Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
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Autore: Redferne    31/08/2021    4 recensioni
Tre fratelli.
E una tecnica segreta che rappresenta la summa, lo stadio ultimo di una disciplina millenaria dall'incomparabile potere distruttivo.
Ed il modo in cui essa coinvolgerà le loro vite, ed i loro rispettivi destini.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jagger, Kenshiro, Raul, Ryuken, Toki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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CAPITOLO 14

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si trovava a testa all'ingiù, col proprio corpo messo a perpendicolo e perfettamente in asse rispetto alla retta costituita dalla pavimentazione. Al punto da poter tranquillamente formare il lato verticale di un angolo retto di canonici novanta gradi.

Oppure la classica linea mediana che ne divide uno piatto in due parti precise e simmetriche, giusto per utilizzare un altro paragone di stampo geometrico.

Diritto come una candela. Come le tante che si potevano trovare dentro ad uno degli altrettanti alloggiamenti ricavati a loro volta in uno dei numerosi piedistalli che venivano ad esse dedicate, all'interno di una struttura dedicata alla preghiera ed al raccoglimento spirituale. Che si potesse trattare di una chiesa di paese, una santuario o una chiesetta diroccata sperduti nel bel mezzo di una campagna oppure una gigantesca ed antichissima cattedrale di una grande città o metropoli.

Era uguale. Indifferente.

I posti ideati e creati per permettere ai fedeli ed ai pellegrini di mettere ognuno la propria, dopo averla accesa. E dopo aver formulato ed espresso, mentalmente oppure a voce sommessa, un voto alla divinità o al santo a cui volevano richiedere ausilio ed aiuto.

In un certo qual senso la figura del successore della Divina Arte della Scuola di Hokuto – Shinken ricorda molto quelle mitiche rappresentazioni ed immagini, per certi versi o sotto alcuni aspetti.

Ma lui...lui non avrebbe dovuto né potuto rimanere immobile, al contrario di quelle.

Non se ne sarebbe certo rimasto fermo al suo posto come tutte le statue e quei personaggi raffigurati nei dipinti e nei mosaici.

Buone solo per ispirare e confortare. Ed aiutare a meglio sopportare, di tanto in tanto, quando la disperazione superava ed oltrepassava i normali livelli di guardia e le giornate diventavano più lunghe e peggiori del solito passando dal grigiume al nero.

Gli sarebbe toccato correre, e anche tanto.

Lo aspettatava ed attendeva al varco un mucchio di duro lavoro.

Ogni tanto la vedeva.

Gli capitava talvolta di scorgerla, durante le sue sessioni di meditazione. E suo padre Ryuken gli diceva che simboleggiava il suo possibile destino. Il suo futuro ed imminente destino. Ed era indice di una grande fortuna. O sfortuna indicibile a seconda dei casi, del proprio punto di vista e di come la si interpreta o la si vuole e si preferisce interpretare.

Vedeva una figura aggirarsi e vagare sola, per un deserto sconfinato. Vestito solo di stracci ed abiti laceri, polverosi e consunti. E con la schiena gravata da un peso che appariva insostenibile al resto degli individui. Alla maggioranza, per lo meno.

Quelli normali. Quelli che non erano lui, perchè lui...non era normale.

Lo era, all'inizio. Nato da uomo e da donna, anche se gli risultavano entrambi dispersi. Ed ignoti. Ma poi aveva abbandonato progressivamente il suo stato comune. Per diventare non comune.

Un uomo normale che si fa Dio per il bene ed in nome della benevolenza verso gli altri uomini. Tutti gli altri uomini. E i vecchi, le donne e i bambini.

Solo così avrebbe potuto riuscire a reggere quel peso. Il peso costituito dal dolore, dalla sofferenza e dall'afflizione dell'umanità intera.

Perchè quel che la figura provava...era come se lo provasse anche lui, di rimando.

A sorreggerlo solo un nodoso bastone, mezzo ricurvo e pieno di gobbe. Almeno quanto lo era chi lo stava portando. Ed usando.

Il bastone della pietà e della compassione. L'unico genere di aiuto consentito, per quella lunga marcia e per quel viaggio che apparivano a dir poco interminabili.

Eppure era...era bello. Gli sembrava bello.

Era proprio questo il bello, infatti. Il bello di tutto ciò.

Nonostante quel macigno tremendo ed invisibile che gli stava poggiato sulla schiena, ed il volto piagato all'altezza della fronte da una così profonda ruga, talmente scavata da poter essere confusa e scambiata per una ferita...la figura sorrideva.

Non poteva vederla, nascosta com'era dal cappuccio di quel voluminoso e spesso pastrano.
Non poteva vederla, celata com'era da dietro le falde. Eppure...

Eppure quell'uomo sorrideva. Stava sorridendo.

Kenshiro lo sapeva. Ne era certo. Più che certo.

Lo sapeva perché anche lui sorrideva.

Anche lui stava sorridendo. E le sue sensazioni, i suoi pensieri ed i suoi sentimenti erano gli stessi, i medesimi di quell'uomo misterioso.

E nonostante la fatica immane dovuta all'eredità che stava trasportando, e che gli era stata affibbiata...si sentiva le spalle leggere.

Incredibilmente leggere. Leggerissime, come piume in volo lievemente accarezzate, sospinte e tenute sospese dal vento. Da una brezza fresca, frizzante e dolcissima.

In quel modo anche il più arduo e difficile dei compiti si tramutava in un immenso piacere.

Persino l'inferno, il peggiore degli inferni può diventare gradevole, se si sgombera la mente e l'animo dai residui e dalle scorie delle cose terrene e mondane.

Forse era per quello che se ne stava da quasi un'ora in quella stramba quanto ardua posizione.

Stava già facendo pratica e prendendo la giusta e dovuta confidenza con quanto gli sarebbe toccato e spettato. Anche se nessuna disciplina, nessuna pratica o regime ascetico e nessu tipo di mortificazione o supplizio fisico può preparare adeguatamente al destino del successore della Divina Arte della Scuola dell' Hokuto – Shinken.

Si fanno, si ideano e si preparano simulazioni su simulazioni di tutti i tipi, a decine. A centinaia. A migliaia, persino. Per prevenire ed abituarsi a fronteggiare tutte le situazioni che possono accadere e presentarsi in un contesto verosimile. Per prepararsi con l'immaginazione al reale.

Ma nulla é come il reale. Nulla poteva prepararlo ad una simile realtà. Alla realtà in cui presto sarebbe cascato dentro mani e piedi e con tutte e due le scarpe. A quella che da ora in poi sarebbe stata la sua realtà. Il suo mondo.

La sua nuova realtà ed il suo nuovo mondo.

Nuovi e definitivi. Per sempre.

Ma non per questo bisogna smettere di allenarsi,e di fare pratica. Perché anche se essi non sono tutto...non sono mai inutili.

L'imaginazione non può preparare completamente al reale. Però ci si può avvicinare di parecchio.

E tanto più gli si avvicina...tanto più sarà efficace.

Conta la realtà. E lo starle il più possibile affiancati.

Ormai avrebbe potuto tenere quella spossante quanto estenuante postura a volontà e a seconda del suo desiderio e del suo volere. E per tutto il tempo che avrebbe giudicato necessario.

Aveva avuto ragione suo padre Ryuken prima e suo fratello maggiore Toki in seguito quando gli avevano annunciato che presto sarebbe stato in grado di farlo. Ma che soprattutto non avrebbe fatto altro PER TUTTO IL GIORNO.

Per tutto il santo giorno. E a volerla dir tutta...gli avevano raccomandato anche dell'altro.

 

E' più facile se ti rilassi, Kenshiro. E se ti concentri.

 

Aveva fatto tesoro, di quei loro consigli. E li aveva fatti suoi, ed interiorizzati.

Gli avevano detto entrambi la stessa cosa, se pur in tempi e con modi e parole diverse.

Erano entrambi giunti alla stessa conclusione, ed in simultanea.

