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Autore: Enchalott    09/08/2021    5 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prima prova
 
Rhenn inclinò l’anello alla luce: il metallo era liscio, l’incastonatura tondeggiante a granetta era piatta, ma in rilievo presentava una mezzaluna crescente.
«Il tylid si infila al polso in modo che il simbolo sia a contatto con la pelle. Quando stendete la mano a palmo verso l’alto sul braciere, la parte inferiore del bracciale viene lambita dalle fiamme, si arroventa e trasmette il calore, imprimendo un’ustione a forma di falce. Dovete rispondere con sincerità alle domande prima che ciò accada o il segno rimarrà, indicando a tutti la vostra indecisione. Un marchio doppiamente sgradevole. La verità affiora subito, le bugie richiedono tempo e il fuoco concede una manciata di secondi. Il dolore fisico è il problema minore, suppongo ne intuiate la ragione.»
«Si saprebbe che ho cercato di eludere la verità.»
«E non superereste l’asheat. Si acquista il diritto di chiedere la morte di chi presenta tre lune. Il re concede la grazia in via eccezionale, ma i Khai preferiscono preservare l’onore e versare il sangue.»
«A meno che non si tratti di uno degli eredi» considerò la principessa senza veli.
Rhenn mostrò i polsi. La pelle era integra.
«Che io ricordi, non è mai successo. Una volta esaurita la richiesta, raffredderete l’anello nell’acqua e lo passerete a me. Ci alterneremo.»
«L’indugio potrebbe venire dall’imbarazzo, non dal tentativo di mentire, però la mezzaluna non indicherebbe la differenza.»
«Riesce difficile pensare a un Khai introverso e impacciato. Per voi è un allenamento, in considerazione delle vostre origini vi consentirò di interrompere in emergenza. Non avverrà con Mahati, suggerisco di scrollarvi di dosso la riservatezza in questa sede.»
Yozora abbassò le ciglia. La prova aveva senso, ma come l’avrebbe affrontata se la sicurezza che leggeva negli occhi di Rhenn le causava il batticuore? Sembrava che stesse avviando un gioco e non vedesse l’ora di iniziare.
«Vi faccio due promesse» continuò lui «Non rivelerò quanto mi direte e non avrò misericordia. Consideratelo un vantaggio.»
«Ci proverò.»
«Conoscete il significato della luna crescente?»
«È il simbolo di Amathira, la dea del Cielo.»
«Esatto. Se avete letto le leggende che la riguardano, comprendete quanto la verità sia costosa e indispensabile persino per gli Immortali.»
«Ho divorato le pagine dedicate alla storia del dio maledetto. Sono d’accordo con voi e sono pronta.»
La fiamma serpeggiò altera dal braciere. La vampa scaldò l’incarnato dell’Ojikumaar, rendendolo ancora più attraente. Le pupille si strinsero al bagliore intenso, il viola vellutato dell’iride dilagò come una marea. Yozora lasciò che le infilasse il tylid e la ponesse nella posizione corretta. Avvertì immediatamente il tepore del metallo.
«I vostri artigli sono velenosi?» domandò lui.
«I Salki non possiedono tale prerogativa.»
«Non sapete che significa, eh?» sogghignò Rhenn «Soltanto i maschi Khai nascono con le unghie idonee al combattimento, alle femmine accade al primo rapporto carnale, presumo per difendere l’eventuale prole. Per scatenare la tossina e sfruttarla in battaglia, al termine dell’addestramento scelgono un compagno, se sono illibate. E, prima che vi dilunghiate sulle ingiustizie della vita, sappiate che spartire il letto sul campo è un onore reciproco spesso non limitato a un’unica notte.»
Yozora percepì un’onda di calore non dovuta al fuoco, realizzando sulla scorta del chiarimento l’obiettivo della domanda. Spietato e sincero: l’inizio era in linea con quanto garantito. Allungò il braccio sul braciere.
«Nessun uomo mi ha mai toccata.»
«Un bacio?»
«No…»
«Per tutti gli dei! È peggio del previsto, bisognerà rimediare. Forza, sbizzarritevi ed estorcetemi l’inconfessabile!»
La ragazza rilevò lo sfacciato divertimento della controparte: certo non avrebbe potuto ribaltargli addosso la medesima domanda. Metterlo in crisi si sarebbe rivelata un’impresa. Era troppo scaltro, troppo esperto rispetto a lei.
«Vostra moglie è stata l’unica?»
«Ma figuriamoci.»
«L’avete mai tradita?»
«No.»
«Ne siete innamorato?»
«Un Khai non ama. Sarebbe un feroce interrogatorio? Siamo al pettegolezzo da salotto!»
La principessa avvampò al pensiero che per lei fosse il massimo dell’osare. Infilò il tylid, rassegnandosi alla raffica successiva.
