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Autore: Melchan    22/08/2021    4 recensioni
[OMEGAVERSE, AU STORICA, no quirk] [BakuDeku]
"Non pensi che quando Bakugou si risposerà il fortunato consorte ti vedrà come fumo negli occhi, con quello sguardo da cerbiatto sperduto e il legame d'infanzia che dividete? Sarai allontanato nel giro di una settimana, non prenderti in giro da solo. E quei ragazzini resteranno soli.”
[...]
Izuku voltò gli occhi stanchi verso l’ingresso della biblioteca, e lì trovò il padrone di tutto ciò che lo circondava. Il suo odore di legna arsa e falò autunnali avvolgeva già la stanza. Tutti gli alfa avevano un odore forte e dominante, ma quello di Kacchan era sempre stato più penetrante della media, denso e crepitante come fiamme capaci di incendiare un universo intero.
Solo un'altra omegaverse, e un altro mondo con un Deku e un Bakugou incapaci di stare lontani.
Genere: Omegaverse, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka, Tsuyu Asui
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PREMESSE:

Salve ragazzi, per ulteriori dettagli su di me e questa storia vi rimando alle note finali, ma dal momento che è ambientata nell’universo omegaverse e ogni versione ha regole particolari legate alle preferenze dell’autore, ecco un breve riassunto della caratteristiche di questo mega mini mondo (cit. per i colti - no, non è vero, solo per chi conosce i cartoni di fine ‘90):

ALFA: Più forti e con sensi maggiormente sviluppati rispetto agli altri generi secondari, in quest’epoca  sono quasi tutti combattenti e/o figure agli alti vertici della società. Sono abituati a veder le cose andare come desiderano. Possono accoppiarsi con tutti (anche se le coppie alfaxalfa a lungo andare non sono ben viste). Le donne possono avere gravidanze, anche se capita di rado. L’odore degli alfa è forte e si impone su quello degli altri, sono in grado di farsi ubbidire sfruttando questa caratteristica. Possono avere più compagni omega, mordendone teoricamente quanti ne desiderano. Nel mondo dei protagonisti alcuni alfa hanno piccoli "harem" con gerarchie interne tra omega, ma molti preferiscono avere un unico partner ufficiale;

BETA: La maggior parte della popolazione, hanno sensi e capacità nella media, con poche eccezioni. Fanno lavori di tutti i tipi. Possono accoppiarsi sia con alfa che omega, i maschi sono molto attratti soprattutto da questi ultimi;

OMEGA: In fondo alla scala gerarchica dei generi secondari per via della maggior debolezza fisica. Sia maschi che femmine possono portare gravidanze e vanno in calore, i primi solo una volta ogni tre mesi ma con probabilità di concepimento altissime nel caso condividano il calore con un alfa o anche un beta. Secernano un odore particolarmente invitante sia per i beta che gli alfa, e se morsi in un punto particolare del collo, dove si trova una delle ghiandole principali legate all’odore e ai feromoni, creano un legame con chi li ha morsi che permetterà di sentire le emozioni gli uni degli altri per tutta la vita. Dopo il morso il legame si spezzerà solo con la morte di uno dei contraenti.

ALTRO:
Ho tenuto il termine “cuccioli” (e a volte “piccoli”) oltre al normale “bambini” perché è un modo di definirli abbastanza tipico del genere omegaverse.

Altra cosa: ero tentatissima di usare i vari suffissi giapponesi perché semplicemente mi piace usarli (ma va’?), ma a parte l'immancabile Kacchan so che l’effetto potrebbe essere comunque strano in un testo italiano, quindi ho deciso di adattare la cosa alla nostra lingua, ed è rimasto un comunque (temo) comico Padron Bakugou che fa capolino qua e là. Ditemi se preferireste i suffissi giapponesi classici, nel caso non ho problemi a modificare la cosa.
Spero di risentirci nei commenti :*


ISN'T IT IRONIC?


It's like rain on your wedding day
It's a free ride when you've already paid
It's the good advice that you just didn't take
And who would've thought, it figures


(Ironic, Alanis Morrisette)

 


Izuku si svegliò colpito da un raggio di sole finito dritto negli occhi. Si tirò a sedere e per un momento gli sembrò che la luce fosse arancione, come i raggi che penetravano all’ora del tramonto invece che durante l’alba.
Nel giro di pochi secondi si rese conto che ad averlo ingannato doveva essere stato il rimasuglio di un sogno che aveva già dimenticato.

“Be’, diamoci da fare!” commentò tra sé con un sorriso, e balzò in piedi.

Nel giro di dieci minuti aveva risistemato il futon, si era sciacquato velocemente grazie alla tinozza sistemata in  camera e aveva indossato il suo kimono preferito.
La camera era il solito tripudio di oggettini e chincaglierie accumulati negli ultimi tre anni, e sapeva che Kacc-il Padrone di casa avrebbe avuto assai da ridire se avesse posato gli occhi su quel marasma. Poi si rese conto che una cosa del genere avrebbe presupposto che l’alfa mettesse piede in camera sua, e scosse la testa tra sé e sé per scacciare un’idea così stupida.

