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Autore: Manu_00    27/07/2021    6 recensioni
[Hazbin Hotel]
Uscita viva dall'ultima litigata con Innozenz, Mihaela è stata ingaggiata per indagare su un'attività di scavi presso il complesso della metropolitana di Pentagram City.
Avventuratasi nel grande mondo sotterraneo formato da linee della metro iniziate e mai portate a termine, deposti di gang criminali, rifugi improvvisati ed evidenti sintomi della megalomania di qualche overlord, dovrà avvalersi di una guida per non smarrirsi.
Anche se, tutto sommato, tra la compagnia della guida ed il perdersi sotto terra, non saprebbe dire quale sia l'alternativa peggiore.
[Seguito diretto di Radioactive]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo


Indifferente al sole estivo che le ardeva negli occhi, se ne stava supina a riprendere fiato, sorda ai rumori dell'esercitazione che, senza di lei, andava avanti.
Non aveva bene in mente la dinamica dell'incidente, doveva avere messo male la mano sulla parete da scalata in legno, ed era precipitata a terra come un sacco di patate.
Ciò lo faceva più male nell'orgoglio che nel fisico, non l'avrebbero presa di certo con delle prestazioni così mediocri.
E lei ci teneva ad essere presa, la sua carriera le era parsa così chiara sin dai primi anni delle superiori, se non già dai tempi delle medie, e la sola idea di mandare in vacca tutti i suoi progetti per accontentarsi di un mediocre impiego nella polizia, come impiagata comunale o, peggio ancora, come assistente alla bottega di papà era talmente devastante da rivoltarle lo stomaco.
Figurarsi poi come l'avrebbe presa suo nonno, come minimo sarebbe rimasto stroncato da un infarto lì sul posto.
Sospirò, dopotutto non era questo quello che succedeva quando le aspettative si scontravano con il muro della realtà?
No, stava esagerando, un fallimento non avrebbe intaccato il suo avvenire, non doveva e non poteva succedere, schiena dolorante e orgoglio a pezzi o meno il suo futuro era stato determinato nel momento in cui aveva deciso di vestire la divisa della Securitate.
Rimettersi in piedi, scalare la parete e correre al punto di arrivo fu questione di attimi, ancor più brevi di quelli che aveva passato con il culo sul prato.
Era la loro ultima esercitazione quel giorno, e nel tempo di un battito di ali stava di nuovo pancia all'aria, anche se in un posto più distante, uno dove nessuno poteva camminarle addosso.
Tutto quello che c'era stato in mezzo da quando era caduta la prima volta a quando si era sdraiata divenne pura transizione, e lei fu presto nella stessa situazione di prima, ma senza lo sporco sul culo ed il sole negli occhi.
Stare sdraiata a guardare il vuoto l'aiutava a pensare, o sarebbe più corretto dire che la aiutava a non pensare, perché per la figura di prima si sarebbe voluta strappare la lingua a morsi e chiudersi nel deposito più vicino.
Se non altro non potevano rimproverarle di non essere motivata.
Rimase a fissare il cielo spoglio per un breve ma non definibile lasso di tempo, finché un volto conosciuto non fece capolino di fronte al suo viso, e anche se mezza accecata dall'azione del sole, riconobbe la capigliatura corvina e il viso affilato di Mircea.
<< Mangiamo qualcosa? >>
Sorrise, il suo caro Mircea aveva imparato che offrirle da mangiare era il metodo più efficace per distoglierla dai brutti pensieri, specie se significava che offriva lui, da bravo collega.
Ricambiando il sorriso, si alzò in piedi, pronta a scroccargli il pranzo.
Il compagno le mise il braccio sulle spalle << Va tutto bene. >>
Cosa che invece non aveva ancora imparato, era che dirle “va tutto bene” aveva il risultato di confermare le sue ansie più che allontanarle, ma era una cosa che perdonava volentieri allo sciocco, specie ora che stava offrendo.
