. 16 .
Scritte sui muri
Shizune leccò la punta di un dito e sfogliò le
pagine della rivista di nozze sulla sua scrivania, sospirando nel mentre.
Quella mattina, la torre dell’Hokage era insolitamente tranquilla. Tsunade
stessa non era ancora arrivata e solo una manciata di persone erano passate da
lei, per lasciare qualche scartoffia da timbrare o il verbale di una missione.
Buttò un occhio all’orologio da parete nella sala
d’attesa e lo confrontò col proprio, per poi confermare che Tsunade fosse in
ritardo. E l’Hokage ritardava solo in seguito ad una serata alcolica, quindi
con ogni probabilità si sarebbe presentata in condizioni pietose.
La porta sotto l’orologio si aprì un attimo dopo e
Shizune alzò la testa convinta di incontrare il suo capo, mentore e quasi zia.
Al contrario, vide Genma.
Salutò sorridendo il compagno di squadra, ma presto si accigliò nel notare che
trascinava a fatica un trasandato
ragazzo biondo. Dopo Naruto, comparve Hinata pallida come un lenzuolo ed in
evidente disagio, ed ancora dopo di lei c’era Kakashi con entrambe le mani in
tasca. Alla coda si aggiunsero una Sakura dallo sguardo cupo e Ino,
evidentemente furiosa.
«Siediti» Genma ordinò a Naruto, lanciandolo
sgraziatamente su una delle seggiole a ridosso del muro. «Anche voi» si rivolse
poi alle due ragazze, indicando i sedili del muro di fronte. Probabilmente
avrebbe ordinato la stessa cosa a Kakashi, se non l’avesse trovato già
accomodato su una delle sedie di fronte alla porta dell’ufficio dell’Hokage, il
più lontano possibile da tutti loro. Hinata si appollaiò accanto a Naruto, cosa
che apparve a Shizune come un vero e proprio atto di coraggio, dato che il
ragazzo sembrava pronto ad uccidere qualcuno.
La stanza divenne soffocantemente
silenziosa.
Genma si avvicinò al bancone di Shizune, facendole
cenno di avvicinarsi. «Il Quinto è dentro?» chiese a bassa voce. «Abbiamo una
cosuccia da risolvere, qui.»
Shizune scrutò la stanza: Kakashi fissava risoluto
il pavimento, Naruto lanciava occhiatacce minacciose a Kakashi, Hinata era sul
punto di scoppiare a piangere, Sakura se ne stava ingobbita sul sediolino e
stringeva la mano di Ino in cerca di supporto, anche se Ino guardava Kakashi
con lo stesso sguardo assassino di Naruto.
Non bisognava essere dei geni per capire cosa
stesse succedendo.
«Tsunade-sama non è ancora arrivata» informò
Genma. «Che succede?»
Il ragazzo sospirò. «Rissa in strada. Naruto ha
picchiato Kakashi, a detta di Sakura, e Hinata sembra essere coinvolta in
qualche modo. Li ho portati tutti qui perché a quanto pare ci sono in ballo
accuse piuttosto pesanti, è necessario informare l’Hokage stessa. Anche se non
so perché lei sia qui» disse, indicando Ino.
La ragazza staccò gli occhi di dosso a Kakashi
solo per rivolgerli a Genma. «Supporto morale», si sentì in diritto di
rispondere, dando una pacca alla schiena di Sakura.
Genma scrollò le spalle. «Sai per caso quando si
presenterà la Strega Cattiva?»
«Presto» rispose in automatico Shizune, guardando
Hinata che non aveva il coraggio di ricambiare il suo sguardo.
«Mi sento male» mormorò Sakura, pallida e
tremante. «Credo che darò di stomaco.»
«Prendete un secchio!» ordinò Ino.
Kakashi scattò all’istante verso Sakura, ma Naruto
e Ino lo intralciarono repentinamente.
«Non crede di aver fatto abbastanza,
Kakashi-sensei?» borbottò Ino.
«Se ti azzardi a toccarla con un dito, te lo
taglio!» ringhiò Naruto.
«Smettetela!» pregò Sakura. «Entrambi!»
Kakashi non si scompose. «Se siete così desiderosi
di aiutarla, perché perdete tempo con me?»
Ino gli diede le spalle e si accovacciò di fronte
a Sakura, le fece poggiare la schiena contro il muro e sfregò le braccia in
segno di conforto. «Come ti senti, fronte larga?»
«E’ solo nervosismo» mormorò Sakura.
«Lo spero» intervenne Naruto, incenerendo Kakashi
con gli occhi, il quale in risposta sollevò a stento un sopracciglio.
Sakura trasalì. «E con questo che vuoi dire?!»
chiese.
Ma Naruto si rivolse unicamente a Kakashi. «Se è incinta–»
«Tu–!»
«Chi è incinta?»
La voce roca giunse dalla porta, e fu abbastanza per
far calare di nuovo il silenzio sulla sala. Tutti si voltarono per guardare
Tsunade, che se ne stava sull’uscio col soprabito di rovescio ed un paio di
occhiaie nere come la notte. Dallo stato dei suoi capelli e dalla postura
traballante, fu piuttosto chiaro ai presenti che fosse ancora vittima di una
sbronza infernale.
«Perché c’è tutta questa gente nel mio ufficio a
quest’ora del mattino?» gracchiò imbronciata. «Un Hokage non può avere un
attimo di pace?»
L’intera stanza esplose in un turbinio di voci.
«Nonna – non ho fatto niente di male – è stato
Kakashi a–»
«Maestra, Naruto ha attaccato Kakashi–»
«Per una buona ragione!»
«Ma non stai mai zitto?!»
«Mi d-dispiace tantissimo, Sakura-san,
non volevo che andasse così–»
«Questa è una cosa tra la fronte larga ed il
vecchio pervertito, che diavolo ci fai tu qui–»
«Non parlare in quel modo a Hinata-chan–»
«Ho i postumi di una sbronza!» li zittì
Tsunade, facendo calare di nuovo il silenzio. «Genma, nel mio ufficio. Tutti
voi, restate dove siete e muti come tombe. Non voglio sentire una mosca volare
fino a quando non avrete espressamente il mio permesso per parlare, sono stata
chiara?»
Nessuno proferì parola.
«Bene» ringhiò, attraversando la sala. Shizune
guardò Genma con preoccupazione, mentre questi seguiva l’Hokage nel suo
ufficio.
Lo stomaco di Sakura continuò ad attorcigliarsi
nel momento in cui la porta dell’ufficio di Tsunade si richiuse bruscamente. In
quell’esatto momento, Genma le stava illustrando quell’assurda situazione che
avrebbe potuto competere con la trama della sua soap opera. Ino continuava ad
accarezzarle la schiena e a comportarsi da amica, anche se Sakura sospettava
che fosse lì solo per avere l’esclusiva sullo scoop che sarebbe stato sulla
bocca di tutti per parecchio tempo. Dall’altro lato della stanza, Kakashi era
tornato a sedere, ma si rifiutava di guardarla – soprattutto perché Naruto
minacciava di colpirlo ancora se ci avesse provato.
Il silenzio si era fatto insopportabile.
Sakura tentava invano di cogliere almeno uno strascico della conversazione tra
Genma e Tsunade, ma era risaputo che l’ufficio fosse insonorizzato.
Era da tanto che non provava quella paura
viscerale: l’ultima volta risaliva a quando Naruto e Sasuke avevano provato ad
uccidersi l’un l’altro sul tetto dell’ospedale. A quei tempi, la sensazione che
le cose non sarebbero mai più state le stesse per il Team 7 l’aveva
terrorizzata. Ora, mentre attendeva le conseguenze delle sue azioni, sapeva che
il danno causato era addirittura peggio e che nulla avrebbe potuto riportare le
cose alla normalità.
