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Autore: runami_ lu99    27/07/2021    3 recensioni
STORIA AD OC (ISCRIZIONI CHIUSE)
Fiore è nel caos da 500 anni, un perfido sovrano con un oscuro segreto mantiene il controllo su di esso con la violenza e la sottomissione, ma un gruppo di maghi riuniti dal destino riuscirà a riportare il regno alla bellezza di un tempo?
[Dal prologo]
"Se tu che stai leggendo queste righe, credi che il bene trionfi sempre sul male, ti conviene cambiare storia, perché questa non è una favola e quindi non esiste un lieto fine"
[Dal 34° capitolo]
"Il fischio dell'arma che fendeva l'aria vibrò nelle orecchie di 78 facendogli venire i brividi, e per un attimo quel sibilo gli sembrò come parole sussurrate provenienti da un'oscura creatura che di terreno non aveva nulla. Il medico abbassò lo sguardo soffermandosi sulla lama e, come a volersi beffare di lui, questa emise un tenue e lontano bagliore rossastro al di sotto dello strato di bende, proprio un attimo prima che il corpo del nemico venisse nettamente tranciato a metà."
[Dal 35° capitolo]
"I colori caldi del tramonto che prima brillavano in tutta fierezza, parvero spegnersi di colpo quando vennero in contrasto con le sue iridi gelide come il ghiaccio."
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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TRENTADUESIMO CAPITOLO:
SAGA DI KARETAO LAB: BRUTTA NOTIZIA







–Velvet spiegami una cosa, perché sei finita su tutti i giornali del regno? Che cosa hai combinato a Peonia?– domandò Tyson che stava chiedendo spiegazioni alla ragazza mentre correva a perdifiato insieme a Tecla.
–Quelle notizie sono false, l'articolo diceva che avevo aizzato una rivolta con i paesani, ma in verità stavo cercando un posto per non coinvolgere i cittadini nella battaglia contro i Vasileias che mi stavano inseguendo per catturarmi, la foto che hanno allegato trae in inganno perché quelli che sono dietro di me sono i soldati ma con abiti civili, è stato tutto architettato per mettere in brutta luce il nostro gruppo– spiegò, Tyson annuì capendo, poi però la guardò con la coda dell'occhio: aveva bisogno di un altro chiarimento, una risposta alla domanda che gli martellava nella testa da quando l'avevano ritrovata e poi persa.
–Perché hai detto che se ti avessimo inseguita ci avresti ucciso?– domandò a bruciapelo e con tono serio.

–Non capite è proprio perché siete qui che tutto andrà a farsi fottere!–

–... Se provate anche solo a pensare di seguirmi, questa volta non mi farò scrupoli ad uccidervi–


Velvet si morse le labbra prima di respirare profondamente.
–La prima volta che andai a salvare Saph incontrai quel tizio che dice di essere il capo, mi disse che lui avrebbe lasciato andare mia sorella solo se prima gli avessi portato tutti voi. Mi sono rifiutata categoricamente, piuttosto preferivo salvare Saph da sola che mettervi in mezzo. Lui non sa dell'esistenza della gilda e non sa nemmeno  il luogo in cui è collocata, quindi portarvi qui sarebbe stato svantaggioso. Per questo quando vi ho visto in casa di Nani al mio risveglio mi sono comportata in quel modo, non volevo che mi seguiste altrimenti rischiavate di essere catturati, in quel momento... Ho avuto paura– lei diceva sempre quello che le passava per la testa, che fossero cose belle o brutte non aveva importanza, quello che provava e pensava usciva automaticamente dalla sua bocca senza mezzi termini. Tyson sospirò e rise sinceramente sollevato attirando l'attenzione della ragazza la quale lo guardò stranita dalla sua reazione.
–Quindi era solo per questo? Fiù menomale, pensavo che volessi lasciare la gilda senza dire niente a nessuno, ma allora in questo caso è tutto risolto!– esclamò il ragazzo facendo un sorriso smagliante. Velvet lo guardò prima di abbassare lo sguardo e sorridere anch'essa: aveva davvero trovato dei compagni meravigliosi.
