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Autore: elenabastet    30/08/2021    3 recensioni
Si può viaggiare nel tempo e nello spazio per sconfiggere un'ingiustizia e trovare un amore per sempre? Il 13 luglio 1789 Oscar vide morire l'adorato André, in un momento storico, ma che legami ci sono con la Parigi del 2019, dove si trovano Krycek, Doggett e Reyes e dove arriveranno Mulder e Scully?
Genere: Angst, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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UN GIORNO PER SEMPRE

 

Rating: toni adulti in qualche punto, parolacce, riferimenti sessuali mild.

Fandom: cross over tra Lady Oscar e The X-Files.

Note: Una sorta di universo alternativo, dove compaiono vari personaggi di The X-Files, anche morti nella serie come Alex Krycek. Come guest star ci sono inoltre Kathryn Morris, Lily Rush in Cold case, nei panni della dottoressa Liliane Rabet, Kristen Vangness, Penelope Garcia in Criminal minds, in quelli di Penelope Guy, e Abdelhafid Metalsi, il capitano Cherif nella serie omonima, come Kader Mousaif. Ci saranno anche riferimenti a serie come Sleepy Hollow, Doctor Who e Outlander, ma solo come citazioni

 

Prologo 1, 13 luglio 1789

L’ospedale da campo allestito in Place de Grève era un brulicare di feriti, ma almeno i rivoluzionari erano riusciti a tenere indietro le truppe fedeli al re.

Fu Rosalie a veder arrivare i Soldati della Guardia di Madamigella Oscar e capì subito che era successo qualcosa di terribile: infatti lei galoppava da sola al loro comando e non aveva vicino André.

André era sul cavallo con Alain, gravemente ferito al petto e anche Bernard Chatelet se ne accorse.

“Bernard, André è stato ferito, ha bisogno di un medico”, disse Oscar in maniera concitata. In piazza c’erano diversi medici e tutti decisero di visitarlo quando fu fatto sdraiare su un letto da campo, ma dallo sguardo che fecero Rosalie e Bernard capirono subito che non c’erano speranze. Oscar era rimasta impietrita, a guardare il suo amato, nelle cui braccia aveva solo poche ore prima trovato amore e passione, ferito e insanguinato.

I dottori si allontanarono senza fare niente, Bernard si avvicinò a uno di loro, sapendo cosa gli avrebbero detto:

“Allora dottore, come sta?”

Il medico scosse la testa, c’era stata troppa morte quel giorno e non era ancora finita e rispose:

“La ferita è molto grave, non c'è assolutamente niente da fare. E inoltre il cuore si sta facendo sempre più debole. Mi dispiace, ma gli rimane molto poco da vivere...”

Oscar si era avvicinata ad André e gli aveva preso le mani, mentre sul cielo si stavano addensando nuvole temporalesche.

“Il sole sta tramontando, non è vero Oscar?”, diceva André. C’era un’altra atmosfera, quanto aveva atteso quella nuova sera per stare di nuovo insieme alla sua amata, per trovare un posto dove ritrovarsi e amarsi, o anche solo consolarsi della troppa morte che avevano visto insieme quel giorno...

Oscar si sforzò di essere calma:

“Si, sulla città è tornata la calma. Non si sente più rumore di spari, vero?”

“No... sento solo i piccioni che volano in alto per trascorrere la notte.”

In quel momento, gli occhi di Oscar iniziarono a riempirsi di lacrime. André se ne accorse e allungò le mani verso le sue, prendendogliele e stringendogliele con le ultime forze che gli erano rimaste.

“Che cosa c'è Oscar? Perché stai piangendo?”

Ormai Oscar non riusciva più a trattenere le lacrime.

“Ascolta André io vorrei... vorrei diventare tua moglie. Vorrei che mi portassi in un piccolo villaggio, in una piccola chiesa, dove ci sarà una semplice cerimonia. Ecco André... vorrei solo che mi dicessi che... io diventerò tua moglie.”

“Ma certo Oscar, lo diventerai, è la cosa che più desidero al mondo!”

Le lacrime di lei ormai sgorgavano copiose, scendendo anche sul letto dove era disteso lui.

“Oscar, perché stai piangendo? Perché? ...Sto forse...per morire?”

Nella piazza c’era un silenzio di tomba, Alain, l’amico fidato di André, abbassò il capo, Rosalie si strinse a Bernard.

“No! Ma che cosa dici? No André!”, disse Oscar, cercando di donare al suo amato ancora un attimo di felicità.

Lui le rispose, con l’ultimo fiato che aveva:

“Hai ragione, io non posso morire adesso... la nostra felicità è appena cominciata... ora anche l'amore ci unisce... forse noi riusciremo a vivere in un mondo migliore Oscar... no, non posso morire in questo momento... proprio non posso...”