Si sforzò di sorridere, anche se era certa di non avere un bel sorriso, e spostò i suoi occhi scuri su quelli chiari di lui...


<< Buongiorno, dormito bene? >>
<< Ah! >>
Mihaela dovette aggrapparsi al materasso con tutte le sue forze per non cadere sul pavimento, mentre la sua ospite se la rideva allegramente.
“Maledetta, mi farai prendere un infarto!”
<< Scappi? Eppure eri così affettuosa questa notte... >>
Prima che la demone radioattiva avesse anche solo modo di risponderle, la sua testa fu attraversata dalla famigliarissima fitta post-sbornia, ed ebbe bisogno di una decina di secondi per superarla e rimettere in ordine i pensieri.
<< Ti ho detto che... non dovresti svegliarmi così. >>
<< Infatti ti ho solo salutata, non incolpare questa povera demone! >> recriminò la sua ospite portandosi una mano sul petto.
Finito di massaggiarsi la fronte, Mihaela alzò i suoi occhi radioluminescenti sulla (parecchio) formosa silhouette di una demone dai capelli fucsia e le corna ricciolute.
Sì... aveva bevuto fino a stordirsi per poi usufruire dei servigi- no, della compagnia di Melanie, che ora se ne stava sdraiata su un fianco davanti a lei con il gomito appoggiato sul cuscino e la testa raccolta sul palmo della mano, ovviamente in tutto questo le sue grazie erano posizionate in modo tale da essere ben accessibili agli occhi dell'altra.
Dovette fare appello a tutta la sua volontà per tenere lo sguardo fermo sui suoi occhi argentei, anche se non era tradizionalmente un'amante dei corpi femminili, doveva accettare che Mel costituiva l'eccezione alla regola, anche se in quel momento la mutaforma era tornata al suo stato originale.
Nel mentre la sua ospite, apparentemente fresca come una rosa nonostante si fosse scolata almeno il doppio delle lattine di birra, portò la mano sulla fronte della compagna, con un fare materno che Mihaela non sapeva se trovare intrigante o minaccioso.
<< Forse non dovevi bere così tanto. >>
<< Da che pulpito poi... >>
Una seconda fitta, Mihaela affondò il viso nel cuscino bestemmiando nella sua lingua natale, appena si fu ripresa spostò di nuovo lo sguardo all'altra demone.
<< Quindi, devo... >>
<< Inizierò ad offendermi se mi chiedi ancora se devi pagarmi. >>
<< Certo, scusa. >> sbadigliò per la prima volta in quella mattinata, spostando lo sguardo in giro per il suo appartamento, spoglio e deprimente come al solito, ma pulito, almeno per gli standard dell'inferno, e Melanie per fortuna era così gentile da non commentare a riguardo.
Non era la prima volta che consumavano qualcosa di molto piacevole nella sua stanza, eppure non riusciva ad allontanare la sensazione di inadeguatezza che le veniva nell'ospitarla nel suo umile loculo.
<< Io vado a fare colazione, raggiungimi quanto ti senti meglio, dolcezza. >>
Senza preavviso, la demone dai capelli fucsia le scoccò un bacio sulla guancia, per poi lasciare la coperta e donare a Mihaela la visione del suo corpo nudo che camminava e si piegava per la stanza alla ricerca dei vestiti abbandonati sul pavimento.
Entrambe le cose erano troppo per la demone radioattiva, che istintivamente si nascose sotto le coperte, dove poté sibilare liberamente tutti gli improperi che le passavano per la mente, mentre senza fretta alcuna, Melanie si rivestiva per la colazione.

Aspettò qualche minuto dopo che Melanie aveva lasciato la stanza prima di abbandonare il letto a sua volta, rivestirsi con il solito abito rovinato e inoltrarsi così nel corridoio con passo leggermente zoppicante...