La porta dell’ufficio si aprì e Genma tornò tra di
loro, rivolgendo a Shizune uno sguardo preoccupato. Tsunade comparì dietro di
lui, sul viso i segni di una rabbia fulminante. Aveva smaltito istantaneamente
i postumi dell’alcol, ma le occhiaie che le contornavano gli occhi erano ancora
più accentuate, e quando quegli occhi incontrarono quelli di Sakura, la ragazza
non poté trattenere un brivido di terrore.
Lo sguardo penetrante dell’Hokage si spostò poi su
Kakashi, il quale fece l’errore di ricambiarlo con un sorrisetto. Nella
frazione di un secondo, Tsunade lo afferrò per la collottola e lo trascinò
nell’ufficio, senza aggiungere una parola. Sakura scorse per un attimo il viso
di Kakashi, ora leggermente preoccupato, prima che la porta si richiudesse con
un tonfo che scosse l’intero edificio.
Tutti i restanti rilasciarono un sospiro che non
sapevano di star trattenendo.
«Che diavolo sta succedendo, Sakura?» mormorò Ino,
prendendo coraggio ora che Kakashi non poteva sentirla. «Ti prego, dimmi che è
tutto un orribile equivoco.»
«Non è un orribile equivoco» le rispose
amaramente.
«Ho sempre saputo che hai gusti discutibili in
fatto di uomini, ma tutto ciò è assurdo», le disse, sprezzante. «Ti ho
consigliato di trovarti un uomo adulto, ma ci sono dei limiti, sai. E
infrangere la legge è uno di quelli.»
Dall’ufficio dell’Hokage arrivavano urla ovattate
e Sakura guardò la porta con preoccupazione. «Pensavo che lo studio fosse
insonorizzato» sussurrò.
«Lo è», rispose atona Shizune.
Ma tutti potevano sentire chiaramente spezzoni di
una conversazione piuttosto violenta, cose come “responsabilità” e “certe
confidenze” che “non possono essere violate” delle quali “te ne
sei sbattuto”. Ogni frase fu accompagnata da tonfi, fino a quando non
sentirono il preoccupante rumore di qualcosa che veniva sbattuto con forza
contro la porta. Sakura fece per alzarsi, ma Ino la trattenne.
Le urla continuarono a crescere fino a quando non
furono perfettamente comprensibili alle orecchie di tutti.
«Ti è stata data una posizione di totale
fiducia, ed è questo il modo in cui mi ripaghi?!» le grida soffocate di
Tsunade spezzarono il denso silenzio. «Cosa?! Non me ne frega un cazzo se
sanguini – alzati!»
Non riuscirono a capire altro oltre ciò, ma Sakura
sentì un gemito di terrore nel pensare che tra poco sarebbe toccato a lei. «Lo
ucciderà» gemette.
«Benissimo» dichiarò Naruto, insensibile.
Senza esitare, Sakura inveì contro di lui. «Guardatelo,
se ne sta lì tutto compiaciuto!» ribollì. «Scommetto che sei felice ora, eh?!
Ti rendi conto del danno che hai causato?! Tutto perché non sei in grado di
comportarti da adulto per nemmeno trenta secondi!»
«Avresti dovuto pensarci prima di andare a letto
con il nostro insegnante!» le ringhiò contro. «La colpa è solo tua, Sakura!»
Ed era difficile ammettere che avesse ragione.
Anche se Naruto aveva sbagliato ad attaccare Kakashi nel bel mezzo della
strada, le colpe che avevano lei ed il loro maestro surclassavano tutto ciò che
il suo compagno di squadra aveva fatto. E per come si stava comportando
Tsunade, senza dubbio gli avrebbe dato ragione.
Amare lacrime di rabbia riempirono gli occhi di
Sakura, ma si costrinse a trattenerle. Scostò Ino e fronteggiò Naruto; Genma si
frappose tra di loro, temendo un attacco, ma Sakura si limitò a stargli di
fronte. «Credi di essere in diritto di incolpare Kakashi?» gli chiese,
guardandolo negli occhi. «Credi di avere il diritto di colpirlo in quel modo e
fare una scenata nel bel mezzo della strada? E allora perché non colpisci anche
me, Naruto? Kakashi non ha fatto niente che io non volessi, siamo coinvolti
entrambi in questa storia, come pari. E se vogliamo dirla tutta, sono stata io
a convincerlo. Quindi, se hai bisogno di sfogare la tua rabbia su qualcuno,
sfogala su di me.»
Attese una reazione, ma Naruto non fece altro che
ricambiare il suo sguardo. E per la prima volta notò l’alone rossastro che gli
offuscava le pupille. Il Kyūbi era lì, cercava di prendere il possesso del
suo corpo, ma Naruto lo teneva sotto controllo.
«Allora?» riprese lei, schiaffeggiandolo
beffardamente. «Che stai aspettando? Colpiscimi!»
«Ma che cazzo di problema hai?!» le urlò Naruto,
respingendola. «Perché lui?! Che diavolo ti è passato in mente?! Come hai
potuto anche solo considerarlo?!»
«Hey, hey, hey!» Genma intervenne quando Sakura
fece per colpirlo ancora. La riportò di peso a sedere, ed Ino la trattenne con
il pretesto di un abbraccio. Sakura era troppo arrabbiata per protestare,
quindi restò al suo posto e mormorò qualcosa di esplicito riguardo alle persone
stronze ed ipocrite.
Finalmente le grida che provenivano dall’ufficio
si interruppero con un ultimo colpo violento, attirando l’attenzione di tutti.
«Spero che non l’abbia ucciso», bisbigliò agitata
Shizune.
Il silenzio si fece inquietante. Sakura attese con
il respiro mozzato, chiedendosi se Tsunade avesse davvero ucciso Kakashi
e se fosse il caso di fare irruzione e andare a salvarlo. Ma un attimo prima
che potesse cedere all’impulso, la porta si spalancò facendo sobbalzare tutti.
Ne emerse Kakashi, con una mano sanguinante che copriva un taglio profondo sul
sopracciglio. Sakura fece per raggiungerlo, ma Ino la trattenne saldamente.
«Genma» scattò Tsunade. «Porta Hatake
all’ospedale. Di’ pure alle infermiere di essere brutali.»
Genma annuì e prese Kakashi per un gomito,
scortandolo come fosse stato un prigioniero. Passando accanto a lei, Kakashi
alzò un pollice in su di nascosto, ma non fu sufficiente a tranquillizzarla.
«Sakura» ringhiò Tsunade, e la ragazza si rese
conto che fosse arrivato il suo momento. Mentre faceva il suo ingresso
nell’ufficio con sguardo basso, Tsunade si rivolse a Shizune. «Portami il libro
delle leggi.»
«Il libro delle leggi?» ripeté l’assistente,
confusa.
«Il libro con le leggi! Quello grosso!» scattò
ancora l’Hokage.
«Lo Statuto del Villaggio?» tirò a indovinare
Shizune.
«Come si chiama, basta che me lo porti ora.»
La porta sbatté ancora e, una volta dentro, Sakura
si guardò intorno. C’erano parecchie crepe sui muri, apparentemente causate dai
vari vasi, portapenne e fermacarte che ricoprivano il pavimento della stanza,
mentre fogli di carta erano disseminati ovunque. Buttò velocemente un occhio
alla scrivania di Tsunade e fu sollevata dal notare che non era rimasto nulla
da scagliarle contro.
«Siediti» tagliò corto la maestra.