A conti fatti, suo padre e suo fratello Toki erano molto simili. Quasi identici. Ed era proprio per tale motivo che dopo il suo anziano tutore, Kenshiro aveva eletto il secondo tra i suoi compagni e fratelli di addestramento come la sua figura di riferimento ideale.

Si, era proprio così. A ben pensarci, era sempre stato Toki il suo modello di ispirazione. La persona a cui avrebbe voluto sempre somigliare. Anche se persino lo stesso Toki, in ben più di un'occasione, gli aveva detto di non prenderlo ciecamente ad esempio, e che se voleva e ci teneva a diventare oltre avrebbe dovuto persino superarlo, un giorno. Andare oltre. Persino oltre lui.

Perché suo fratello, per quanto grande che fosse grazie alle sue incommensurabili doti di umanità, umiltà e magnanimità, non poteva essere meglio di quanto era. Ma suo fratello minore, se voleva avere qualche possibilità...avrebbe dovuto diventare e far meglio persino di lui.

E Toki aveva anche aggiunto che poteva farcela, se voleva. Che avrebbe potuto farcela, e che ce l'avrebbe senz'altro fatta.

Poteva darsi. Però ogni parola, ogni discorso, ogni secondo trascorso con lui ed in sua compagnia...Kenshiro si era abbeverato, aveva assimilato senza sosta ognuno di quei momenti ed i quegli attimi preziosi ed unici.

Sapeva, lo sentiva per istinto che gli sarebbero serviti in futuro, al momento giusto e quando il tempo sarebbe stato propizio.

Del suo fratello più anziano Raoul ne ammirava la possenza, la forza, la tenacia e la determinazione, nonché l'esperienza.

Non andava e non aveva certo dimenticato che tra loro era quello che praticava la Divina Arte da più tempo.

Raoul era stato il primo. E per certi versi e sotto certi aspetti, ancora il migliore ed ineguagliato. Ed imbattuto.

Ma sia suo padre che Toki gli avevano intimato di non seguire il suo esempio, anche se era facile farsi e lasciarsi ammaliare da tutto quello sfoggio di prestanza fisica e di abilità.

Ma solo gli stupidi, i tardi e i tonti, le persone in genere poco e meno brillanti finiscono col venire irretiti e conquistati dall'apparenza. Per diventare maestri bisogna andare al di là del futile aspetto esteriore e dell'ostentazione, per giungere fino al cuore e alla vera ed autentica essenza delle cose.

Raoul era fortissimo. Ma a detta degli altri membri della sua famiglia, o per lo meno quelli che lui aveva deciso di tenere in rilievo ed in considerazione, così come di tenerne da conto sia il giudizio che le opinioni...il suo fratello più anziano si stava incamminando su una gran brutta, bruttissima strada.

Aveva scelto un percorso arduo e parecchio periglioso. E pericoloso.

Kenshiro ne ignorava tuttora le ragioni, di tale decisione. Ma se ne dispiaceva, e ne provava profondo rammarico, nel vedere cosa era diventato Raoul.

Suo fratello doveva essersi corrotto. Era finito imbrigliato, invischiato e reso schiavo dal suo stesso potere. Un potere senza limiti che presto o tardi avrebbe finito col corroderlo e consumarlo del tutto, fino a lasciare solo la bianca cenere. E forse nemmeno quella.

Perché solo gli uomini che danno completamente tutto di sé stessi fino all'ultimo, bruciando al fuoco e alle fiamme delle loro passioni ma mantenendo un animo sgombro da rimpianti e da rimorsi, alla fine del loro percorso lasciano dietro di loro una scia luminosa e splendente come quella di un astro, di una stella.

Una stella che può essere vista da qualcuno. Da qualcuno che potrebbe decidere di seguirla, un giorno. E di proseguire per la via che quegli uomini hanno tracciato, partendo dal loro esempio ed imitando le loro azioni, i loro pensieri e le loro parole.

Nella speranza che un giorno possano riuscire a raccogliere il testimone, la bandiera che stanno cercando disperatamente e con tutte quante le loro forze di passare.

Da sempre quei grandi uomini indicano il sentiero. A chi sta sotto ed indietro a loro.

Non resta che seguirli, dunque. Non serve né occorre fare altro.

Questo, tutto questo rappresenta il DO.

La strada.

La VIA.

E' così, che si vive.

E' proprio così che si deve, che si dovrebbe vivere. Ed é così che si dovrebbe governare.

Dovrebbero, dovremmo capirlo molto più spesso. Tutti quanti noi.

Ma chi non riesce a lasciarsi dietro tutto questo, chi non é in grado di lasciarsi alle spalle le proprie debolezze finisce solo con l'esplodere, generando una supernova.

Dà vita ad una luce a dir poco accecante, bianca oltre ogni dire ed oltre ogni limite. Ma...

Ma una volta esaurito quel bagliore a dir poco magnifico...non rimane più nulla.

Solo frammenti.

Frammenti neri, spenti, freddi e vuoti.

Frammenti, corpuscoli che non si vedono. Che non illuminano. Che non riscaldano. Ma che soprattutto non guidano. E non portano né possono portare da nessuna parte.

E questa appena illustrata non é che la migliore, tra le opzioni e le ipotesi possibili.

Nel caso peggiore...rimane il nulla. Il vuoto.

Un vuoto ed un nulla in cui le micro – particelle compresse e rarefatte si addensano e si aggrumano su sé stesse fino a creare una zona di super -gravità in grado attrarre a sé qualsiasi cosa per poi ridurla e tramutarla in polvere.

Un buco nero. Che attira qualunque cosa per poi trascinarla a fondo, compreso sé stesso. Ed i malcapitati che gli giungono a tiro o che hanno la sfortuna di passare e di transitare attorno alla loro orbita.

Qualunque cosa. Persino la luce. La luce del sole e delle stelle.

La tenebra. La tenebra più fitta ed oscura. Dove nemmeno gli astri più fulgidi possono sperare di scamparla o di sopravvivere. O di uscirne, tutti interi e completamente indenni.

Suo fratello stava finendo in quel buco nero. Stava per precipitare dentro a tutta quella tenebra, ed una volta dentro...lì ci si sarebbe perso. E definitivamente.

Gli rincresceva, e sinceramente. Perché aveva e disponeva di un talento a dir poco infinito. Ma il suo animo, il suo cuore e la sua mente avevano finito col diventare troppo impetuosi ed instabili.

Avrebbe voluto tanto parlargli. Anche uno di questi giorni, ed anche se ormai era troppo tardi visto che i giochi erano già fatti.

Avrebbe voluto tanto fragli capire, e convincerlo a cambiare idea e a mutare atteggiamento. Se non per ottenere il titolo di successore, visto che ormai era già stato assegnato...almeno per salvarsi.

Per salvare sé stesso. Almeno in quello non era e non doveva essere già troppo tardi.

Almeno...almeno in quello, non tutto era da considerarsi ancora perduto. Ma...

Ma ormai Raoul dava l'impressione di non ascoltare e di non dar retta più a nessuno.

Seguiva solo la sua, di voce. E tutto ciò che essa gli suggeriva e gli bisbigliava. Sia all'orecchio che direttamente dentro di lui.

Che peccato. Un grande, grandissimo peccato. Nessuno meglio di lui, meritava quel titolo e quell'onorificenza.

Suo fratello praticava da molti più anni di lui. Già si allenava da quando lui era in fasce.

Lo faceva pure mentre lui si trovava ancora a nuotare e galleggiare nel grembo e nel ventre di sua madre, immerso in un liquido viscoso ed in un sonno profondo. Ma già non privo di sogni.

Sin da quando era un feto se ne ricordava. Aveva ben chiara memoria.

Si vedeva come un giovane, o talvolta come un vecchio. Ma sempre dotato di una straordinaria abilità nel combattere, nel colpire e nel calciare.

Da ragazzo con i muscoli che guizzavano e si contraevano colmi e zeppi di impeto e di gioia, fin quasi a gonfiarsi e a sembrare di esplodere. E da ottuagenario in grado di effettuare tecniche ancora, potenti, vigorose, agili e spettacolari anche se dava ed aveva tutta l'aria di essere in imminente punto di morte, da un momento all'altro.