Una lacrima uscì dall’occhio di André, rimanendo ferma, testimone dell'ingiustizia di perdere la donna che ama ora che era riuscito ad averla per sé.

Oscar non si accorse della sua morte e continuava a parlare:

“Ricordi André? Ricordi quando eravamo ragazzi ... le splendide albe che abbiamo visto ad Arras? Bene io vorrei... vorrei tornare laggiù con te e vivere di nuovo quei meravigliosi momenti, stavolta in maniera più completa perché adesso ci amiamo e l'amore rende tutto più bello!”

Ma lui non poteva più risponderle, lei continuò a chiamarlo, mentre Rosalie scoppiava in lacrime tra le braccia del marito addolorato e Alain chinava il capo, ormai disperato anche lui.

“André! ...André! No, non è giusto, André! Non avresti dovuto lasciarmi sola! No! André… André… No!”

Il rimpianto scorreva fuori dal suo cuore:

“Io ti amavo, André... ti amavo davvero, con tutto il cuore! Avrei potuto amarti già da molti anni, ma ho scoperto in me questo sentimento troppo tardi. Se me ne fossi resa conto prima, avremmo potuto vivere insieme tanti momenti meravigliosi, momenti di amore intenso e travolgente! Ma io non mi ero neanche resa conto dell'amore che tu nutrivi per me... è questo che mi fa star male… che mi fa sentire terribilmente in colpa!”

In cielo le nuvole si erano ormai addensate, e cominciò a lampeggiare, lampi che sfavillavano, lampi crudeli, mentre dietro tuonava, senza acqua, perché l’unica acqua erano le lacrime di Oscar, strazianti.

“No, André, no, non posso vivere senza di te, senza le tue braccia che mi stringono, le due labbra che mi baciano, il tuo calore che mi avvolge, la tua forza che mi rende donna… No, torna da me!”

 

Prologo 2 13 luglio 2019

Alex Krycek imboccò in auto una delle strade in uscita da Parigi: era qualche settimana che si trovava nella capitale francese, a svolgere delle missioni di recupero materiale per Marita Covarrubbias, a capo del Consorzio dopo la scomparsa dell’Uomo che Fuma.

Una posizione, quella della donna, fortemente a rischio, visto che in molti la avversavano, a cominciare dal redivivo Conrad Strughold e dai suoi scagnozzi. La protezione dell’anziano e benevolo dottor Alvin Kurtzweil non sarebbe stata sufficiente per aiutarla e proteggerla, anche lui era a rischio. Per questo, Marita aveva incaricato Alex di recuperare antichi manufatti nascosti in archivi, sotterranei e palazzi francesi, per ora non aveva avuto molta fortuna, ma cercava comunque di continuare la sua ricerca.

A Parigi abitava in una casa di fine Settecento a due passi dalla Place de l’Hotel de Ville, vicino a Penelope Guy, ufficialmente una bibliotecaria, in realtà anche lei alle dipendenze del Consorzio per un debito che aveva con Marita dovuto alle sue capacità di hacker.

I due appartamenti, ottenuti da un alloggio diviso, erano di proprietà di Penelope, un’eredità di famiglia, e lei aveva accettato di buon grado la sua presenza, aiutandolo nelle sue ricerche.

Penelope gli era molto simpatica, una ragazza bionda un po’ sovrappeso che conosceva le cose più strane oltre ad essere decisamente nerd, in un’altra vita gli sarebbe piaciuto presentarla a Mulder e Scully, avrebbe loro ricordato i Lone Gunmen, a cui somigliava molto come indole. Penelope non sapeva tutto di lui e sui suoi trascorsi, ma era meglio così.

Alex Krycek era stanco, stanco di girare senza meta, stanco di pensare ad un presente che non c’era e ad un futuro che non ci sarebbe mai stato, stanco di continuare ad amare follemente Marita senza che lei alla fine ne tenesse conto. Certo, era il suo uomo più fidato, ma avrebbe voluto qualcosa di diverso, e quanto invidiava Mulder e Scully, che lui aveva sempre visto alla fine come suoi alleati su fronti diversi, insieme finalmente da tempo.

Gli avevano segnalato un palazzo abbandonato verso Versailles, dove dicevano che potevano esserci cose strane e interessanti.

Penelope lo aveva avvisato:

“Dicono che sia infestato dai fantasmi e da una maledizione, una storia che risale alla Rivoluzione francese o giù di lì e legata a qualcuno che ci abitava e che è morto prematuramente”.

Un posto in cui Mulder avrebbe trovato pane per i suoi denti: peccato che le cose tra di loro fossero andate male, gli sarebbe piaciuto lavorare insieme a lui e magari andare alla scoperta di storie vecchie e nuove vicino alla capitale francese.