Tyson e Tecla arrivarono alla fine del laboratorio, voltarono l'angolo ritrovandosi davanti una schiera di porte, la ragazza si fermò un attimo mettendo le mani sulle ginocchia per la fatica e cominciò a respirare affannosamente.
–Dai Tecla dovremmo quasi esserci cerchiamo in una di queste porte– disse il ragazzo intimandola a non fermarsi.
–Dammi un minuto– rispose lei tra un respiro e l'altro.
–Non abbiamo un minuto, non abbiamo neanche un secondo, voglio andarmene da qui il prima possibile– ribatté il mago, la ragazza annuì prima di dirigersi verso la prima porta che con loro grande sorpresa si spalancò da sola. I due arretrarono con un balzo mentre una figura fuoriuscì dall'ombra con passo lento, il camice bianco sventolò nel suo avanzare facendo muovere il numero "78" ricamato a lato cuore, Velvet si sporse guardando il soggetto davanti a loro sopra la spalla di Tyson e sobbalzò.
–È lui– disse, il ragazzo a quell'affermazione si mise sull'attenti e i suoi muscoli si tesero pronto a scattare in qualunque momento.
–Signori buonasera, vedo con piacere che siete riusciti a trovarmi– disse quello che doveva chiamarsi 78, poi spostò lo sguardo su Tecla e fece un sorriso.
–Signorina Tecla è un piacere rivederla, vedo che non è cambiata di una virgola– continuò, il mago dell'occulto sbarrò gli occhi e si voltò nella direzione del medico.
–Tu lo conosci?– chiese diffidente, la ragazza guardò prima Tyson poi il nemico non capendo.
–No, io non so chi sia... Come sai il mio nome?–  domandò, lui la guardò facendo un sorriso, poi allargò le braccia come a mostrare il laboratorio, ormai distrutto, credendo che potesse essere qualcosa di cui andare fiero.
–Come potrei scordarmi di colei che ha creato tutto questo– disse 78, a quelle parole Tyson si allontanò di un passo dalla ragazza incredulo, lei scosse la testa sempre più confusa.
–Tyson io ti assicuro che non so di cosa lui stia parlando– cercò di convincerlo la ragazza, 78 rise ancora di più.
–Ottimo lavoro signorina Rift lei ha del talento, questo progetto potrebbe salvare molte vite– disse con un tono divertito, a quelle parole Tecla sbarrò gli occhi incredula e guardò meglio quell'uomo che diceva di conoscerla, poi capì: erano passati vent'anni quindi a primo impatto non lo aveva riconosciuto.

–Ottimo lavoro signorina Rift lei ha del talento, questo progetto potrebbe salvare molte vite–

–Professor Lame?– domandò lei incredula.
–Finalmente– affermò lui sorridendo, Tyson guardò prima uno e poi l'altro non riuscendo più a trovare una connessione logica in tutta quella storia.
–Si può sapere cosa sta succedendo?– chiese cercando spiegazioni, Tecla deglutì.
–Anni fa durante i miei studi fui allieva di un professore, il professor Lame, lui è un grande luminare della scienza, mi ha in segnato tutto quello che so riguardante la medicina, la chimica e la meccanica, quando feci la mia tesina e gliela mostrai mi disse che avrei potuto salvare molte vite e così mi mandò qui...– si bloccò per un minuto realizzando la terribile verità di cui era venuta a conoscenza, 78 rise vedendo la sua espressione.
–Credo che lei abbia capito, il progetto che mi ha mostrato e che le ho detto di portare qua è stato utilizzato per costruire tutto questo, non si è mai chiesta perché la sua tesi era scomparsa? Le vasche sono una sua idea, ora capisce il motivo per cui non è mai stata promossa al piano sotterraneo? Sapevo che non avrebbe mai lasciato che lo facessimo– disse, Tecla lo guardò e gli occhi le si riempirono di lacrime.