Sakura obbedì mestamente, anche se dovette
raccogliere la sedia dal pavimento. Tsunade prese posto dietro la scrivania, ma
più che rivolgersi a lei preferì prendere una spillatrice e dividere qualche
foglio in piccole pile, incurante dell’ordine.
Forse il suo era un tentativo di ignorarla fino a
quando Sakura stessa non avrebbe cominciato a confessare l’accaduto. Non aveva
idea di cosa Kakashi le avesse detto – semmai avesse avuto l’occasione di dire
qualcosa, in mezzo a tutte quelle urla – quindi decise di ponderare bene le
proprie azioni.
Ma fu Tsunade a cedere per prima.
O meglio, fu la spillatrice a cedere. Una delle spille si incastrò nel macchinario,
facendo esplodere la furia dell’Hokage che la scagliò con forza bruta contro la
porta dell’ufficio, mancando l’orecchio di Sakura di pochi centimetri.
Poi si prese la testa tra le mani e premette forte i palmi sugli occhi stanchi.
«Perché mi hai fatto questo, Sakura?» disse,
cedendo alla debolezza. «Hai idea della posizione in cui mi hai messa?»
Sakura non sapeva cosa dire, se non: «Mi
dispiace».
Ma non era la risposta giusta. «Le scuse non
bastano!» sbraitò Tsunade. «Sei la mia apprendista! Ti ho insegnata
ad essere furba, intelligente, razionale! E mi sconvolge sapere che qualcuno
sotto la mia tutela abbia fatto qualcosa di così stupido! Mi hai delusa…»
Sakura abbassò lo sguardo, sentendosi non meno che
orribile, in ogni senso.
Tsunade cercò di calmarsi. «Allora, andiamo al
punto», disse, costringendosi a svolgere un ruolo terribile. «Sei incinta?»
Sakura sentì un brivido di umiliazione nelle ossa.
«No, maestra», rispose mestamente.
«Sei sicura?»
«Sicurissima, maestra» rispose ancora, facendo
trapelare il fastidio che provava nel fatto che in molti mettessero in dubbio
la sua capacità di prendersi cura di sé. «Prendo anticoncezionali regolarmente
e non ho mai avuto incidenti prima, non vedo perché dovrei averne ora.»
«Non usare quel tono con me, Sakura. Devo esserne
sicura.»
«Scusi, maestra. Lo capisco.»
«Ti ha persuasa in qualche modo?»
Sakura si accigliò, non capendo dove Tsunade
volesse arrivare.
Erano tanti i modi in cui Kakashi l’aveva persuasa; anzi, sarebbe stato più
corretto dire che lei si fosse fatta persuadere dall’attrazione che
provava nei suoi confronti, ma non le sembrava qualcosa di particolarmente
rilevante. «Non credo di aver capito cosa intende, maestra…»
«Voglio dire… Ti ha costretta?» le chiese Tsunade, sporgendosi
verso di lei. «Sei una sua allieva da quando avevi dodici anni. Hai mai
ricevuto proposte inappropriate in questo arco di tempo? Tocchi? Carezze?
Commenti? Qualcosa che potrebbe–»
«No!» la interruppe Sakura, allarmata. «Kakashi
non lo farebbe mai! La nostra relazione è cominciata solo due settimane fa.
Prima di ciò non c’è mai stato nulla, lo giuro, non mi ha mai toccata. Anzi, in
realtà non mi ha mai prestato chissà quanta attenzione. Non avrebbe mai potuto… Lui non è… Come può
pensare questo di lui?»
«Perché, dico, ti rendi conto che chiunque
lo penserà d’ora in poi?»
Sakura sbiancò. «Sono stata io ad andare da lui,
maestra. Kakashi non mi ha costretta a fare niente.»
«Interessante», commentò Tsunade, ritraendosi contro
lo schienale della sedia. «Da un lato abbiamo Kakashi che si prende tutta la
responsabilità, e dall’altro ci sei tu che fai esattamente la stessa cosa.»
«Sta cercando di proteggermi», realizzò Sakura.
«Ma non è stato lui, sono stata io a cominciare. Lui ci è stato solo perché si
dispiaceva per me.»
«Quindi hai istigato tu questa relazione?»
«Sì.»
«Con l’obbiettivo di guadagnare crediti extra per
la revisione, forse?»
Sakura chiuse gli occhi e strinse i pugni. «No, è
stata una coincidenza. E Kakashi non è il tipo di persona che permette alle
relazioni personali di interferire con i suoi giudizi professionali.»
«Apparentemente no, ti ha bocciata.»
Sakura annuì.
«Sai che ora la sua decisione non ha più valore?»
chiese Tsunade. «Dovrò trovare un altro esaminatore e dovrai ripetere la
prova.»
«Non mi interessa» la informò Sakura, scuotendo la
testa. «Per favore, maestra… Mi dica solo com’è la
situazione.»
Tsunade la guardò con un sopracciglio inarcato.
«Come credi che sia?»
Quando Sakura non rispose, riprese. «Ovviamente eravate consapevoli del fatto
che vi steste cacciando in un guaio, altrimenti non lo avreste tenuto segreto.»
Sakura la fissò. «Non…
Non condannerete a morte Kakashi… Vero?»
Tsunade si sporse di nuovo, gli occhi ridotti a
due fessure. «Sto ancora decidendo.»
«Shizune-san ha detto che l’ultimo insegnante che
è andato a letto con una sua studentessa è stato condannato a morte.»
«E’ vero, anche se la condanna aveva poco a che
fare con la sua relazione con una studentessa, anzi, era perlopiù per il suo
vizio di rapire ed uccidere buona parte dei nostri shinobi per i suoi
esperimenti genetici.»
Sakura si rilassò impercettibilmente.
«Ma i provvedimenti legali per l’abuso sessuale
sono comunque piuttosto gravi» continuò Tsunade.
«Ma sono maggiorenn–»
«Sì, ma il rapporto di fiducia tra studenti e
insegnanti è sacro ed è salvaguardato dalla legge stessa. Kakashi è venuto meno
ai suoi doveri e ha tradito la nostra fiducia, ci saranno ripercussioni.»
Qualcuno bussò alla porta. «Avanti!» strillò
impaziente Tsunade.
Shizune sgattaiolò nell’ufficio con un grosso e
vecchio libro tra le braccia. Tsunade inforcò gli occhiali e – quando
l’assistente glielo porse – prese a sfogliarlo.
«La legge che regolamenta i rapporti tra
insegnanti e alunni è piuttosto vecchia, Sakura» la informò, cercando
l’argomento in questione. «Non è mai stata modificata fin da quando è stata
scritta, e cioè più o meno alla fondazione del Villaggio. Avevo intenzione di
abolire qualcuna di queste sciocchezze, ma non pensavo di doverne applicare
una, soprattutto per te.»
Sakura strinse forte l’orlo della gonna, mentre
Tsunade faceva scorrere il dito sulle vecchie pagine ingiallite. Si fermò
all’improvviso, e Sakura perse un battito. «Apparentemente è illegale dare
fuoco alle scimmie per sgomberare le sorgenti termali» lesse Tsunade. «In
questo libro ci sono scritte cose ridicole.»
Saltò un altro paio di pagine prima di fermarsi
ancora, e sia lei che Shizune si sporsero in avanti per leggere un passaggio in
particolare. Dopo poco, entrambe si ritrassero e Tsunade richiuse violentemente
il libro, formando una nuvola di polvere. Fissò intensamente Sakura negli
occhi.
«Quindi…?» osò lei.
«La legge è piuttosto chiara» sospirò Tsunade,
quasi serenamente. «Gli insegnanti che si approfittano degli allievi vanno
imprigionati o condannati a morte, dipende dal volere del padre dell’allieva.»
