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Autore: Nana_13    17/08/2021    0 recensioni
- Terzo capitolo della saga Bloody Castle -
Dopo aver assistito impotenti allo scambio di Cedric e Claire, i nostri protagonisti si ritrovano a dover fare i conti con un epilogo inaspettato.
Ciò che avevano cercato a tutti i costi di evitare si è verificato e ora perdonare sembra impossibile, ogni tentativo di confronto inutile. Ma il tempo per le riflessioni è limitato. Un nuovo viaggio li attende e il suo esito è più incerto che mai. Pronti a scoprire a quale destino andranno incontro?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 13

 

La proposta


Fin dal primo istante in cui si era svegliata in quella cella, Claire non aveva mai preso realmente in considerazione l’idea di tentare la fuga. Il proposito le era balzato in mente tante volte, ma si rendeva conto che provarci avrebbe significato scatenare le ire di Nickolaij e di conseguenza mettere in pericolo le persone che amava. Senza contare le scarsissime probabilità di riuscire nell’impresa. A un certo punto, quindi, si era rassegnata a rimanere al castello, sforzandosi di rendere quanto meno sopportabile la sua nuova vita.

Ora però le cose erano cambiate e a cambiarle era bastato un semplice breve viaggio. Lei e Dustin si erano fermati a Greenwood giusto un paio di giorni, il tempo di assistere alla messa in opera dello scioccante piano di Nickolaij per dominare gli esseri umani e poi erano ripartiti. 

Ingenuamente, Claire si era illusa che rivedere i suoi cari, anche senza la possibilità di riabbracciarli, le avrebbe ridato speranza e voglia di lottare. Adesso, invece, desiderava solo non aver mai chiesto di poter tornare laggiù. 

Dopo quello che aveva passato in quei mesi, pensava che niente sarebbe riuscito a sconvolgerla, ma aveva dovuto ricredersi. Tutto a un tratto si era ritrovata di fronte a file di persone, in coda come se aspettassero la propria razione di viveri durante una guerra, e tra loro c’erano anche sua madre, sua sorella, insieme a Martha, la madre di Juliet, tutte visibilmente confuse e spaventate. Suo padre non era con loro e se n’era chiesta il motivo, prima di rendersi conto che la fila fosse composta interamente da donne e bambini di età diverse.  

 Al passaggio di un vampiro di guardia, sua madre aveva stretto Megan a sé per proteggerla. Come se avesse potuto. Incurante delle sue grida disperate, infatti, le aveva strappato la figlia dalle braccia per unirla a un gruppo composto da altri bambini e ragazzi più grandi. Tra loro aveva riconosciuto Richard, a cui sua sorella si era aggrappata in lacrime, cercando protezione, e questo le aveva dato un minimo di sollievo. 

Cercando di tenere a freno l’impulso di intervenire, aveva chiesto spiegazioni a Dustin, il quale candidamente l’aveva messa al corrente dei fatti. In quel momento il grande progetto di Nickolaij per l’umanità le si era presentato davanti agli occhi in tutta la sua follia: trasformare le città in riserve di cibo, considerando gli abitanti alla stregua di vacche da mungere. In sostanza, il piano era convertire il mondo in un immenso allevamento, in cui i vampiri potevano avere accesso illimitato al sangue umano senza doverselo procurare di nascosto. 

Dopo aver impiegato qualche minuto per riprendersi dallo shock, il primo pensiero di Claire era andato alla boccetta bevuta in camera qualche sera prima. Per quanto ne sapeva, avrebbe potuto contenere il sangue di sua madre o di sua sorella…

Ancora adesso non riusciva a pensare ad altro e a stento reprimeva il disgusto per ciò che era diventata. Suo malgrado, ora faceva parte di quel piano, ne era complice dalla prima goccia ingerita. Tuttavia, non intendeva piegarsi alla rassegnazione, non sarebbe rimasta a guardare quel mostro appropriarsi di tutto. Doveva trovare il modo di raggiungere gli altri, per avvertirli e impedire che la situazione degenerasse, ma non poteva farcela da sola. Aveva bisogno dell’unica persona di cui potesse fidarsi in quel castello.

Per fortuna, dalla sera della cerimonia Nickolaij aveva allentato la sua sorveglianza su di lei e ora poteva girare liberamente senza seccatori tra i piedi. Così, dopo aver atteso qualche giorno dal ritorno dall’America, si avventurò lungo i corridoi, diretta nel primo posto in cui sperava di trovare chi stava cercando.

Giunta all’entrata della sala comune, si affacciò dentro e per fortuna Jason era lì, seduto al tavolo a leggere un libro. 

“Jay...” gli sussurrò, cercando di attirare solo la sua attenzione. Da quando aveva subito quel tentativo di stupro si sentiva ancora poco tranquilla in presenza di altri vampiri. 

Jason alzò gli occhi dal libro e la guardò, mostrandosi perplesso nel vederla comportarsi in quel modo così circospetto.

“Posso parlarti un momento?”

“Non lo stai già facendo?” replicò con aria annoiata, riportando la sua attenzione sulle pagine.

Claire però non era in vena di fare giochetti così gli tolse il libro dalle mani e lo gettò lontano con malagrazia.

“Ehi!” protestò, ma lei lo stava già trascinando fuori dalla sala verso un’altra stanza, lontano da orecchie indiscrete.

“Ti vuoi calmare!” Jason si liberò dalla sua presa. “Si può sapere che c’è di tanto urgente da trascinarmi…”

“Sono stata a casa, Jay. A Greenwood.” Lo disse senza esitare, diretta, e dalla sua reazione dedusse di aver ottenuto l’effetto sperato.

Le proteste, infatti, gli morirono in gola e restò a fissarla spaesato. “Come…” mormorò.

“Ho chiesto il permesso a Nickolaij e lui ha acconsentito.” spiegò Claire in breve. Non erano necessari i particolari, il punto era un altro. “Ho visto i nostri genitori e quello che i vampiri stanno facendo alla città. Sono prigionieri! Vengono trattati come bestie da macello a cui prelevano litri di sangue ogni giorno! È spaventoso.” Rabbrividì al solo pensiero.