–Non è vero! Il mio progetto non prevedeva una tale tortura per i pazienti! Le vasche servivano solamente ad estrarre un piccola quantità di potere magico da utilizzare su quelle persone che ne erano a corto, era come una donazione di sangue ma lei l'ha trasformata in un abominio– gridò con la voce strozzata.
–Usare questo progetto geniale per piccole trasfusioni di magia era uno spreco così grande, così l'abbiamo leggermente modificato e dopo vari tentativi siamo giunti alla forma finale!– rispose lui facendosi vedere orgoglioso, Tecla strinse i pugni infuriata.
–A cosa vi serve una quantità tale di etere magico? Non esistono compratori in questo mondo che sappiano di questo progetto!– esclamò la ragazza contemporaneamente arrabbiata e delusa da colui che considerava come un uomo da stimare.
–Oh qualcuno c'è invece...– indicò con un dito verso l'alto e fece un sorriso sghembo.
–Tutto questo è stato costruito grazie ad una sola persona che ha finanziato il progetto. La scienza deve progredire e l'unico modo per farlo al giorno d'oggi è lavorare sotto l'ala dei più potenti– continuò, Tyson si voltò verso di lui allargando gli occhi per lo stupore.
–Non starai dicendo che...–
–Sì esatto... Theos Velona– a quel nome il sangue del ragazzo cominciò a ribollire nelle vene.
–È mai possibile che qualunque cosa succeda lui ci sia sempre in mezzo!?– esclamò il mago infuriato, 78 rise di gusto.
–Il Re è una persona che sa quel che vuole, non appena è venuto a conoscenza di questo progetto ha stanziato i soldi per la costruzione e la manodopera, in poco meno di un mese il laboratorio era stato completato e noi abbiamo cominciato ad utilizzare le prime cavie, tutto il quantitativo di etere magico che estraiamo lo spediamo alla capitale in gran segreto, non so che cosa ci facciano e non mi interessa, so solo che la scienza è meravigliosa e il fatto che Theos Velona ci permetta di sperimentare su cavie umane è spettacolare!– esclamò ebbro di gioia, sia Tyson che Tecla a quelle parole strinsero i denti e lo guardarono furibondi.
–I miei progetti non servono per fare del male alle persone, servono per aiutarle! Tutta la scienza serve a questo professore... me lo ha insegnato lei!– gridò la ragazza strozzandosi con la sua stessa saliva mentre le lacrime percorrevano il suo viso unendosi alla punta del mento in una cornice tempestata di diamanti luccicanti.
–Una volta la pensavo anche io così, ma nessuno ha mai lasciato il segno nella storia in questo modo, tutti coloro che hanno un certo peso nel nostro passato possono essere riconosciuti perché hanno creato armi o fatto stragi, come Zeref con la sua armata di demoni o Acnologia con l'uccisione di tutti i draghi esistenti– ribatté il professore.
–E Fairy Tail allora!?– domandò Tyson guardandolo sprezzante, 78 si portò una mano davanti alla bocca per poi scoppiare in una risata agghiacciante.
–Fairy Tail non è altro che una leggenda, la si racconta ai bambini per fargli credere che in questo regno ci sia ancora qualcosa di buono. L'amicizia, la famiglia, il rispetto sono tutti valori superati, a chi vuoi che importi al giorno d'oggi? Solo gli stupidi credono di poter vivere una vita normale in un regno in rovina come questo e se tu pensi che un giorno riuscirai a cambiare le cose... Bhe ti sbagli, non cambierà niente di niente, il vostro è solo un sogno utopico e tu sei solamente un illuso– rispose denigrando la gilda che 500 anni prima aveva combattuto contro Theos Velona perdendo su tutti i fronti. Tyson con uno scatto repentino fu davanti al nemico che non aspettandosi tale velocità cercò di indietreggiare di un passo senza alcun successo.
–Taci pezzo di merda!– un pugno chiuso affondò nella sua guancia deformandone il viso e il professore venne sbattuto al suolo da una potenza mostruosa, nonostante ci fosse il terreno a bloccare l'avanzata del colpo, il ragazzo ci mise ancora più forza, i bicipiti si ingigantirono e le vene si gonfiarono tanto che ora parevano come lunghi e striscianti vermi sotto pelle, le piastrelle sotto di lui creparono con un suono secco e molte di esse vennero spazzate via dal movimento del colpo. Si rialzò stringendo i denti e mostrando il pugno coperto di sangue, non suo.