«Curiosità mia. Come fate a capire se una donna è vergine, visto che sembrate tenerci tanto?»
Yozora deglutì un paio di volte prima di articolare una spiegazione intelligibile. La pelle iniziò a bruciare un attimo prima che immergesse il braccio. Rhenn appariva incuriosito e, a differenza sua, rilassato nella posizione informale.
«Sangue» rimuginò «A Mahati verrà un colpo, potreste non avvisarlo e godervi la reazione. Oltre al resto di lui, s’intende.»
«Non siate volgare! Sarò talmente nervosa che… oh, per voi è tutto uno scherzo!»
Gli occhi del principe scintillarono attenti alle sfumature della conversazione.
«Perché mai?»
«È il mio turno» nicchiò lei.
Avendo colto il turbamento, sarebbe tornato sull’argomento. Scandagliò se stessa a caccia di una soluzione non semplicistica e il ragionamento la portò oltre. La prova non consisteva solo nella verità come forma suprema di rispetto, ma conduceva a prendere coscienza dei lati inaspettati. La difficoltà era quella, Rhenn ne aveva fatto cenno rimproverandole una scarsa consapevolezza. Non aveva mirato a umiliarla.
Il riguardo per la cultura Khai sfociò in ammirazione. Era un matrimonio combinato, ma gli sposi sarebbero cresciuti insieme al di là dell’imposizione e avrebbero fatto tesoro dell’esperienza.
«E voi? Non eravate teso la prima volta?»
«Sicuramente nei punti giusti.»
La replica impudica di Rhenn spezzò la concentrazione e la riportò a vagliare la sua forza mentale. Sarebbe stato un duello di volontà, non un confronto schietto. Avrebbe dovuto ingegnarsi per scatenare una controversia emotiva in un uomo tanto sfrontato e consumato da duecentocinquant’anni di vissuto.
«Allora? Perché il pensiero di essere posseduta da mio fratello vi angustia?»
«Non dipende da Mahati, sarebbe così con chiunque.»
«Stessa domanda.»
«È il potere dell’ignoto, non so cosa aspettarmi, se sarà gentile, se gli piacerò… vi prego, non datemi della sciocca! Anche Hyrma era agitata quando Hoshi l’ha amata per la prima volta, eppure lo desiderava dal profondo!»
L’Ojikumaar inarcò un sopracciglio.
«Sapete come funziona, spero.»
«S-sì, non è quella l’incognita.»
«Allora non permettete all’ignoto di dominarvi. Avete la fortuna di essere la promessa sposa di un Khai, le asheat vi libereranno dai turbamenti. Prenderete confidenza con voi stessa e con vostro marito, non esisteranno ombre quando si unirà a voi. La paura sarebbe inammissibile. Gettarsi tra le braccia di uno sconosciuto, pur consenziente, è barbaro. Accade così tra i Salki?»
Yozora lo guardò incantata e il nodo ghiacciato allo stomaco si sciolse.
«Suppongo di sì, talvolta. Sono emozioni personali, non ne ho la certezza.»
«Avete uno strano concetto del pudore e del rispetto.»
«Comincio a pensarlo anch’io.»
Il principe sorrise privo di sarcasmo e il suo fascino carismatico riempì l’ambiente.
«Questo non significa che le domande scomode siano finite. Spetta a voi.»
Lei recuperò le fila del ragionamento e vi intrecciò il desiderio di conoscere di più del guerriero che le sedeva difronte. Non in qualità di tirocinio o di sostituto, bensì come uomo. L’unica maniera era snidare aspetti che per un Khai costituivano un ostacolo. Pensò che ne valesse la pena, che Rhenn sarebbe stato importante nella sua vita, come sino a quel momento. Senza di lui, in fin dei conti, non sarebbe giunta lì.
«Perché non posso essere vostra amica?»
«Prego?»
«Lo avete dichiarato prima. Non sorella, non amica e non amante.»
«Niente di personale. Un sovrano non ha amici.»
«Vi pare accettabile? Non vi sentite solo?»
L’erede al trono avvertì la complessità della questione e per la prima volta si trovò in difficoltà. Il calore del metallo si fece intenso.
«C’è il clan.»
«Ma non l’avete scelto, vi appartenete per nascita.»
Il tonfo del bracciale nell’acqua troncò la discussione.
«Vale lo stesso, troppe domande insieme non sono lecite.»
«Anche il vostro vradak è di compagnia, se è per questo» brontolò lei seccata.
«Indubbiamente. Perché avete invitato Mahati a cena?»
«È un modo di conoscersi, una sorta di asheat
«Quindi ora non sarà più necessario?»
«Le prove non sono sufficienti a cogliere di lui quanto desidero.»
«Non vi seguo.»