Per un momento anche Jason parve turbato, ma non durò molto perché la sua faccia cambiò radicalmente nel giro di pochi secondi, tornando inespressiva. “E allora?”

Quella domanda la spiazzò. Non riusciva a credere che potesse rimanere così indifferente davanti a una situazione del genere. “Come sarebbe e allora? Jason, ci sono le nostre famiglie laggiù, i nostri amici! Tengono separati i giovani dagli adulti perché il loro sangue è migliore e Dio solo sa fino a che punto li spremono per prenderglielo. Potrebbero arrivare a ucciderli tutti, così come hanno ucciso tuo padre…”

“No, non è come dici tu…”

“Sì, invece! Sono dei mostri senza scrupoli, lo hanno ucciso davanti ai tuoi occhi…”

“Io ho ucciso mio padre, Claire!” esplose esasperato; poi, alla vista della sua espressione sconvolta, parve calmarsi. “Sono stato io.”

“Non puoi dire sul serio…” mormorò lei, boccheggiando. 

Jason distolse lo sguardo verso la finestra. La colpa di quanto le aveva appena rivelato sembrava pesare ancora su di lui, ma non abbastanza ai suoi occhi. Era come se col tempo ci avesse fatto l’abitudine. “Dopo la mutazione avevo bisogno di nutrirmi, altrimenti non sarei sopravvissuto.”

Claire scosse la testa, incapace di credere alle proprie orecchie. “No, è impossibile che tu lo abbia fatto di tua volontà, ti hanno costretto…”

“Che importa?” la interruppe. “Se non l’avessi fatto, sarei morto. È questo il punto, non lo capisci? Il piano di Nickolaij è perfetto. Lui non vuole uccidere gli umani, al contrario, senza di loro non sapremmo di cosa nutrirci, per questo li rinchiude nelle fattorie…”

“Fattorie?” ripeté disgustata. “È così che chiamate quelle prigioni?” In effetti il nome era più che azzeccato, ma allo stesso tempo, se possibile, ancora più inquietante.

Jason riportò l’attenzione su di lei, lo sguardo vitreo e spento. “Se sono i nostri parenti a preoccuparti, non dovresti. Stanno bene, l’hai visto anche tu. Devono solo offrire un po’ del loro sangue una volta al mese e non gli succederà niente.” disse con un tono così freddo e distaccato che Claire sentì un brivido salirgli lungo la schiena. Quello non era lo stesso ragazzo che conosceva fin dalle elementari, che giocava nel suo giardino e che era sempre dalla sua parte quando ne aveva bisogno. “Sei cambiato, Jay. Io… non ti riconosco più.” Rabbia e delusione si impadronirono di lei e non riuscì a impedire che le lacrime le rigassero il viso.  

Vedendola in quello stato, Jason ebbe come un tentennamento, ma, come pochi attimi prima, durò solo un istante. “Molte cose sono cambiate ormai. Capisco che non sia facile da accettare, ma adesso la nostra famiglia è tra le mura di questo castello e, che tu lo voglia o no, niente tornerà più come prima. Io me ne sono fatto una ragione, dovresti farlo anche tu.”

Claire però era stanca di quei discorsi deliranti, così si asciugò le lacrime e senza degnarlo di risposta uscì come una furia dalla stanza. Era chiaro che Nickolaij e i suoi scagnozzi dovevano aver fatto un bel lavaggio del cervello a quello che una volta era il suo migliore amico, perché il vero Jason non avrebbe mai potuto dire quelle cose orribili.

Appurato questo, era altrettanto ovvio che non l’avrebbe mai aiutata a fuggire da lì, perciò doveva trovare il modo di farcela da sola. Ripensò alle sue parole per tutto il tragitto, fino in camera. Era così disgustata e arrabbiata che non appena arrivata si buttò sul letto, prese un cuscino e ci urlò dentro tutta la sua frustrazione. Non riuscì a evitare che nuove lacrime le invadessero gli occhi, bagnandole le guance. Si sentiva di nuovo sola, forse anche più di prima. Aveva sperato davvero di trovare un alleato in Jason, soprattutto dopo che l’aveva soccorsa, invece tutto quello che aveva erano nient’altro che delusione e amarezza. 

Cercò di ricordare quel poco che aveva imparato sul controllo delle proprie emozioni, ma non fu affatto semplice. Non si era mai sentita così. Aveva una gran voglia di sfogarsi e radere al suolo tutto quello che aveva intorno, ma con enorme fatica riuscì a limitare i danni al solo cuscino che stava stringendo. In pochi secondi, infatti, lo ridusse a brandelli, spargendo l’imbottitura di piume per tutta la stanza. Ansante, lasciò cadere ciò che ne restava e con le mani di nuovo libere si asciugò le lacrime, un attimo prima di sentire qualcuno bussare alla porta. Neanche il tempo di rispondere che Dustin entrò. 

Claire lo raggiunse in fretta nell’anticamera e notò che questa volta non era solo. Due ragazze se ne stavano dritte dietro di lui, come in attesa di istruzioni.

Il vampiro la squadrò dall’alto in basso, con la sua solita aria altezzosa. “Hai per caso avuto problemi con un’oca?” domandò, alzando un sopracciglio e a quel punto Claire vide la sua immagine riflessa nello specchio dell’antica toeletta, accorgendosi di essere ricoperta di piume.

Ingoiando un insulto, cercò di porre rimedio a quel disastro districandosi via le piume almeno dai capelli, mentre lanciava uno sguardo carico d’odio al suo riflesso. “Cosa ci fai qui?” 

“Brutta giornata, eh? Comprensibile, immagino non sia stato piacevole raccontare al tuo amichetto quello che hai visto a Greenwood.”

