CAP
40. Non scapperai!
Alla fine della lezione, seguita in totale silenzio e finta attenzione, Ojiro non alza nemmeno gli
occhi dal quaderno. Lo chiude, lo infila nello zaino,
fa lo stesso con l’astuccio. Pulisce polvere che non c’è dal tavolo.
Sta aspettando che Shinsou, di cui sente gli occhi
addosso, se ne vada, così da poterlo
fare anche lui.
Ma
Shinsou rimane lì.
Anzi, ha persino la faccia tosta di
provare ad avvicinarsi a lui, guardarlo. Bussa sul tavolo
come se fosse una porta,
come se serve attirare la sua
attenzione, come se credesse
che non l’ha visto.
Ma
l’ha visto eccome.
“Senti, Ojiro, possiamo…”
Ojiro
lo interrompe alzandosi, e nel farlo è evidente
che cerca di fare più rumore
possibile con la sedia.
Jirou, a malincuore,
coglie la richiesta. Si affaccia di nuovo
nell’aula e lo guarda, “Ojiro-kun,”
lo chiama, “Vuoi venire a pranzo con noi?”
“Sì, grazie,” afferma subito l’altro.
Kaminari le tira
la manica, “Perché ti impicci? Forse
se parlavano…”
“Shinsou
ha sbagliato di brutto. Lascialo penare un po’.”
“Ma,
Kyoka…”
Jirou sospira,
prendendogli la mano, “Se gli parla adesso,
Ojiro non lo perdona. Devi lasciarlo
sbollire, calmarsi, capire che gli
manca. D’accordo? Fidati di me, Denki. Nemmeno a me piace vederli così.”
Non
tanto perché pensa che debbano
stare insieme per forza, a
lei non cambia nulla se Ojiro decide che con Shinsou è finite per sempre
e basta.
Però, il punto
è che non è finita affatto.
Ojiro
ci sta male, quella notte, quando
l’hanno lasciato solo per dormire, si è permessa
di poggiare i jack al muro ed è certa di
averlo sentito piangere. Senza contare, infatti, lo sguardo arrossato di quella mattina.
Vuole che parlino, almeno per chiarire. Se poi decidono di tornare insieme
o no, di rimanere solo amici, a lei non importa.
Basta che
non stiano più così.
Per
questo anche nei due giorni successive Jirou, e Shoji quando lei glielo chiede, diventano l’ancora di salvezza di
Ojiro.
Jirou sa benissimo che Shinsou probabilmente li sta odiando, ma sente ancora che
è giusto così.
Ojiro
è ancora troppo arrabbiato. È ancora più arrabbiato che triste, o pentito,
o nostalgico.
Lo
sa, lo vede da come guarda Shinsou le poche volte che lo guarda, da come lo evita quando Shinsou chiama il suo
nome, da come lascia la stanza quando entra Shinsou, a colazione e cena, quando mangiano
in dormitorio.
È
così palese che persino Kirishima,
e alcuni altri che non sanno cosa
è successo tra loro, iniziano a fare domande.
Anche perché
ormai è l’unica cosa interessante rimasta nella classe.
Tutti gli altri problemi, improvvisamente, sembrano essersi volatilizzati. Tutto e tutti sono
tornati in perfetti rapporti.
Kirishima e Mina, Kirishima
e Bakugou, Todoroki e Momo.
Forse, gli unici ancora in sospeso sono Bakugou e Ochako.
Jirou l’ha notato da tempo, che fra i
due in quel periodo si sono molto avvicinati
ma, da quando è stato sospeso, Bakugou si fa vedere
pochissimo da loro.
Non
li ha nemmeno ringraziati. O, meglio, pare, a sentire Kirishima, che si sia
fatto dire da lui solo i nomi
di quelli che effettivamente sono andati a parlare
con Aizawa e che sia andato da loro
porta a porta.
Ma
non sa che cosa ha detto.
Non
ce lo vede a ringraziare. Non persone come Midoriya, poi.
Comunque, sa che c’era anche
Ochako, quel giorno. Quindi, insomma, qualcosa devono essersi detti, no?
“Ochako-chan, perché non vai tu a portare
il quaderno degli appunti a Bakugou?”
Ochako sobbalza,
a quelle parole, “Eh? Io?”
“Beh, sì. Qualcuno
deve, no?”
“Perché non Kirishima?”
“Beh, pensavo che
ti facesse piacere, vederlo. Mi è sembrato che ultimamente…sai…”
Ochako scuote
con forza il capo, “Volevo solo aiutare lui e Momo-chan. Nient’altro. Non c’è nient’altro.”
Jiro sa che
sta mentendo. Lo percepisce chiaramente.
“Okay,
beh, qualcuno comunque li deve
portare e io volevo andare da
Denki.”
“Beh…va bene.
Da pure a me, Kyoka-chan.”
“Grazie
mille!”
Ochako quindi
afferra il quaderno e si avvia
verso le scale nella parte maschile
del dormitorio.
Non
è sicura di voler vedere Bakugou. Non…no, anzi, lo sa che
non vuole vederlo.