Yozora continuò nonostante il disagio.
«Voglio capire se possiede un aspetto in grado di conquistarmi. Voglio la possibilità di innamorarmi di lui.»
«Siete impazzita!? Un Khai non ama! Mahati non vi ricambierebbe!»
«Non importa.»
Il volto attraente dell’Ojikumaar si colorì, un lampo di collera gli attraversò lo sguardo, ma infilò il tylid e attese la domanda.
«Lo ripetete sempre: un Khai non ama. Se è così, perché nella vostra lingua esiste il verbo amare?»
«Per esprimere il contrario. Si usa con la negazione.»
«I segni che compongono il nome di vostro fratello significano “mio amato”.»
«Prezioso! Mahati significa “prezioso”, come Rhenn significa “portatore di gloria”! Dove avete scovato una simile sciocchezza?»
«Libri. Dalla vostra reazione sembra che l’amore vi spaventi!»
«Ridicolo! Un Khai non ha paura!»
«Non state rispondendo, citate dei precetti.»
«Essi contengono la verità in cui credo!»
«Allora traducetela in parole vostre! È facile trincerarsi dietro la consuetudine!»
Le iridi ametista del principe virarono in una tonalità minacciosa, annunciando alla ragazza la riuscita dell’intento: si era posto in difesa e la rabbia non era che un modo di attaccare per non darlo a vedere.
«Nessun morbo, nessuna debolezza, nessuna fenditura intaccherà il mio io!» ringhiò «Non ho nulla da proteggere, nulla da salvare, nemmeno me stesso! Sono immune al ricatto, la perdita non mi scalfisce. Rimango integro e consapevole, privo della cancrena incurabile che corrode chi non possiede sangue demoniaco! L’amore che difendete con tanto pathos è la morte dell’orgoglio, si spaccia per una forza positiva ma uccide e annienta con calcolata crudeltà!»
«Messo in questi termini dovrebbe piacervi.»
«Quanto una tortura efferata entusiasmerebbe un’utopista come voi! Non siete in grado di vedere il veleno letale occultato nel miele! Non esiste nulla di più basso e distruttivo di ciò che definite amore! Io lo rigetto, invoco con rispetto il supremo Belker affinché mi mantenga privo di… ah! Per tutti gli dei!»
L’anello piombò nell’acqua con uno sfrigolio allarmante. Yozora lo vide depositarsi sul fondo, assediato da minuscole bolle d’aria. Fece per prenderlo, ma il principe la bloccò d’istinto. Sussultò nel vedere che stava fissando, a metà tra l’inorridito e l’incredulo, la parte interna del polso. L’epidermide era arrossata e una mezzaluna crescente risaltava nitida sull’incarnato chiaro.
La ragazza si portò la mano alle labbra, terrorizzata. Aveva attraversato un confine che avrebbe dovuto rispettare. L’erede al trono esibiva un marchio infamante ed era stata lei a provocarlo con le sue detestabili richieste. Si sentì in colpa, la paura delle conseguenze la aggredì.
Forse è possibile medicarlo, guarirà, scomparirà, solo un brutto ricordo…
«Rhenn…»
Un Khai non ama, Rhenn. Un Khai domina, odia o si distacca.
Il principe si riscosse dall’apatia e ricacciò il flashback nell’inconscio.
«La prova è conclusa. Vi promuovo a pieni voti.»
Quella freddezza la sconvolse. Un muro di gelo levato a custodia dei pensieri. Non stava sfogando il dolore fisico e l’umiliazione: l’indifferenza forzata aggravò il senso di responsabilità. Calde lacrime presero a scivolarle sulle guance.
«Non me ne intendo, ma il vostro non sembra un pianto di gioia.»
Yozora si asciugò gli occhi con l’orlo della veste.
«Non lo è.»
«Sono io che ho fallito l’asheat
«Sono imperdonabile! Siete stato onesto, mi avete aiutata, invece io ho insistito e vi ho distolto dal contesto!»
Onesto. Non lo sono stato sin dalla domanda sul tradimento.
Forse mai. Era solo abile a dissimulare, a plasmare la propria verità, talmente abituato a piegare le parole da precipitare nella presunzione di essere infallibile. Meritava la lezione e la falce, monito a non sottovalutare nessuno, nemmeno una spaurita ragazzina salki che credeva nelle favole e piangeva per lui.
«È così che funziona, esitazioni e distrazioni si pagano. Quasi quasi mi propongo come tutore di Mahati, non gli conviene offrirsi inerme alle vostre idee assurde. Fortuna che sono già sposato.»
«Perché vorrei innamorarmi di lui?»
L’Ojikumaar versò l’acqua sulle fiamme e sollevò il braccio ustionato.