–Non voglio più sentire una sola parola uscire da quella fogna!– esclamò autoritario, poi si voltò verso Tecla la quale aveva ancora gli occhi pieni di lacrime.
–Tecla! Prendi Velvet ed entra in quella stanza, la vasca deve essere lì– ordinò il mago slegandosi la compagna dalla schiena per poi posarla delicatamente a terra.
–E tu?– domandò la ragazza asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
–Io sistemo questo stronzo– rispose lui crocchiandosi le nocche. 78 si rialzò e si tenne il viso con una mano fissando il pugno che gli aveva fracassato la mascella gocciolare sangue. La rabbia montava dentro Tyson come un fiume in piena, non gli lasciò un attimo di respiro e si scagliò verso di lui.
Nel frattempo Tecla afferrò Velvet ed entrò in quella stanza buia, cercò a tentoni contro la parete in cerca dell'interruttore e quando lo trovò lo sollevò illuminando tutto l'interno. Nel bel mezzo della stanza Sapphire era ancora tenuta imprigionata all'interno di quella vasca, essa era l'unica rimasta intatta, anche se i segni del frastuono erano arrivati fino a lì: per tutta l'altezza del macchinario si estendeva una ragnatela di crepe e anche il monitor del computer affianco sembrava aver accusato il colpo. Tecla insieme alla maga dei fulmini guardò verso l'alto la sorella Rockbell, sembrava dormiente tanto che Velvet provò a chiamarla più volte senza ottenere alcuna risposta.
–Devo farla uscire, prima di sottoporla all'intervento inverso mi devo assicurare delle sue condizioni fisiche, quindi sarai tu ad entrarci per prima– spiegò Tecla aprendo con delicatezza la vasca per non romperla, slegò e tolse gli impedimenti dal corpo di Sapphire per poi arrotolarla nel mantello di Nicolash dove prima era avvolta Velvet, in seguito con non poca fatica riuscì a posizionare Velvet sulla croce di metallo, poi controllò il computer sistemando i dati e invertendo il flusso dell'etere magico e infine premette il tasto di avvio, la macchina cominciò a fare strani rumori, probabilmente c'era anche qualche danno interno, ma in un modo o nell'altro il metodo sembrava funzionare.


 
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Demetra portò la mano sulla sua schiena in cerca di altre frecce da scagliare contro i suoi nemici, ma essa vagò nel nulla, niente arrivò al suo tatto, con la coda dell'occhio la ragazza vide la faretra completamente vuota ed espirò pesantemente, infine con un salto atletico atterrò con i piedi nudi sull'erba, proprio vicino ad un grosso albero contorto e cavo che nascondeva internamente quei crudeli dardi dal pennacchio giallo. Ne afferrò una manciata prima di spostarsi nuovamente e cambiare posizione: non era certamente rimasta con le mani in mano mentre aspettava l'arrivo dei nemici. Quando combatteva in luoghi chiusi era sempre in svantaggio, ma le munizioni non le mancavano mai, il problema si presentava quando doveva affrontare uno scontro in un ampio spazio, in cui si trovava meglio, ma le frecce che usava andavano disperse, per questo aveva appreso l'abitudine e la capacità di creare da sola le sue munizioni con qualunque cosa il bosco e la natura le offrissero: dai bastoncini ai sassi appuntiti, per poi spargerle sull'intero campo di battaglia in modo che in qualunque luogo si spostasse non rimanesse mai senza. Si spostò di qualche decina di metri più a Sud rispetto a dov'era in precedenza e continuò a scagliare le sue frecce.
Concentrazione sguardo del falco– i suoi sensi si affinarono e i suoi occhi fecero come uno "zoom" sui suoi obbiettivi.
