con tono allegro.

“Prendete, prendete in giro, streghe malefiche asservite al male” borbottò con ironia Parker, sollevandosi finalmente in piedi. “Io sono abituato agli spazi aperti, alle vacche che pascolano, non ai lupi che sbucano sui sentieri e ti guardano come se fossi un alieno!”

“Oh… ti è già successo?” ironizzò a quel punto Emily.

Parker sollevò una mano per mandarla al diavolo e Gilda, sorridendo alla giovane, chiosò: “Questi uomini delle pianure… comunque, scherzi a parte, a te sta bene?”

“Per me non ci sono problemi. Vedo bene che Cleo non ha timore a stare in sua compagnia, perciò…” scrollò le spalle la giovane, sollevando la mano libera per disegnare un ok con le dita.

“A buon rendere” le disse allora Parker, strizzandole l’occhio.

Gilda a quel punto tornò seria, abbassò la voce e disse: “Divertiti, tesorino, e non pensare a Cleo. Ci occuperemo di lei come se fosse figlia nostra.”

“Lo so. E’ anche per questo che ve la affido senza paura. A domani” disse Emily, chiudendo la videochiamata con un bacio.

Emily rimase piuttosto colpita da quella chiamata, perché Cleopatra – per quanto docile – non dava mai tanta confidenza agli estranei. Era evidente che Parker rientrasse nelle sue simpatie al pari di Anthony, per cui stravedeva.

Il quieto bussare alla porta della sua stanza d’albero la spinse a volgere lo sguardo e, dopo un breve assenso, sorrise nel veder entrare il fratello.

Per quel gala, Jamie aveva puntato sul classico, con un elegante smoking di Gucci che gli calzava a pennello, camicia bianca immacolata e un papillon ripiegato alla perfezione.

Ai polsi portava i gemelli di famiglia, con la P dei Poitier messa in evidenza dalla madreperla che li ricopriva.

“Sei un figurino” disse Emily, pensandolo davvero.

“E tu mieterai vittime. Sei dimagrita ancora, Emy?” le domandò Jamie, aggrottando leggermente la fronte.

“Un paio di chili” ammise suo malgrado Emily, sospirando. Quando gli incubi tornavano, perdeva anche l’appetito.

Jamie sbuffò leggermente e, dopo aver controllato l’ora sul suo Rolex in platino, mormorò: “Mamma ci aspetta. Sei pronta?”

“Andiamo pure” assentì lei, accettando il braccio offerto dal fratello. “Niente da dire?”

“So già perché dimagrisci, sirenetta, perciò non ho bisogno di spiegazioni” replicò lui, torvo in viso. “Penso che verrò a trovare Cleo per un po’. In ditta possono anche fare senza di me, per qualche settimana.”

Bloccandosi a metà di un passo, Emily lo fissò sconcertata e borbottò: “Settimana?”

“Non mi ospiteresti? Devo pur trovare il modo di fare la corte a Gilda, no?” sottolineò Jamie, ammiccando.

Emy lo fissò esasperata, riprendendo a camminare verso l’ascensore per poi borbottare: “Ci mancavi solo tu, a volermi controllare a vista.”

“Chi altro ti controlla a vista?” ironizzò lui.

Nel salire nella cabina rettangolare dell’ascensore, Emy mugugnò: “Lo sai bene. Gilda e lo sceriffo sono peggio di due mastini, e poi…”

Un silenzio imbarazzato scese ad ammorbare l’aria e Jamie, fattosi serio, mormorò: “Anthony?”

“No… beh, sì. Ma anche no” balbettò incoerentemente lei, prima di maledirsi per la propria insicurezza. “Insomma, è la quintessenza dell’educazione, della pazienza e della ragionevolezza, e io mi sento un’idiota per la metà del tempo, e per l’altra metà una stronza.”

“Non c’è male” chiosò il giovane, fischiando per la sorpresa.

Jamie conosceva benissimo i trascorsi della sorella con Anthony, figlio del titolare dell’elegante albergo dove sua sorella aveva soggiornato durante il primo periodo a Nederland, e capiva bene perché Emily si sentisse a disagio.

Era difficile non esserlo, sapendo di aver quasi fatto impazzire un brav’uomo nel verso senso della parola, e tutto a causa delle proprie idiosincrasie.

La sorella non era mai scesa nei dettagli, ma gli aveva fatto capire come, la crescente intesa tra lei e Anthony, l’avesse mandata nel pallone in un momento di intimità.

Le sue paure erano saltate fuori quasi come una carica di cavalleria, ed Emily aveva avuto un’autentica crisi di panico.

Anthony era stato fin troppo dolce e paziente, e le aveva detto di comprendere e, da quel poco che Jamie sapeva, lui l’aveva semplicemente lasciata andare, dandole spazio e tempo per riflettere.

Per vivere la sua vita.

Per riappropriarsi di se stessa, innanzitutto.

L’evidente disagio della sorella poteva voler dire molte cose, ma Jamie non se la sentì di indagare oltre. Non era quello il momento.