Uscì in fretta dalla camera e cominciò il suo giro di ricognizione all’interno della dimora.
La famiglia Bakugou si era trasferita lì quando la madre alfa di Kacchan si era distinta in combattimento contro il Paese confinante, e aveva ottenuto una ricompensa abbastanza grande da acquistare quella magnifica casa di campagna, la cui precedente famiglia abitante si era trasferita nella capitale.
Per Izuku supervisionare la servitù di un luogo così incantevole era sempre stato un piacere, nonostante le sue ambizioni d’infanzia fossero state drasticamente diverse. Il sole illuminava le varie ale della casa come se ci tenesse a sottolinearne gli angoli più belli, e Izuku aiutò gli altri servitori a spalancare la maggior parte delle porte scorrevoli per far entrare l’aria fragrante, che ancora si portava dietro un po’ del calore dell’estate, ormai in procinto di lasciare il passo ai colori dell’autunno.

Alle undici del mattino era occupato a controllare che il gruppo di beta incaricato di scaricare nel magazzino esterno le provviste per il mese seguente portasse a termine il compito senza problemi, quando vide Ochako correre da lui con un’espressione preoccupata sul volto tondo e solitamente allegro.
“Izu! I cuccioli…” cominciò, e l’omega si tese d’istinto. A quell’ora i piccoli erano svegli da circa un paio d’ore, e non sentire nulla al riguardo fino a quel momento di solito era un buon segno. In realtà, pensò per l’ennesima volta con una fitta al torace, se avesse potuto ogni mattina si sarebbe informato sul loro stato di salute, ma l’ultima tata aveva chiarito che la sua solerzia risultava eccessiva.  

“Essere un omega non è una scusante per prendersi libertà superiori al proprio stato.”

Ochako aveva tentato di convincerlo a raccontare l’accaduto al Padrone ma Izuku aveva deciso di non farlo. Pensava che sarebbe servito solo a mettere in difficoltà l’alfa e apparso al resto delle persone impiegate in casa come un modo per sottolineare una vicinanza (inappropriata) tra loro.
Questo però non significava che sentendo parlare di problemi legati ai bambini non si sentisse gelare.

“Che succede? Yuki è di nuovo…?” Prima che riuscisse a finire la frase, Ochako sgranò i grandi occhi nocciola e scosse la testa con foga.
“No no, assolutamente, stanno bene entrambi! Scusa, non volevo farti preoccupare… si sono solo messi a litigare, e la tata non sa più cosa inventarsi…” nominando la beta di mezza età il naso di Ochako si arricciò come se avesse sentito un odore sgradevole. Non aveva mai apprezzato quella donna, e dopo la scenata fatta a Izuku le cose erano solo peggiorate.
Il ragazzo sospirò. Non era nemmeno l’ora di pranzo e già iniziavano i problemi.
“Cos’è successo?”
“A quanto pare Kagome si è messa a saltare tra le pietre emerse nel laghetto, e quando Yuki ha provato a seguirla lo ha spinto per terra. Puoi immaginare come l’ha presa…”
“Immagino. Ti dispiace finire tu qui con le provviste?”
Lei gli sorrise. “No, vai pure… Il padrone dovrebbe davvero alzare il tuo compenso mensile.”
Izuku scosse la testa con un sorriso. “No, ma figurati… non sarebbe nemmeno tenuto a darmi alcunché, lo sai anche tu."
Ochako alzò gli occhi al cielo ma non rispose. Dopotutto era la verità.

Izuku si voltò e tornò a passi veloce sul sentiero che portava alla casa.
Vedendo la sua chioma verde scuro spuntare dall’ingresso della camera dei bambini la tata emise un verso pieno di fastidio.
Izuku ignorò la cosa e si concentrò sulla scena che aveva davanti: Yuki, tre anni e mezzo, piangeva disperatamente ai piedi della donna, mentre sua sorella maggiore se ne stava a braccia conserte nell’angolo opposto della camera piena di giocattoli sparsi.

Il bambino piccolo alzò di scatto il volto, inalò il nuovo odore che aveva impregnato l’aria e si voltò verso la porta.
Appena vide Izuku scattò in piedi e corse verso di lui.

“Izuuuuuuu! Kagome è cattiva, mi ha fatto male!”
Izu sorrise rassegnato e lo prese in braccio senza tentennamenti.
“Non dire queste cose, Yu, lo sai che non è vero. Tua sorella ti vuole un bene immenso!” Il cucciolo alzò gli occhi umidi su di lui e aggrottò le sopracciglia come vedeva sempre fare a suo padre. Izuku dovette trattenere una risata. Nemmeno l’odore pregno di fastidio e nervosismo della tata riusciva ad allontanare il calore che sentiva in quel momento.