Elemental Hawk Earth– il suo dardo appesantito da rocce e radici che gli erano cresciuti attorno saettò sibilando rumorosamente prima si schiantarsi al suolo proprio ai piedi del nemico che saltò in aria insieme ad una decina di compagni. Crateri e crepe cominciarono a formarsi sul campo di battaglia, senza che gli avversari potessero fare nulla: nessuno capiva da dove provenissero tutti quegli attacchi, così potenti e soprattutto così veloci, ai loro occhi risultavano come mine sotterranee: imprevedibili e con una potenza pari a quella di una bomba.
–L'esercito è stato quasi dimezzato, perché il signor Lift ci mette così tanto!?– gridò un soldato portandosi le mani sulla nuca per coprirsela da una pioggia di detriti dovuti ad un esplosione.
–Si è fermato a combattere con un tizio– rispose un altro.
–Lui vale come tutta la nostra armata, perché perde tempo con un solo individuo quando qua siamo in difficoltà contro l'intero esercito nemico– il secondo soldato lo guardò stranito.
–Non siamo contro un esercito, ma contro una persona sola– affermò serio, il compagno lo guardò allargando gli occhi per lo stupore.
–Com'è possibile? Le frecce vengono da direzioni diverse e sono troppe per essere di una sola per...– non fece in tempo a finire la frase che uno di quegli oggetti gli trapassò il cranio per poi fuoriuscire dall'occhio ora assente, una schizzata di sangue insieme all'organo ormai senza sede tinse il viso del suo collega di rosso, esso cominciò a colargli prima negli occhi impedendogli la vista a causa del bruciore e poi nella bocca facendogli sentire quel sapore pungente di ferro e morte. Morte che sopraggiunse dopo pochi attimi quando l'ennesima freccia si conficcò nel suo petto tanto facilmente quanto un coltello in una pesca matura. Entrambi i corpi senza vita si appoggiarono l'un l'altro sostenendosi in un abbraccio privo di emozioni e gelido come le tenebre più oscure. Il campo di battaglia sembrava come disseminato di fiori scarlatti i cui petali coloravano un grande prato segnato dalla ferocia del fuoco rendendolo maculato di verde, ocra e rosso. Mai un paesaggio fu così spettacolare e al tempo stesso così macabro. Più le frecce venivano scagliate più il campo si ricopriva di fiori, sempre più fitti e sempre più intensi. Demetra tastò di nuovo sulla sua schiena alla ricerca di altre armi da scoccare trovando solamente il nulla.
–Merda– imprecò, fissò poi davanti a se constatando che ora la distanza che aveva di vantaggio fino a poco prima si era quasi azzerata: avrebbe voluto spostarsi dalla parte opposta per colpirli alle spalle e con le sue abilità ci sarebbe anche riuscita senza farsi scoprire, ma il loro obbiettivo era un altro, la casa di Nani era proprio in quella direzione, perciò lei doveva bloccare la loro avanzata ad ogni costo. Arretrò spostandosi di ramo in ramo e si rifornì nuovamente di munizioni, per poi ricominciare la sua strage.
–Meno della metà ancora, so che ce la possiamo fare Ombra di Gaya... –  disse rivolgendosi al suo amato arco. L'arma in legno di faggio con gli inserti in cuoio, aveva due falchi a decorare l'impugnatura, mentre alle estremità la corda tesa era legata a due pezzi di legno a forma di goccia. Demetra assottigliò gli occhi quando vide i primi soldati a pochi metri da lei, nell'immediato la ragazza saltò giù dagli alberi finendo proprio davanti a loro nel bel mezzo della strada. Doveva fare qualcosa per impedire il loro passaggio e l'unico modo era quello: affrontarli a viso aperto.
–Non fate un altro passo– ordinò con tono autoritario, i soldati si bloccarono sul posto studiando la ragazza da capo a piedi.
–E tu chi sei?– domandò uno di loro sprezzante.
–Quella che vi fermerà, qui e ora– rispose senza pensarci troppo su.
–Hey guardate quel simbolo, non è forse quello della gilda che hanno appena formato illegalmente?– domandò sottovoce un Vasileias sussurrando nell'orecchio di un collega, il quale fu attirato dal marchio sulla coscia della maga.