Sakura si coprì la bocca con una mano, cercando di
trattenere il pianto.
«O almeno, questa è la procedura in caso di
minori» continuò l’Hokage. «Sarai felice di sapere che le cose sono leggermente
più rosee nel caso si tratti di due adulti, ma dipende tutto da un fattore.»
«Quale fattore?» chiese Sakura preoccupata.
Tsunade chiuse gli occhi e prese qualche secondo
per riflettere, per poi riaprirli e rivolgere a Sakura uno sguardo stanco. «Le
cose cambiano se vi amate.»
«Non capisco» esitò Sakura.
«E’ abbastanza semplice. La situazione è meno
grave se siete innamorati l’uno dell’altra. Qual è la tua risposta, Sakura?»
Non ne aveva una. Come poteva qualcosa come
l’amore incidere sulla legge? La sua maestra le stava praticamente dicendo che
le regole erano meno severe con chi ha sbagliato per amore, a differenza di chi
aveva avuto solo un’avventura. Ed in quel caso, a quale categoria appartenevano
lei e Kakashi? Una settimana prima avrebbe risposto senza esitazione che la
loro era solo una relazione di sesso, un venirsi incontro per soddisfare i
propri bisogni biologici, ma adesso? Ora c’era quella strana sensazione al
petto che una semplice avventura non fa provare.
Ma la vera domanda era: Kakashi sentiva la stessa
cosa? E se pure entrambi ne fossero stati vittime, era così profonda da potersi
definire amore?
Sakura schiuse le labbra per ribattere, ma Tsunade
la interruppe. «Tieni a mente, Sakura,» le disse con un amaro sorriso, «che ho
fatto la stessa domanda a Kakashi, sto cercando di capire se le vostre risposte
combaciano.»
Sakura volse uno sguardo disperato a Shizune in
cerca di un suggerimento, ma il viso di lei era teso ed indecifrabile.
Le sembrava una trappola: se a Kakashi era stata posta la stessa domanda, era
stato costretto a rispondere sinceramente; ma se non aveva ancora riconosciuto
la natura della loro relazione con lei, come avrebbe potuto farlo con Tsunade?
Rassegnata, Sakura chinò il capo. «Mi dispiace»
mormorò. «Non è nulla di serio, è solo un’avventura. Non siamo innamorati.»
Quando ebbe il coraggio di guardare la sua
maestra, notò che il sorriso tagliente di questa si era esteso. «Interessante»
sospirò. «Puoi andare.»
Scossa, Sakura restò immobile. «E riguardo la
punizione?»
«Deciderò dopo, e sarai informata entro stasera.
Puoi andare.»
Lentamente, Sakura si rimise in piedi. Shizune
aprì la porta per lei e dopo un attimo fu di nuovo nella sala d’attesa,
scrutata da sguardi ansiosi. «Allora? Che ne sarà di te?» le chiese Ino,
impaziente.
Prima che Sakura potesse dirle che non lo sapeva
ancora, Tsunade apparve alle sue spalle.
«Naruto» chiamò, rivolgendosi al ragazzo stizzito.
«Sono molto delusa anche da te. Nel momento in cui hai saputo di questa
faccenda, era tuo dovere venire ad informarmi piuttosto che farti giustizia da
solo. Non ci sono scuse per il tuo comportamento, attaccare il tuo capitano nel
bel mezzo della strada non è un comportamento maturo – no, non interrompermi.
Penserò ad una punizione appropriata anche per te.»
Poi si voltò verso Hinata, che sobbalzò
visibilmente. «E tu, Hinata. Sono molto sorpresa. Di tutti i presenti, tu sei
quella che ha meno motivi per nascondere la cosa, e invece hai preferito andare
direttamente da Naruto, pur sapendo che avrebbe reagito male. Avevi forse
intenzione di causare guai?»
Hinata sbiancò, infastidita. «N-no, non volevo che
accadesse tutto questo. Non ho detto nulla a Naruto, ma lui continuava a farmi
domande e gli ho chiesto di smetterla, e ad un certo punto siamo passati
davanti la Lanterna Rossa e ha visto Kakashi-sensei con Sakura, e scherzando ha
ipotizzato che avessero una relazione. M-mi dispiace tanto… Ha visto Kakashi-sensei toccare la gamba di Sakura-san e poi ha guardato me e ha capito tutto… M-mi dispiace davvero
tanto, lo giuro, non volevo creare problemi!»
Tsunade si accigliò. «Avresti dovuto comunque
informarmi. Nascondere questo tipo di informazioni è un’azione punibile,
Hinata.»
Sakura notò il modo in cui gli occhi di Hinata
scattarono verso Shizune, ma non fece altro che annuire ed abbassare lo
sguardo.
«No, Tsunade-sama» si fece avanti Shizune. «La
prego, non punisca Hinata, le ho chiesto io di tenere il segreto. Tecnicamente
sono un suo superiore, ha agito secondo i miei ordini.»
Sorpresa, Tsunade si rivolse a lei. «Tu
sapevi?» chiese. «E non mi hai detto niente?»
Shizune annuì mestamente.
Tsunade quasi rise. «Sono certa che lo state
facendo apposta per farmi incazzare» sbuffò al cielo. «Cortesemente, dimmi chi
te lo ha detto almeno. Devo sapere chi altri aggiungere alla lista dei
provvedimenti.»
«Non me l’ha detto nessuno» ammise Shizune. «L’ho
scoperto da sola.»
«Come?» chiese debolmente Sakura.
Shizune la guardò colpevole e tirò fuori qualcosa dalla
lunga manica. «Sono cadute a Kakashi in ospedale. Non dovresti scrivere il tuo
nome sulla biancheria, Sakura… L’inchiostro può
rovinare i tessuti, se non stai attenta.»
Allungò il paio di mutandine in pizzo a Sakura,
che non fece altro che guardarle confusa. Tsunade si schiaffò una mano sul viso
e Naruto parve apoplettico.
«Tu», Tsunade indicò Ino, che congelò. «Che ci fai
qui? Per cosa dovrei punirti, esattamente?»
«S-sono qui solo per
dare supporto morale, Hokage-sama.»
Le braccia di Tsunade caddero. «Bene. Potete
andare tutti, e vi consiglio di farlo alla svelta, prima che faccia qualcosa di
cui potrei pentirmi.»
«Sei davvero un cazzo di idiota, lo sai?»
«Lo so.»
«Ti è anche andata bene, pensavo ti neutralizzasse
all’istante.»
«Ci ha provato.»
Genma scosse la testa e fischiettò, allungandosi
verso Kakashi per constatare i progressi della medicazione che l’infermiera gli
stava fornendo. La giovane donna era impegnata ad attaccare farfalline
appiccicose lungo il taglio sulla fronte. «Ad ora conto almeno nove punti», lo
informò. «Non ne valeva la pena, Hatake.»
Se Kakashi non avesse avuto gli occhi chiusi, li
avrebbe alzati al cielo.
«Potresti essere condannato per questa faccenda,
sai.»
«E’ ridicolo» gli rispose stancamente. «Ci sono
solo due cose per cui si viene condannati a Konoha, ultimamente – tradimento e
cospirazione. Nulla che mi riguardi, per quanto ne so. La mia unica colpa è
quella di aver dormito con un’adulta, che per puro caso fa parte del mio stesso
team.»
«Ma le persone non la vedranno così, Hatake», gli
fece notare Genma. «Quando sentiranno che un insegnante è andato a letto con
un’alunna penseranno tutti che ti sei approfittato di lei, in qualche modo. E
il fatto che tu sia un tipo strano non aiuta… Non mi
sorprenderei se pensassero anche peggio di così.»