Eppure non era possibile. Non poteva esserlo.

Non sarebbe dovuto accadere. Un feto, un embrione non dovrebbe avere memoria dei primi istanti di vita. Men che meno di quel che sogna, sempre ammesso e non concesso che fosse e che potesse essere per davvero in grado di farlo.

Eppure...Kenshiro se lo ricordava.

Se lo ricordava bene, fin troppo bene. E si ricordava TUTTO.

Ogni cosa.

Perché sono ben poche le cose che un uomo impara ne corso della propria vita, prima di lasciarla e di abbandonarla. E tra queste ve n'é una.Anzi, due.

Nulla é impossibile. E tutto é possibile.

Improbabile, forse. Impossibile, mai.

A conti fatti...tre sono le cose, a volerci ben pensare. O forse anche quattro.

Proprio vero. Nulla é mai come lo si calcola. E come lo ci si aspetta. O si crede di aspettare.

Il destino segue vie e cicli imperscrutabili.

Ma al di là di quelli...il suo fine, anche se non lo si può intuire, é già bello che scritto.

Esiste un unico traguardo, uno solo e soltanto. Indipendentemente dalla strada o dalle strade che si decide e che ci si ritrova a percorrere.

Spesso sono le più lunghe, accidentate, dissestate e tortuose.

E rischiose. Ma l'arrivo...é sempre il medesimo. Identico.

Sempre lo stesso. Per tutti.

Ed intanto che aspettava che il suo destino, il suo fato si rivelasse, stava facendo le prove generali come meglio poteva. E come suo padre e i suoi fratelli gli avevano inseganto.

Proprio come aveva imparato ed assorbito da loro, vedendoli ed assistendo alle loro esibizioni.

Aveva rubato ogni singolo secondo, ogni singolo attimo.

Era l'essenza della Divina Arte dell' Hokuto Shinken. Nel suo atteggiamento si poteva riconoscere il principio fondamentale della sua scuola.

Immagazzina tutto. Ogni cosa. E poi tieni ciò che é utile.

Tutto ciò che ti é utile, o che può esserlo. E scarta tutto il resto.

Tieni il buono. La polpa. E butta la buccia. La scorza.

La Divina Arte di Hokuto, a differenza di tutte le altre tecniche mortali sviluppate nel corso del tempo e della storia umana, é una tecnica in divenire.

Non é né si mantiene né statica né dogmatica. E nemmeno rimane fissa o immobile ed immutabile nelle ere, ma resta sempre al passo.

Tiene il passo. E poi, infine...lo detta lei, il passo.

Di tutti i colpi micidiali che componevano il suo immenso e sterminato bagaglio, non erano poi molti quelli che si potevano vantare di definirsi autoctoni, o auto - prodotti.

Alcuni derivavano dal retaggio del glorioso casato di Hokuto, in particolare dal ramo della dinastia principale.

Altri, invece, costituivano l'eredità delle altre scuole legate alla costellazione dell' Orsa maggiore che erano venute alla luce, affacciate ed avvicendate alla luce e alla ribalta anno dopo anno, decennio dopo decennio.

Perché l' Hokuto Shinken, la Divina Arte, non era stata l'unica scuola di Hokuto a venire ideata dagli esponenti e dai discendenti di quella famiglia, divenuta ormai mitica e leggendaria.

Ma le tecniche di quelle altre scuole di Hokuto avevano finito col confluire nel più recente ritrovato, nella sua ultima e più potente versione e reincarnazione. Quella definitva.

Le tecniche che si erano dimostare più valide e meritevoli, ovviamente. Ed oltre a loro...

Ad esse si erano ben presto aggiunte tutte quelle ricavate dalle altre scuole e discipline marziali. Specie quelle avversarie e rivali. Dopo combatttimenti cruenti, spietati e all'ultimo soffio vitale.

Quanti morti. Quante vite, quanti uomini straodinari andati totalmente distrutti e perduti, insieme a quello che custodivano gelosamente come un tesoro.

Un vero fiume di sangue. Dove, una volta immersi...ci si sarebbe potuti persino affogare.

Occorreva un uomo di stato, di statura e di rango e levatura superiori. Che andasse oltre, ben oltre quanto poteva andare e quanto sarebbe mai potuto andare qualunque altro individuo o essere vivente, per quanto abile fosse.

Tanto di quel sangue...in virtù ed in nome di un bene superiore. Contro al quale nessuna vita é e può essere al di sopra.

Il bene del mondo e dell'umanità intera.

Per un simile obiettivo...si può, si deve essere disposti a sprecare, a perdere un valore, un patrimonio che può essere e risultare immenso, incommensurabile. E a pagare un prezzo che può equivalere a quello della Terra intera, e forse anche di più.

Le tecniche di coloro che sono stati sconfitti, battuti ed uccisi dal maestro e successore della Divina Arte dell' Hokuto Shinken, e che da egli non sono state incorporate nel suo stile...é perché non erano degne di venire salvate. E tramandate.

E' perché lui stesso, che é il più grande e forte combattente al mondo...lui stesso ha deciso che non erano valide. Che non servivano a nulla. E che avrebbero potuto essergli di alcuna utilità.

Donare le proprie conoscenze al maestro della Divina Scuola di Hokuto é un grande onore. Il più grande onore.

Significava contribuire alla salvezza del futuro. Del domani.

Non esiste merito o riconoscenza più eccelsa. Ed il modo migliore, nonché l'unico di rispettare e rendere omaggio a quei morti, a tutti quei morti...é di proseguire lungo la propria strada senza rimorsi, rimpianti o esitazioni.

Lungo la strada che il destino gli ha preparato. Lungo la strada che conduce il prescelto dalle sette stelle dell' Orsa Maggiore verso il proprio scopo ed obiettivo.

Diventare il Dio della morte. Il Dio della morte che si é fatto uomo. E che cammina sulla Terra insieme agli altri uomini.

Solo così la loro scomparsa non sarà stata vana. Altrimenti, in caso contrario...

In caso contrario sarà stato tutto inutile.

Ma nessuna morte, nessuna scomparsa deve essere inutile. Anche se, nonostante si siano impiegate tutte le proprie forze nel tentativo di impedirla o scongiurarla...non la si é potuta impedire.

Nessuno muore inutilmente. E nessuno deve morire per niente.

Nessuno.

In quella posizione che stava tenendo, il peso del suo corpo tenuto all'insù e a rovescio era il peso del mondo. Il peso del mondo intero.

Ne era un valido sostituto e surrogato, in attesa di ricevere quello vero. Ed il bastone...

E a fare le veci del bastone vi erano le dita tese del braccio destro, anch'esso completamente esteso e tenuto rigido come un palo di legno.

L'intera sua figura era sotenuta e poggiava per intero sui polpastrelli delle punte di due sole falangi.

L'indice ed il medio, con il pollice che invece si trovava piegato a racchiudere e a tenere fermi l'anulare ed il mignolo, facendo da rinforzo e da puntello.

La classica posizione della MANO A PUNTA DI SPADA O DI SCIABOLA, tipica del Kung – Fu cinese.

Per quanto poteva essere assurdo pensarlo...era proprio il pollice messo a quel modo che evitava alle due dita coinvolte ed impegnate in quello sforzo a dir poco tremendo di spezzarsi come due stecchini, per via dell'enorme e quasi insostenibile pressione a cui la stazza del suo stesso fisico le stava sottoponendo.

Gli venne da sorridere, al'idea.

Forse all'inizio.

Giusto all'inizio, sarebbe potuto succedere. Quando era ancora alle prime armi, e non ancora addentro ai più reconditi segreti dell'arte.

Perché adesso, al punto in cui era giunto e si trovava, una simile eventualità era da considerarsi più che remota. Per non dire inverosimile, addirittura.

Ora come ora, per uno come lui una cosa del genere era roba da niente. Un autentico gioco da ragazzi.