“No” protestò il piccolo “Mi ha spinto e sono caduto per terra!”  
“Questo perché sei un disastro, non è colpa mia!” scandì chiaro e tondo Kagome, aprendo la bocca per la prima volta da quando Izuku era entrato in camera.

“Siete entrambi dei cuccioli impossibili invece” sbottò la donna seduta sulla comoda sedia imbottita vicino ai futon dei bambini. Dopo quelle parole si alzò in piedi e raggiunse in poche falcate l’uscita.
Fulminò con lo sguardo Izuku, l’odore che la avvolgeva sempre più forte e fastidioso. Izuku si impose di mantenere la schiena dritta e non abbassare il capo nonostante il palese tentativo di intimidirlo.

“Non credere che queste moine possano farti ottenere quello che vuoi, piccolo omega.”
Prima che Izuku potesse replicare in qualsiasi modo, Yuki le mostrò la lingua senza un briciolo della timidezza che lo contraddistingueva di solito.
“Sei proprio antipatica! E hai pure un odore cattivo!” strepitò con foga, aggrappato al collo di Izuku.
“Yuki!” lo riprese subito Izuku “Non si dicono queste cose, scusati subito con…”
“Lascia perdere questi atteggiamenti da saltarellino” lo interruppe la donna. “Con me non attacca. Ne ho abbastanza della tua ingerenza continua nelle faccende di questi bambini, avrai notizie da parte del padrone” sbuffò con rabbia, e se ne andò mollando Izuku con i due bambini.

Rimasti da soli, guardò i due ragazzini.
“Allora? Contenti?”
“Sì! Almeno se n’è andata!” esultò Yuki.
Kagome emise un verso poco chiaro e si avvicinò finalmente al fratello e a Izuku, senza però lasciarsi andare a entusiasmi particolari. Izuku poteva leggerle sul volto che il malumore per la lite non l’aveva ancora abbandonata.

“Che ne dite di fare la pace, piuttosto?”
Yuki mugugnò qualcosa di indefinito e gli nascose il piccolo volto nel collo, aspirando il suo odore.
Izuku rilasciò leggermente di più i propri feromoni nell’aria, conscio che il suo odore da omega avrebbe aiutato i bambini a rilassarsi una volta per tutte. Poi guardò negli occhi la ragazzina di sette anni.
“Yuki, tua sorella voleva solo proteggerti, per questo ti ha spinto quando hai provato a seguirla mentre saltellava sui sassi in mezzo al lago. Sapeva anche lei che era pericoloso. Non è così, Kagome?”

Il mento della bambina tremò leggermente, gli occhi rossi che si inumidivano delle lacrime che non aveva versato fino a quel momento.
Izuku le sorrise. Poi allungò una mano verso di lei.
Kagome non attese oltre e si gettò contro di lui, abbracciandolo forte e spingendo il viso appuntito contro l’altro lato del suo collo.
Izuku rise e li strinse entrambi a sé.

Quando i loro odori tornarono leggeri e privi di stress si alzò in piedi con Yuki ancora in braccio e dopo la mattinata impegnativa lo convinse facilmente a fare un riposino e mangiare più tardi.
Yuki si addormentò subito, e dopo aver chiesto a una delle servitrici più fidate di controllarlo, Izuku si diresse verso la sala da pranzo con Kagome, rimproverandola gentilmente ma con fermezza per la sua passeggiata in mezzo alle pietre del lago.
“So che hai spinto tuo fratello perché non cadesse nel lago e rischiasse di ammalarsi o farsi male, ma anche tu avresti corso lo stesso rischio.”
“No, io tocco con i piedi e poi non sono debole come lui! Non mi ammalo mai!” disse con decisone, battendosi un piccolo pugno sul petto.
Izuku non riuscì a non sorridere. Da sempre Kagome cercava di mostrarsi forte e robusta come il padre, e per quanto la cosa a volte la portasse a correre rischi inutili, Izuku non riusciva a non provare ogni volta un moto di tenerezza.
“Tutti si ammalano, Kagome. Pensa a come si preoccuperebbe tuo padre se accadesse.”
Kagome chinò il capo, non avendo modo di ribattere. Arrivarono nella sala da pranzo e Izuku diede l’ordine di prepararle da mangiare al personale della cucina.
“Tu non mangi con me?” chiese lei, l’espressione corrucciata.
“Mi piacerebbe, ma devo finire di controllare un po’ di faccende qui in casa. Tu mangia tutto e poi preparati per la lezione di calligrafia.”
Kagome borbottò un “che noia” sottovoce, ma si sedette al basso tavolino senza aggiungere altro.