Claire si girò di scatto a guardarlo e un ghigno soddisfatto si dipinse sul volto di Dustin. –Come diavolo fa a saperlo? - pensò. Che Jason fosse subito corso a dirglielo? O magari la teneva sotto controllo per conto di Nickolaij…

“Ho incrociato il giovane Jason venendo qui. Aveva l’aria turbata, così mi ha raccontato della vostra piccola discussione e di come tu te ne sia andata in un fiume di lacrime.” spiegò in tutta calma, guardandosi le unghie. 

Lei però non era in vena di inutili chiacchiere. “Quindi sei venuto qui per questo? Eri preoccupato per me?” lo provocò, fingendo riconoscenza.

“Purtroppo Sua grazia ti ha posto sotto la mia responsabilità, per quanto questo compito sia mortificante, perciò sì, in parte volevo vedere come stessi e a giudicare dal tuo aspetto e dalla quantità di piume in camera da letto, piuttosto bene direi.” la schernì.

Claire fece un respiro profondo, nel tentativo di reprimere il più possibile la rabbia. “Te lo richiedo. Cosa ci fai qui e chi sono quelle?” 

“Sua grazia mi ha chiesto di ricordarti che stasera si terrà un ballo…”

“Un ballo?” lo interruppe sorpresa. Non era proprio dell’umore per feste e abiti da sera. Aveva una fuga da pianificare.

Dustin sospirò, visibilmente irritato dalla sua interruzione; poi riprese. “Sì, un ballo in onore del suo anniversario di nascita e tu sarai l’ospite d’onore.” Pronunciò le ultime parole con una leggera vena di disgusto, ma Claire lo ignorò. 

Con un altro sospiro, indicò le due ragazze alle sue spalle: “Loro sono Gina e…” Schioccò le dita, esortando la ragazza dai capelli rossi alla sua destra a ricordargli il suo nome.

“Pauline.”

“Sì, ecco. Ti aiuteranno a prepararti adeguatamente per la festa e magari a non farti assomigliare a un fagiano.”

“Grazie, ma non credo di averne bisogno. So ancora vestirmi da sola.” ribatté Claire infastidita. 

Per tutta risposta, lui le rivolse un’ultima occhiata eloquente, prima di girare i tacchi e andarsene, lasciandola sola con le sue ancelle. Un chiaro segnale del fatto che, volente o nolente, avrebbe dovuto rassegnarsi al suo destino. A quanto pareva, il progetto di fuga doveva aspettare.

 

Dopo quasi un’ora, si ritrovò truccata, pettinata e strizzata in un vestito stile Cinquecento, con tanto di bustino e merletti. Esaminandosi allo specchio a lavoro finito quasi non si riconobbe. Rimase piacevolmente sorpresa del risultato e dovette ammettere con se stessa che senza l’aiuto di Gina e Pauline non ce l’avrebbe mai fatta. Somigliava proprio a una perfetta dama di corte. Come un dejà-vu le tornò in mente uno dei primi sogni su Elizabeth e ricordò come anche allora avesse avuto la stessa sensazione guardando la sua immagine riflessa nello specchio.

Probabilmente per assicurarsi che si presentasse, Nickolaij mandò i soliti due energumeni a prenderla per scortarla di sotto, nella sala principale dove si sarebbe tenuta la festa. Già lungo il corridoio riuscì ad avvertire il chiacchiericcio e la musica provenienti dalla sala e quando entrò ebbe la sensazione di aver attraversato un portale e viaggiato nel tempo. Tutto era stato allestito in modo da riprendere lo stile rinascimentale, grossi candelabri pendevano dal soffitto a illuminare la sala gremita di gente, tappeti di velluto rosso coprivano gran parte del pavimento e ai lati della sala lunghi tavoli offrivano un banchetto degno di un re. In un angolo in fondo un quartetto d’archi suonava una musica leggera che si amalgamava perfettamente all’ambiente e, a completare il tutto, c’erano i numerosi invitati che esibivano con orgoglio i loro abiti migliori in tema con la festa. Sembrava come se tutta Bran si fosse riunita al castello per rendere omaggio al suo sovrano, come da vecchia usanza. Un set cinematografico non avrebbe saputo fare di meglio.

Le sue guardie del corpo la scortarono fino al centro della sala, dove Nickolaij stava conversando amabilmente con una ristretta cerchia di persone. Al suo passaggio tutti gli ospiti si voltarono a guardarla, per poi bisbigliare qualcosa al vicino. Claire provò a evitarli abbassando lo sguardo sul pavimento, ma fu impossibile ignorare la sensazione di tutti quegli occhi puntati addosso. La serata non era ancora iniziata e lei avrebbe già voluto andarsene.

Quando Nickolaij si accorse del suo arrivo, il volto gli si illuminò di gioia. “Ben arrivata.” Le sorrise, prendendole la mano per baciarla, in quel suo modo antiquato ma sempre galante.

Lei gli sorrise imbarazzata, prima di ritrarla con gentilezza. L’abbigliamento che sfoggiava quella sera la colpì. All’apparenza poteva sembrare un vestito semplice, ma ai suoi occhi non sfuggirono alcuni dettagli che ne esaltavano la ricchezza. La lunga giacca rossa, ad esempio, aveva degli elaborati ricami in oro lungo le maniche e i bordi delle cuciture, e al di sotto si intravedevano pantaloni neri e stivali tirati a lucido dello stesso colore. La teneva stretta in vita con una fascia nera, anch’essa impreziosita con motivi in oro e, come ultimo tocco, sulla testa trionfava un turbante, sempre nero, che riprendeva gli stessi preziosi ricami tutto intorno.

Non che fosse un’esperta, ma quando Claire pensava al Cinquecento certo quello non era il primo costume che le veniva in mente, immaginò perciò che dovesse essere legato alla cultura romena.

Nickolaij non aveva smesso un attimo di guardarla. “Sei davvero splendida.” disse affascinato.