L’infermiera si fermò. «Lei è l’insegnante di
Haruno Sakura?» chiese.
«Sì», rispose monocorde.
«Ah. Mi piace Haruno-san»,
disse. Riprese a medicarlo, ma d’un tratto i suoi modi erano diventati più
grezzi ed inutilmente dolorosi; Kakashi sussultò, ma sopportò senza lamentarsi.
«Quanti anni ha?» chiese Genma. «Sedici… Diciassette?»
«Diciotto» rispose Kakashi, seccamente.
Ancora una volta Genma scosse il capo, incredulo.
«E cosa ci fai con una ragazza così giovane?» chiese, sconcertato. «E’ per caso
una sorta di crisi di mezza età? Devi stare attento, Hatake. Sai come ci si
sente a diciotto anni… Ci si innamora dalla sera alla
mattina. Che bisogno c’era di ficcarti in un guaio del genere?»
Kakashi lo ignorò fermamente.
«Oi», Genma si inginocchiò per guardarlo
direttamente negli occhi. «Non sarete mica innamorati?»
Kakashi lo guardò con fare impassibile. «Il Quinto
mi ha fatto la stessa domanda.»
«E?» incalzò Genma. «Cosa le hai risposto?»
«Le ho detto la verità.»
«Che sarebbe?»
«Non sono affari tuoi.»
Genma sbuffò e tornò in piedi. «Lasciatelo dire:
per una volta non ti invidio affatto. Qualsiasi provvedimento decida di
prendere l’Hokage, credo che a questo punto sei fottuto.»
«Grazie tante.»
«E buona fortuna con i tuoi compagni di team, ce
ne vorrà di coraggio per guardarli di nuovo negli occhi.»
«Già… Grazie ancora.»
«Figurati.»
Genma gli diede una pacca sulla spalla. «Bene, sono sicuro che ci siano ancora
una manciata di persone che non hanno ancora sentito lo scoop. Non posso
permettere ad Anko di divertirsi da sola, devo andare a cercarli. Ci vediamo in
giro, Hatake.»
Kakashi sospirò e chiuse ancora gli occhi,
nell’attesa che la tortura che gli stava infliggendo l’infermiera terminasse.
Dopo pochi minuti smise di applicare gli adesivi e si allontanò da lui per
ammirare il proprio lavoro. «Perfetto» dichiarò, con allegria minacciosa. «Può
andare.»
«Non mi merito un lecca-lecca?»
Era la stessa battuta che faceva ogni volta che
terminava una visita all’ospedale, fosse stato per un’influenza, una gamba rotta
o un coma. In genere, i medici o infermieri ridacchiavano e basta, ma lo
sguardo che gli rivolse la ragazza gli fece dubitare di aver detto qualcosa di
estremamente osceno ed inappropriato: lo stava guardando come se le avesse
chiesto sesso orale.
Le persone lo avevano sempre considerato un
pervertito, ma in quel caso gli fu chiaro che ormai lo vedevano come un vero e
proprio maniaco.
«Può andare» ripeté, gelandolo con lo sguardo
prima di dargli le spalle.
«Va bene» rispose, intimidito.
La cosa migliore da fare era uscire di lì e
tornare a casa. La sua uniforme era completamente sporca di sangue – perché le
ferite alla testa sanguinavano sempre il doppio del dovuto – quindi per prima
cosa si sarebbe cambiato. Poi avrebbe…
Effettivamente, non sapeva cosa fare. Fin da
quando aveva trovato Sakura zuppa d’acqua fuori la porta, gli era stato chiaro
che le conseguenze sarebbero state catastrofiche. Ma l’unica difesa che si era
concesso era stato fare in modo che nessuno lo scoprisse.
Quello era il suo piano A.
E non c’era un piano B.
«Sembra che dovrai cavartela da solo», si disse,
mentre camminando per il corridoio cercava di ignorare il modo in cui gli
sguardi si scostavano da lui; eppure sentiva quegli occhi addosso, conficcati
nella schiena. Ma lasciò l’ospedale senza battere ciglio.
Era già mezzogiorno.
Le strade erano affollate dalla gente in pausa pranzo, ed in un certo senso era
stato fortunato: gli sarebbe stato più semplice passare inosservato,
amalgamandosi alla folla. Qualche paio d’occhi si soffermarono su di lui per
pochi istanti, ma era ancora presto: entro sei ore la notizia si sarebbe sparsa
fino agli angoli del Villaggio, e da quel momento sarebbe stato impossibile per
lui camminare senza essere additato da chiunque.
Ma neanche quella sarebbe stata una passeggiata
semplice.
Mentre svoltava nella zona residenziale, qualcuno lo riconobbe dall’altro lato
della strada e gli urlò: «Che c’è, Hatake? Devi buttare il cazzo tra i tuoi
ragazzi perché non sei in grado di trovartene una adulta?»
Quell’uscita infelice fu seguita da uno scoppio di
risate, e Kakashi si voltò curiosamente verso il gruppo di giovani jonin che si
congratulavano l’un l’altro. Anche se loro sembravano conoscerlo, lui non aveva
la più pallida idea di chi fossero, quindi scosse la testa e riprese a
camminare con nonchalance. Gli insulti non erano nulla di nuovo, per lui, e nel
tempo aveva imparato ad ignorarli.
Ma come avrebbe reagito Sakura?
Almeno non trovò la porta di casa imbrattata.
Entrò nel suo appartamento e si spogliò rapidamente, appallottolando i vestiti
sporchi accanto a letto. Indossò poi una maglietta nera ed un paio di pantaloni
da ginnastica.
Si guardò allo specchio per esaminare la ferita sulla fronte e notò che i primi
punti erano stati applicati accuratamente, mentre i restanti – successivi al
momento in cui aveva menzionato Sakura – erano stati incollati a casaccio.
Il temperamento fumantino
di Tsunade era leggendario quasi quanto la sua scarsa abilità nel gioco
d’azzardo. Non lo sorprendeva il fatto che gli avesse tirato contro ogni tipo
di oggetto, perché sapeva quanto fosse legata a Sakura e quanto bene le
volesse. Il suo senso di protezione per la sua apprendista era del tutto
naturale, ed in un certo senso l’Hokage era l’insegnante di Sakura più di
quanto lo fosse lui.
E nel tempo aveva imparato a sue spese che quando
Tsunade cominciava a lanciare oggetti, non era saggio schivarli, perché
l’avrebbe fatta incazzare di più. Non era facile spiegarsi e difendere la
propria posizione, mentre una donna vulcanica come lei ha intenzione di
colpirti ed ammazzarti. Quindi si era trovato a dover scegliere tra un vaso in
fronte ed un paio di forbici conficcate nei testicoli: tra le due, sentiva di
aver fatto la scelta giusta.
Stava goffamente cercando di sistemare le farfalline
sul taglio, quando dallo specchio notò dei movimenti alle sue spalle. Senza
nemmeno girarsi, vide Sakura entrare dalla finestra e sedersi sul suo letto.
Sembrava piuttosto tesa.
«Vedo che sei riuscita a scappare incolume»
commentò, tornando ai suoi punti.
Sakura lo raggiunse, ed un attimo dopo gli sbatté
la testa contro lo specchio.
«Ohw.»
Cominciava a sentirsi piuttosto maltrattato.
«Idiota!» strillò, lanciandogli contro un paio di
mutandine. «Hai rubato la mia biancheria!»
Osservò l’indumento ed inarcò le sopracciglia.
«Oh! Cominciavo a chiedermi dove fossero finite. Pensavo di averle perse
durante la missione» le disse, ammirando l’oggetto in questione.
