3.
Lasciata l’auto a un
addetto dello
Sheraton Denver Downtown Hotel, Emily si lasciò il tempo per
ammirare
l’elegante albergo cittadino, prima di dirigersi verso
l’entrata, porgendo il
suo bagaglio a mano all’inserviente di turno.
Il sole si specchiava
sull’ampia parete
a vetri dell’enorme complesso dinanzi a lei, dando
l’impressione che la
facciata dell’hotel fosse ricoperta d’oro e pietre
preziose.
Non che l’interno non le
ricordasse
antichi manieri europei, o eleganti ville dell’East Coast; la
zona dell’ampio
camino, posto all’entrate, era una delle preferite degli
ospiti, che vi
stazionavano a lungo per leggere, o chiacchierare in tutta
tranquillità.
In generale, Emily si era sempre
trovata bene, allo Sheraton e, più di una volta, si era
incontrata lì con la
madre o con Jamie, quando si erano
trovati
di passaggio in Colorado.
Sua madre, per l’appunto,
l’aveva
chiamata il giorno prima per confermarle la sua presenza in
città, in vista del
gala benefico che stava organizzando nella Majestic
Ballroom dell’albergo.
Emily non aveva trovato alcun
motivo
per non andare e, dopo aver lasciato Cleo a Gilda – con la
promessa di una
bella bistecca per la sua cagnolona – era partita alla volta
di Denver per incontrare
madre e fratello.
Erano circa sette mesi che non si
vedevano, poco meno con Jamie – che aveva incontrato durante
le festività
natalizie –, ed Emy non sapeva esattamente come sentirsi.
Sua madre le mancava, ma sapeva
bene
cosa volesse dire per entrambe, incontrarsi. Ciò che lei le
riferiva, finiva
inevitabilmente con l’essere poi riportato anche a suo padre,
e non sempre
Emily era entusiasta di far sapere a Jordan Poitier come lei vivesse la
sua
vita.
A dirla tutta, erano ben poche le
cose
che Emily voleva che lui sapesse, a parte che non lo aveva ancora
perdonato.
Aveva avuto solo otto anni quando,
una
notte di inizio maggio, i rapitori l’avevano strappata al suo
letto e ai suoi
affetti, complice un vernissage a
cui
i genitori avevano partecipato.
Per fortuna, il suo fratellino
Jamie si
era recato da amici per un pigiama party, quindi i rapitori avevano
potuto
scegliere solo lei per quell’aggressione mirata.
Dopo aver disinserito
l’allarme
generale, con l’aiuto compiacente di un dipendente della
ditta di sicurezza –
avevano scoperto poi, durante il processo –, erano riusciti a
penetrare entro i
confini della villa e penetrare nell’abitato.
La balia era stata stordita con un
colpo alla nuca, colpo che le aveva provocato una lesione permanente al
midollo
spinale, costringendola per tutta la vita su una sedia a rotelle.
Quanto ai
cani, avevano subito una sorte ben peggiore.
I genitori li avevano trovati nel
viale
d’ingresso, sdraiati l’uno accanto
all’altro ed entrambi uccisi da una dose
letale di veleno, inoculata grazie a due dardi sparati da un fucile.
Erano seguiti cinquantadue
interminabili, estenuanti giorni rinchiusa in una fredda e umida grotta
degli
Adirondack, nei pressi del Giant Mountain.
Di quel periodo, Emily ricordava
ogni
dannatissimo secondo, ogni più piccolo sgocciolio della
roccia, ogni
discussione dei suoi rapitori… persino i buffi origami che
era stato solito
regalarle Ray.
Al pensiero del giovane Ray
Woodword,
Emily sorrise beffarda. Suo fratello Simon lo aveva sempre chiamato ‘scemo’, almeno
durante il periodo di
prigionia che lei aveva trascorso con loro. Tutto questo,
perché Ray aveva
deciso di prendersi cura della loro potenziale miniera d’oro,
della piccola che
avevano rapito per fare soldi.
Né Simon né
Vince, l’altro rapitore,
avevano preso l’iniziativa di occuparsi di una bambina di
otto anni, spaventata
da quell’incubo a occhi aperti in cui era capitata suo
malgrado.
Alla fine, Ray aveva potuto contare
su uno
sconto di pena proprio grazie alla sua testimonianza. Non se
l’era mai sentita
di infierire su Ray, per quanto anche lui avesse partecipato al suo
rapimento.