Izuku uscì dalla sala e andò a controllare che le faccende del mattino fossero state sbrigate senza problemi, dopodiché si concesse finalmente una ciotola di riso e verdure del suo orto direttamente in camera. La servitrice che aveva incaricato di sorvegliare Yuki, Tsuyu, lo rassicurò che il bambino stava bene e dopo essersi svegliato aveva mangiato tutto il suo pranzo senza capricci. Adesso si stava facendo leggere un racconto da Ochako, in attesa che Tsuyu tornasse da lui. La tata aveva confermato le proprie dimissioni e stava facendo le valige.
“Il padrone non sarà troppo dispiaciuto, non preoccuparti.” disse Tsuyu davanti all’aria incerta di Izuku.
L’omega la ringraziò e si sforzò di tirare fuori un sorriso per rassicurarla, dopodiché tornarono ognuno ai propri compiti.

Izuku si diresse senza particolare entusiasmo verso l’angolo di giardino dove coltivava il suo piccolo orto. La parte di sé che si impegnava a tenere sempre occupata con il compito di sorvegliare la casa, quella che lo marchiava più che mai come un omega e che avrebbe voluto spingerlo a passare il pomeriggio con il bambino, continuava a farlo innervosire ed Izuku doveva impegnarsi perché non gli sfuggisse un uggiolio di fastidio all’idea di star perdendo tempo altrove. E dire che normalmente niente lo rilassava come rimboccarsi le maniche e darsi da fare là fuori…

Del resto sapeva che quella era la cosa migliore per tutti. Più tempo passava con i cuccioli di Bakugou peggio sarebbe stato per loro in primis. I bambini avevano perso la madre in tenera età, e se si fossero affezionati ancora di più a un omega che non aveva nemmeno la carica di tata, in caso fosse stato allontanato dalla casa sapeva che ne avrebbero sofferto in modo terribile.

Izuku era perso in questi pensieri mentre innaffiava le piante, quando un odore acre e incattivito raggiunse il suo naso, dipingendogli un’espressione nervosa sul volto.
Si voltò e vide la tata dei cuccioli a pochi metri da lui, mentre incedeva decisa e a grandi passi nella sua direzione.

Si irrigidì, l’annaffiatoio di legno ancora tra le mani.

“Non preoccuparti, sarò breve. Puoi risparmiarti questo tanfo di nervoso.” esordì poco gentilmente la donna. “Sono venuta solo a dirti che me ne sto andando, ma ho lasciato a Padron Bakugou una lettera dove spiego molto bene quello che penso della situazione in questa casa. Tanto non dubito che non avrei comunque ricevuto alcuna lettera di raccomandazione da parte sua.” sbuffò con sdegno. Sentendo le parole poco rispettose nei confronti di Bakugou, l’odore di Izuku peggiorò ulteriormente, tingendosi di irritazione.
La beta lo fissò dritto negli occhi, lo sguardo che mostrava tutto il suo sprezzo.
“Pensi di essere il primo omega che vedo comportarsi così? Sgranare gli occhioni e farsi assumere da un ricco padrone nonostante il pericolo che porta avere un omega non morso in giro per casa. Sei bravo con quei ragazzini, questo te lo concedo, e considerato quanto malamente Padron Bakugou riesce a nascondere il punto debole che ha nei tuoi confronti, mi stupisce che non ti abbia incaricato di badare ai suoi cuccioli tempo fa. Comunque ti auguro di non essere così ingenuo da credere di poter arrivare a chissà quale posizione con il tuo atteggiamento. Il massimo che potresti ottenere è di farti mettere un cucciolo nella pancia al tuo prossimo calore e farvi mantenere finché il ragazzino non diventerà adulto, niente di più. I ricchi padroni sono veloci a scordare le proprie debolezze, quando diventano troppo dispendiose e cominciano a sapere di vecchio. Forse potresti tirare la corda più a lungo solo se per pura fortuna riuscissi a dargli un alfa maschio, o un omega così grazioso da diventare noto tra i nobili.”
Izuku si sentì arrossire, non sapeva nemmeno lui se soltanto di rabbia o per i (poco) sottintesi di quel discorso.
“Le posso assicurare che né io né il Padrone Bakogou abbiamo il tipo di idee che lei ha in mente. Io voglio bene ai bambini di questa casa, non lo nego, ma non mi sognerei mai di propormi per accudirli. So bene che non sarebbe considerato appropriato e… e non ho nessuna intenzione di creare fastidi a K-a nessuno.” Izuku si maledì mentalmente per il tono giustificatorio e per essersi quasi tradito. Ci mancava solo che chiamasse il padrone di casa Kacchan davanti a quella donna.
Lei emise una risata di scherno. “Sì, certo, immagino… Comunque buona fortuna. Se tanto finirai comunque per essere tu a occuparti di loro, avrai un bel da fare tra il carattere ribelle della ragazzina e soprattutto gli acciacchi del più piccolo. Anche perché se quella tosse dovesse avere la meglio, sarà su chi se ne prende cura che Padron Bakugou sfogherà la sua rabbia. Non dubitarne.”

Izuku sentì un brivido gelido percorrergli la spina dorsale a quelle parole. Sentire anche solo ventilare la possibilità che Yuki… scosse la testa con forza.