–Sì, com'è che si chiamava?– domandò l'altro.
–Phoenix's Ashes– rispose la ragazza mostrandosi fiera di indossare quel simbolo.
–La gilda di cui voi dovreste aver paura– continuò indicandoli con un dito. I Vasileias scoppiarono all'unisono in una fragorosa risata.
–Paura di voi? Siete in tre gatti cosa sperate di...– la frase del soldato non fu portata a termine che una freccia gli trapassò il cranio e proseguì con una potenza tale da infilzare anche i compagni dietro di lui. I Vasileias si voltarono allarmati verso Demetra la quale li fissava con sguardo serio e deciso.
–Qui gli unici gatti siete voi... Noi siamo fenici– ribatté lei imbracciando il suo arco.
–Andiamo è da sola non può fare niente contro tutti noi!– esclamò un soldato prima che lui insieme a tutti gli altri partissero alla carica verso la ragazza la quale non si fece scrupoli a scagliare le prime frecce. I soldati però erano troppi e lei troppo vicino tanto che cominciarono anch'essi ad attaccarla con i primi colpi magici: una pioggia di tecniche le piombò addosso, alcune le parò, altre le schivò, ma altre ancora la colpirono in pieno provocandole vari danni in tutto il corpo, ma sollevò lo sguardo sempre incurante del dolore e soprattutto incurante della quantità di avversari davanti a lei.
–Voi circondatela, voialtri invece andate verso la casa, la maga eremita dovrebbe trovarsi la dentro– ordinò un soldato, Demetra sbarrò gli occhi e prima che si potesse rialzare venne afferrata per le braccia e tenuta ferma. Uno di loro le si parò davanti e le afferrò il viso voltandoglielo bruscamente nella sua direzione.
–Hai finito di fare stragi, ora è il nostro turno di menare le mani– disse e subito dopo il suo pugno si abbatté violentemente sul suo viso facendola sanguinare da naso e labbra, Demetra non emise neanche un gemito di dolore si limitò semplicemente a passarsi la lingua sulla ferita per raccogliere il sangue che stava per colare e li guardò sprezzante.
–La maga che stai cercando di proteggere ha i minuti contati, tra poco di lei non rimarrà che un corpo senza vita e tu stai per fare la sua stessa fine– disse, la ragazza sputò sporcando la guancia del soldato di saliva mista a sangue.
–Puoi anche scordartelo– sussurrò lei prima di spostare velocemente la nuca all'indietro colpendo in viso i soldati e poi in avanti sul naso dell'uomo che l'aveva picchiata, caddero a terra doloranti e Demetra con le braccia libere incoccò tutte le frecce che le erano rimaste nella faretra puntando verso l'alto.
Rain Hawks!– le scoccò queste saettarono verso il cielo in un unica massa informe per poi allargarsi come un grande fuoco d'artificio con un movimento parabolico. I soldati scapparono in ogni direzione cercando un riparo sotto il quale nascondersi, inciampando sulle loro stesse gambe e sui corpi dei loro colleghi morti, tutti tranne Demetra la quale cominciò a camminare decisa verso la casa di Nani incurante delle sue stesse frecce che da li a qualche secondo sarebbero piovute sul campo di battaglia senza risparmiare nessuno. Molti soldati non fecero in tempo a trovare un riparo che l'attacco della ragazza piombò a terra in un vero acquazzone di morte. Demetra camminava spostandosi verso destra e poi verso sinistra anticipando le frecce che sarebbero precipitate proprio in quei punti, mentre attorno a lei i nemici cadevano uno dopo l'altro sotto quei dardi crudeli. La ragazza seguiva un percorso ben preciso, inoltrandosi fieramente e a testa alta in mezzo ai cadaveri dei suoi nemici, il sangue le schizzava sull'armatura e impregnava la sua camicia verde tingendola di tutt'altro colore, passava nella fitta nube di frecce senza che nemmeno una la sfiorasse: a primo impatto il suo poteva sembrare un attacco suicida, ma i calcoli delle sue traiettorie non erano mai sbagliati, ogni freccia precipitava dove voleva lei, ogni nemico cadeva dove lei aveva predetto e ogni passo che faceva segnava il percorso più sicuro da prendere. La tempesta passò e quella manciata di soldati rimasti fuoriuscì dai loro rifugi con indugio e terrore negli occhi, fissando quella maga che ora, ricoperta di sangue com'era e circondata di cadaveri, pareva più un comandante della morte. La disperazione si impadronì di loro e accecati dalla rabbia le si scagliarono contro in un ultimo disperato attacco, nella speranza di poter concludere una volta per tutte quel massacro a senso unico. Demetra aveva tremolii in tutto il corpo, le gambe non la reggevano più e il fiato era corto: non si era ancora ripresa del tutto e utilizzare l'arco per tanto tempo e ad una tale potenza la destabilizzava, in più l'ultimo attacco aveva quasi prosciugato del tutto le sue forze.