Le sue falangi, dal punto in cui si attaccavano al resto della mano fino all'ultimo millimetro delle estremità delle unghie, grazie ai lunghi ed intensi allenamenti a cui si era sottoposto e le aveva sottoposte avevano acquisito una durezza ed una consistenza senza pari, a dir poco incredibili.

Con le sue dita sarebbe stato in grado ed avrebbe potuto perforare un cranio o un torso umano come uno scherzo, ed in men che non si dicesse.

Come la punta di una lancia o di uno stiletto. O quella di diamante di un trapano di precisione.

Le avrebbe potute utilizzare per farsi strada attraverso le ossa, i muscoli e i tendini per raggiungere le zone vitali e le parti molli e sensibili ben conosciute dagli esperti di ATEMI WAZA, o dell'agopuntura e dello Shiatsu orientali. E da lì raggiungere, colpire, danneggiare e stimolare gli Tsubo, i punti segreti di pressione caratteristici della sua gloriosa scuola e che ormai ne costituivano il loro tipico marchio di fabbrica. Da ben milleottocento anni.

Gli tsubo. Con cui era possibile manipolare e controllare sia il corpo dell'avversario che i suoi meccanismi fisiologici rappresentati dai principali organi interni, ognuno con il suo funzionamento.

Premendoli ne si poteva alterare, potenziare, diminuire o adirittura bloccare i naturali processi. Si poteva persino arrivare a distruggerli, facendoli addirittura lacerare ed esplodere.

E la cosa a dir poco incredibile era che non ci sarebbe voluto niente, a farlo. Solo un minimo di concentrazione e di giusta presenza mentale.

Con le sue dita poteva ridurre in pezzi la roccia, facendo franare il costone e l'intera fiancata di una montagna. O anche una spessa parete di acciaio, di titanio, di kevlar o di super – lega.

Poteva anche sbriciolare e ridurre in frantumi il brillante o smeraldo più duri.

Con la sua abilità e le sue conoscenze era in grado di addensare e condensare tutta la forza del suo intero corpo in un punto piccolissimo, dopo averla fatta aumentare a disimisura, decuplicandola o elevandola in maniera esponenziale.

Oppure avrebbe potuto fare la stessa cosa con la sua energia combattiva e spirituale, in modo da ottenere un tipo di penetrazione molto più leggero e morbido, ed altrettanto efficace. E micidiale. Ma che però non lasciava segni, buchi, fori, tagli o graffi.

Avrebbe potuto immergerle in cose e persone come si fa con un coltello o un cacciavite, resi opportunamente incandescenti, mentre ci si trova alle prese con un panetto di burro caldo. In modo da non far rimanere tracce. Nessuna traccia che fosse riconducibile a lui, a parte quelle rimaste dopo l'uso delle sue tecniche mortali.

E' il segreto dell'arte suprema dell'assassinio. Tecniche nobili, antichissime e dimenticate per il più basso, infimo ed infame degli impieghi.

Perché l'omicidio non é come uno scontro o una mischia che avvengono su di un aperto campo di battaglia.

E' un lavoro sporco. Dove ci si deve annidare e muovere nell'ombra, e non bisogna assolutamente farsi riconoscere o venire identificati da anima viva.

O da quelle rimaste ancora vive per poterlo fare, per lo meno.

Non si deve lasciare alcun marchio del proprio passaggio, a parte la firma. Come ogni killer e sicario che si rispettino. In questo caso composta dalle salme e dai cadaveri dilaniati e sparsi per ogni dove.

Circolava da sempre una battuta di grana grossa, tra gli allievi del suo stile. Ed ogni tanto suo padre Ryuken non mancava mia di tirarla fuori, dirla e ripeterla. Ancra, ancora ed ancora.

Così, giusto per farsi due risate e stemperare saltuariamente la tensione.

 

“Ricoratevi, figli miei. Ricordatevelo sempre e tenetelo bene a mente. Quando si ha a che fare con un combattente esperto di Hokuto l'unica cosa di cui ci si deve preoccupare, al termine dello scontro...é di dover PULIRE TUTTO QUANTO. E BENE!!”

 

Risatine e qualche sorriso appena accennati, da parte di tutti loro. Ogni volta. Più che altro per farlo contento, visto che era molto vecchio. E anche malato, ultimamente.

Pare che ad aver coniato questo strambo detto fu nientemeno che il fratello maggiore del suo maestro. Colui che, stando almeno alle garanzie e rassicurazioni sue, tempo addietro avrebbe dovuto ereditare il ruolo di successore e di reggente in quanto discendente pienamente legittimo del ramo principale della dinastia. Ma a cui poi aveva deciso di abdicare e di rinunciare per motivi e faccende tutte sue.

Pare che, prima di levare definitivamente le tende, avesse detto a suo fratello più piccolo di avere delle faccende urgenti da sbrigare nel continente per conto di un gruppo di suoi carissimi amici. E che inoltre gli avesse raccomandato, casomai si fossero presentati dei momenti ardui o difficili, di alzare sempre la testa verso il cielo e di guardarlo.

E di non mancare di sorridere.

Mai.

Quello di cui, da quel momento successivo in poi, sul suo suo conto si avevano sempre ricavato notizie alquanto fumose, frammentarie e sfuggenti.

Quello di cui non si é saputo più nulla. Che a un certo punto é sparito e nessuno lo ha visto più.

Quello da cui pare avesse ricevuto il nome che portava sin dalla nascita. Che gli era stato affibbiato sin dai primi, primissimi istanti che era venuto al mondo. E che sempre avrebbe portato, per tutta la propria vita e per tutto il corso ed il resto di essa, fino alla tomba.

E con un certo qual orgoglio, andava aggiunto.

Anche se nessuno lo avrebbe mai potuto scrivere sull'effige della sua polverosa lapide, un giorno.

Tsk. Erano cambiati i tempi. Dovevano essere proprio cambiati i tempi.

Una volta non sarebbe stato permesso né concesso ironizzare su un'arte marziale, nemmeno da parte chi la conosceva a menadito e la praticava con assiduità. Men che meno su quella che a tutti gli effetti doveva essere la più grande e potente arte marziale dell'intero mondo. La migliore.

Una scelta prevedibile, e persino condivisibile. Ed in pieno, anche.

Spesso le arti marziali venivano custodite e tramandate solo attraverso una schiera ed una cerchia ristrettissima di eletti. O addirittura nell'ancor più esclusivo ambito e rango prettamente familiare.

Si svolgeva tutto di nascosto. Nella segretezza più completa, riservata ed assoluta.

Immersi nel buio e nel silenzio. Senza parlare o chiacchierare. E senza spiegazioni. Nel retro di una bottega o o sottoterra, in una cantina.

O tra le fronde di un'oscura foresta. O nei pressi di una spiaggia illuminata e rischiarata dalla sola luce della luna, e col fragore dell'oceano a coprire i suoni. Traendo energia e nutrimento da quel moto che sembrava perpetuo ed incessante, con le maree e le correnti governate dal pallido pianeta che era insieme anche satellite, e presente dall'alba e dagli albori dell'universo stesso.

Come gli immortali del To – De di Okinawa, i cui spiriti nelle notti di plenilunio ancora aleggiano sul confine perfetto tra mare, cielo e terra. Tra sabbia e acqua.

Perché il mare é calmo e placido solo in apparenza.

Sotto la superficie quieta ed immota...é in tumulto.

Un sommovimento in grado di spaventare ed atterrire chiunque si avventura in esso, guidato dalla presunzione e dall'ambizione di volerlo svelare, conoscere e scoprire. Per poi morirci dentro come un insetto. Senza capirci nulla.

Il mare é un mostro dormiente che si sveglia solo al momento di un inatteso ma gradito pasto. E che si richiude su di esso e su sé stesso, dopo aver spalancato le proprie immense fauci. Come se nulla fosse o vi fosse accaduto, sopra e dentro di lui.

Non si spiegava. Non si chiacchierava. Non ci si scambiava nozioni, pareri od opinioni. Si obbediva, si eseguiva e basta. Senza fiatare.