L’auto di Krycek imboccò vie sempre più secondarie, aiutandosi con il navigatore ma anche con alcune vecchie mappe che Penelope gli aveva scovato on line. Ad un tratto, gli alberi e le sterpaglie avevano talmente invaso la via che Alex dovette lasciare l’auto e percorrere a piedi: in un attimo, ricordò una vecchia immagine di un libro che aveva visto tanti anni prima con la fiaba de La bella addormentata nel bosco e si sentì come avvolto in un’atmosfera insolita, come fosse saltato in un tempo lontano da quello che conosceva e in cui viveva.

Arrivò alla fine di fronte ad un cancello antico e imponente, che però cedette, era aperto. Alex si aspettava di trovare abitanti abusivi, gente disperata, ma si vede che la fama di quel posto, oltre il fatto che non fosse facile arrivarci, scoraggiava ad avvicinarsi.

Gli alberi e le sterpaglie avevano invaso quello che era stato un incantevole giardino all’italiana, con una fontana in mezzo, ormai diroccata, ma da cui sgorgava ancora dell’acqua. Da un lato, un edificio non alto che doveva aver ospitato le scuderie, mentre di fronte si ergeva il castello vero e proprio.

Penelope gli aveva detto di chi era stato, di una famiglia nobile di militari, i de Jarjayes si chiamavano, e c’era una storia su di loro, parlava di una ragazza caduta durante la presa della Bastiglia insieme all’uomo amato, una ragazza allevata come un uomo, e del padre che era rimasto vittima del rimorso, ma era forse solo una leggenda, forse quel posto era stato vittima della crisi, del degrado, dell’abbandono, delle tristi sorti che capitano nelle vite e negli anni.

Alex Krycek entrò nel castello, dove sembrava davvero che nessuno entrasse più da secoli. Davanti a lui c’era un maestoso scalone che conduceva ai piani superiori, mentre al piano terra si aprivano ampi saloni che iniziò a percorrere.

Sentiva come dei sussurri, sussurri sommessi, una voce di donna anziana che a tratti emergeva:

“Io vi maledico, padrone, per quello che avete fatto a vostra figlia e a mio nipote, finché non troveranno la felicità in questa vita, voi rimarrete intrappolato qui e il tempo non scorrerà più, loro non dovevano morire così”.

Tutto molto strano, in quel palazzo non c’era nessuno, forse avrebbe dovuto portarci Penelope, e senz’altro Mulder lo avrebbe adorato.

Alex Krycek non aveva fatto degli studi tradizionali, ma sapeva che anche in Francia, così come nella sua patria d’origine, la Russia, i rivoluzionari avevano distrutto palazzi, mobili e vestigia, oltre ad uccidere la gente, nobili e non. Però quel castello era diverso, sembrava tutto fermo nel tempo, con una patina di polvere sopra i mobili e le pareti.

Cosa avrebbe potuto interessare a Marita e a Kurtzweill? Alex sapeva cosa prendere, strani manufatti di tipo esoterico, alambicchi, grimori, sostanze misteriose nascoste in vasi, ma lì stranamente non c’era niente di tutto quello.

Percorse un’anticamera e poi arrivò in quella che doveva essere stata la sala principale del castello e ad una parete vide qualcosa che gli fece salire il cuore in gola.

Tutto il palazzo sembrava abbandonato, ci capiva abbastanza da sapere che in un posto così una squadra di restauratori avrebbe dovuto lavorare per mesi se non per anni: ma quel quadro che si stagliava sul muro sembrava dipinto ieri.

C’era una… splendida creatura in abito mitologico, su un cavallo bianco, una donna, perché sapeva che questo era, dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri, una donna in abito maschile, che lo osservava in maniera coraggiosa e malinconica. Una donna diversa da quelle ritratte di solito nei quadri antichi, una donna che doveva incutere timore, ma anche ispirare amore.

Per terra c’era un foglio di carta, antico, e Alex lo raccolse, ormai l’inchiostro era sbiadito.

Capiva abbastanza il francese, anche se le parole erano scritte in un corsivo complesso da leggerle:

“Padre, vi ringrazio per quello che ho fatto per voi, perdonatemi per avervi deluso”.

Di nuovo, sentì quelle parole lontane di maledizione, e sentì anche un tuono. No, grazie, non voleva che un temporale lo sorprendesse in quel posto, e guardando l’orologio vide che erano le sei e mezzo di sera passate.

Alex Krycek si ripropose di tornarci, magari con Penelope, ma come mai era passato tutto quel tempo? Uscì dal castello e dal parco, arrivò all’auto e si diresse verso Parigi. Nel cielo, fulmini e tuoni senza acqua ormai la facevano da padrone, con un eco lontano, un eco che grivava No, non è giusto!

  
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