Claire però si sentiva già abbastanza in imbarazzo perché tutti la fissavano, così decise di cambiare argomento. “Allora…” si schiarì la gola. “Immagino debba augurarti buon compleanno. O non si usa in quest’epoca? Aspetta, in che anno siamo?” scherzò, cercando di alleggerire l’atmosfera.

Nickolaij la fissò ancora per un secondo, un po’ spiazzato, poi scoppiò a ridere. La sua risata doveva essere contagiosa perché anche i vampiri accanto lo imitarono.

“Il tuo senso dell’umorismo mi sorprende ogni volta, Claire. Vieni, prendiamo da bere.” Le porse la mano, guidandola verso uno dei tavoli. “Come avrai notato, ho voluto ricreare un’atmosfera a me più congeniale. Gli anni migliori li ho trascorsi in questo castello dopotutto e mi sembrava giusto festeggiare la mia nascita rivivendo quei momenti.” Esordì, mentre passeggiavano per la sala diretti al buffet.

Claire pensò che questo suo continuo vivere nel passato fosse una sorta di malattia, ma si guardò bene dal dirlo ad alta voce. “Se non sono indiscreta, posso chiederti quanti anni compi?”

Lui sghignazzò, ma sempre in maniera composta. “Arrivati alla mia età si fa fatica a tenere il conto esatto, però dovrei essere sui quattrocento sessanta. Anno più, anno meno.” rispose tranquillamente, mentre le porgeva uno dei due calici di champagne che aveva appena riempito.

Lo guardò strabuzzando gli occhi incredula. Certo, facendo due conti era più che plausibile che si portasse dietro tutti quegli anni, solo che già all’epoca di Elizabeth ne dimostrava una ventina e adesso non sembrava tanto più vecchio. Come era possibile che fosse cambiato così poco?

Nickolaij sembrò intuire cosa le stesse passando per la testa e provvide a darle ulteriori spiegazioni sui vantaggi di essere un vampiro. “Vedi, a differenza degli umani, per noi il tempo scorre molto più lentamente. Una volta raggiunta una certa età, diversa per ciascuno, smettiamo di invecchiare e il nostro aspetto resta immutato fino al sopraggiungere di un’eventuale morte.”

-Ecco spiegato perché Dean sembra un diciottenne- rifletté, sapendo che anche lui aveva più di un secolo sulle spalle. A quel punto, una domanda le sorse spontanea. “Quindi anche nel mio caso…”

“Purtroppo questa regola vale solo per coloro che nascono con il gene di vampiro. Chi viene trasformato da altri rimane con l’aspetto che aveva al tempo della mutazione.” spiegò Nickolaij con estrema chiarezza.

La notizia che avrebbe avuto per sempre diciotto anni fu così spiazzante che mandò giù lo champagne tutto d’un fiato, senza curarsi di nasconderlo al suo accompagnatore.

Continuarono a passeggiare per la sala e Claire venne presentata ad alcuni vampiri leccapiedi tirati a lucido per l’occasione che non facevano che sbrodolarsi in elogi e riverenze nei riguardi del loro illustre ospite. Per non parlare di come lo squadravano le signore. Tutti gli sguardi adoranti erano per Nickolaij, mentre a lei venivano riservate solo occhiatacce. La sua presenza doveva essere senza dubbio l’argomento principale della serata, visto che da quando era arrivata non c’era stato attimo in cui aveva smesso di sentire i mormorii della gente al suo passaggio. 

Accorgendosi del disagio lampante sul suo volto, Nickolaij le prese la mano e dolcemente la guidò al centro sala. “Non badare a loro.” le bisbigliò in un orecchio, mentre senza tante cerimonie la attirava a sé, coinvolgendola in un lento. “Il fatto che tu sia così vicina a me è solo un pretesto per farli spettegolare.” 

Per la seconda volta quella sera, Claire ebbe un dejà-vu: loro due, mano nella mano, che ballavano davanti a una schiera di persone, esattamente come quella notte a Greenwood. La notte in cui tutto era iniziato. Alzò appena lo sguardo e, quando i suoi occhi incrociarono quelli di Nickolaij, il cuore cominciò a batterle all’impazzata. Erano davvero molto vicini e per un secondo si sentì attratta da lui. Era come se lo vedesse per la prima volta. Quei suoi lineamenti regolari, gli occhi azzurri che al riflesso delle lanterne a volte sembravano verdi, i capelli ramati… In quel momento non le risultò difficile mettersi nei panni di Elizabeth. Continuarono a danzare presi l’uno dall’altra, come se intorno a loro non ci fosse più nessuno e, mentre lo guardava, Claire pensò a quanto fosse incredibile come tanta bellezza potesse nascondere altrettanta crudeltà. Fu allora che un lampo di lucidità le attraversò la mente, schiarendole le idee e facendole ricordare tutte le cose orribili che quel mostro aveva fatto a lei e i suoi amici, alla sua famiglia… a Cedric. Di colpo l’attrazione provata fino a poco prima sparì e Claire si ritrasse bruscamente, come spaventata.

“Mia cara, cos’hai? Ti vedo turbata.” le domandò preoccupato, notando quel cambiamento repentino. 

Non sapeva spiegare cosa le stesse succedendo. Tutto un insieme di emozioni che non riusciva a controllare stava prendendo possesso di lei e cominciò ad andare in iperventilazione. 

“Vieni, prendiamo da bere. Ti aiuterà a calmarti.” Senza indugiare, la prese per un gomito e insieme raggiunsero il tavolo del buffet.

Tuttavia, svuotare avidamente il bicchiere di vino che Nickolaij le aveva riempito non servì a distenderle i nervi. L’unico modo per placare il disagio che provava nel trovarsi in sua compagnia sarebbe stato tornarsene in camera, ma sapeva che non glielo avrebbe permesso. Come diavolo aveva potuto pensare di essere attratta da quel mostro? –Devo avere davvero qualcosa che non va- Una persona normale non avrebbe mai potuto neanche immaginarlo dopo quello che le aveva fatto passare. 

“Va meglio?” le domandò premuroso.