Da quello che ricordava, sarebbe
uscito
di prigione da lì a qualche mese.
Il fruscio delle porte a vetri che
si
aprivano dinanzi a lei la riportò al presente, scacciando
dalla sua mente quei
pensieri opprimenti e di cui avrebbe fatto volentieri a meno per il
resto della
sua vita.
Avanzando a passo spedito
attraverso l’atrio
dai colori tenui e il lucido pavimento in marmo color crema, Emily
giunse
infine al banco informazioni e lì, educata, chiese della
madre.
Un giovane in livrea color
antracite la
salutò educatamente, controllò in fretta sul suo
computer dopodiché la
indirizzò allo Sheraton Club, di cui la madre era socia.
Dopo aver ringraziato
l’inserviente,
Emily attraverso quindi un secondo atrio, dai toni dell’oro e
del rosso,
stavolta, lasciandosi alle spalle diverse persone ferme
all’accettazione e
bambini sorridenti che si rincorrevano tra loro.
Raggiunta che ebbe la porta che
conduceva al club, vi trovò un usciere che già
conosceva e che, vedendola, le
sorrise per poi dirle: “Miss Poitier, buongiorno. La madre e
il fratello la
attendono al solito tavolo nei pressi delle scacchiere.”
“Buongiorno, Carl. Ti
ringrazio molto.”
Con un sorriso e un saluto di
commiato,
si introdusse quindi all’interno del club, dalle linee
innovative e moderne, i
colori sobri e ampie vetrate che lasciavano intravedere la piscina
dell’albergo.
Proprio come riferito da Carl,
Jamie e
sua madre si trovavano nei pressi delle scacchiere in alabastro
– dove un paio
di ragazzi stavano giocando con aria tesa e impegnata – e,
dopo essersi fatta
vedere, li raggiunse.
Accomodatasi su un divanetto color
cipria, poggiò il soprabito di lana secca sul posto lasciato
libero per lei e
salutò i familiari con affettuosi baci sulle gote.
A quel punto, magicamente li
raggiunse
un cameriere in livrea che, consegnato al gruppo il menù,
mormorò un benvenuto
e si allontanò discretamente.
Emily sorrise divertita, di fronte
a
quel servizio così pieno di attenzioni, e
sussurrò: “Da Gilda mi avrebbero dato
una pacca sulla spalla e mi avrebbero rifilato subito dei quadretti di
pizza.”
“E’ per questo
che la adoro. Dimmi, è
sempre convinta a non volermi sposare?” asserì
Jamie, scorrendo velocemente il
proprio menù con i chiari occhi grigi.
In questo, lui ed Emily si
assomigliavano ma, contrariamente alla sorella – che poteva
vantare naturali
capelli biondo platino – Jamie li aveva castano chiari e
tendenti al rosso. Per
quanto le spiacesse ammetterlo, lei assomigliava al padre tanto quanto
il
fratello alla madre.
“Gilda ama troppo suo
marito per
scappare con te, e poi continua a dirmi che la tua è solo
una passione
passeggera, e che non può fidarsi dei bellocci come
te” ghignò Emily,
ammiccando al fratello.
“Così mi
spezza il cuore!” esalò Jamie,
portandosi una mano al petto con fare desolato.
Emily rise sommessamente e Jamie,
ammiccando comicamente alla sorella, levò una mano per dare
il cinque alla
sorella maggiore.
Sorridendo a entrambi i figli,
Margareth non poté che essere felice del loro evidente
affiatamento, ma le
spiacque che al marito non fosse riservato lo stesso trattamento.
La vicenda che aveva sconvolto la
vita
della sua famiglia era ben radicata nella
memoria di tutti loro e, per quanto fosse convinta che il
marito avesse
sbagliato, a suo tempo, non se la sentiva di mantenere le distanze da
lui.
A
quel tempo, Margareth aveva ampiamente
discusso con il marito in merito alla decisione sciagurata di non
pagare il
riscatto per riavere indietro la figlia ma, ugualmente, aveva
continuato a
supportarlo. Ad amarlo.
La sciagura che ne era seguita,
poi,
l’aveva convinta a non lasciare solo il marito. Due traumi a
così breve
distanza l’uno dall’altro, sarebbero stati
difficili per chiunque, da
sopportare.