Le porte dell’ascensore si aprirono dinanzi a loro, lasciando che le luci calde della hall li avvolgessero col loro calore e Jamie, avanzando assieme alla sorella, mormorò: “Andiamo a divertirci, sorellona.”

“Quando mai non è successo?” replicò lei, sorridendo.

Ampi lampadari in stile liberty si allargavano sul soffitto a cassettoni color crema e oro, mentre stupendi vasi ricolmi di fiori si slanciavano verso l’alto dagli ampi tavoli imbanditi per l’occasione.

Sulle pareti color Terra di Siena erano stati appesi i ritratti di coloro che sarebbero stati i protagonisti della serata; il corpo dei Vigili del Fuoco di Denver. La sera di Natale, avevano salvato la vita a non meno di quaranta persone, in totale sprezzo del pericolo, e due di loro avevano perso la vita nell’adempimento del proprio dovere.

Per onorarli, la città aveva officiato dei funerali di Stato per le due vittime del rogo – avvenuto all’interno di un hospice – e intrapreso diverse attività atte a sostenere le famiglie e il Corpo.

Harry Cunningham, fratello di Margareth ed ex Vigile del Fuoco volontario, aveva voluto contribuire a sua volta a dare una mano e, grazie alla sorella, aveva messo in piedi quel vernissage per raccogliere fondi per la causa.

Margareth aveva intrattenuto i circa trecento ospiti con un breve discorso introduttivo prima di dare il via alla festa vera e propria, cui era seguita una cena e un ballo in grande stile.

In quel momento, Margareth stava parlando con alcuni imprenditori dell’acciaio di Seattle, tutti apparentemente incantati dalla sua parlantina sciolta e il suo charme. Emily la osservò mettere in campo tutto il suo fascino e la sua arguta intelligenza, le stesse qualità che avevano fatto capitolare il vecchio Poitier, facendola accettare nella ricca e potente famiglia del futuro marito.

“Mia sorella mi sorprende sempre. Come al solito, anche questo gala è splendido” esordì una voce alle spalle di Emily.

Volgendosi a mezzo, la giovane sorrise all’uomo magro ed elegante che le stava innanzi e, abbracciandolo con calore, mormorò: “Zio Harry. Che bello vederti!”

“Tesoro, devo dirtelo. Diventi più bella ogni giorno che passa.”

Accentuando il suo sorriso, Emy si scostò per scrutare l’uomo, alto di statura e dal portamento elegante e fiero. Nessuno avrebbe potuto mettere i piedi in testa a Harry Cunningham, di questo Emily era più che certa.

Il suo carattere deciso, la sua capacità imprenditoriale e, non da ultimo, la sua simpatia, lo avevano aiutato non poco, quando aveva iniziato a lavorare in campo minerario. Come accadeva in molti ambiti, anche quello era dominato da vecchie e prestigiose famiglie, ed essere figli di operai non aiutava a farsi notare.

Il suo operato – e il suo fiuto per gli affari – avevano però creato la magia perfetta e, giunto all’età di sessantatre anni, Harry era uno dei magnati più importanti nel suo campo.

“Dove hai lasciato zia Maude?” si chiese Emily, guardandosi intorno.

“Oh, è a casa con Kathleen e Susan. Sono riuscite a farsi espellere all’unisono da Dartmouth, e dobbiamo ancora scoprire perché” ironizzò Harry, i chiari occhi azzurri spalancati per lo stupore e l’ironia.

Scoppiando in una risatina limpida, Emy esalò: “Credo che entrerà negli annali della famiglia!”

“I gemelli sono sempre stati dei peperini, ma stavolta pare che abbiano dato il meglio di loro stessi” chiosò l’uomo, parlando con un certo orgoglio delle proprie figlie minori. “Ho visto tuo fratello, prima. Sembra in forma, nonostante il caos provocato da Lisbeth.”

“Jamie è una roccia ma non dubito che, dentro di sé, si sia rammaricato non poco di averle dato corda” ammise Emily, sorseggiando del buon vino californiano.

“Certe donne attirerebbero nei guai anche un santo” motteggiò Harry, brindando assieme alla nipote.

“A proposito di santi, il tuo geologo doveva recarsi alla Saint Mary proprio in questi giorni, da quel che so” chiosò Emily, fissando piena di curiosità lo zio.

Zio che, sgranando leggermente gli occhi, esalò confuso: “Saint… Mary? Mio… geologo? Parli per enigmi, cara?”

“La Saint Mary è una vecchia miniera, e il geologo è Parker Jones” gli rammentò lei, sorridendo melliflua.

“Oooh” mormorò lui, annuendo ora con vigore. “D’accordo, la mia memoria sta cominciando a mostrare i primi segni di cedimento. Dimenticavo che i ragazzi hanno appaltato i lavori a una piccola impresa di città. Ho ricevuto il primo resoconto giusto l’altro ieri.”

“Quindi, sei davvero interessato a riaprire qualche miniera nella zona?”