Lei annuì, sapendo di mentire e per questo evitando il suo sguardo. “Non so cosa mi abbia preso…”

Come spesso accadeva, però, Nickolaij la sorprese con la sua abilità di avere sempre la risposta giusta al momento giusto. “Non devi vergognarti se non riesci a comprendere le sensazioni legate al tuo nuovo stato. Quando si è giovani e inesperti può capitare di essere sopraffatti da diverse emozioni in una volta e spesso questo risulta destabilizzante. Con il tempo verrà tutto più naturale, vedrai.”

Destabilizzata. Ecco come si sentiva. Con una sola parola aveva descritto la sua eterna condizione da quando era diventata un vampiro e sentirselo dire chiaro e tondo servì in parte a rassicurarla. Credeva di stare impazzendo.

“Ad ogni modo, mi hanno riferito che le tue lezioni vanno molto bene, sei promettente e impari in fretta, perciò non perderti d’animo.” 

“Mio Signore.” 

Un ragazzo smilzo e dai capelli arruffati, chiaramente estraneo alla festa, si avvicinò a loro, interrompendo la conversazione. Sussurrò qualcosa all’orecchio di Nickolaij, che subito dopo averlo congedato con un breve cenno della mano si rivolse di nuovo a lei. “Devo assentarmi per qualche minuto. Ti prego di scusarmi.” 

Il tempo di un altro baciamano e la lasciò sola a osservare il viavai degli invitati. I suoi occhi scrutavano la sala, quando d’un tratto individuarono un volto tanto familiare quanto sgradito. C’era anche Tareq. Lo riconobbe senza alcuna difficoltà perché a differenza degli altri indossava un semplice completo nero e come lei era relegato in un angolo alla larga da tutti. Così pensò che quella fosse una buona occasione per sbattergli finalmente in faccia ciò che pensava di lui. 

Mischiandosi tra la folla riuscì ad avvicinarglisi con noncuranza, finché non fu alla giusta distanza perché la sentisse anche senza dover alzare la voce. “Niente costume per te?” 

Lui sogghignò, dando segno di averla riconosciuta. “Non mi vesto da pagliaccio.” tagliò corto, continuando a guardare fisso davanti a sé.

Claire indicò gli altri invitati con un cenno del mento. “Con o senza, sembri comunque un pesce fuor d’acqua in mezzo a loro.”

“Siamo in due allora.” 

Quella strafottenza aveva il potere di farle saltare i nervi e dovette faticare parecchio per dominare la rabbia. “Cosa ti ha spinto a farlo?” gli chiese istintivamente, senza specificare il contesto.

Tareq, infatti, non afferrò. O forse finse di non farlo. “Sono stato invitato…”

“Sai di cosa parlo!” lo interruppe, stavolta più infervorata. “Tradire Jamaal e tutti i tuoi principi per metterti al servizio di Nickolaij. Perché?”

Lo sguardo di Tareq si fece, se possibile, ancora più buio. “Non credo che questi siano affari tuoi.” 

Lei, però, lo ignorò. “Come fai a non farti schifo?” lo attaccò ancora, decisa a far cedere le sue difese. “Hai ucciso un membro della tua famiglia solo perché aveva scelto un’altra come successore…”

“E non ti pare un motivo sufficiente?” le parlò sopra, ridacchiando. “Quell’idiota sentimentale non è mai stato degno del suo ruolo e lo ha dimostrato fino alla fine.” 

Sentirlo insultare la memoria di Jamaal le fece ribollire il sangue nelle vene. “Non hai mai capito niente di lui…”

“No, sei tu quella che non sa niente.” ribatté in un sibilo carico di disprezzo. “Esserci andata a letto non fa di te una Jurhaysh. Non conosci le nostre tradizioni e non hai la minima idea del disonore che la sua scelta ha portato a me e alla nostra famiglia.” 

-Senti chi parla di disonore- pensò Claire indignata. Suo padre si era impiccato dopo che Jamaal lo aveva bandito dalla tribù e probabilmente ora si stava rivoltando nella tomba sapendolo schierato dalla parte dei vampiri. L’impulso di farglielo sapere fu fortissimo, voleva che soffrisse, ma qualcosa la trattenne. Forse non meritava nemmeno di saperlo. “Ti sei sentito talmente disonorato da uccidere Jamaal e unirti al suo peggior nemico?”

“Non mi sembra che tu abbia fatto diversamente. Sei qui proprio come me.”

Come osava paragonare il suo tradimento al ricatto che era stata costretta ad accettare per salvare le persone che amava? “Nel mio caso è diverso, io non ho avuto alternative. Tu, invece, hai scelto di essere uno sporco traditore, un vile che aveva giurato di proteggere le persone dai vampiri, mentre adesso partecipa alle loro feste.” 

Il suo tono trasudava profondo disgusto, al punto che Tareq non riuscì più a mostrarsi superiore e reagì, afferrandola per un polso e tirandola a sé. “Attenta, ragazzina. Se pensi che fartela con Nickolaij ti autorizzi a giudicarmi hai fatto male i conti.” sussurrò minaccioso, stringendola fino a farle male. 

“Io la lascerei.”

Claire si accorse che nel frattempo Dustin si era avvicinato a loro solo quando lo vide materializzarsi alle spalle di Tareq, sul volto lo stesso sguardo raggelante che gli aveva visto sfoggiare spesso nelle situazioni di tensione in cui doveva rimettere ordine. “Non è il caso di dare spettacolo, stasera.” 

Appena lo sentì mormorarglielo all’orecchio, Tareq mollò la presa, benché fosse evidente che non lo facesse volentieri. Dopodiché, Dustin gli fece segno di allontanarsi e lui obbedì, non prima di averle lanciato un’ultima occhiata di avvertimento a cui Claire rispose impassibile. Non voleva dargli alcun pretesto per pensare che avesse paura.