<< Diamine, da ubriaca diventa spaventosa... >>
Come ogni mattina (mattina per lei, l'una di pomeriggio per gli altri), il corridoio era deserto, nell'istante in cui era uscita aveva sentito minimo due porte chiudersi con violenza e un suono di passi veloci in lontananza, giustamente nessuno vuole stare a portata di un demone radioattivo.
Non che evitarla servisse a qualcosa: le radiazioni attraversano le pareti e il corridoio era ormai una discarica di scorie, pensano che l'inserviente passi a ripulire il piano per pigrizia?
Passandosi una mano tra i capelli bianchi (un tempo biondi), Mihaela poteva consolarsi pensando che nessuno (proprietario compleso) sarebbe venuto da lei a lamentarsi per gli indesiderati rumori notturni provenienti dalla sua stanza, perché sicuramente erano state sentite dall'intero piano (se non dall'intero edificio): i muri avevano la consistenza del cartone e quando Melanie inizia, è difficile trattenere i...
Si morse i denti e tirò un cazzotto al muro: quello che succede nella sua stanza resta nella sua stanza, come se fosse la prima volta che gli ospiti dovevano sorbirsi i suoni molesti di qualche affittuario e della sua compagnia notturna.
Era un'anima dannata che abitava all'inferno, a questo punto il giudizio degli altri dovrebbe importare assai poco, specie quando sono troppo codardi per esprimerlo.
Stanca di rimuginare sui propri divertimenti notturni, si sistemò l'abito (comunque impresentabile a causa di tutte le pezze che ormai da tempo sostituivano parti strappate o bucate) un'ultima volta prima di scendere le scale (un ascensore sarebbe stato più che gradito).
Prendendosela comoda, si incamminò verso il piano terra avanzando su gradini scricchiolanti, uno dei quali, più soggetto all'azione dei tarli (tarli che, ne era certa, dovevano essere almeno tre volti più grandi di quelli del mondo umano) degli altri, minacciò di spezzarsi sotto il suo piede.
Evitato il capitombolo con un saltello in avanti (non senza una piccola fitta di dolore alle gambe, maledetta Melanie), continuò fino al piano terra passando sopra il legno sporco e accanto ai muri ammuffiti dell'appartamento, almeno finché non raggiunse la parte messa a nuovo, beh, messa a nuovo era un parolone, ma comunque si poteva distinguere dove le assi del pavimento parevano più libere da buchi e sporco: tendevano a presentarsi così quelle parti del piano terra e non che andavano a sostituire ciò che lei e Innozenz distruggevano nei loro litigi settimanali.
Mihaela si fermò per un istante, i suoi occhi, ed il suo corpo, presero a brillare più del solito di quella familiare e poco rassicurante luce verdastra: si era dimenticata del suo irritabile vicino, l'altro “grande mostro” dell'abitato, che proprio in quel momento doveva star pranzando da solo nella sala adibita a mensa comune.
Pranzando, giusto?
Ora che ci pensava, non aveva controllato la sveglia (i suoi occhi erano concentrati su qualcos'altro), ma se Mel non l'aveva svegliata difficilmente avrebbe aperto gli occhi ad un orario socialmente accettabile per contro proprio, specie dopo una nottata passata a bere e scopare.
Beh, non era importante, quella mattina andava di fretta, non aveva voglia di litigare, anche con il figlio deforme di Hitler.
Questione di pochi passi ed entrò nella grande e deprimente sala pasti, come previsto venne salutata dalla vista del corpo garguantesco del suo odiato vicino, che rivestito con la solita super tuta da scienziato nazista dispensatore di agenti tossici, stava utilizzando il suo braccio meccanico per inforchettare un pezzo di quella che sembrava una grossa salsiccia bianca.
Con la puntualità di un orologio svizzero, Innozenz, che a dispetto delle sue dimensioni da scaricatore di porto se ne stava sulla sedia con la compostezza degna di un rettore universitario, puntò la sua visiera rossastra (come al solito l'unica parte aperta della tutta era sotto la bocca per mangiare) sulla nuova arrivata.