“Tesoro, il mercato è mutevole come il carattere di una donna…” ironizzò l’uomo, facendola sorridere divertita. “… ma, più di tutto, lo sono i malati di tecnologia. E la tecnologia richiede minerali nobili che, guarda caso, venivano estratti in zona. Sto solo cercando di capire se, a tutt’oggi, valga la pena riaprire qualche sito.”

“Io non c’entro niente, quindi.”

“Ti amo davvero tanto, Emy…” le sorrise Harry, dandole un buffetto sul braccio. “… ma non ficcherei mai il naso a questo modo nei tuoi affari. Mi basta chiamarti, se voglio sapere come stai.”

“Vero” ammise lei. In effetti, suo zio non si era mai fatto grosse remore, nel chiamarla, ed Emy ne era stata ben felice. Tutt’altra storia era stata con zio Armand, che invece si era defilato subito dopo la fine del processo.

Fosse stato a causa di zia Bérénice, o per qualche altro motivo, lo zio non si era quasi più fatto sentire.

Con zio François, invece, il piccolo di casa Poiter, intratteneva una lunga e prolifica amicizia epistolare. Quasi obbligata, tra l’altro, visto che François viaggiava per il mondo per quasi undici mesi l’anno.

In parte, le spiaceva non avere lo stesso rapporto con suo padre, ma non se la sentiva davvero di perdonarlo, nonostante lui avesse tentato in tutti i modi di riallacciare i rapporti.

La ditta aveva contato molto più di lei, a suo tempo, e su questo non sarebbe mai passata sopra.

“Sirenetta… esci da lì. I tuoi occhi si sono fatti tristi” sottolineò Harry, ammiccandole comprensivo.

Era buffo come suo zio fosse sempre stato capace di leggerle dentro. Prima ancora di sua madre, prima ancora di Jamie.

Lei assentì, scacciò i brutti pensieri e tornò a dedicarsi a Harry, dicendo: “Comunque, volevo farti sapere che Parker Jones mi sembra un tipo competente. Si è messo subito al lavoro, senza aspettare, e trasporta tonnellate di macchinari tutto da solo.”

Sorridendo divertito, Harry dichiarò: “Oh, ricordo bene quanto pesano le trivelle, i carotatori e quant’altro. Mi spiace però sapere che il suo titolare lo abbia mandato da solo. Forse, avrei dovuto specificare che era un appalto per almeno due persone. Quindi, tu mi dici che è un tipo affidabile? E come lo sai?”

Irrigidendosi leggermente, lei borbottò: “Non pensare subito male. L’ho solo accompagnato alla Cold Snow. Inoltre, piace a Cleo.”

“E con questo chiudiamo la partita. Se piace a Cleopatra, io sono a posto” chiosò Harry, sfregandosi le mani soddisfatto.

Ridendo divertita, Emily esalò: “Se farà dei cuccioli, te ne regalerò senz’altro uno.”

“Non vedo l’ora” asserì l’uomo, prima di fare un cenno a qualcuno.

Emily non fece in tempo a volgersi che Jamie le avvolse la vita con un braccio, attirandola a sé per un bacio spontaneo sulla tempia.

Quel gesto improvvisato e tutt’altro che naturale, per il fratello, la fece però irrigidire tutta e Jamie, spiacente, allentò subito la presa e mormorò: “Ops. Scusa. E dire che dovrei saperlo.”

“Non fa niente. So che sei tu. E’ solo un riflesso” replicò lei, appoggiandosi quindi contro al fratello per farsi perdonare.

Era inutile. Per quanto si sforzasse, il suo corpo reagiva malamente a qualsiasi cosa a cui lei non fosse seppur lontanamente pronta, ivi compresi gli abbracci spontanei del fratello.

Si demoralizzava ogni volta, al pensiero di ferirlo, ma non era ancora riuscita a trovare il modo per evitarlo.

Jamie allora le sorrise e spostò il braccio dalla sua vita alle sue spalle, così da renderle più semplice accettare la sua presenza.

Era difficile, per lui, sopportare simili distanze, poiché era sempre stato molto affettuoso e fisico, negli atteggiamenti, specialmente dopo il rapimento.

Forzarlo a essere meno espansivo era paragonabile a tarpare le ali a un’aquila, ed Emily lo sapeva bene, ma sperava di poter risolvere anche quel problema, un giorno.

 

 

N.d.A.: Piccolo spaccato mondano della vecchia vita di Emily, a cui lei non si è mai abituata. Facciamo anche la conoscenza con suo fratello Jamie, la madre Margareth e suo zio Harry, scoprendo altresì che i rapporti con la famiglia Cunningham sono decisamente migliori rispetto a quelli con la famiglia Poitier (con l'eccezione di zio François). Sarà solo a causa del rapimento di Emily, o ci sarà dell'altro? E cos'è successo a Bérénice? Tenete a mente la sorella di Jordan e Armand, perché avrà un ruolo piuttosto importante, nel passato di Emily.

  
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