Con aria di disappunto si massaggiò il polso in un gesto automatico, anche se il dolore era già del tutto svanito. Le bruciava di più che Dustin avesse interrotto il loro scambio di vedute. A giudicare dalla puntualità con cui si era presentato per evitare che tra lei e Tareq degenerasse, immaginò che la stesse tenendo d’occhio già da un pezzo e saperlo la infastidiva da morire. “Devi per forza starmi sempre attaccato? Potevo cavarmela benissimo da sola.” protestò in tono acido.

“Figurati. Non c’è di che.” ironizzò lui in risposta. “Ti avevo consigliato di non farti sottomettere, ma certo non intendevo spingerti ad attaccare briga con chiunque, soprattutto con tipi come Tareq. Non è la prima volta che cerchi lo scontro con lui, deve averti offeso gravemente…”

È un lurido verme. Basta questo.” replicò secca, interrompendolo. In realtà c’era molto altro, ma non aveva intenzione di aprire l’argomento Jamaal con qualcuno di cui non poteva fidarsi. 

Dustin, però, la sorprese. “Non c’è bisogno di misteri. Conosco la sua storia e so cosa ha fatto per meritarsi un posto qui.” disse con la sua solita pacatezza, mentre i suoi occhi attenti scrutavano la sala.

Ma non sapeva cosa avesse rappresentato Jamaal per lei. Seppur breve, il loro era stato un rapporto di affetto e stima reciproca, e vederlo morire in quel modo senza poter fare nulla l’aveva fatta sentire doppiamente responsabile, visto che aveva corso il rischio di infiltrarsi nel castello proprio per salvare Cedric. Si era sacrificato per un perfetto sconosciuto, che un altro al suo posto avrebbe considerato un rivale. Questo era Jamaal. -Quello che nessuno di voi sarà mai- pensò con disprezzo. “Scommetto che Nickolaij sia molto fiero di avere un traditore Jurhaysh tra i suoi.” commentò allora, in vena di provocazioni. 

Tuttavia, Dustin non ne sembrò toccato. “Sua signoria ha sempre scelto i propri alleati esclusivamente in funzione di ciò che è meglio per la Congrega e quello con Tareq non è nient’altro che questo: un legame strategico. La sua esperienza in campo avversario è stata molto utile e lo sarà in futuro.”

“E questa gente?” insistette Claire, accennando agli invitati presenti in sala. È altrettanto entusiasta che lui sia qui? Sembrano piuttosto snob…”

“In effetti, ci sono diverse personalità di spicco del mondo della politica e dell’alta finanza. Rientrano tutti fra le alleanze strategiche di cui ti parlavo.” confermò Dustin.

-Ecco come fa a portare avanti il suo piano senza che nessuno lo ostacoli- dedusse Claire colpita. Prometteva la vita eterna a governanti e magnati, ottenendo in cambio campo libero per i suoi progetti di conquista e la cosa assurda era che il mondo fosse pieno di gente pronta ad assecondarlo pur di vivere per sempre. 

“Ad ogni modo, nessuno di loro può vantare potere decisionale sulla Congrega. L’unico a comandare qui è Sua signoria e se Lui considera Tareq una risorsa preziosa, tutti gli altri devono adeguarsi.”

“Praticamente una dittatura.” ne concluse lapidaria. “E a voi sta bene?”

La sua era l’ennesima provocazione, a cui però Dustin non abboccò, anche se forse Claire riuscì a intravedere un lievissimo barlume di dubbio nel suo sguardo sfuggente. Ma durò un attimo, perché la loro attenzione fu subito attirata dal ritorno di Nickolaij, che ora si dirigeva verso di lei. 

“Mia cara, eccoti.” Rivolse a malapena un’occhiata al suo segretario e all’inchino che gli dedicò prima di congedarsi e le porse la mano, per poi guidarla verso la grande balconata che dava sul giardino. 

Era di nuovo sola con lui e ogni volta questo le faceva salire l’ansia, così ispirò profondamente e volse lo sguardo al panorama davanti a sé per tentare di distrarsi. Da quella posizione riusciva a vedere la foresta che circondava il castello e anche il prezioso roseto di Nickolaij. La luce della luna illuminava il tutto e per la prima volta si rese conto di quanto quel posto avrebbe potuto essere meraviglioso. Era davvero una magnifica serata, il cielo era limpido e costellato di stelle e, per quanto fosse ormai inverno inoltrato, Claire non aveva freddo, nonostante indossasse un abito che le lasciava parte delle spalle e del petto scoperti. L’aria fredda della notte non le dava nessun problema e l’unico segnale da cui si intuiva la bassa temperatura erano le nuvolette di condensa che fuoriuscivano dal naso ogni volta che respirava. 

Anche Nickolaij era in contemplazione, ma non del paesaggio. “Sei bella oltre ogni dire.” esordì di lì a poco, sistemandole una ciocca ribelle dietro l’orecchio, e solo allora Claire si accorse che la stava fissando da diversi minuti.

Imbarazzata, abbassò gli occhi sulla balaustra. “Sì, beh… Se non fosse stato per l’aiuto di Gina e Pauline…”

“Non sottovalutare la tua bellezza.” la interruppe deciso. “Saresti meravigliosa anche senza tutti questi inutili orpelli.” 

Lei allora, non sapendo come replicare, ricambiò il suo sorriso e tornò a guardare il panorama. In quanto donna, ricevere tanti complimenti da un uomo così affascinante avrebbe dovuto lusingarla, invece le provocava solo un insopportabile senso di ribrezzo.

“Ho preso una decisione.” esordì Nickolaij di punto in bianco, attirando di nuovo la sua attenzione, per poi guardarla intensamente negli occhi. “Voglio fare di te la mia sposa.”

La prese talmente alla sprovvista, che le sembrò di sentire il cuore fermarsi. “Cosa?” riuscì a stento a sussurrare. Un brivido freddo le corse lungo la schiena e sentì di stare per avere un’altra crisi.

“Ti sembrerà azzardato, me ne rendo conto. In realtà, è da molto tempo che rifletto sul proposito di ufficializzare la nostra unione.” continuò lui, interpretando erroneamente la sua reazione come positiva. “Averti al mio fianco per l’eternità è il dono più grande che tu possa farmi.”