Si imitavano le mosse e i movimenti l'un l'altro, cercando di passarseli di mano in mano e di occhio in occhio. E cercando ogni volta, ogni giorno, ad ogni lezione di imparare qualcosa in più.

Perché erano tecniche potentissime e micidiali, e non andavano prese o trasmesse alla leggera. Ma soprattutto...non dovevano finire nelle mani dei miscredenti o dei forestieri. O degli eretici.

Si doveva far meno rumore possibile. Tacere, perché il nemico era o poteva essere in ascolto, dato che spesso in tempi di guerra ci si ritrovava occupati o sotto il giogo di una potenza straniera.

Da quelle riunioni, da quegli incontri segreti...dal basso, dalle viscere della terra e dal lato oscuro del mondo sarebbe un giorno arrivata la rivincita. La ripresa. La rivalsa. Non si poteva permettere che il nemico se ne appropriasse indebitamente.

Le arti marziali costituivano il tesoro, la gemma inestimabile, il fiore all'occhiello di una stirpe o di una setta.

E questo valeva persino per la Divina Arte di Hokuto. Anzi...a maggior ragione, per lei.

Un tempo sul suo conto circolavano detti ed aforismi ben più temibili.

Del tipo che affrontarla equivaleva a trovarsi davanti a settecentootto frecce scagliate tutte contemporaneamente contro di sé ed il proprio corpo. E tutte intrise di un veleno mortale o micidiale come quello di certe razze di serpenti o di scorpioni.

Settecentootto frecce. Almeno tante quante lo erano gli tsubo conosciuti nell'uomo. Anche se si vociferava che ne esistessero ben di più, addirittura il doppio.

Ma cose come queste si perdono nella notte dei tempi, ad agli uomini di oggi non é dato né concesso saperle, o saperne di più. E poi, secondo il pieno rispetto ed osservanza della logica e della legge opportunistica e relativista della Divina Arte...se una cosa non esisteva più, era perché non serviva. E pertanto, non poteva essere utile.

No?

Settecentootto frecce avvelenate. Se te ne sfuggiva una, era la fine. E riuscire ad evitarle tutte era pressoche impossibile, persino per il più esperto e navigato dei combattenti.

Ecco perché la Divina Arte dell' Hokuto Shinken era considerata e da considerarsi assolutamente invincibile ed imbattibile. Proprio per via e per merito degli tsubo. Erano loro a fare la differenza sostanziale e determinante, una volta giunto il momento cruciale.

Il momento di uccidere.

Poter togliere la vita con il solo tocco delle dita. Col tocco di un solo dito.

Usarli per privare l'avversario delle proprie armi, dopo avergliele rubate ed assimilate. E per sigillare per sempre le sua caratteristiche, capacità ed abilità, rendendolo di fatto inabile al combattimento e al duello. Perché una volta che si sono padroneggiate le sue tecniche peculiari, al mondo non vi é bisogno di due maestri ad occupare il medesimo tempo e lo stesso spazio.

E solo allora, solo a quel punto, dopo aver umiliato difinitivamente ed in modo irreversibile il suo orgoglio e la sua anima...solo a quel punto lo si poteva privare anche dell'esistenza, cancellandola dalla faccia del pianeta. Mediante la distruzione completa del suo corpo.

Disperderla per ogni dove, per ogni angolo dell'universo insieme al suo sangue, alla sua linfa vitale che sprizzava e fuoriusciva in tutte le direzioni.

Come il polline dei fiori. Anch'esso sarebbe finito trasportato dalla brezza e dal vento. E prima o poi, avrebbe potuto senz'altro risorgere e rinascere da qualche altra parte. In qualche altro posto.

Questa era la procedura. La prassi. Ma non era detto che bisognava rispettarla per forza.

Non spettava al successore di Hokuto decidere, in tal senso. Ma al suo avversario.

Se si arrendeva e riconosceva la sua superiorità, avrebbe potuto risparmiarsi tutte le fasi e i passaggi più sanguinosi, trucidi e dolorosi del rito. Fino alla sua altrettanto cruenta, crudele, terribile e tragica conclusione.

Un epilogo spaventoso ma inevitabile visto che non si trattava di una contesa, ma di un sacrificio. Oppure evitabile, a seconda dei casi e della situazione.

Poteva finire in qualunque momento, quel supplizio. Dipendeva dalla forza di volontà, dalla disperazione e dall'ostinazione della vittima prescelta e designata.

O dal suo destino, che era scritto. E su cui non si poteva affatto decidere o avere riserve, al contrario di quanto si crede.

Davvero una tecnica possente e temibile, questa Divina Arte di Hokuto. E questo non va mai omesso. Non bisogna mai trascurarlo o dimenticarlo, quando se ne tratta.

Quando passa il successore...gli uccelli smettono di colpo di cantare e pigolare, gli insetti di volare e poggiarsi sulle corolle variopinte e profumate e sia i fiumi che l'aria di scorrere. Così come i neonati di vagire e di frignare. Al suo transito il mondo intero e tutti gli esseri suoi abitanti trattengono il respiro in attesa della loro sorte. E confidando e sperando nel fatto che non sia l'ultimo.

Quante esagerazioni. Ma tutto ha uno scopo, e persino iperboli come queste concorrono a formare, creare e dare vita a una leggenda.

Una leggenda che fa tremare, e trasalire.

Però...si diceva anche che i grandi maestri del passato erano in grado di ridere, anche.

Si, ma ridere di cosa?

Beh...di qualunque cosa.

Di ogni cosa. E prima di tutto e prima ancora di sé stessi.

Il grande Bodhidarma, il creatore dello stile Shaolin Ch'u Han da cui si sarebbe dipanato ogni stile di Kung – Fu e successivamente ogni arte marziale esistente, era un tizio imprevedibile e stravagante nonostante la saggezza e la lungimiranza pressoché infinite e sconfinate.

Pare che quando ricevesse visite di ogni genere e da parte di qualunque persona, che fosse o si trattasse di un principe, di un Re, di un cortigiano o di un consigliere, dell'abate maggiore o di un monaco di qualche tempio o addirittura dell' Imperatore in persona...egli si facesse trovare sempre con una scarpa o un calzare al piede, dove doveva ed avrebbe dovuto trovarsi.

E l'altro in testa, sulla cima del capo. Dove non doveva e non avrebbe affatto dovuto trovarsi.

E alle domande che gli ponevano gli ospiti e visittatori, visibilmente sgomenti e sconcertati per via del fatto che un grand'uomo come lui, di presenza di spirito così tanto elevata, dovesse farsi trovare conciato a mortificarsi a quel modo così tanto ridicolo, visto che dava tutta l'aria di averlo voluto fare pure di proposito...egli rispondeva che non considerava affatto la sua testa più importante del suo piede.

E sorrideva.

Al'improvviso sentì qualcosa scorrergli lungo la guancia.

Una goccia di sudore solitaria e raminga era partita da appena sotto al punto preciso ed esatto in cui la sua cintura stringeva e sosteneva i pantaloni, avvolgendoglisi attorno ed entrando attraverso gli appositi passanti. E proprio da lì aveva iniziato a scendere lungo la sua schiena nuda, dapprima seguendo il morbido avallamento centrale ove risiedevano la colonna ed il midollo spinale, per poi svoltare bruscamente in base alle linee tracciate dalle fibre muscolari contratte sino allo spasimo eppure ugualmente così armoniose.

Perfette.

Ed infine gli era giunta lì. A far visita al lato destro del suo viso.

Non l'aveva sorpreso, comunque.

Se n'era già accorto, ed aveva seguito con la mente, con la pelle e con le sensazioni tutto il suo peregrinare, accompagnandola lungo il suo intero tragitto fin quasi al suo termine.

Centimetro dopo centimetro. Millimetro dopo millimetro. Fino a quella che doveva essere la sua naturale conclusione.

Il pavimento.

Che strana quanto singolare allegoria. C'era sicuramente di che rifletterci e di stare a fantsticarci adeguatamente sopra. E così fece.