Il dolore genuino di Jordan,
così come
i tentativi dell’uomo di recuperare un rapporto di qualsiasi
genere con la
figlia, l’avevano altresì convinta della sua buona
fede. Convincere Emily e
Jamie a dargli credito, però, era stato tutt’altro
affare.
Jordan non le aveva mai spiegato i
motivi di quella scelta, e suo cognato Armand –
così come sua cognata Bérénice
– non si erano mai espressi in tal senso, con lei,
così come i vecchi Poitier.
Ciò che poi era successo
a Bérénice,
aveva complicato ulteriormente le cose.
La fuga rocambolesca di Emily aveva
evitato il peggio – i rapitori avevano parlato di un
ultimatum davvero
terribile – ma, da quel momento, niente era più
stato lo stesso.
Prima
Bérénice, poi Emily… era stato un
susseguirsi di emozioni fin troppo forti, per Jordan, e Margareth non
aveva
avuto la forza o la volontà di alzare un muro tra di loro.
Aveva dovuto pensare
innanzitutto a mantenere salda la famiglia.
“Mamma” disse
per la terza volta Emily,
sorridendole comprensiva.
Margareth si riscosse da quei
ricordi
dolorosi e si limitò a esporre un gran sorrisone, che
però non bastò a
ingannare Emily, la quale chiosò: “Non basto io a
pensare a quei momenti? Ti ci
devi mettere anche tu?”
Sospirando, la donna scosse una
mano –
richiamando così inavvertitamente anche il cameriere
– e borbottò: “Sto
diventando vecchia, se mi scopri con così tanta
facilità.”
“Te l’ho
già detto. Tu non sarai mai
vecchia” replicò Emily prima di veder giungere a
passi eleganti il cameriere.
“Può portarci tre flute di Sauvignon Blanc della
Napa Valley? Un 2013, grazie.
E anche qualche pasticcino. Se possibile, con la granella di
nocciole.”
L’uomo assentì
elegante e le parlò
delle torte preparate quel giorno dallo chef, che trovarono il pieno
plauso
della giovane.
Rimasti nuovamente soli, Emily
chiosò:
“Ho pensato che la cioccolata calda con dei marshmallow lo
avrebbero sconvolto,
così ho preferito fare la sofisticata.”
“Con gli otto gradi che
ci sono fuori,
in effetti, sarebbe stato il massimo…”
assentì Jamie. “…ma va detto che qui
dentro ce ne sono venti, e non ce la saremmo davvero goduta appieno.
Comunque,
rasserenati, il fronte freddo ha i giorni contati e, entro breve,
potrai dire
anche tu che è primavera.”
“Hai studiato il meteo
locale, per
caso?” ironizzò Emily.
“Tesoro, quando vengo a
trovarti, devo
sempre pensare a cosa mettere in valigia, se voglio evitare che mi si
congeli
tutto” sottolineò il giovane con tono falsamente
snob.
Margareth ed Emily sorrisero
divertite
e, quando le loro ordinazioni vennero servite, quest’ultima
propose un brindisi
e chiosò: “Alla cioccolata calda che non
abbiamo preso. Che le piantagioni continuino a produrre fave
di cacao in
eterno, così che la si possa bere anche in futuro.”
I tre brindarono a quello strano
anelito e Jamie, nel sorseggiare il proprio vino – servito
alla temperatura ideale,
così che fosse fresco e aromatico al palato –,
celiò: “Non capisco come tu non
soffra di diabete, visto il cioccolato che mangi mediamente durante
tutto
l’arco dell’anno.”
“Sono brava a
centellinarlo” sottolineò
Emily.
“Centellinarlo…
fai così anche con gli
uomini? Non mi hai ancora chiamato per dirmi che devo sistemare qualche
giovanotto troppo esigente!” ironizzò Jamie,
guadagnandosi un’occhiataccia da
parte della sorella.
“Tu sei a schema fisso.
Sembra che una
donna non possa fare a meno di un uomo, per vivere.”
“No, cara. Precisiamo.
Non possono fare
a meno di me … ma,
visto che sono tuo
fratello, ahi te, non posso servirti a niente”
precisò Jamie, scatenando la
risatina della madre e il sospiro esasperato di Emily. “Per
questo ti chiedevo
se, grazie a qualche mistero recondito, tu fossi riuscita
nell’impresa titanica
di trovare qualcuno di speciale come il sottoscritto.”