Claire, però, aveva già smesso di ascoltarlo. Con la testa ormai del tutto annebbiata, cercava di convincersi che non poteva trattarsi di altro se non di un incubo. Era assurdo pensare che facesse sul serio. Un conto era accettare di essere il suo burattino, ma sua… moglie! No. Non l'avrebbe permesso.

“Darò l’annuncio dopo il brindisi in mio onore.” la informò entusiasta, mostrando un’insolita indifferenza verso il suo evidente stato confusionale.

“Ma… io…” farfugliò Claire, ma lui non la stava a sentire, preso com’era dai suoi deliri.

“Da quando ti ho messo al corrente del mio segreto, ho capito che posso fare affidamento su di te. Tu riesci a comprendermi come nessun altro riusciva a fare da secoli.”

Continuava a blaterare cose insensate, perso nel suo mondo, mentre lei si sentiva sprofondare sempre più in un baratro senza fine. Il cuore le batteva forte come un tamburo e mille pensieri si affollavano nella sua testa, tanto che a un certo punto il mondo intorno prese a girare e per poco non svenne.

Nickolaij se ne accorse e subito la sorresse. “Mia cara, sono qui.”

Claire si tenne salda alla sua mano, stringendo con l’altra il parapetto del balcone. Non poteva lasciare che quello squilibrato la incatenasse a lui per l’eternità. Doveva andarsene e doveva farlo il più in fretta possibile, ma il suo piano di fuga non aveva neanche preso forma. Le serviva più tempo! 

“Non so che mi prende stasera…” mentì, cercando di contenere il panico. 

“È colpa mia. Non ti eri ancora ripresa dalla crisi precedente e la novità del matrimonio deve averti colto di sorpresa.”

-Non sai quanto- pensò tra sé.

“Vostra signoria.”

L’arrivo provvidenziale di Dustin distolse Nickolaij dalle sue morbose attenzioni, tirandola fuori da quella situazione agghiacciante. 

“Gli ospiti chiedono di voi, in sala vi attendono tutti per il brindisi.” lo informò, solerte come sempre.

Con un cenno del capo Nickolaij gli fece intendere di aver capito; poi si rivolse di nuovo a lei. “Vogliamo andare?” la esortò.

Claire deglutì a fatica, sudava freddo e non sapeva bene cosa rispondere. Alla fine, forse per disperazione, riuscì a ricomporsi e sfoderare uno dei suoi sorrisi migliori. “Ti raggiungo tra un minuto. Non vorrei alimentare altri pettegolezzi, visto il mio stato.” Con quella scusa sperava di toglierselo dai piedi e funzionò, perché Nickolaij le sorrise accondiscendente, prima di raggiungere Dustin, che lo stava aspettando da fedele cagnolino.

Sicura che ormai non potessero vederla, Claire si portò una mano tremante al viso e chiuse gli occhi. Ancora una volta si chiese perché le stava capitando tutto questo e come aveva fatto la situazione a degenerare fino al quel punto. Moglie di quel mostro sanguinario… Non riusciva neanche a pensarlo senza avere le vertigini. 

L’improvviso gracchiare di un grosso corvo la fece trasalire. Si voltò di scatto e mentre lo guardava volare via, un pensiero le trapassò la mente come un lampo. Doveva andarsene da quel posto, adesso. Così, senza pensarci due volte, si tolse le scarpe e le lanciò di sotto; dopodiché raccolse il coraggio e saltò giù dalla balconata.

L’altezza era notevole e quando atterrò finì col rotolare nell’erba a causa dell’impatto, ma grazie alla sua nuova natura non si fece nemmeno un graffio. Fosse stata ancora umana, di sicuro ci avrebbe rimesso qualche osso. Una volta in piedi, strappò con un unico gesto la gonna ingombrante e iniziò a correre verso la foresta, senza guardarsi indietro.

Ripensandoci, era stata un’idea avventata, disperata, molto pericolosa e poteva solo immaginare cosa le avrebbe fatto stavolta Nickolaij se l’avesse scoperta, ma non le importava. –O la va o la spacca!- 

Era passato un po’ di tempo, ma più o meno ricordava che da quelle parti doveva trovarsi il portale nel pozzo, solo che una volta inoltratasi nella foresta le direzioni le sembravano tutte uguali e orientarsi fu più difficile del previsto. Il panico iniziò a farsi strada dentro di lei, aveva paura di sbagliare e finire chissà dove. Imprecò e prese il primo sentiero che aveva davanti. Non poteva fermarsi. Ormai qualcuno doveva essersi accorto della sua assenza e perdere tempo a scegliere la direzione giusta sarebbe stato controproducente.

Continuò a correre a perdifiato, finché non si trovò davanti a un nuovo bivio. “Maledizione!” Non aveva la minima idea di dove fosse quel maledetto pozzo, tantomeno di dove si trovasse lei. 

All’improvviso avvertì dei fruscii alle sue spalle e si irrigidì, i sensi all’erta. Riconobbe distintamente un rumore di passi tra le foglie e l’angoscia aumentò. Che Nickolaij avesse già mandato qualcuno a riprenderla? Plausibile, ma stavolta non si sarebbe lasciata catturare senza opporre resistenza. Così, senza starci a pensare oltre, scelse di nuovo un sentiero a caso e riprese a correre. 

Più si addentrava nella foresta, più gli alberi si infittivano, impedendo ai raggi di luna di illuminarle il cammino. Non che fosse un problema. Da vampiro riusciva a vedere benissimo anche in quelle condizioni sfavorevoli e per una volta fu grata del suo stato. Sperava solo di aver messo un po’ di distanza tra lei e i suoi inseguitori, ma i fruscii alle sue spalle la smentirono. Non accennavano a diminuire, anzi sembrava si facessero sempre più vicini. 