<< È tanto chiedere di dormire nella propria stanza?! Se volevo sentire gemiti e urla mi sarei comprato un porno, e avrebbe fatto meno rumore! >>
Fedele ai suoi desideri, Mihaela non aveva voglia di litigare, si limitò a massaggiarsi la fronte con una mano e mostrargli il medio con l'altra, mentre con passo svelto si avvicinava alla macchinetta del caffè.
<< Potresti almeno rispondermi! Sai, puoi anche andare fuori se hai certe voglie! Vacca degenerata! >>
Altro medio, mentre con la mano libera posizionava la tazzina più pulita che era riuscita a trovare sotto l'erogatore.
Normalmente avrebbe risposto agli insulti, ma aveva ancora la testa pesante e Mel la stava aspettando fuori, per cui avrebbe rimandato le offese al nazista alla mattina successiva... e una colazione decente fuori da quel porcile di appartamento.
Appena il caffè fu pronto lo bevve tutto d'un sorso, faceva cagare come al solito, appoggiò la tazzina lì dove l'aveva presa e si incamminò fuori.
<< Almeno rimettila apposto, rossa! >>
Mihaela si girò, incrociando i suoi occhi luminosi con la visiera cremisi del nazistone.
<< Potrai dirmi cosa devo fare quando il tuo paese vincerà almeno una guerra, fino ad allora succhiami il cazzo. >>
Con una rapida torsione della schiena Mihaela si piegò di lato, mentre l'intonaco del muro alle sue spalle esplodeva in una nuvoletta di polvere e detriti, Innozenz non aveva sfoderato l'artiglieria pesante ma un canne mozze aveva preso il posto della forchetta sul braccio.
I due si guardarono in cagnesco per qualche secondo, Mihaela dovette fare ricorso alla propria volontà per non iniziare a sciogliere pareti e incendiare il pavimento, mentre la radioluminescenza del suo corpo aumentava di intensità.
Vivere la sua peculiare condizione non era certo il top quando la tua principale fonte di stress vive a pochi metri da te ed è un appuntamento fisso di ogni mattinata (pomeriggio, per Innozenz).
<< Hai detto qualcosa, sgualdrina? >>
<< Sì: fottiti, fecior de curva! >> e senza aspettare la risposta (verbale o violenta che sia), Mihaela si congedò con un ultimo dito medio, camminando sopra i pezzi di muro che la detonazione aveva sparso per tutto il corridoio.
Cazzo, rimpiangeva quando erano entrambi fasciati.
Nazista di merda!
Attraversato rapidamente il corridoio da poco ricostruito (non senza chiedersi come il proprietario fosse sempre riuscito a mettere assieme i fondi per le riparazioni anziché dichiarare bancarotta negli ultimi sei anni), Mihaela si lasciò alle spalle il triste ambiente dell'appartamento, dominato da pareti bianco smorto e pavimentazione in legno di terza qualità per il cortile sterrato dell'edificio, un quadrato di terra secca con chiazze di erbaccia qua e là delimitato da un muretto in mattoni e un cancello arrugginito.
Era una giornata ventosa, il semplice mettere muso fuori casa fu sufficiente per attenuare il suo mal di testa e rilassare il suo corpo, sentiva che il calore radioattivo stava tornando a livelli stabili, per il bene delle persone e degli oggetti nei paraggi
Alzò lo sguardo, e come al solito venne accolto dal cielo cremisi dell'inferno, cielo cremisi adornato dalla per nulla rassicurante presenza di un enorme pentagramma che incombeva sulla testa di tutti i demoni e di tutte le anime dannate che come lei conducevano la loro triste esistenza posto-morte all'interno di quel cerchio.