“Dio! Dalla volta in cui
lo hanno
dichiarato il più sexy del circolo nautico, abbiamo finito
di star bene”
brontolò Emily, buttandosi sulla sua fetta di torta alle
nocciole tonde del
Piemonte e crema al cioccolato.
“Non dare la colpa a me,
se le donne mi
hanno reputato così affascinante e sposabile.”
“Ecco, appunto. Sposati,
Jamie. Trovati
una donna che sopporti il tuo ego smisurato e fammi felice”
lo pregò a quel
punto Emily, sorridendo per alleggerire quel rimbrotto.
Jamie però rise di
gusto, scosse il
capo e replicò: “E togliermi il gusto di scegliere
con cura? No, cara. In
questo sono come te. Non è facile trovare una donna che
rispecchi i miei
desideri.”
“E quali sarebbero,
adesso? L’anno
scorso erano ‘bella, divertente e
chiassosa’. Stavolta come dovrebbe
essere?”
Tornando serio, Jamie
afferrò una mano
della sorella, la sollevò fino a sfiorarle con le dita
l’interno del polso e
mormorò: “Deve essere coraggiosa, indipendente e
fiera. Non mi interessa che
sia miss Universo, o che abbia il conto in banca di Creso. Il problema
è che,
l’unica che conosco a essere così, è
mia sorella, e onestamente non voglio
macchiarmi di incesto.”
“Neppure io,
credimi” ironizzò lei,
afferrando quelle dita per stringerle tra le proprie.
“Lisbeth ha combinato
qualcosa, vero?”
Margareth assentì con
fare indispettito
e Jamie, ritirando a malincuore la mano, borbottò:
“E’ stata un
po’ troppo chiassosa, a quanto pare.
L’hanno beccata a un festino a luci rosse assieme al senatore
Patterson che,
come ben sai, è sposato e con tre figli al
seguito.”
Emily sgranò gli occhi
per lo sgomento,
esalando: “Ecco cosa succede a guardare poco la televisione.
Non l’avevo affatto saputo!”
“Oh,
tranquilla… non è colpa tua. Non
l’hanno di certo pubblicizzato” brontolò
piccata Margareth. “Noi lo sappiamo
per gli ovvi motivi che tu ben
sai.”
Scrutando spiacente il fratello,
Emily
allora mormorò: “Scusa se devo sottolinearlo,
Jamie… ma te l’avevo detto.”
“Lo so, lo so.
E’ per questo che ho
deciso di pormi come ideale qualcuno come te. Direi che così
non posso
sbagliare, anche se rischio di restare solo come un uomo onesto in
parlamento.”
“E limitarsi ad aspettare
che qualcuna
ti faccia battere forte il cuore, senza doverle fare il terzo grado per
scoprire se corrisponde alla tua lista?” ipotizzò
con ironia Emily.
Jamie si limitò a
scrollare le spalle
prima di mormorare: “Non mi fido molto del mio
intuito.”
“Amen”
chiosò la sorella. In effetti,
con Lisbeth si era lanciato alla cieca, e la lista dei suoi pregi era
nata dopo il loro primo
appuntamento.
Dopotutto,
forse, non era il caso di fare affidamento sulla spontaneità
di Jamie. La sua
lista poteva essere un buon metodo per non finire nei guai.
Sistemato che ebbe gli orecchini di
perle, Emily si ammirò nell’ampio specchio tondo
del bagno e, attenta,
controllò che il lungo abito a sirena in raso color ghiaccio
cadesse alla
perfezione.
Contenta del risultato,
abbinò al
vestito delle décolleté nere di Michael Kors e,
dal comò, recuperò la sua
clutch trapuntata nera di Chanel.
Al collo portava il semplice giro
di
perle che le aveva regalato mamma per i suoi ventuno anni, mentre
braccia e
mani erano liberi da orpelli, a parte i suoi onnipresenti braccialetti
in
argento e lapislazzuli.
Era strano abbigliarsi in modo
così
elegante quando, per il resto del tempo, era solita indossare pantaloni
da
trekking, camice di flanella e maglie di cotone.
Non le dispiaceva mettersi in
ghingheri, ogni tanto, e quel gala cadeva a pennello, ma le mancava
già la sua
Cleopatra, e sarebbe tornata volentieri a Nederland, una volta
terminata quella
festa.