Di lì a poco, infatti, un gruppo di vampiri sbucò dal nulla e la circondò, togliendole ogni via di fuga.

“Passeggiatina notturna, madame?” la schernì uno di loro con un leggero accento francese, facendo ridacchiare gli altri. 

Non tutti però erano in vena di risate. Un vampiro le si fece più vicino, aveva un cipiglio marcato e l’aria di uno che non amava divertirsi. “Deve venire con noi. Sua grazia la sta aspettando al castello.” ordinò in tono minaccioso.

Claire però non si lasciò intimorire, troppo impegnata a ragionare su come sfuggire a quei tirapiedi. D’un tratto individuò una scappatoia tra un paio di loro e pensò di potercela fare, magari con un diversivo… 

“Va bene, mi avete presa. Verrò con voi.” Alzò le mani in segno di resa e quando il vampiro accigliato provò a prenderla per un polso, lei gli mollò un calcio in mezzo alle gambe e lo spinse con tutta la forza che aveva contro i compari alle sue spalle, che presi alla sprovvista caddero a terra.

Approfittando del parapiglia, provò a correre via, ma aveva fatto male i conti e venne placcata da altri due vampiri che furono più veloci di lei. Urlò, si divincolò con ferocia e non si arrese nemmeno mentre la trascinavano di nuovo al castello, ma non c’era modo di uscire da quella situazione.

Si calmò soltanto quando, alzando lo sguardo vide che Nickolaij la stava aspettando in giardino, proprio sotto la balconata, e accanto a lui c’era Jason. – Che ci fa qui?- si chiese basita.

I vampiri la spinsero con malagrazia in ginocchio davanti al loro padrone, rimanendo comunque dietro di lei per impedirle di fuggire.  

“Sono molto deluso da te, Claire.” esordì Nickolaij in tono freddo, completamente diverso da quello amorevole che aveva usato fino a quel momento per rivolgersi a lei. “Sebbene il giovane Jason mi avesse messo in guardia su un tuo possibile colpo di testa, speravo si trattasse di un malinteso e che non avessi realmente intenzione di lasciarci.”   

La sua voce però risuonava nelle orecchie di Claire come ovattata, talmente era furiosa con Jason per averla pugnalata alle spalle. “Bastardo! Noi eravamo amici…” In preda alla rabbia, fece per alzarsi e riempirlo di botte, ma uno dei vampiri la colpì a una gamba, facendola ripiombare a terra. 

Nickolaij, rimasto impassibile, ignorò la cosa e continuò il suo discorso. “Dopo averti parlato, è corso nel mio studio a riferirmi di come il viaggio in America ti avesse turbata. Eri così preoccupata per la tua famiglia che temeva potessi commettere una sciocchezza. Così ho deciso di metterti alla prova, nella speranza che dopo essermi aperto con te avresti condiviso i miei sentimenti e rinunciato ai tuoi propositi. Ora, invece, mi rendo conto di essermi illuso.”

Claire, dolorante, si puntellò sui gomiti e alzando la testa gli riservò uno sguardo carico di disprezzo. “Quindi la storia del matrimonio era solo un test?”

“In parte sì. Volevo vedere come avresti reagito. Ho voluto offrirti l’occasione di diventare la mia sposa e condividere con me il potere. Tu però mi hai umiliato, gettando la mia proposta al vento.” Malgrado l’espressione di fredda insensibilità dipinta in volto, non riuscì a nascondere un velo di delusione.

Per tutta risposta Claire rise, una risata isterica. “Come hai potuto anche solo pensare che avrei accettato di sposarti? Sei un mostro, un pazzo legato a un passato che non esiste più! Pensi ancora che io sia Elizabeth? Te l’ho detto non so quante volte, io non sono lei! Non lo sarò mai! Elizabeth è morta e sei stato tu a ucciderla. Mi fai schifo!” urlò piena di tutta la rabbia e l’odio repressi in quelle settimane.

“Come osi?” Jason alzò un braccio pronto a colpirla, ma Nickolaij lo fermò; poi fece un cenno ai suoi uomini, che subito la tirarono in piedi.

La sua insolenza doveva averlo fatto davvero infuriare, perché le si avvicinò con aria minacciosa e Claire, impaurita ebbe l’istinto di ritrarsi, ma era bloccata. Nickolaij le afferrò il mento tra le dita, costringendola a guardarlo. “Sono stato fin troppo paziente con te, ragazzina.” mormorò a denti stretti. “Ho cercato di portarti dalla mia parte in maniera gentile, ma a quanto pare sei più ostica di quello che pensavo, quindi è arrivato il momento di cambiare strategia.” La lasciò andare e voltandole le spalle si avvicinò a Jason. “Vedi, se c’è una cosa che non ho mai sopportato è la slealtà…” disse sempre rivolto a lei, anche se i suoi occhi erano puntati sul ragazzo. 

Nessuno dei presenti, neanche i suoi scagnozzi, avrebbe mai potuto prevedere ciò che sarebbe successo di lì a poco. Con un movimento rapidissimo e preciso del braccio, Nickolaij trafisse il petto di Jason come fosse burro, strappandogli via il cuore, e in quel preciso istante il mondo si fermò. 

Fu come trovarsi dentro a una scena a rallentatore, congelata nel tempo. Claire vide il corpo del suo migliore amico afflosciarsi sull’erba al pari di una marionetta a cui avevano tagliato i fili. 

Quando il tempo riprese il suo corso, Claire urlò. Urlò disperata con tutto il fiato che aveva in gola, il viso inondato dalle lacrime. Jason era morto. Era morto davanti a lei, senza che potesse fare niente per impedirlo.

Ansante per lo sforzo, Nickolaij gettò via l’organo pulsante con sufficienza, riportando l’attenzione su di lei. “Ricorda bene questo momento, Claire. Questa è la fine che faranno tutti coloro che ami se cercherai ancora di scappare.” l’ammonì. “Puoi credermi, li troverò e li ucciderò uno a uno davanti ai tuoi occhi, se sarà necessario.”

   
 
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