“A Yuki non accadrà niente. Se vuole cambiare lavoro è liberissima di farlo, ma non dica una cosa simile nemmeno per sbaglio.” soffiò Izuku, improvvisamente privo di ogni esitazione.
La beta lo guardò per la prima volta con un’ombra di dubbio nello sguardo.

“Se tu… se tu fossi anche solo vagamente sincero nell’abnegazione che mostri, ragazzino, allora saresti davvero un povero illuso. Sei un omega acquistato al mercato dei debitori, e preso in casa come capo della servitù invece che semplice scaldaletto solo per un vincolo d’infanzia con il padrone. Pensi ci sia qualcuno qui dentro che non lo sa? Spero davvero che tu non sogni una vita al fianco di quell’alfa, perché rimarresti tragicamente deluso. Te lo ripeto: non aspettarti niente di più che un cucciolo in più da Padron Bakugou. E sappi che il destino delle tate gentili di ragazzini di alto ceto è sempre quello di rimanere un dolce ricordo, e niente di più.”
“Io non…”
“Oppure pensi che quando Padron Bakugou si risposerà il fortunato consorte non ti vedrà come fumo negli occhi, con quello sguardo da cerbiatto sperduto e il legame d'infanzia che dividete? Sarai allontanato nel giro di una settimana, non prenderti in giro da solo. E quei ragazzini resteranno senza nessuno che li accudisca.”
“Pensa forse che non lo sappia?” le parole uscirono di getto dalla bocca di Izuku prima che potesse fermarsi. “So benissimo che non rimarrò qui per sempre.” La beta lo guardò poco convinta.
“Be’, se davvero è così buon per te. Io ho chiuso con questo posto, comunque.”
“Addio, allora.” disse piano Izuku.
La donna si voltò senza aggiungere altro e si allontanò in direzione dell’uscita.

Izuku la guardò andarsene cercando di far sparire il senso di nausea che le sue parole gli avevano lasciato.
Era inutile focalizzarsi su discorsi pregni di disprezzo e risentimento. Tornò in casa, sperando di non incontrare nessuno e che il suo odore non fosse troppo sgradevole a causa del turbamento.

Per fortuna tutti erano presi dalle loro faccende e i bambini occupati con i  rispettivi compiti - lezioni di scherma per Kagome, che era riuscita a ottenerle nonostante mancassero ancora anni allo svelamento definitivo del suo secondo genere, e qualche ora di gioco con Tsuyu per Yuki.
Il ragazzo ignorò il desiderio di raggiungere la stanza dei bambini per controllare il più piccolo e rassicurarsi sul suo stato di salute dopo le parole della beta, e si diresse invece a grandi passi versi la biblioteca.

Kacchan (quando erano soli o si sentiva triste e stressato si permetteva di chiamarlo nel modo che gli veniva davvero spontaneo e naturale) gli aveva accordato il permesso di utilizzarla a suo piacimento, con l’unico obbligo di rimettere tutto dove lo aveva trovato. Izuku lo avrebbe fatto a prescindere, trattandosi di beni che appartenevano al padrone di casa, quindi non era un problema.

Entrò nella stanza e l’odore di pergamena sembrò accarezzargli i nervi tesi. Un piccolo sorriso gli illuminò il volto lentigginoso.

Andò spedito verso la sezione dove i genitori di Kacchan avevano sistemato anni prima tutti i tomi di medicina in loro possesso, e prese ciò che gli serviva.
Essendo un omega, tra le tante cose che non gli erano permesse c’era la possibilità di prendere un attestato come medico ufficiale, ma grazie alla biblioteca dei Bakugou poteva comunque studiare la materia. E cercare qualsiasi possibile soluzione o rimedio per la salute cagionevole e la tosse cronica di Yuki.

Tirò fuori da una tasca interna del suo comodo kimono il paio di occhialetti tondi che indossava solo per leggere (un regalo poco appropriato di Kacchan, arrivato senza cerimonie quando l’alfa si era reso conto che le ore di lettura gli affaticavano fortemente la vista).

Quando un odore familiare e sempre in grado di dare uno strattone a qualcosa nel suo petto lo risvegliò dalla trance in cui cadeva sempre studiando, con la coda dell’occhio si accorse che fuori dalla finestra la luce era cambiata del tutto.

Poi voltò gli occhi stanchi verso l’ingresso della biblioteca, e lì trovò il padrone di tutto ciò che lo circondava. Il suo odore di legna arsa e falò autunnali avvolgeva già la stanza. Tutti gli alfa avevano sempre un odore forte e capace di concentrare l’attenzione su di loro, ma quello di Kacchan era sempre stato più penetrante della media, denso e crepitante come fiamme capaci di incendiare un universo intero.

“Da quante ore sei qui?” gli chiese l’uomo, le braccia incrociate e la spalla sinistra, avvolta nelle severe vesti da alfa, appoggiata allo stipite della porta. L’espressione era quella severa di sempre.
Izuku, senza un motivo apparente, si sentì colto in fallo e le sue guance si scurirono leggermente sotto quegli occhi rossi e indagatori.
“Kacchan, ben tornato! Ho perso il senso del tempo e-”
“Sì, come al solito. Mi hanno detto che non hai nemmeno cenato.”