Non era mai stata a suo agio, in
quegli
ambienti, e la maturità non l’aveva cambiata.
In quel momento, il cellulare
squillò
e, nell’accettare la videochiamata, sorrise a Gilda e
– sorpresa sorpresa – a
Parker che, a quanto pareva, stava facendo coccole spudorate a
Cleopatra.
“Tesoro! Santo cielo, sei
splendida!”
esordì Gilda, facendo tanto d’occhi nel vederla
attraverso la microcamera del
cellulare.
Emily sorrise, ringraziandola e,
indicando poi alle spalle della donna, domandò:
“Che succede, Gilda? Qualcuno
si sta facendo comprare?”
Scoppiando a ridere, Gilda
assentì e
ammise: “Parker è passato di qui mezzora fa per
ordinarmi della pasta
all’amatriciana e, quando ha visto Cleo, le si è
incollato come una cozza.”
“Non sono una splendida
cozza, però?”
ironizzò dal fondo del locale Parker, facendo scoppiare a
ridere la padrona di
casa.
Anche Emily rise di gusto e,
nell’asciugarsi una lacrima d’ilarità,
domandò: “Cozze a parte, va tutto bene?”
“Ma certo, cara. Cleo
è uscita con Cooper
per una passeggiata e, da quel che ho capito, Parker la
ospiterà per la notte
perché, povero ragazzo, si sente solo tra queste
montagne” ironizzò Gilda,
ammiccando all’indirizzo dell’uomo che, in quel
momento, stava spupazzandosi
Cleopatra.
Emily non poté che
esporre alla
telecamera un sorriso enorme, cui corredò un ‘povero
bambino sperduto’ gorgogliato con tono allegro.
“Prendete, prendete in
giro, streghe
malefiche asservite al male” borbottò con ironia
Parker, sollevandosi
finalmente in piedi. “Io sono abituato agli spazi aperti,
alle vacche che
pascolano, non ai lupi che sbucano sui sentieri e ti guardano come se
fossi un
alieno!”
“Oh… ti
è già successo?” ironizzò a
quel punto Emily.
Parker sollevò una mano
per mandarla al
diavolo e Gilda, sorridendo alla giovane, chiosò:
“Questi uomini delle pianure…
comunque, scherzi a parte, a te sta bene?”
“Per me non ci sono
problemi. Vedo bene
che Cleo non ha timore a stare in sua compagnia,
perciò…” scrollò le spalle
la
giovane, sollevando la mano libera per disegnare un ok
con le dita.
“A buon
rendere” le disse allora
Parker, strizzandole l’occhio.
Gilda a quel punto tornò
seria, abbassò
la voce e disse: “Divertiti, tesorino, e non pensare a Cleo.
Ci occuperemo di
lei come se fosse figlia nostra.”
“Lo so. E’
anche per questo che ve la
affido senza paura. A domani” disse Emily, chiudendo la
videochiamata con un
bacio.
Emily rimase piuttosto colpita da
quella
chiamata, perché Cleopatra – per quanto docile
– non dava mai tanta confidenza
agli estranei. Era evidente che Parker rientrasse nelle sue simpatie al
pari di
Anthony, per cui stravedeva.
Il quieto bussare alla porta della
sua
stanza d’albero la spinse a volgere lo sguardo e, dopo un
breve assenso,
sorrise nel veder entrare il fratello.
Per quel gala, Jamie aveva puntato
sul
classico, con un elegante smoking di Gucci che gli calzava a pennello,
camicia
bianca immacolata e un papillon ripiegato alla perfezione.
Ai polsi portava i gemelli di
famiglia,
con la P dei Poitier messa in evidenza dalla madreperla che li
ricopriva.
“Sei un
figurino” disse Emily,
pensandolo davvero.
“E tu mieterai vittime.
Sei dimagrita
ancora, Emy?” le domandò Jamie, aggrottando
leggermente la fronte.
“Un paio di
chili” ammise suo malgrado
Emily, sospirando. Quando gli incubi tornavano, perdeva anche
l’appetito.
Jamie sbuffò leggermente
e, dopo aver
controllato l’ora sul suo Rolex in platino,
mormorò: “Mamma ci aspetta. Sei
pronta?”
“Andiamo pure”
assentì lei, accettando
il braccio offerto dal fratello. “Niente da dire?”