Guardandosi attorno non ebbe problemi a trovare Melanie, che ora vestita con il solito body attillato se ne stava appoggiata con la spalla all'unico albero del cortile, anzi, tronco, un pino da cui ormai da tempo mancava la parte superiore, spazzata via da un colpo vagante del braccio cannone di Innozenz di qualche anno fa, se Mihaela alzava lo sguardo poteva ancora distinguere i segni di bruciatura sul bordo.
Mandando a diavolo quella brutta caricatura di un nazista, raggiunse la proprietaria del Lusten, il bordello più gettonato e apprezzato di tutta Pentagram City.
Intenta a fumarsi una canna, Melanie si accorse subito di essere stata raggiunta, e prima che l'altra potesse mettere assieme una qualche parole, la sua coda prese ad avvolgersi attorno alla coscia destra della nuova arrivata.
Mihaela si fermò sbigottita, al che Melanie la liberò con una risatina divertita.
<< Tranquilla, non voglio mangiarti, per ora. >>
<< Che peccato... quindi. >>
Le camminò attorno, guardando di sbieco il suo corpo da modella, per poi appoggiare a sua volta la spalla dalla parte opposta dell'albero.
<< Prima di ubriacarci e tutto il resto, avevi detto di avere un lavoro per me... >>
Dall'altro lato dell'albero, Melanie annuì.
<< Come vedi la tua cara amica Melanie ci tiene che tu non finisca per strada, ed uno dei miei clienti più facoltosi è in cerca di qualcuno in grado di svolgere un lavoretto che non potrebbe affidare al primo sicario da due soldi, così ho pensato di fare un favore ad entrambi, non sono un amore? >>
Anche se Mihaela non poteva vederla, era sicura che avesse chiuso la frase con un occhiolino ammiccante, annuì, e a sua volta Mel non aveva bisogno di averla davanti per capire di essere seguita.
<< Prego, comunque. Praticamente vuole che fermi un'attività di scavo. >>
La demone radioattiva rimase perplessa.
<< Uno scavo? >>
Facendo leva sulla corteccia dell'albero, Mel vi appoggiò sopra le mani e le usò per tirarsi in avanti e portarsi di fronte alla sua interlocutrice, con un sorriso talmente puro che Mihaela non poté fare a meno di rabbrividire.
<< Evitiamo domande, sai come funzionano queste cose. >>
<< S-sì... >>
Si accorse di essere arretrata di un passo solo pochi secondi dopo averlo fatto.
<< Brava bambina. >>
Le diede un buffetto sulla guancia e si schiarì la voce.
<< E comunque, non è lo scavo in sé ad essere curioso, ma il dove lo stanno facendo... hai presente la vecchia metropolitana? >>
Mihaela sbarrò gli occhi, eccome se c'è l'aveva presente, chi si sarebbe dimenticato del più grande disastro edilizio di Pentagram City?
… In realtà molti, considerando il velocissimo ricambio generazionale dell'inferno, ma aldilà della storia della metropolitana, certamente tutti sapevano della sua esistenza.
Pentagram City era una città strana, malgrado la violenza generalizzata, i conflitti tra signori della guerra che la dividevano in vari settori in lotta tra di loro e i peculiari disastri naturali tipici dell'inferno (tipo lo sterminio annuale ad opera degli angeli), la città sembrava funzionare come qualsiasi altra città sulla terra.
Certo, un po' più a cazzo di cane della media, ma incredibilmente... funzionava.
La metropolitana idem... ma solo per quel 10% che fungeva effettivamente da metropolitana, poi c'era tutto il resto, una serie di tunnel scavati e lasciati a metà a seguito della violenta gara di appalti e trivellazione che si era innescata nel momento in cui il primo genio aveva proposto di costruirne una.
Poi certo, si erano messi di mezzo conflitti tra overlord, immigrazioni di demoni in fuga dagli stermini, stanziamento di bande criminali bisognose di posti appartati per stipare i loro depositi, tentativi di gente megalomane di costruirsi il proprio regno sotterraneo privato ecc.