Chissà se anche una singola, miserrima gocciolina come quella, che fosse di sudore oppure di pioggia o di che altro, era soggetta alla sorte come tutto il resto degli esseri viventi.

Messa sul lato prettamente e puramente scientifico, ed analizzata secondo quell'unico punto di vista...essa non appariva altro che una sottospecie di ione negativo allo stato liquido.

Null'altro che quello.

Inanimata. Completamente priva di vita.

Ma se si voleva considerare quell'aspetto...allora anche le particelle, e gli atomi col loro nucleo di protoni e neutroni circondati da elettroni che gli roteavano attorno e li circumnavigavano senza alcuna sosta erano da ritenersi inanimati. Eppure...

Eppure erano loro, proprio loro a generare, formare e comporre la vita.

Costituivano la vita. Particamente erano LORO, la vita.

Danno origine ad ogni struttura e ad ogni essere vivente, con le loro interazioni a base di forze magnetiche interconnesse. Quindi...

Quindi era possibile, era davvero possibile che fossero anche loro resi soggetti e schiavi alle immutabili leggi del fato?

Esiste un motivo, una ragione per cui una goccia di sudore o di pioggia prenda una direzione anziché un'altra? Perché scenda, o decida di scendere a destra anziché a sinistra?

Davvero hanno anche loro, nel proprio piccolo, una capacità di analisi, di ragionamento, di discernimento e di libero arbitrio? O non fanno altro che obbedire a una volontà comune e di rango superiore che tutto controlla, domina e governa?

La volontà dell'universo stesso. Che permea ogni cosa con una pellicola trasparente, sottile ed invisibile. Ai più, almeno.

A malapena percettibile, ma tutt'altro che incorporea.

Si può riuscire ad interpretare, a prevedere il loro moto ed il loro movimento? E leggere le loro intenzioni?

Si possono stabilire con un qualche calcolo di stampo analitico o matematico? Oppure mediante opportune operazioni e formule di chimica o di fisica?

E' una cosa che avviene in maniera del tutto casuale? Oppure l'ha già preposta il destino?

Si svolge davvero tutto in maniera caotica, oppure é già scritto? Dietro al disordine non vi é nulla, oppure in mezzo a tutti quegli sconvolgimenti continui vi é davvero un ordine insito nella natura stessa delle cose, fin dalla loro nascita ed apparizione su questo mondo?

Mentre era perso in queste elucubrazioni la goccia di sudore, intanto, aveva appena attraversato per intero il bordo della mandibola per concentrarsi ed addensarsi in prossimità della punta del mento.

La sentì ingrossarsi ed acquistare volume, per effetto della forza di gravità e del conseguente peso che la stavano inesorabilmente trascinando verso il basso.

Non si era ancora formata del tutto. Ma nel momento stesso in cui avrebbe riacquisito e riottenuto la sua forma originaria e completa non avrebbe avuto più alcun bisogno o necessità di rimanersene attaccata alla sua epidermide.

Si sarebbe sganciata, proprio come avrebbe fatto un cucciolo di pipistrello o un pulcino di volatile alle prese rispettivamente col riparo offerto dal sottotetto adiacente ad una grondaia o facente parte di qualche soffitta. Ormai cresciuti, pasciuti, adulti e pronti a spiccare il volo negli spazi aerei.

Stava per finire il tempo di rimanersene a testa all'ingiù o belli comodi, al caldo, nel proprio giaciglio.

O forse ancora no.

Concentrò tutta la sua attenzione su quella minuscola, microscopica goccia.

Riversò interamente la sua coscienza in essa. Per un istante Kenshiro immaginò di diventare, di essere quella goccia.

Anzi, no. ERA quella goccia, adesso.

Era come se l'intero creato avesse collassato al suo interno. Per poi, nell'attimo immediatamente successivo, espandersi di nuovo per riabbracciare ogni cosa fino ai confini estremi del conosciuto e dello sconosciuto, e anche oltre. Fin dove l'occhio, il cervello ed il cuore umano possono arrivare, ed anche al di là.

Era stato l'equivalente di levare di colpo ed i botto tutti gli spazi tra una particella e l'altra. Che fatte le dovute quanto debite proporzioni possono essere a dir poco enormi, per chi ne mastica e se ne intende nel campo dell'infitesimamente insignificante.

Se si prende a ragionare nei termini di quello specifico campo...una volta che viene annullata e tolta la distanza messa a separare i corpuscoli, una megalopoli quale era Tokyo prima del conflitto nucleare avrebbe potuto starsene tutta sulla cima della capocchia di uno spillone.

E lui aveva appena fatto la medesima cosa.

Aveva ridotto tutto il cosmo in un singolo punto. E poi da lì lo aveva fatto deflagrare all'infuori, come un ordigno ad alto potenziale caricato ad idrogeno.

Come Nagasaki. Che era stato ancora più potente e devastante di Hiroshima, anche se spesso si tende a dimenticarlo.

Sentì la goccia inigigantirsi ancora. Poi, giusto un istante prima che potesse precipitare dall sua epidermide e dare inizio al suo tuffo suicida, ne arrestò la caduta. E da lì la fece risalire, facendole percorrere a ritroso il porprio percorso che aveva appena effettuato. Questo almeno nella parte finale, visto che quando arrivo al bivio tra la gola, l'orecchio e la mascella decise di farla procedere dalla parte opposta e totalmente differente.

La fece avanzare lungo l'attaccatura del padiglione sinistro per poi spingerla su, sempre più su, fino a farla finire nella propria chioma che la riassorbì, facendola scomparire.

Aveva fatto tutto col solo pensiero.

Chissà se si trattava davvero di telecinesi, come dicevano alcuni.

Pare che alcuni membri della Scuola di Hokuto, in passato, fossero dotati di tale capacità insieme alle altre di tipo innato come la resistenza alla fatica o ai veleni. E stando alle leggende che si narravano sul conto della sua tecnica, pare che i praticanti e i discepoli di una disciplina tra quelle addirittura antecendenti alla Divina Arte per creazione ed ideazione la padroneggiassero con una tale abilità da averla inclusa nel loro bagaglio di mosse. Al punto che arrivarono a costruire una cospiqua e considerevole parte del loro stile su di essa.

Non sapeva se fosse vero, o se si trattasse unicamente di fantasie ed invenzioni.

Quelle scuole erano paragonabili a prototipi. Erano versioni talmente antiche e vetuste di cui era ormai rimasta minima traccia in quella odierna e che veniva praticata oggigiorno. Si era arrivati persino a dubitare, della loro reale esistenza.

Ma anche nei miti vi é un fondo di verità. E in ogni caso...tutte le arti marziali cambiano, col passare del tempo e delle ere.

Il Karate ed il Kung Fu che venivano insegnati poco prima che scoppiasse il conflitto nucleare non erano gli stessi delle origini. Non erano più quelli delle origini.

E nemmeno la Scuola di Hokuto poteva sotrassi a questo destino. E nemmeno voleva farlo.

Alcuni indefessi tradizionalisti sostengono che inevitabilmente qualcosa va perduto per sempre. Altri ben più aperti, illuminati e meno dogmatici ritengono che non si tratti affatto di una perdita, ma di una semplice evoluzione. Come quella che regola la vita stessa sul pianeta e gli esseri che la compongono, in un certo senso.

Tutto cambia, tutto muta. Niente rimane uguale a sé stesso. E detto in altri termini...

Ciò che cambia, significa che é vivo. Ciò che resta sempre identico...muore.

Il successore, ad ogni passaggio di testimone e di generazione, ci deve aggiungere qualcosa pur mantenendo il tutto intatto. Ed inalterato.

Il più possibile, almeno.

Cambiare affinché nulla cambi.

Ciò che é vivo...si impone. E' una legge di natura, e vale per tutti e chiunque.

Se una cosa non viene tramandata e non rimane...vuol dire che era inutile. Semplicemente non serviva, tutto qui.

Ciò era indubbiamente vero. Ma poteva essere vera anche un'altra cosa.