“So già
perché dimagrisci, sirenetta,
perciò non ho bisogno di spiegazioni”
replicò lui, torvo in viso. “Penso che
verrò a trovare Cleo per un po’. In ditta possono
anche fare senza di me, per
qualche settimana.”
Bloccandosi a metà di un
passo, Emily
lo fissò sconcertata e borbottò:
“Settimana?”
“Non mi ospiteresti? Devo
pur trovare
il modo di fare la corte a Gilda, no?” sottolineò
Jamie, ammiccando.
Emy lo fissò esasperata,
riprendendo a
camminare verso l’ascensore per poi borbottare: “Ci
mancavi solo tu, a volermi
controllare a vista.”
“Chi altro ti controlla a
vista?”
ironizzò lui.
Nel salire nella cabina
rettangolare
dell’ascensore, Emy mugugnò: “Lo sai
bene. Gilda e lo sceriffo sono peggio di
due mastini, e poi…”
Un silenzio imbarazzato scese ad
ammorbare l’aria e Jamie, fattosi serio, mormorò:
“Anthony?”
“No… beh,
sì. Ma anche no” balbettò
incoerentemente lei, prima di maledirsi per la propria insicurezza.
“Insomma, è
la quintessenza dell’educazione, della pazienza e della
ragionevolezza, e io mi
sento un’idiota per la metà del tempo, e per
l’altra metà una stronza.”
“Non
c’è male” chiosò il giovane,
fischiando per la sorpresa.
Jamie conosceva benissimo i
trascorsi
della sorella con Anthony, figlio del titolare dell’elegante
albergo dove sua
sorella aveva soggiornato durante il primo periodo a Nederland, e
capiva bene
perché Emily si sentisse a disagio.
Era difficile non esserlo, sapendo
di
aver quasi fatto impazzire un brav’uomo nel verso senso della
parola, e tutto a
causa delle proprie idiosincrasie.
La sorella non era mai scesa nei
dettagli, ma gli aveva fatto capire come, la crescente intesa tra lei e
Anthony, l’avesse mandata nel pallone in un momento di
intimità.
Le sue paure erano saltate fuori
quasi
come una carica di cavalleria, ed Emily aveva avuto
un’autentica crisi di
panico.
Anthony era stato fin troppo dolce
e
paziente, e le aveva detto di comprendere e, da quel poco che Jamie
sapeva, lui
l’aveva semplicemente lasciata andare, dandole spazio e tempo
per riflettere.
Per vivere la sua vita.
Per riappropriarsi di se stessa,
innanzitutto.
L’evidente disagio della
sorella poteva
voler dire molte cose, ma Jamie non se la sentì di indagare
oltre. Non era
quello il momento.
Le porte dell’ascensore
si aprirono
dinanzi a loro, lasciando che le luci calde della hall li avvolgessero
col loro
calore e Jamie, avanzando assieme alla sorella, mormorò:
“Andiamo a divertirci,
sorellona.”
“Quando mai non
è successo?” replicò lei, sorridendo.
Ampi lampadari in stile liberty si
allargavano sul soffitto a cassettoni color crema e oro, mentre
stupendi vasi
ricolmi di fiori si slanciavano verso l’alto dagli ampi
tavoli imbanditi per
l’occasione.
Sulle pareti color Terra di Siena
erano
stati appesi i ritratti di coloro che sarebbero stati i protagonisti
della
serata; il corpo dei Vigili del Fuoco di Denver. La sera di Natale,
avevano
salvato la vita a non meno di quaranta persone, in totale sprezzo del
pericolo,
e due di loro avevano perso la vita nell’adempimento del
proprio dovere.
Per onorarli, la città
aveva officiato
dei funerali di Stato per le due vittime del rogo – avvenuto
all’interno di un hospice
– e intrapreso diverse attività
atte a sostenere le famiglie e il Corpo.
Harry Cunningham, fratello di
Margareth
ed ex Vigile del Fuoco volontario, aveva voluto contribuire a sua volta
a dare
una mano e, grazie alla sorella, aveva messo in piedi quel vernissage per raccogliere fondi per la
causa.
Margareth aveva intrattenuto i
circa
trecento ospiti con un breve discorso introduttivo prima di dare il via
alla
festa vera e propria, cui era seguita una cena e un ballo in grande
stile.