Sakura gliele strappò di mano. «Ti sono cadute in
ospedale», gli ringhiò contro. «Shizune le ha trovate ed è per questo che tutti
lo sanno.»
«E lo ha detto in giro?» chiese, accigliato: non
sembrava affatto da lei.
«No, lo ha detto solo ad Hinata, che non
riuscirebbe a mettersi contro Naruto nemmeno per salvarsi la vita», sospirò
Sakura, mordendosi le labbra. «Tsunade ha detto che più tardi deciderà come
punirci, ma ormai lo sanno tutti, Kakashi. La gente mi fissa e li sento ridere
alle mie spalle.»
Sembrava dover scoppiare a piangere da un momento
all’altro, quindi Kakashi le cinse le spalle e la strinse contro il proprio
petto. Respirava tremolante, ma sembrava decisa a trattenere le lacrime… Le serviva solo un momento di pausa per
ricomporsi. Kakashi osservò le loro figure allo specchio: si chiese se fossero
una brutta coppia, o se andassero bene insieme, ma ormai non lo capiva più. Nei
loro riflessi, vedeva solo una ragazzina dai capelli rosa che a stento arrivava
al mento di un uomo alto e coi capelli bianchi.
«Naruto mi odia», sussurrò Sakura. «Non mi ha mai
guardata in quel modo. Sento di averlo tradito… Ma
sono troppo arrabbiata! Come ha potuto farci questo?! E’ come se avesse
voluto umiliarci!»
«Naruto non riflette, Sakura», le spiegò
dolcemente. «Si è sentito ferito ed ha agito di conseguenza. Dubito che nel
momento si sia reso conto delle sue azioni, anzi, non penso nemmeno che sapesse
che la nostra relazione è illegale.»
«Perché lo difendi?», gli chiese, scostandosi da
lui per guardarlo. «Ti ha colpito.»
«No, mi ha ferito» la corresse, «perché io l’ho
ferito per primo. A me resterà un segno sul viso per una settimana, ma i suoi
sentimenti ne risentiranno per molto più tempo.»
Sakura sprofondò di nuovo tra le sue braccia. «Ho
paura», mormorò.
«Anche io», le rispose.
«Non è vero», gemette lei. «Lo dici solo per farmi
sentire meglio.»
«Ha funzionato?»
«No…»
Le sorrise dolcemente e le prese il viso tra le
mani per baciarla. Inizialmente, Sakura lo ricambiò, ma dopo un attimo si
scostò ancora da lui e si sedette sul letto, dandogli le spalle. «Non me la
sento» ammise, tristemente. «Mi sento così in colpa che faccio fatica a
guardarti. Se gli altri sapessero che sono qui, si incazzerebbero.»
Si sedette accanto a lei. «Allora faresti meglio
ad andare» le consigliò.
«Ma non so dove», gli disse. «E dico sul serio.
Ovunque io vada… Tutti mi guardano e mi giudicano.
Sei l’unico che mi abbia sorriso, oggi.»
Lo guardò negli occhi e scoppiò a ridere, forse
perché Kakashi stava cercando di tenerle il broncio e guardarla male. Si stese
su un fianco e poggiò la testa sul suo grembo, e poco alla volta la risata
scemò. «Vorrei che il tempo si fermasse», confessò, stringendo la stoffa dei
suoi pantaloni tra le dita. «Non voglio affrontare tutto ciò che succederà
d’ora in poi.»
Kakashi si guardò di nuovo allo specchio ed
osservò attentamente il modo in cui le sue dita scivolavano tra i capelli di
Sakura di propria iniziativa. «Non si può fermare il tempo, Sakura. Dobbiamo
farci coraggio.»
«Sarebbe più facile se si potesse fare» borbottò
lei.
Non aggiunse altro, ma chiuse gli occhi e dopo
qualche minuto Kakashi pensò si fosse addormentata. Sentiva la gamba
intorpidirsi, ma non aveva il coraggio di spostarla e tornò ad accarezzarle i
capelli, guardando allo specchio un uomo che nemmeno riconosceva più.
Un dolce cinguettio lo raggiunse dalla finestra, e
quando si voltò, notò due uccellini. Saltellavano allegramente sul suo
davanzale, scuotendo le ali e le testoline in movimenti inconsueti.
«Sakura» la chiamò, stringendole dolcemente una
spalla. «Siamo stati convocati.»
«Naruto-kun… Sei
arrabbiato con me?»
Non ne era sicuro.
Non era di certo colpa di Hinata se due dei suoi più cari amici avevano una
relazione alle sue spalle, ma allo stesso tempo aveva voglia di incolpare chiunque
fosse in qualche modo coinvolto.
«Tu sapevi, Hinata-chan»,
l’accusò, cercando di non far trapelare la rabbia nella voce: per qualche
motivo, non riusciva mai a prendersela con lei, gli sembrava crudele. «Perché
non mi hai detto niente?»
Hinata sobbalzò comunque come se le avesse urlato
addosso. «Mi dispiace, Naruto-kun…»
Svoltarono l’angolo della torre dell’Hokage, poi
Naruto scavalcò la ringhiera dell’Accademia per prendere una scorciatoia e,
dopo un attimo di esitazione, anche Hinata lo seguì.
«Come hanno potuto?» urlò, più a sé
che a lei. Diede un calcio all’altalena con cui era solito giocare da piccolo,
facendola dondolare. Non alleviò la sua rabbia come aveva sperato. «E’ sbagliato!
E’ da malati! E’ come un incesto o qualcosa del genere!»
Hinata strinse i pugni alle sue spalle. «M-ma non sono parenti.»
«Il mio team è come una famiglia, Hinata-chan», spiegò. «Kakashi-sensei è come un fratello
maggiore, e Sakura è come una sorella – no! – una cugina. Fatta eccezione per
qualche occasione. Perché è strano che ti piaccia tua cugina, giusto? Giusto…»
«Capisco» mormorò. «Anch’io vedo il mio team come
una sorta di famiglia, a volte.»
Naruto scosse la testa. «E’ l’unica famiglia che ho…»
Hinata lo guardò con una punta di sorpresa dipinta
sul volto. «Credo di sapere cosa intendi», disse.
Con un sospiro sconfitto, Naruto si sedette
sull’altalena aggrappandosi ad entrambe le corde. «Lui sapeva che mi piaceva
Sakura» disse a bassa voce. «Gliel’ho detto un sacco di volte, e lei è sempre
stata innamorata di quel bastardo di Sasuke! Avrei potuto accettarlo…
Ma Kakashi? E’ come se le andasse bene chiunque a parte me. Cos’ho di così
sbagliato da farle preferire uno più vecchio?»
Hinata si sedette accanto a lui. «I-io non penso
che ci sia qualcosa che non va in te», disse rapida. «Se ci pensi, Sasuke-kun e
Kakashi-sensei sono molto simili… E forse a Sakura
piace quel tipo di ragazzo. C-ci sono un sacco di
ragazze a cui piaceresti tu. A-anzi, scommetto che
molte di loro morirebbero pur di farsi notare da te.»
«Ah sì?» si intristì Naruto. «Dimmene una.»
Hinata sembrava aver perso la voce a quel punto.
Naruto sembrò capire che non le venisse in mente nessuno e non se ne sorprese.
«Non ci pensare, Hinata-chan» borbottò. «Ormai non
c’è più nulla da fare, è andato tutto in malora…»
«Non volevo tenerti all’oscuro, Naruto-kun» sussurrò. «Ma non volevo neanche ferirti, né
tradire Sakura-san. Non sono d’accordo con ciò che
hanno fatto, ma… Sembrava così felice.»
Naruto la guardò. «Felice», ripeté impassibile. «E
se lui l’avesse costretta?»