Si diceva che il successore di Hokuto, presto o tardi, avrebbe unificato tutte le tecniche di arti marziali esistenti al mondo sotto ad una sola egida.

Le tecniche di ieri, di oggi e di domani. Per il domani.

Ma se le cose stavano così...ciò stava a significare che avrebbe messo le mani anche su quelle tecniche perdute e ormai dimenticate, prima o poi. Perché gli spettavano di diritto.

E a maggior ragione, visto che era l'ultimo ed attuale discendente del ramo principale della dinastia.

Ma dove avrebbe mai potuto trovarle, visto che ormai non esistevano più? Visto che non c'erano più da nessuna parte?

Ci avrebbe pensato il destino, un giorno. Forse.

Bisognava confidare nel destino.

Un uomo, in fondo, impara ben poche cose nel corso della propria vita. E tra queste vi é senza alcun dubbio che TUTTO E' POSSIBILE.

Quel che sapeva era che spesso gli capitava, durante gli esercizi quotidiani, di riuscire a muovere gli elementi come la terra e l'acqua.

Nient'altro che piccoli frammenti di roccia e ristrette quantita d'acqua, se si trovava nei pressi di qualche fiumiciattolo e rigagnolo. Oppure a raccogliere, far muovere e turbinare l'aria attorno a sé quando decideva di scatenare il proprio spirito combattivo.

Ma il tutto in maniera totalmente involontaria ed inconsapevole, senza alcun controllo. Almeno fino ad ora.

Il fatto che dimostrasse questi poteri significava che qualcosa delle vecchie arti doveva essere rimasto, in lui. O meglio, doveva essere ancora presente.

Forse ce le aveva nel sangue, esattamente come le micidiali tecniche dell' Orsa maggiore. Almeno stando a quanto gli aveva sempre narrato e confidato il suo anziano padre e maestro.

E se erano destinate a risvegliarsi allo stesso modo, grazie e mediante alla pratica assidua e alla crescita della maturità e dell'esperienza...avrebbero potuto fare anch'esse la loro comparsa, più avanti.

Di sicuro quel che aveva appena fatto con la goccia di sudore stava a dimostrarlo chiaramente.

Fino a qualche settimana addietro non ne era assolutamente in grado.

Indipendentemente dal fatto che potessero esistere o meno, si stavano affinando sempre più. Alla pari della sua potenza, della sua velocità e della sua maestria.

E meno male. Perché per poter controllare il corpo degli altri e dei propri avversari, e manipolarlo a propria volontà e a piacimento...occorre prima di tutto saper fare altrettanto con il proprio, di corpo.

Avere il massimo ed ottimale controllo su di esso, e sulle proprie funzioni.

Dal primo all'ultimo respiro. Su ogni fiato e battito. Che sia del cuore o delle ciglia.

Su ogni vibrazione, movimento e sussulto muscolare. E si, anche su ogni goccia.

Di qualunque genere essa sia. Fosse di sudore da fatica o di lacrima di pianto. Che possa essere di dolore o di gioia.

Sono tutti soggetti alle trame e alle decisioni del destino. Nessuno escluso. Nemmeno il maestro di Hokuto. Eppure...egli é contemporaneamente al di là, del destino stesso.

Egli é il destino stesso. E' esso stesso il destino, sotto un certo aspetto.

Da una parte nemmeno il successore di Hokuto può sfuggire al destino. Al proprio destino. Ma dall'altra...

Da un altro punto di vista che poi sotto sotto é sempre il medesimo, egli agisce per conto del destino.

Non può scappare,ma nemmeno ci tiene a farlo.

Lo accetta, semplicemente. E lo affronta. Come dovrebbe fare qualunque altro uomo sulla faccia di questa terra. In quanto anche lui é un uomo. Anche lui fa parte della stessa razza e condivide la stessa stirpe dei mortali.

L'uomo di Hokuto é un uomo come un altro. Ma a differenza di tutti gli altri é consapevole del suo destino. Non può conoscerlo appieno, ma si lascia guidare e alle sue correnti si affida dolcemente.

Percorre senza esitazione né ripensamenti la strada che gli hanno preparato, che gli é stata fatta trovare pronta. Anche se non sa dove può condurre, e vorrebbe tanto sapere la direzione da percorrere.

Il destino guida e muove il suo cuore, la sua mente, il suo spirito e la sua mano. Egli sente, parla, pensa, agisce e colpisce in suo nome.

E' il destino che lo manovra, lo consiglia, lo ispira e lo conforta.

E' il destino che gli suggerisce, mentre procede lungo rotte, tratte e binari oscuri, bui e sconosciuti.

L'uomo di Hokuto non decide il destino. Ma lo realizza.

Egli percepisce la sottile pellicola che permea tutti gli elementi del creato, del cosmo e dell'universo.

Non può intervenirci direttamente, su di essa. Non se il destino non lo consente o non lo permette. O non lo stabilisce e determina.

Ma se invece il destino acconsente e concede...l'uomo di Hokuto lo fa.

Se ottiene il permesso e viene autorizzato da chi ben sa...l'uomo di Hokuto provvede.

Provvede a tagliare, a recidere, a distruggere. A troncare quel cordone, quel legame che unisce il bersaglio, il condannato al resto dell'insieme in cui sono raggruppati tutti gli altri potenziali condannati.

Egli corre e va sulla terra veloce ed impetuoso come il vento, per rispondere all'appello di chi lo invoca. E non é mai sordo, nei confronti di chi lo chiama. Che si tratti di forte oppure di debole, di carnefice o di vittima.

L'incombenza, il ruolo, il destino del successore di Hokuto é di compiere il destino di tutte le altre persone. Di compiere la volontà del destino.

Si dice che tutti noi veniamo dalle stelle, e che dopo morti torneremo da loro e con loro ci fonderemo di nuovo come era all'inizio dell'inizio dei tempi. E forse ancora prima.

Ed infatti sono proprio gli astri, le stelle a decidere e regolare il nostro fato. E quello del successore della Divina Arte é regolato dalla costellazione del Grande Carro.

Dell' Orsa Maggiore.

Delle stelle che un tempo, nelle epoche antiche, si diceva che governassero la MORTE.

Ripensò alle parole del vecchio maestro, udite qualche ora addietro. E pronunciate proprio nell'istante successivo a quello in cui lo aveva investito dell'incarico.

 

Sia ben chiaro, Kenshiro. La Divina Arte di Hokuto dispone di una potenza distruttiva assolutamente unica ed ineguagliabile, senza pari al mondo. Ed é proprio per tale motivo che fa parte e rimane da sempre nel lato oscuro della storia. Ed é sempre per lo stesso motivo che nel corso delle ere e per ogni generazione viene tramandata ad un unico e solo erede e discendente. Se finisse o terminasse in mani o persone sbagliate, si correrebbe il serio rischio di portare il genere umano verso la scomparsa e l'estinzione definitiva. Non dimenticarlo mai.”

Ti avevo detto nel corso del nostro ultimo incontro che la prossima volta che ti avrei eventualmente convocato ad udienza, sarebbe stato per insignirti del titolo di nuovo reggente. Credo quindi che sia inutile spiegarti il motivo per cui ti ho fatto chiamare, giunti a questo punto. Avrai capito senz'altro da solo, perché ti trovi qui.”

P – padre! Volete...volete dire forse c – che...che...”

Esatto, Kenshiro. Proprio così. La voce del cielo mi ha parlato. E si é espressa anche con estrema chiarezza, a riguardo. Io, Ryuken, rinuncio all'incarico e lo passo a te. Da questo momento in poi sei tu, sarai tu IL NUOVO REGGENTE DELLA DIVINA ARTE DELLA SCUOLA DI HOKUTO SHINKEN. A pieno titolo e con pieni poteri.”

M – ma...”

Che cosa c'é, Kenshiro? Non sei convinto, forse? Vorresti...vorresti forse rinunciare?”