In quel momento, Margareth stava
parlando
con alcuni imprenditori dell’acciaio di Seattle, tutti
apparentemente incantati
dalla sua parlantina sciolta e il suo charme. Emily la
osservò mettere in campo
tutto il suo fascino e la sua arguta intelligenza, le stesse
qualità che avevano
fatto capitolare il vecchio Poitier, facendola accettare nella ricca e
potente
famiglia del futuro marito.
“Mia sorella mi sorprende
sempre. Come
al solito, anche questo gala è splendido”
esordì una voce alle spalle di Emily.
Volgendosi a mezzo, la giovane
sorrise
all’uomo magro ed elegante che le stava innanzi e,
abbracciandolo con calore,
mormorò: “Zio Harry. Che bello vederti!”
“Tesoro, devo dirtelo.
Diventi più
bella ogni giorno che passa.”
Accentuando il suo sorriso, Emy si
scostò per scrutare l’uomo, alto di statura e dal
portamento elegante e fiero.
Nessuno avrebbe potuto mettere i piedi in testa a Harry Cunningham, di
questo
Emily era più che certa.
Il suo carattere deciso, la sua
capacità imprenditoriale e, non da ultimo, la sua simpatia,
lo avevano aiutato
non poco, quando aveva iniziato a lavorare in campo minerario. Come
accadeva in
molti ambiti, anche quello era dominato da vecchie e prestigiose
famiglie, ed
essere figli di operai non aiutava a farsi notare.
Il suo operato – e il suo
fiuto per gli
affari – avevano però creato la magia perfetta e,
giunto all’età di sessantatre
anni, Harry era uno dei magnati più importanti nel suo campo.
“Dove hai lasciato zia
Maude?” si
chiese Emily, guardandosi intorno.
“Oh, è a casa
con Kathleen e Susan.
Sono riuscite a farsi espellere all’unisono da Dartmouth, e
dobbiamo ancora
scoprire perché” ironizzò Harry, i
chiari occhi azzurri spalancati per lo stupore
e l’ironia.
Scoppiando in una risatina limpida,
Emy
esalò: “Credo che entrerà negli annali
della famiglia!”
“I gemelli sono sempre
stati dei
peperini, ma stavolta pare che abbiano dato il meglio di loro
stessi” chiosò
l’uomo, parlando con un certo orgoglio delle proprie figlie
minori. “Ho visto
tuo fratello, prima. Sembra in forma, nonostante il caos provocato da
Lisbeth.”
“Jamie è una
roccia ma non dubito che,
dentro di sé, si sia rammaricato non poco di averle dato
corda” ammise Emily,
sorseggiando del buon vino californiano.
“Certe donne
attirerebbero nei guai
anche un santo” motteggiò Harry, brindando assieme
alla nipote.
“A proposito di santi, il
tuo geologo
doveva recarsi alla Saint Mary
proprio in questi giorni, da quel che so” chiosò
Emily, fissando piena di
curiosità lo zio.
Zio che, sgranando leggermente gli
occhi, esalò confuso: “Saint… Mary?
Mio… geologo? Parli per enigmi, cara?”
“La Saint
Mary è una vecchia miniera, e il geologo
è Parker Jones” gli rammentò lei,
sorridendo melliflua.
“Oooh”
mormorò lui, annuendo ora con
vigore. “D’accordo, la mia memoria sta cominciando
a mostrare i primi segni di
cedimento. Dimenticavo che i ragazzi hanno appaltato i lavori a una
piccola
impresa di città. Ho
ricevuto il
primo resoconto giusto l’altro ieri.”
“Quindi, sei davvero
interessato a
riaprire qualche miniera nella zona?”
“Tesoro, il mercato
è mutevole come il
carattere di una donna…” ironizzò
l’uomo, facendola sorridere divertita.
“… ma,
più di tutto, lo sono i malati di tecnologia. E la
tecnologia richiede minerali
nobili che, guarda caso, venivano estratti in zona. Sto solo cercando
di capire
se, a tutt’oggi, valga la pena riaprire qualche
sito.”
“Io non c’entro
niente, quindi.”
“Ti amo davvero tanto,
Emy…” le sorrise
Harry, dandole un buffetto sul braccio. “… ma non
ficcherei mai il naso a
questo modo nei tuoi affari. Mi basta chiamarti, se voglio sapere come
stai.”
“Vero” ammise
lei. In effetti, suo zio
non si era mai fatto grosse remore, nel chiamarla, ed Emy ne era stata
ben
felice. Tutt’altra storia era stata con zio Armand, che
invece si era defilato
subito dopo la fine del processo.