Cena? Possibile che fosse così tardi? Izuku si affrettò a mettersi in piedi. L’etichetta avrebbe previsto che si inchinasse, ma Kacchan aveva chiarito anni prima che quel comportamento da parte sua per qualche motivo lo irritava e gli sembrava un’affettazione inutile, qualcosa che aveva sempre detestato.

“Metto subito a posto!” dichiarò Izuku, e si affrettò a sistemare la scrivania ingombra di fogli e pergamene.
Sentiva lo sguardo dell’alfa su di sé e cercò di sbrigarsi.

“Perché indossi sempre quello straccio, si può sapere?” chiese d’improvviso Bakugou.
Izuku si bloccò proprio mentre stava per raggiungerlo all’entrata della stanza.
“Cosa?” domandò, stupito.
“Ormai nell’armadio avrai almeno quattro kimono nuovi e adatti alla stagione, e tu continui a indossare sempre quel vecchio affare malandato e stinto. Cos’è, gli altri abiti non sono di tuo gusto?” chiese, lo sguardo indagatore e scontento.
Izuku sgranò gli occhi, poi abbassò lo sguardo sul suo confortevole kimono verde scuro, dal taglio specifico per omega maschi. Kacchan glielo aveva fatto trovare nell'armadio la prima mattina in cui si era svegliato nel.la sua nuova camera
A quanto gli avevano raccontato, dopo essere tornati dal mercato dei debitori aveva mandato un servitore ad acquistarlo in fretta e furia nel centro del paesino alle pendici della collina dove sorgeva la dimora dei Bakugou. Izuku si era subito affezionato a quel kimono, certo com’era che avrebbe dovuto indossare il suo vecchio abito rappezzato (a cui era comunque legatissimo, ma che sapeva si sarebbe distrutto nel giro di poche giornate di lavoro), finché non fosse riuscito a barattarne uno in condizioni leggermente migliori. Invece fin dal primo giorno aveva potuto indossare quel bellissimo abito, e aveva scoperto che la veste bianca con cui era stato esposto sul palco delle aste era stata buttata, risparmiandogli di farla sparire lui stesso.

“Kacchan, no!” protestò “Cosa ti viene in mente? Ho sempre detto che erano bellissimi, e che non avresti dovuto comprarmeli!” chiarì, agitando le mani in preda al nervosismo. Ed era la verità. Nel corso del tempo l’alfa gli aveva fatto recapitare direttamente in camera altri abiti adatti alle varie stagioni, assurdamente elaborati, tanto che avrebbero fatto un splendida figura indosso a qualsiasi omega di ceto medio, e in alcuni casi addirittura di alto rango, per quanto fosse improbabile. In un caso si era trattato di un kimono verde con inserti arancio che aveva visto durante una breve gita in paese con Kacchan e i bambini per comprar loro dei vestiti nuovi, e che si era incantato a guardare mentre ai piccoli venivano prese le misure. Lui era uscito con loro mentre l’alfa pagava gli acquisti, e la sera, insieme agli abiti dei bambini, aveva trovato anche quella meraviglia. Assurdamente costosa e sprecata per un semplice servitore.
Izuku aveva sempre custodito con cura e attenzione nel suo armadio quell'abito e gli altri che Kacchan gli faceva trovare appesi là dentro al cambio di stagione, indossandoli il meno possibile.

“Sono splendidi” ripetè “Ma non posso mettermi cose del genere! Tutti si farebbero un’idea sbagliata…”
“Tutti chi? E a prescindere, a me come cosa dovrebbe importare di cosa pensa gente insignificante?”
“Kacchan, non far finta di non capire… è già abbastanza strano che un omega riscattato al mercato dei debitori sia a capo della servitù di una dimora simile e abbia un compenso mensile, figurati se posso indossare kimono come quelli! Penserebbero tutti che…” si interruppe ancor prima di formulare la frase “… sembrerebbe troppo strano, tutto qua.”
“Tsk. Se qualcuno ha da ridire sulle mie decisioni riguardo alla gestione di questa casa che trovi il coraggio e venga a dirmelo.”
A quelle parole gli eventi della giornata colpirono la mente di Izuku come cavalli al galoppo.
“In effetti oggi è successo qualcosa del genere.”
Kacchan lo sguardò con un’espressione inconsapevole che confermò il dubbio di Izuku: nessuno gli aveva accennato la questione della tata. Doveva aver raggiunto la biblioteca appena entrato in casa (e, conoscendolo, dopo essersi informato sulla salute dei bambini).