Perché può
solo rimanere ferita da quello che
potrebbe succedere, qualcosiasi cosa sia.
In
quelle settimane si è avvicinata tanto a Bakugou, e non può negare di provare
qualcosa per lui, o di iniziare a provare
qualcosa. Però è anche abbastanza certa che per Bakugou non sia lo stesso. È stato gentile, anche attento a lei, ma totalmente indifferente.
O
almeno, è la sensazione che ha avuto anche
la mattina in cui sono tornati normali, quando gli si
è svegliato accanto.
Non
le è parso provasse granché.
Quindi deve smetterla. Di sperarci, di pensarlo.
È
solo un amico. Solo un amico.
Nient’altro.
E
lei, comunque, l’ha fatto per Momo. Sì, per Momo, che
era trascurata anche da Todoroki.
Non
per Bakugou.
“Che cazzo fai
lì, faccia tonda?”
Ochako sobbalza,
si gira di
scatto. Bakugou è lì, con una cesta di
panni freschi di lavatrice fra
le braccia.
“I…io ero venuta…per
questo…”
Bakugou
fissa il quaderno, poi di nuovo lei, poi la porta della stanza. “Puoi entrare. È aperta.”
“A-ah…okay…”
Ochako apre la porta, la camera di Bakugou è perfettamente in ordine, se c’era una valigia
in mezzo per l’espulsione, è sparita
di nuovo.
L’odore di
Bakugou è ovunque.
Ad
Ochako per un attimo gira la testa.
“Si
può sapere che cazzo hai?
Posalo sul tavolo, no?”
“G-giusto.”
Bakugou
sospira. Non è stupido, dannazione, lo avrebbe capito anche Todoroki, che vive col prosciutto sugli occhi e nelle
orecchie. È impossibile non
capire che Ochako è cotta.
A
puntino.
Forse persino
più di quando
lo era per Midoriya.
E
non è che Bakugou è cieco anche da non dire che Ochako è uno
schianto ed è forte, ed ha tutto quello
che cerca in una donna.
Solo
che non è il cazzo di momento.
Adesso, poi, meno
che mai.
“Senti, Uraraka,” mette la cesta sul letto, la lascia
lì ma per un attimo
continua a guardarla, senza
voltarsi.
“S-sì?”
“So
che c’eri anche tu quando
siete andati a parlare con faccia da morto.”
“Sì, beh…era il
minimo. Io…”
“Sì, vabbeh, comunque
non è questo il punto. Tu sei
quella che mi ha aiutato più di
tutti in questa situazione, indirettamente o meno. Anche se mi comportavo di merda.”
“Eri nervoso,” sorride
Ochako, “Comprensibile.”
“Non
dire cazzate,” alza gli occhi al cielo.
Senza contare, poi, che aveva pianto
davanti a lei.
Pianto.
Pianto!
Ecco quella forse era l’unica cosa per cui poteva dare la colpa al nervosismo. E ai dannati ormoni.
“Ti
devo una serie di favori
non indifferenti. E a dover
essere onesto non capisco che cazzo
di gusti di merda hai
per innamorarti prima di quel nerd di merda
e poi di me…”
Ochako diventa
paonazza all’istante, “C-c-cosa…”
Bakugou
sogghigna, “Fai schifo a nascorderlo. Giusto merdeku poteva non capirlo.”
“Ma…ma
io…no, no, hai frainteso! Io non volevo…io non….”
“Come
ti pare. Anzi, meglio. Perché io non ho tempo per queste cose. Questa situazione del cazzo e adesso la sospensione mi faranno perdere un sacco di tempo, porca puttana, e non accetto di rimanere dietro
a voi perdenti. Quindi meglio se ho capito male. Bene, ti ho detto quello
che dovevo.”
Ochako rimane
a lungo ferma.
In
un qualche modo, non è ferita dal discorso
di Bakugou. Non l’ha rifiutata. Le ha solo detto che….che non è tempo.
E
anche lei lo pensa. Lo ha pensato per molto tempo.
Ha
rinunciato e poi perso Deku per questo, perché per lei era ed è più importante la scuola per adesso. E se l’è preso Melissa.
“Lo
capisco,” afferma Ochako, e stavolta è seria. Rossa, sì,
ma determinata.
Bakugou
la guarda, e quegli occhi grandi e profondi per un attimo gli fanno battere
il cuore.
Ma
è sicuro di quello che ha detto.
Non
cambierà idea ora.
“Nemmeno io ho intenzione
di rimanere dietro te e Deku-kun.
Diventerò un eroe e questo è l’unica cosa su cui mi voglio concentrare, mi sono già fatta
questa promessa una volta. Ma posso
dire una cosa,
Bakugou-kun?”
“Cosa?”
“Stavolta non mi farò nemmeno battere sul tempo da qualcun
altra!”
Bakugou
la guarda mentre se ne va, lasciandolo di nuovo solo nella
stanza. Ha la testa alta,
le spalle ben dritte. Non la vede in volto ma sa che
sta sorridendo.
Si
ritrova a sorridere anche lui.
Bene.
Perché quando
sarà tempo nemmeno lui se la farà scappare.