«Più perché la mia luna rammenterebbe il credo khai e la futilità dei vostri sforzi.»
«Non mi dispiacerebbe affatto.»
Rhenn sollevò un lembo della camicia e lo strappò con le zanne.
«Sposarmi?» tranciò ironico.
«Rispettare il vostro pensare. Non forzarvi e non pretendere che siate uguale a me.»
Lui si leccò la bruciatura, studiandola con aria critica.
«V-vi duole?» azzardò la principessa.
«Dannatamente.»
Tsk! Che diamine, avrei dovuto dire di no! Belker, aiutatemi! Sto diventando delicato!
Optò di fasciarsi il polso per coprire il marchio più che per esigenza medica, ma lei lo fermò.
«Che fate!? Così la stoffa si appiccicherà all’ustione!»
«Vantate conoscenze terapeutiche?»
«Una volta mi sono scottata con una candela, il guaritore ha applicato l’olio e una garza prima di fasciare.»
«Non morirò per così poco.»
«Rischiereste un’infezione. Forse ho il rimedio adatto.»
Rhenn sbuffò, ma la seguì con lo sguardo oltre la cortina d’organza del talamo. Lei tornò con una boccetta e gli sedette accanto. Lasciò che gli versasse un paio di gocce d’unguento sul polso e ne analizzò l’espressione dubbiosa.
«Avete terminato le soluzioni o l’entusiasmo?» indagò divertito.
«Ecco… ho capito dove reperire la garza, però non dovete guardare!»
Lui si soffermò sulle guance accese e sulla mano che armeggiava nervosa con i decori del vestito. Aveva visto le dorei di Rasalaje ricamare gli ornamenti destinati ai suoi abiti su un supporto leggero. Si illuminò.
«Non ci penso nemmeno! Originale come risarcimento!» sghignazzò.
«Siete davvero poco cavalleresco! Vi intendete anche di impunture?»
Rhenn la afferrò senza darle il tempo di realizzare. Lo sguardo era quello di un predatore digiuno da giorni, ma gli artigli lattei le posarono con prudenza sugli omeri. Il petto nudo era lucido di sudore, il thyr si sollevava e si abbassava a ogni respiro, visibile tra i brandelli di tessuto. Ipnotico e sensuale come il suo portatore.
«Mi avete già dato del sarto. Sono esperto di vestiti femminili perché li strappo prima dell’accoppiamento, vale come competenza?»
Afferrò la spallina e la accostò alla bocca. Tirò deciso, dilaniando la stoffa. Le labbra le sfiorarono la pelle, un brivido la trapassò violento. Serrò gli occhi e attese che la scossa si esaurisse, che lui oltrepassasse il confine per ristabilire le gerarchie o vendicarsi dell’affronto.
«Ve ne occorre altra?»
Yozora si ritrasse: il danno era limitato alla manica destra.
Rhenn le consegnò il lacerto e attese che applicasse la garza e la striscia sfilacciata di tessuto.
«Dovreste comunque interpellare un guaritore.»
«Come no, non vedo l’ora di esibire il nuovo tatuaggio!»
Si alzò, richiudendo alla bell’e meglio la camicia sbrindellata, poi si esaminò allo specchio e cambiò idea. Spalancò uno dei bauli del fratello, traendone una casacca di una sfumatura pervinca.
«Se uscissi con gli abiti strappati, racconterebbero chissà quali assurdità. Dovreste cambiarvi per evitare le chiacchiere.»
Non attese risposta, le girò le spalle e si spogliò. Scostò la chioma argentea dalla schiena, dandole modo di rilevare gli stessi segni neri inclinati di Mahati. Il terzo, a coda di rondine, sporgeva dal bordo dei pantaloni. Evitò di porre domande, ma non riuscì a distogliere lo sguardo e quando lui si voltò i loro occhi si incontrarono. Quella tinta gli donava, l’indumento calzava alla perfezione sul fisico privo di imperfezioni. I due principi avrebbero potuto essere gemelli, arduo stabilire quale fosse più attraente in base al colore delle iridi o dei capelli.
Che pensiero superficiale, non è l’esteriorità che conta!
Rhenn inarcò un sopracciglio, interrogativo.
«S-scusatemi. La camicia sembra cucita apposta per voi, io non ho mai potuto scambiare i vestiti con mia sorella.»
«Avete scambiato voi stessa, non crucciatevi.»
«Ma l’effetto ottenuto non è altrettanto apprezzabile.»
L’Ojikumaar rise. Un altro complimento indiretto, forse inconscio.
«Dubitate delle mie facoltà decisionali?»
«Oh, non oserei…»
«Non sono pentito, Yozora.»
Sentirsi chiamare per nome risultò insolito, piacevole. In qualche modo il senso di solitudine che le stagnava addosso si dissolse.
   
 
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