“Allora?” chiese l'alfa, spazientito.
“Be’…” Izuku sospirò tra sé, poi si sfilò gli occhiali e massaggiò le palpebre un po’ doloranti. “Anche questa tata ha deciso di andarsene. Ti ha lasciato una lettera, e penso che parli anche di me. Non apprezzava il modo in cui interagisco con Kagome e Yuki.”
Izuku d’istinto mise le mani dietro la schiena e abbassò il capo. Odiava il senso di sconfitta e delusione che provava quando doveva comunicargli qualcosa di simile a un fallimento, ma non poteva farci nulla. La sua parte omega diventava difficilissima da trattare, quando si trattava dell’alfa.
“Quella gallina di una beta!” sbottò l’uomo. “Lo sapevo che non avrei dovuto assumerla fin dall’inizio.”
“Be’, aveva buone referenze… e non avevamo molta scelta dopo che hai fatto scappare le ultime due tate…” Izuku non riuscì a trattenere una piccola risata.
Bakugou lo fulminò con lo sguardo, offeso.
“Una era insopportabile e l’altro si è fatto trovare nel mio letto come niente fosse! Solo un folle li avrebbe tenuti a servizio!”
Izuku arrossì d’istinto ricordando l’ultimo evento. Kacchan aveva assunto un maschio beta giovane e molto grazioso che aveva portato ottime referenze da una famiglia nobile e dichiarato di essere il maggiore di sette figli. Yuki e Kagome lo avevano accettato, anche se con poco calore, ma una notte tutta la residenza era stata svegliata dalle urla furiose di Bakugou. Il giovane a quanto pare si era fatto trovare letteralmente sotto le coperte del padrone di casa, in attesa del suo ritorno a notte fonda da una missione. Bakugou non aveva apprezzato.

“Ci scommetto che le sue referenze da parte di quei nobili dei miei stivali non se le è guadagnate neanche per sbaglio badando ai loro ragazzini…” sbuffò Bakugou al ricordo. Izuku alzò gli occhi al cielo con un piccolo verso divertito, poi gli indicò il corridoio alle sue spalle.
“Bisognerà cercare qualcuno di nuovo… adesso però meglio che mangi qualcosa, sarai stanco. Come è andata con il signor Toshinori?”

Yagi Yoshinori era uno degli uomini più importanti del Paese e il diretto superiore di Bakugou, che insieme a lui si occupava delle strategie relative ai combattimenti e gli eventuali scontri con Paesi vicini. Izuku era sempre avido di notizie su Yoshinori, che ammirava con tutto se stesso da quando lui e Kacchan erano due ragazzini ancora inconsapevoli dei loro generi secondari.
Bakugou cominciò a raccontargli le ultime novità relative alla situazione del Paese mentre si avviavano verso le sala da pranzo. Una volta entrati guardò Izuku con fare interrogativo.
“Cosa preferisci mangiare?” gli chiese.
Izuku, perso nei propri pensieri, si scosse dai suoi borbotti in merito all’assetto politico del continente intero e si focalizzò sulla questione della cena.
“Oh, per me andrà bene una ciotola di riso con qualche verdura dell’orto, non ti preoccupare!” disse con un sorriso. In realtà avrebbe preferito variare un po’ e prendere del pesce, ma l’aveva già mangiato tre volte nell’ultima settimana, e non voleva far pesare troppo le spese dei propri pasti sul conto di casa.
Bakugou strinse gli occhi, infastidito.
“Scordatelo” sentenziò “Scegli piuttosto che tipo di carne o pesce preferisci, e sbrigati. Ho fame.”
“Non serve Kacchan, sono contento così, davvero! Piuttosto dimmi tu cosa desideri, così posso comunicarlo in cucina. Te lo porteranno appena pronto.” Guardò d’istinto in direzione della sua camera. “Io prendo il riso e mi avvio in camera, se hai ancora bisogno di…”
Bakugou lo interruppe prendendolo per un braccio e trascinandolo verso il tavolino basso ed elegante al centro della sala. Izuku sentì una scossa elettrica attraversarlo al contatto con le dita grandi e forti dell’alfa.
“Basta fesserie, siediti e smettila di blaterare.”
Izuku cercò inutilmente di resistere, ma con la forza di un alfa, ancor più uno addestrato e possente come Bakugou, non aveva possibilità. Si allenava anche lui di nascosto in camera sua appena ne aveva tempo e modo, ma sapeva che la forza dell’altro era tutt’altra cosa. Con essa fino a pochi anni prima combatteva contro alfa più esperti di lui, rischiando la vita (il pensiero bastava a far sudare Izuku), un omega autodidatta non era equiparabile.

“Kacchan, smettila, non è appropriato! Per favore…” protestò comunque.
L’altro sbuffò sonoramente.
“Sempre a farti problemi inutili. Pensi forse che non sappia fin dove mi posso spingere? Non siamo più cuccioli, Deku. Se ti dico di sederti e mangiare vuol dire che va bene così, fallo e basta.”
Izuku sentì il cuore (perché adesso era troppo palese che fosse lui il colpevole) mancare un battito e la forza di volontà abbandonarlo del tutto davanti al suo vecchio nomignolo.