Fatto sta che la metropolitana di Pentagram City era un puttanaio tale che a confronto la città in superficie poteva definirsi un posto per famiglie, un puttanaio popolato per la maggior parte da barboni, criminali, imp, reietti vari, nonché causa principale delle voragini che giornalmente si aprivano sulle strade... o sotto gli edifici della città (e grazie al cielo, Mihaela si trovava abbastanza in periferia).
Il punto era che la metropolitana che i cittadini usavano per spostarsi era nientemeno che la punta dell'iceberg di un enorme complesso sotterraneo dove viveva tutta quelle gente a cui per un motivo o per un altro non conveniva vivere alla luce del sole.
Un posto che Mihaela non aveva mai visitato, e che non ci teneva a visitare.
Se non al giusto prezzo, ovviamente.
<< E quanto vorrebbe offrirmi questo tuo cliente? >>
<< Abbastanza da comprarti una casa vera e dove puoi divertirti senza persone che ti sentono. >>
Se fosse stata ancora in grado di arrossire Mihaela lo avrebbe fatto senz'altro.
Per fortuna la sua pelle color metallo aveva smesso da tempo di rispondere alle leggi naturali, così come il resto del corpo.
<< Capisco... ma mettiamo caso che io voglia accettare, non ho idea di come orientarmi nella metro, e dubito che qualcuno sia stato così gentile da disegnare una mappa della stessa, figuriamoci di tutto quello che ci sta sotto. >>
Un sorrisetto maligno fece la sua comparsa sulle labbra di Melanie.
<< Mi reputi così senza cuore? Ho già pensato a tutto per la mia sicaria preferita. >> Mihaela non poté fare a meno di notare il movimento minacciosamente ondeggiante della coda dalla punta romboidale di Mel.
<< Ti ho trovato una guida, ti saprà riconoscere quando ti presenterai all'entrata della metropolitana in centro. >>
Mihaela alzò un sopracciglio.
<< Non è la più vicina... devo preoccuparmi? >>
<< Se tutto va bene no... capisci, certe cose vanno fatte con cautela. >>
<< Ripeto: devo preoccuparmi di essere pedinata? >>
<< No, no, al momento le tue vittime sono ignare di te e di quello che farai, solo... abbi cura di te, ok? >>
Il tono materno con cui concluse la frase suonò tutto meno che rassicurante.
Ma dopotutto di cosa doveva preoccuparsi una centrale nucleare su gambe?
Inspirò profondamente, non aveva ancora speso tutti i soldi dell'ultimo incarico... però non le sarebbe dispiaciuto lasciare quel buco.
Specie se significava non vedere più quella faccia di merda di Innozenz ogni mattina.
<< Quindi... di che cifra parliamo, esattamente? >>
Le labbra di Melanie si piegarono in un sorrisino soddisfatto.
<< Questa è la mia ragazza... >>
<< Non dillo in quel modo, suona fraintendibile. >>
<< Uff, che noiosa! >>




Nota dell'Autore
Buongiorno, non pensavo ci avrei messo così tanto tempo prima di tornare a pubblicare qui, ma alla fine le avventure di Mihaela meritavano (beh, credo) il suo loro capitolo, quindi eccolo qui.
Come scritto nella descrizione, e come avrete capito dal titolo, questa storia si pone come seguito diretto di 
Radioactive, cosa che non puntualizzo per gusto di spam, ma in quanto utile sia per conoscere sia il personaggio principale (nonché il modo in cui funziona il suo corpo) che gli altri personaggi del cast ed i rapporti che li legano (a partire da Melanie e Innozenz, rispettivamente OC di Golden Fredbear e Thanos 05, che ringrazio molto per il contributo alla scrittura di questa storia e alla precedente assieme ad Aladidragocchiodiluce).
In ogni caso, spero che la storia possa essere di vostro gradimento, un grazie a chi leggerà.
   
 
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