Hinata sembrò incerta per un attimo. «Credi che
Kakashi-sensei potrebbe farlo?»
«No, non credo…»
Naruto si prese il viso tra le mani e desiderò di
poter cancellare la propria memoria. Fin da quando aveva sentito parlare di
quella relazione tra un jonin ed un allieva, si era subito chiesto se potesse
trattarsi di Kakashi, ma si era detto che fosse impossibile, anche se in
qualche modo non aveva mai escluso quest’evenienza. E tutti quegli sguardi
allegri e il modo in cui sedevano vicini al tavolo da picnic…
Ora aveva tutto senso.
«Credi che Sakura sia felice?» chiese a bassa
voce.
Hinata si interrogò per qualche secondo. «Se pure
lo era… Ormai non lo è più, Naruto-kun.»
Ed era vero: si pentiva di aver perso il controllo
in quel modo, ma allo stesso tempo la rabbia e il senso di ingiustizia lo
ferivano profondamente. Il suo sentirsi tradito da loro era difficile da
dimenticare.
Delle dita sottili si poggiarono sulle sue e batté
le palpebre sorpreso nel vedere la mano di Hinata sulla propria. Stranamente,
era tremolante… Ma Hinata era sempre stata un tipo
bizzarro.
«T-tu mi piaci, Naruto-kun» sussurrò, arrossendo. «Davvero tanto.»
Naruto la guardò, poi le sorrise. «Anche tu mi
piaci tanto, Hinata-chan!» le disse allegro.
Gli occhi di Hinata si spalancarono colmi di
speranza, ma poi lentamente sprofondò. «Già…»
Che strana ragazza.
Per un attimo, Naruto avrebbe voluto chiederle se avesse detto qualcosa di
sbagliato, ma in quell’esatto momento un grosso tordo si poggiò ai loro piedi.
Prese a cinguettare irrequieto, intonando qualche tipo di melodia, per poi
battere le ali un paio di volte e tornarsene tra gli alberi. Naruto arricciò il
naso e alzò gli occhi sulla Torre dell’Hokage.
«Evidentemente ha deciso», sbuffò. «Dobbiamo
andare.»
«Ma tu guarda un po’ che gruppetto allegro abbiamo
qui» li salutò seccamente Tsunade, mentre si posizionavano in fila di fronte
alla sua scrivania.
Sakura squadrò Naruto, che in tutta risposta
fissava con astio la finestra, facendo intendere che avrebbe preferito essere
altrove piuttosto che nella stessa stanza con lei e Kakashi. Erano separati da
Hinata e Shizune, il cui intento era quello di tenerli distanti per evitare
un’altra baruffa.
«Sapete tutti perché siete qui», andò dritta al
punto l’Hokage. «Non mi fa piacere fare questa cosa, ma sappiamo che non c’è
alternativa. Spero capiate.»
Prese un respiro profondo e continuò.
«Innanzitutto, Naruto» chiamò, guardando il ragazzo ad un’estremità della fila.
«Uno shinobi deve saper gestire le proprie emozioni in qualsiasi occasione.
Farsi prendere dalla rabbia ed attaccare il proprio capitano non è una condotta
accettabile, pertanto, vorrei che ti scusassi con Kakashi.»
Naruto sobbalzò, rosso di rabbia. Dopo qualche
attimo di scompenso, si voltò vagamente in direzione di Kakashi e borbottò
qualcosa di simile a delle scuse. Kakashi si schiarì la voce ed annuì,
equamente a disagio. Sakura alzò gli occhi al cielo.
«Shizune e Hinata» riprese Tsunade. «Avete
nascosto informazioni importanti al vostro Hokage. So che l’avete fatto
pensando al bene dei vostri amici, ed ammiro la vostra lealtà…
Ma ci sono segreti che non possono essere mantenuti, e questo è uno di quelli.
Siete entrambe sospese dal lavoro per due settimane, niente paga.»
Il labbro di Shizune tremò per un istante, ma
annuì accettando la punizione. Hinata, dal canto suo, sembrava non poter
credere alla propria fortuna: si era aspettata molto peggio.
Sakura era la prossima in fila e lo sguardo
d’ambra di Tsunade si posò su di lei con il peso di un macigno. «Il tuo
apprendistato con me termina qui, Sakura», disse, cercando di trattenere
l’emozione nella voce. «Non posso seguirti più. Mi dispiace.»
Sakura sbiancò, il respiro le venne a mancare.
«Maestra, la prego–»
«Non c’è nulla da discutere, Haruno, ho preso la
mia decisione» la interruppe. «D’ora in poi ti rivolgerai a me come Hokage e
nulla più.»
In quel momento, se sua madre le avesse detto che
non voleva più vederla o se suo padre le avesse confessato che amava la sua
figlia minore più di lei, non avrebbe sofferto così tanto.
Deglutì rumorosamente ed abbassò lo sguardo per nascondere le lacrime che le
stavano annebbiando la vista. «Sì, Hokage-sama» annaspò.
«E Kakashi», chiamò. «Come va la testa?»
«Fa male…»
«Benissimo», rispose contrita. «Sei retrocesso a
chūnin con effetto immediato. Non avrai possibilità di promozione per i
prossimi dieci anni, e non potrai più insegnare per il resto della tua vita.»
Kakashi restò immobile accanto a Sakura, che si
voltò verso di lui in shock. Si chiese cosa stesse pensando, ma tutto ciò che
riuscì a carpire dal suo viso fu stupore.
«Il Team Kakashi è ufficialmente sciolto», riprese
l’Hokage. «Tatami Iwashi è stato recentemente
spostato negli ANBU, quindi c’è un posto libero nel Team Genma. Kakashi, ne
prenderai il posto e lavorerai sotto le direttive di Genma, Shizune e Raidō. Il posto spettava originariamente a Tenzō,
ma viste le circostanze è meglio che formi un nuovo team con i restanti membri
del Team Kakashi, che da oggi prende il nome di Team Tenzō.»
«Cosa?» chiese incredula Sakura, ormai senza
fiato.
«Aspetti», le diede corda Naruto, stringendo i
pugni. «Non è giusto!»
«Sono stata il più clemente possibile» rispose
testardamente Tsunade. «O forse preferite che lo sbatta in prigione?»
Naruto era a corto di parole. «Ma così sta
smantellando il nostro Team!»
Tsunade alzò le mani. «Non ho scelta!» li sgridò,
guardando in particolare Sakura e Kakashi. «Voi due non vi rendete conto del
guaio in cui vi siete cacciati! Avete violato un tabù! Non sapete che voglia ho
di lanciarvi questo stupido libro in faccia, ma ciò che affronterete d’ora in
poi sarà mille volte più crudele e devastante di qualsiasi cosa io possa fare.
Soffrirete abbastanza anche senza il mio aiuto.»
Sakura non poteva reggere oltre. Il terrore le
strinse il cuore in una morsa, e la sua mano si mosse da sola, cercando quella
di Kakashi. Le dita calde di lui si intrecciarono alle sue, dandole sollievo
dalla paura e facendola sentire protetta. Accanto a lui, avrebbe potuto
sopportare quella situazione devastante. Senza, sarebbe crollata
inesorabilmente.
«Spero che siate tutti contenti delle conseguenze
delle vostre azioni» sbiascicò Tsunade: la sua delusione gravava su di loro
come un mantello pesante. «E prego qualunque dio che questa relazione valga il
sacrificio del vostro team. Ora, sparite dalla mia vista.»
Naruto tentò ancora una protesta. «Ma–»
«Sparite!»
Era di nuovo dell’umore adatto a lanciare oggetti.