–Andiamo, abbiamo solamente il compito di ucciderne una, ma prima dobbiamo aprirci un varco– esclamò un soldato, Demetra li guardò minacciosa e si impose mettendosi ritta davanti a loro per sbarrargli la strada.
–Voi non la toccherete neanche con un dito– esclamò.
–Che cosa ti importa di quella donna? Non sei tu quella che ha cresciuto– ribatté uno di loro.
–No, ma ha cresciuto una mia amica e io non permetterò che voi le torciate un solo capello, ha già sofferto abbastanza, non voglio che succeda a lei ciò che è successo a me, anzi...– li guardò decisa.
–... Non lascerò che nessun altro passi ciò che ho passato io, mai più– si corresse afferrando una freccia conficcata al suolo per poi tenderla e scoccarla.
Elemental Hawk Wind!– il piccolo tornado avvolto sul dardo provocò un esplosione spazzando via una quantità di nemici impressionante solo con la pressione dell'impatto con il suolo.
–Sbaglio o i colpi sono più forti di prima?– chiese un soldato intimorito, ricevendo una risposta positiva da un collega, Demetra guardò anch'essa il suo arco stupita non aspettandosi una potenza simile e fece un sorriso soddisfatto e pieno di orgoglio.
–Fino adesso avete assistito alla potenza del mio arco al 30%, ma ora...– disse fiera.
–... ora vi farò vedere quella al 40%– ne afferrò un'altra lì accanto incoccandola e puntandola contro quella decina di soldati rimasti. Qualcosa le percorse il corpo, una sensazione nuova, mai provata prima, si sentiva come rinfrescata ma al tempo stesso indomabile, come un fiume in piena nella stagione delle piogge.
Elemental Hawk Water!– la freccia venne ricoperta da un vortice d'acqua fino alla punta e quando arrivò a toccare il suolo ai piedi dei Vasileias esplose in un onda anomala che li investì in pieno, la potenza era tale che alcune zolle di terra si staccarono per seguire il flusso della corrente e colpire anch'essi gli avversari tramortendoli o schiacciandoli completamente, l'incantesimo si dissolse e Demetra cadde in ginocchio esausta e senza forze, ma con un sorriso soddisfatto stampato in viso.
–Hai ancora il coraggio di farmi la stessa domanda che mi hai fatto poco fa?– domandò alla persona che aveva sentito arrivare dietro di lei, Noite le spuntò alle spalle e si sedette svogliatamente accanto a lei con un sorrisetto in volto.
–No ma sei forte, dovremmo combattere qualche volta– commentò lui sdraiandosi come lei e incrociando le mani dietro la testa, uno sbuffo divertito uscì dalle labbra della ragazza che si voltò mettendosi a pancia all'aria a guardare il cielo con il suo compagno.
–Vincerei– rispose.