Per lui Kacchan era sempre stato Kacchan, anche dopo tutti quegli anni, ma il Katsuki Bakugou che lo aveva riscattato al mercato dei debitori non era lo stesso di quando si erano incontrati per l’ultima volta da bambini, prima che lui e sua madre dovessero scappare dagli strozzini. Da allora l’alfa raramente lo apostrofava direttamente, soprattutto se c’erano altre persone presenti.
Quando lo faceva, però, utilizzava sempre il suo vecchio nomignolo, e Izuku perdeva del tutto la capacità di ribattere, oltre a sentire un fastidioso groppo in gola che lo costringeva a cercare qualcosa che lo distraesse prima di avere reazioni stupide.
Fece così anche in quel preciso momento, mentre si arrendeva e sedeva nel modo più composto possibile davanti alla tavola.
Bakugou chiamò un servitore dalle cucine con la sua voce decisa e stentorea ed entrambi ordinarono, Izuku con lo sguardo più tranquillo e dimesso possibile, ben consapevole che il giorno dopo tutta la casa avrebbe saputo che aveva cenato con il padrone.

“Riguardo ai bambini…” cominciò appena il servitore sparì oltre le porte della cucina.
“Cosa?” chiese subito Bakugou. Come lui, scattava appena sentiva nominare d’improvviso i bambini, la minaccia della salute di Yuki lo teneva sempre all’erta.
“Penso che questa volta dovremo davvero trovare qualcuno che resti per sempre, o almeno il più a lungo possibile. Temo che alla lunga questo continuo cambio di personale li stressi più del necessario…”
“Pensi che non me ne renda conto?” chiese l’alfa,  e l’amarezza nascosta appena dal tono scorbutico fece stringere il petto dell’omega.
“Non è per niente facile, lo sai benissimo. E considerata la salute di Yuki dev’essere qualcuno di sveglio e pronto a reagire in caso di problemi, non posso assumere un beta qualsiasi bravo con i bambini.”
Izuku annuì. “Sì, è vero. Domani manderò nuove lettere chiedendo una figura adatta ai piccoli, e questa volta troveremo il beta giusto.” disse con decisione mentre una ragazza entrava nella sala con le loro pietanze, la carne dell’alfa e il pesce di Izuku.

Bakugou non commentò, ma fissò con intensità l’omega inconsapevole mentre prendeva le bacchette.
Sì, questa volta avrebbero risolto la questione una volta per tutte. Anche se Deku ancora non poteva saperlo.

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NOTE FINALI:
… lo sto facendo veramente?
Sto veramente pubblicando una fanfiction su EFP nell’AD 2021?!
Incredibile ma vero, sembra di sì. Non perché il sito non sia attivo, nonostante la concorrenza ho visto che comunque resiste, ma ragazzi, non pensavo proprio che sarei tornata a scrivere fanfic in tempi brevi.
E poi ovviamente sono spuntati Baku e Deku. Al liceo temevo che crescendo avrei perso la capacità di sclerare e annegare nei famosi feels, ma dovrei fare vedere alla Mel di allora come sono conciata in questo periodo per colpa loro XD
Questa fic ha l’unico scopo di far sguazzare le mie sinapsi in mezzo ai sentimenti e ad alcune delle ambientazioni che preferisco nelle fanfiction da un pezzo in qua, nello specifico omegaverse + Medioevo-pseudogiapponese-fantasy (raga, lo sottolineo, IMMAGINARIO, perché a questo giro sono andata completamente di fantasia, altrimenti la storia sarebbe rimasta nel pc e bon, quindi mi raccomando, non prendete nemmeno una riga come qualcosa di storicamente attendibile).
Ah, riguardo il rating: l'arancione (o R che dirsi voglia) lo lascio per tematiche e linguaggio (intrinseci all’omegaverse), poi vedremo se salirà nel corso della storia. So comunque dove andrà a parare tutto quanto e quali saranno gli eventi principali, tanti dettagli della storia verranno approfonditi già nel capitolo 2, sia per quanto riguarda la struttura del mondo abitato da Baku e Deku che ciò che è accaduto negli anni precedenti l'inizio della storia! : )
Un'altra cosa riguardo al titolo: ero decisamente in crisi XD quindi ho deciso di affidarmi a una di quelle canzoni che adoro, Ironic di Alanis Morissette, anche perché penso si addica molto a vari aspetti della vita attuale del nostro omega!Izuku.

E niente, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, io di sicuro mi sono divertita molto a scriverlo! In realtà ho anche una buona parte del secondo capitolo già scritta ^^

E con questo chiudo, ricordate comunque che oggi come negli anni Duemila i commenti sono il carburante che fa andare avanti con agio la pubblicazione delle fanfic, perché fa sempre piacere sapere cosa ne pensano i lettori di una storia. Come dicevo prima, spero di sentirci nello spazio commenti :*

Un bacione,
Mel
  
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