Fosse stato a causa di zia
Bérénice, o
per qualche altro motivo, lo zio non si era quasi più fatto
sentire.
Con zio François,
invece, il piccolo di
casa Poiter, intratteneva una lunga e prolifica amicizia epistolare.
Quasi
obbligata, tra l’altro, visto che François
viaggiava per il mondo per quasi
undici mesi l’anno.
In parte, le spiaceva non avere lo
stesso rapporto con suo padre, ma non se la sentiva davvero di
perdonarlo,
nonostante lui avesse tentato in tutti i modi di riallacciare i
rapporti.
La ditta aveva contato molto
più di
lei, a suo tempo, e su questo non sarebbe mai passata sopra.
“Sirenetta…
esci da lì. I tuoi occhi si
sono fatti tristi” sottolineò Harry, ammiccandole
comprensivo.
Era buffo come suo zio fosse sempre
stato capace di leggerle dentro. Prima ancora di sua madre, prima
ancora di
Jamie.
Lei assentì,
scacciò i brutti pensieri
e tornò a dedicarsi a Harry, dicendo: “Comunque,
volevo farti sapere che Parker
Jones mi sembra un tipo competente. Si è messo subito al
lavoro, senza
aspettare, e trasporta tonnellate di macchinari tutto da
solo.”
Sorridendo divertito, Harry
dichiarò: “Oh,
ricordo bene quanto pesano le trivelle, i carotatori e
quant’altro. Mi spiace
però sapere che il suo titolare lo abbia mandato da solo.
Forse, avrei dovuto specificare che
era un appalto per almeno due persone. Quindi,
tu mi dici
che è un tipo affidabile? E come lo sai?”
Irrigidendosi leggermente, lei
borbottò: “Non pensare subito male. L’ho
solo accompagnato alla Cold Snow.
Inoltre, piace a Cleo.”
“E con questo chiudiamo
la partita. Se
piace a Cleopatra, io sono a posto” chiosò Harry,
sfregandosi le mani
soddisfatto.
Ridendo divertita, Emily
esalò: “Se
farà dei cuccioli, te ne regalerò
senz’altro uno.”
“Non vedo
l’ora” asserì l’uomo, prima
di fare un cenno a qualcuno.
Emily non fece in tempo a volgersi
che
Jamie le avvolse la vita con un braccio, attirandola a sé
per un bacio
spontaneo sulla tempia.
Quel gesto improvvisato e
tutt’altro
che naturale, per il fratello, la fece però irrigidire tutta
e Jamie,
spiacente, allentò subito la presa e mormorò:
“Ops. Scusa. E dire che dovrei
saperlo.”
“Non fa niente. So che
sei tu. E’ solo
un riflesso” replicò lei, appoggiandosi quindi
contro al fratello per farsi
perdonare.
Era inutile. Per quanto si
sforzasse,
il suo corpo reagiva malamente a qualsiasi cosa a cui lei non fosse
seppur
lontanamente pronta, ivi compresi gli abbracci spontanei del fratello.
Si demoralizzava ogni volta, al
pensiero di ferirlo, ma non era ancora riuscita a trovare il modo per
evitarlo.
Jamie allora le sorrise e
spostò il
braccio dalla sua vita alle sue spalle, così da renderle
più semplice accettare
la sua presenza.
Era difficile, per lui, sopportare
simili distanze, poiché era sempre stato molto affettuoso e fisico, negli atteggiamenti,
specialmente dopo il rapimento.
Forzarlo a essere meno espansivo era paragonabile a tarpare le ali a un’aquila, ed Emily lo sapeva bene, ma sperava di poter risolvere anche quel problema, un giorno.
N.d.A.:
Piccolo spaccato mondano della vecchia vita di Emily, a cui lei non si
è mai abituata. Facciamo anche la conoscenza con suo
fratello Jamie, la madre Margareth e suo zio Harry, scoprendo
altresì che i rapporti con la famiglia Cunningham sono
decisamente migliori rispetto a quelli con la famiglia Poitier (con
l'eccezione di zio François). Sarà solo a causa
del rapimento di Emily, o ci sarà dell'altro? E
cos'è successo a Bérénice? Tenete a
mente la sorella di Jordan e Armand, perché avrà
un ruolo piuttosto importante, nel passato di Emily.