 
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Nicolash si passò la mano sul lato destro del viso cercando di togliere il sangue che altrimenti gli sarebbe colato negli occhi e balzò all'indietro evitando un attacco frontale di Serval e poi a sinistra per un colpo di frusta di Vanica. Tenerli a bada non era così difficile, ma affrontarli per sconfiggerli definitivamente era un'altra storia, si fosse trattato di uno solo era sicuro di potercela fare, ma in quel modo risultava complicato, i colpi provenivano da ogni angolazione, tra aghi, frustate, pugni e calci individuare e schivare al momento giusto non era per niente semplice: in quel momento pensò a Tyson e a quanta fatica avesse fatto per trattenere quei due anche per poco tempo.
–La situazione è sempre più a nostro vantaggio Serval, dobbiamo farlo fuori– disse Vanica facendo schioccare la sua frusta al suolo.
–Hai ragione guardalo, è esausto tanto che non si regge in piedi– confermò il collega. Nicolash li guardò fissi mentre le gambe e le braccia tremavano per lo sforzo, non per il combattimento che stava intraprendendo, ma per la perdita di controllo che aveva avuto poco tempo prima, gran parte delle sue forze era sfumata a causa di quel problema e ora che era tornato in sé ne risentiva parecchio. Nonostante questo lasciò credere ai suoi nemici di essere loro la causa della sua stanchezza, aspettando il momento più opportuno per fargli abbassare la guardia e contrattaccare. I due nemici si lanciarono nella direzione dello stregone chinando la testa in avanti per scattare più veloci, il primo a raggiungerlo fu Serval che cominciò con una serie di calci e pugni ad una velocità spaventosa, dopo poco si intromise anche Vanica la quale toccando il terreno lo rese tanto elastico da farle sorpassare in volo la testa di Nicolash, questo troppo impegnato a parare i colpi di Serval non poté fare niente contro la frusta che si attorcigliò sul collo stringendo sempre più, Serval diede un calcio alle gambe del mago e questo si inginocchiò senza forze a tenerlo in piedi, in seguito il nemico gli puntò un ago alla gola. La situazione era a favore dei nemici e Nicolash ora era in grande difficoltà: se si fosse mosso Serval lo avrebbe ucciso all'istante, se invece fosse rimasto immobile la frusta di Vanica si sarebbe stretta ancora di più facendolo morire soffocato. In entrambi i casi c'era una sola soluzione: morte. Serval appoggiò la punta dell'ago proprio sulla vena principale del collo che si era ingrossata a causa di Vanica che non voleva saperne di mollare la presa sulla sua arma. La tenne stretta con un dito applicando una leggera pressione e facendo conficcare solamente la punta, poi però lo ritirò indietro prendendo lo slancio per poter infliggergli il colpo finale. In quell'istante però un lampo abbagliate impedì la vista a tutti e il rumore di uno scoppio, come lo sparo di un fucile seguito da un forte fragore roboante, fece trasalire tutti quanti e la mano di Serval andò disintegrata, urlò di dolore contorcendosi a terra. Nicolash ne approfittò e fece una capriola all'indietro colpendo Vanica allo stomaco con entrambi i piedi, questa mollò la presa sulla frusta e lui tornò a respirare rimettendosi sulla sue gambe. Una nuvola di polvere si era sollevata dopo quello scoppio nascondendo la figura responsabile di quel marasma.
–Per i cattivi della situazione ho una brutta notizia– disse, i tre si voltarono proprio in quella direzione e la figura non si fece attendere troppo uscendo come farebbe una star sul palcoscenico: a passo lento ma deciso.
–Velvet è tornata–








ANGOLO AUTRICE:

Ciao a tutti ragazzi!! Ormai non chiedo neanche più scusa per il ritardo, scherzo scusate davvero!! Non sono recidiva sono solo troppo occupata.
Dunque parliamo del capitolo, non sapevo che titolo mettere e quindi ho deciso di farvi prendere un colpo... perché si sono "brutte notizie" ma per i cattivi MUAHAHA. Sono malefica lo so... ma comunque tutto è andato i per il meglio noh? Per ora.
Fatemi sapere cosa ne pensate e il prossimo capitolo arriverà 7/8 agosto (ahahah non ci crede nessuno) no dai spero vivamente di si. Alla prossima!!
Hola
Lu!
  
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