Non avevano altra scelta se non svignarsela, sotto shock e devastati. Sakura
ancora faticava a realizzare che il Team Kakashi non esistesse più, che Kakashi
stesso fosse un chūnin e che lei non fosse più l’apprendista dell’Hokage.
La realtà dei fatti presto l’avrebbe colpita dritta al petto, ma per ora quelle
strane parole restavano sospese, come una profezia che presto si sarebbe
avverata come una condanna.
Scrutò Naruto, lo trovò stranamente pallido ed il senso
di colpa le morse lo stomaco. Cosa gli aveva fatto? Il loro Team, per lui, era
tutta la sua vita, e l’unica famiglia che aveva… E
lei lo aveva distrutto.
«Naruto…» lo chiamò,
provando ad afferrargli un braccio, ma il ragazzo la scostò. Il modo in cui la
guardava diceva tutto, quindi senza aggiungere altro, le diede le spalle e
lasciò la sala d’attesa. Sakura si chiese se l’avrebbe mai perdonata.
Shizune la superò, rivolgendole uno sguardo triste ed un sospiro.
Hinata evitò di guardarla.
La mano di Kakashi stringeva ancora la sua.
«Andiamo a casa», le sussurrò.
Disgraziati. Vergognosi. Nauseanti. Disgustosi.
Erano tutti gli appellativi che Sakura sentì, mentre seguiva Kakashi. Le
persone li fissavano apertamente: pochi trattenevano i propri mormorii fino a
quando non li sorpassavano, altri invece dichiaravano la propria repulsione ad
alta voce. Come osano, sentì dire, camminano insieme alla luce del
sole? Dovrebbero vergognarsi.
E Sakura si vergognava.
La vergogna l’abbracciava come un lenzuolo soffocante, al punto che provò a
districare la mano da quella di Kakashi, ma lui non glielo permise. La tenne
stretta senza dire una parola, fino a quando non arrivarono al suo
appartamento, dove la lasciò sprofondare nel divano per poi sparire in un’altra
stanza. Sakura si premette un cuscino sul viso e si impose di non piangere, non
di fronte a Kakashi, non quando lui restava così impassibile.
Ritornò da lei dopo pochi minuti e le si sedette
accanto, poggiandole una scatola di fazzoletti sul ventre. Sakura abbassò gli
occhi per guardarla e rise, nonostante tutto. «Sono così prevedibile?» mormorò
tremante, afferrando un fazzoletto.
«Avevo un vago sospetto», le disse dolcemente.
«Beh, non vorrei deluderti», squittì, coprendosi
il volto con il fazzoletto, per poi cominciare a piangere a singhiozzi. Kakashi
le carezzava la schiena, facendola sentire meno sola. «Mi dispiace», confessò
tra le lacrime. «Sei stato retrocesso per colpa mia.»
«E tu hai perso il tuo apprendistato per colpa
mia» le rispose calmo. «Ci abbiamo rimesso entrambi.»
«Ma il team!» pianse ancora. «Non è il Team
Kakashi senza Kakashi! Naruto mi incolperà per averti perso! Ormai mi odia –
hai visto il modo in cui mi ha guardata!» tirò su col naso e chiuse gli occhi.
«Tutti mi odiano. La gente non smette di mormorare…
Mi sembra ancora di sentirli…»
«Non sarà facile, Sakura–»
«E’ un eufemismo!»
«Ma pian piano andrà meglio» la rassicurò. «Te lo
prometto.»
«L’hai già promesso», gli fece notare. «E subito
dopo, le cose sono peggiorate.»
«Sì, ma infine è andato tutto bene. E’ solo
questione di tempo… Ne hanno bisogno, tutti loro.»
«Lo spero», sbuffò tristemente.
«E comunque, se le cose non si sistemassero,
potremmo sempre disertare e cambiare Villaggio.»
Probabilmente quella voleva essere una battuta, ma
Sakura conservò quell’idea nei meandri della memoria, come ultima spiaggia. Si
accoccolò accanto a lui, beandosi del modo in cui il suo braccio la circondò in
automatico. «Mi sento in colpa anche solo per essere qui», confessò mestamente.
«Forse dovrei tornare a casa.»
«E perché? Il danno ormai è stato fatto» le disse,
con una punta di amarezza. «Abbiamo pagato abbastanza per i nostri errori,
tanto vale goderceli.»
Sakura si chiese se ne fosse valsa la pena.
Conoscendo lo storico delle relazioni di Kakashi, molto probabilmente erano
quasi giunti al punto in cui lui l’avrebbe scaricata per trovarsi qualcuna che
lo attraesse di più, ed era per questo che Sakura si era ripromessa di tenergli
chiuso il cuore.
Secondo la sua esperienza, era solito degli uomini godersi i bei momenti e
scappare quando le cose si fanno difficili; e per quanto riconoscesse che
Kakashi fosse un uomo sopra la media, di certo non si illudeva che fosse
perfetto.
Non lo avrebbe biasimato, se dopo un po’ si fosse
reso conto che lei non valeva la perdita del suo lavoro e della sua
reputazione, perché in quel momento lei stessa lo pensava, di sé. E neanche si
spiegava perché avesse perso tempo con lei, fin dal principio: non era mai
valsa tanto quanto tutti i guai in cui si era cacciato per lei, soprattutto
considerando che la loro era solo una relazione occasionale, un altro nome da
aggiungere alla lunga lista delle conquiste del Copy Ninja.
«Mi dispiace» gli sussurrò ancora.
«Non è colpa tua», le mormorò di rimando,
poggiando la testa sulla sua.
«E invece credo proprio che lo sia» disse,
riducendo la voce ad un sospiro. «Nell’ufficio, la maestra Tsunade mi ha
chiesto se fossimo innamorati, e che la nostra punizione dipendesse dalla mia risposa… Credo di aver dato quella sbagliata.»
«Cosa le hai detto?» chiese, d’un tratto
sull’attenti.
«Le ho detto la verità…
Non siamo innamorati. Ma forse avrei dovuto mentire, così avresti mantenuto il
tuo lavoro…»
Kakashi restò in silenzio a lungo, e durante
quella pausa Sakura si concentrò sui suoni esterni, le voci che provenivano
dalle strade e il rumore del traffico; si chiese con quale coraggio sarebbe
tornata lì fuori.
«Tsunade mi ha fatto la stessa domanda» le disse.
«Quando ha finito i vasi da lanciarmi, intendo.»
«E tu come hai risposto?»
«Ho detto anch’io la verità» disse vago. «Ma ormai
non ha importanza.»
«Suppongo di no…»
Eppure, nulla avrebbe potuto scuoterle di dosso il
senso di perdita. Chiuse gli occhi e si concentro sul respiro di Kakashi,
mentre il battito del suo cuore gli pulsava sotto le mani, che teneva poggiate
al suo petto.
La sentiva anche lui? La turbolenta sensazione che le pulsava nel sangue; la
paura che le attanagliava lo stomaco, il rimorso tagliente che le trapassava il
petto.
Aggiornamento di fine estate (previsto per
l’inizio del mese...).
Insomma: la frittata è fatta. Di questo capitolo, personalmente, ho apprezzato
il temperamento di Tsunade che risulta molto realistico. Anche se sospendere
l’apprendistato di Sakura è stato difficile per lei, ha comunque compiuto il
suo dovere di Hokage. Forse avrei voluto qualcosa di più delle semplici scuse
di Naruto come provvedimento per lui, visto il modo in cui ha gestito la
situazione, ma va bene così.
Nel prossimo, ovviamente raccoglieremo i frutti della tempesta seminata da
Sakura e Kakashi, compreso il nuovo Team 7 e gli effetti collaterali sul loro
rapporto.
See
you soon! ♡