N – no, padre. Se questa...se questa é la vostra precisa volontà, n – non...non la voglio certo contraddire. Se avete deciso così, e se é questo ciò che volete, io non mi opporrò. E non posso che accettarlo di buon grado. E cercare di dimostrarmi all'altezza delle vostre aspettative. Io...io mi fido di voi. Ho fiducia in voi, e nelle vostre scelte. Solo che...”

Che cosa ti turba, figlio mio? Sei libero di confidarti con me. Credi di non esserne in grado?”

Non...non dico questo, padre. Solo che...solo che mi chiedo se sia giusto. I miei due fratelli maggiori...Raoul e Toki, almeno al momento, sono molto più forti, esperti ed abili di me. Siete...siete sicuro di aver preso la decisione giusta, padre? Siete davvero sicuro che sia la scelta migliore?”

Obiettivo come sempre, eh? Ma dovresti avere più fiducia in te stesso. Almeno quanta io ne ho e ne nutro in te. Comunque é vero. In questo momento la tua abilità non é nemmeno paragonabile a quelle dimostrate dai tuoi due fratelli. Ma anche se sia Raoul che Toki sono migliori di te...ti assicuro che tu possiedi qualcosa che loro non hanno. E che potrebbe renderti a loro persino SUPERIORE, un giorno.”

...Cosa?!”

Proprio così, Kenshiro. Credo che tu abbia qualcosa di speciale, che sotto un certo aspetto, ti renda migliore di loro. E che col tempo ti renderà addirittura superiore a loro, come ho appena finito di dirti. E voglio scoprire se é vero. Si tratta di una scommessa, per certi versi. Anche se può apparire estremamente azzardata. Anche se qualcuno potrebbe dire che é folle. Ma come ti ho detto non molto tempo fa...la ragione non é tutto, nella scelta del successore. Bisogna seguire l'istinto. Bisogna essere saggi ed avveduti. Ma anche folli e spregiudicati. La Scuola di Hokuto non si basa solo sull'intelletto, ma anche sulle sensazioni. Come quando si effettua un attacco o si tira un pugno per colpire l'avversario. Se ci si sofferma a pensare all'esecuzione della tecnica si é morti, in certi frangenti. Il tempo sprecato ad elaborarla ci fa consumare un attimo di troppo, che potrebbe risultare fatale. All'inizio é normale ragionarci ed elucubrarci sopra, specie quando uno si impratichisce. Ma una volta che apprendiamo a fondo le tecniche, dopo averle fatte e ripetute tante, tante ed infinite volte...esse dovranno sgorgare e fuoriuscire direttamente dall'inconscio. Apparentemente, la scelta che ho fatto...scegliendo te posso dare l'impressione di aver fatto un investimento a perdere. Ma che, tuttavia...sono intimamente convinto che porterà a dei buoni, buonissimi frutti. Proprio come fa il contadino, l'agricoltore quando pianta le sementi nel suolo senza sapere se esse germoglierannp e cresceranno. Può solo sperare che esse diano vita ad un raccolto rigoglioso, un giorno.”

Vedi, figlio mio...ho avuto modo di parlarne anche con i diretti interessati. Ho voluto chiedere ai tuoi fratelli cosa pensano di te.”

C – come?!”

Si, Kenshiro. E loro stessi mi hanno esternato gli stessi dubbi che attanagliano me. Per loro due rimani un mistero, sotto molti aspetti. E nel caso di Raoul...sappi che addirittura ti disprezza. Ma non mi stupisce affatto. E' il suo modo di fare. Purtroppo é diventato il suo modo di agire e di pensare, purtroppo. Non gli interessa più comprendere, ormai. Perché tutto quello che non capisce, lo distrugge. Proprio come fanno le orde di barbari che un tempo infestavano il continente e l'arcipelago. Non ha, non sente il bisogno di capire perché condanna e basta. E chi condanna non vuole conoscere. Non vuole conoscere altri punti di vista che non siano il loro, o che siano diversi da quel che pensano. Ha la sua visione, ed é totalmente preso ed assorbito da essa. E distruggerà tutto quello che non rientra nella visione che ha di sé e del mondo, del suo mondo. O che non appartiene al suo ordine di idee.”

E...e Toki?”

Tuo fratello Toki la pensa come me. Lo incuriosisci, e sotto sotto ammira le tue inclinazioni. Vorrebbe cercare di capirne di più, ma...ma al momento non ci riesce. Fa molta fatica ad inquadrarti. Ci sono molti lati del tuo carattere e della tua personalità che lo spiazzano, che lo lasciano basito. E non gli do torto. Io stesso stento a riconoscere e ad interpretare la tua vera natura. Ed inoltre non approvo il tuo operato. E nemmeno lo accetto. Non posso farlo, semplicemente.”

C – come...come dite?!”

Esatto, Kenshiro.Tu sei giovane. Il più giovane tra i miei figli. Sei ancora inesperto, impulsivo, sognatore. E sei anche un illuso. Un povero idealista senza speranza, perché le tue vellleità potrebbero rivelarsi effimere, alla lunga. Una pura utopia. Tuttavia...”

...Tuttavia?”

Tuttavia ciò é molto buono. E' una buona cosa. O almeno...credo che lo sia. Io credo che sia tale, o almeno é cosi che la voglio vedere. Ho deciso che voglio vederla così, indipendentemente da tutto. Perché, in fondo...é una questione di FEDE, figlio mio. Devi sapere che le sette stelle dell'Orsa Maggiore governano la morte. E colui che agisce sotto il loro segno ed influsso, sotto la loro egida...il successore della Divina Arte dell' Hokuto – Shinken riceve gli stessi, medesimi poteri del Dio della morte. E pare che debba essere umano, nella sua natura più intima. Con tutti i suoi difetti, le sue tare ed i suoi limiti. Ed é giusto che sia così.”

Poco fa ti ho detto che non ti capisco. Ma io non posso capirti, non ne sono in grado. Sono diverso da te. Inferiore.”

I – inferiore? Padre, non dovreste dire una parola simile. Come...come potete dire una cosa simile? Proprio voi!!”

E' così, invece. Ed é naturale che sia così. Perché il successore della Divina Arte di Hokuto é il prescelto dal cielo, figlio mio. Sono il cielo e gli astri a muoverlo e a governarlo, e solo ad essi lui deve ed é obbligato a rispondere delle sue azioni. Non certo ai comuni mortali. Agirai per conto della morte, ne diventerai l'esecutore ed il braccio armato. E tramite essa...proteggerai e salvaguarderai la vita.”

Ti é stato concesso un grande, enorme potere. Prego che tu sappia farne buon uso. Anzi, sono...sono senz'altro certo che ne farai buon uso. Vedi...Raoul vorrebbe usare la sua arte per salvare solo chi é degno. Solo chi ritiene che sia adatto ad entrare nelle porte del suo regno, del regno che vorrebbe creare. Toki, per contro...vuole aiutare la gente, ma crede che non sia necessario interferire troppo. Fa parte della sua natura purtroppo, e non ci si può far nulla. Probabilmente pensa che non sia giusto modificare il destino di un essere vivente, poiché ciò potrebbe andare contro l'universo stesso e la sua armonia.”

C – che...che intendete dire, padre? I – io...io non credo di capire.”

Toki deve pensare che la morte faccia parte della vita, e del ciclo vitale di ogni individuo che compone il creato. Così come il creato stesso, che tutti gli raggruppa e che tutti li unisce. Non ha la forza né la voglia di poter cambiare o modificare gli eventi, anche se in teoria potrebbe. Ma ti assicuro che non lo farebbe nemmeno se potesse, giunti a questo punto. Per lui...se uno deve vivere, allora vivrà. E se invece é deciso, é scritto che egli oggi deve morire, allora morirà. Perché la sua morte serve all'intero cosmo per realizzarsi e definirsi, esattamente e al medesimo modo in cui il continuare a vivere di un altro serve per lo stesso scopo. Tutto é relativo, e tutto é connesso. Il battito delle ali variopinte generato da una così minuscola e soltanto all'apparenza insignificante farfalla in una precisa parte del mondo potrebbe generare uno spaventoso terremoto o un cataclisma dalla parte totalmente opposta. Così colorate sono le sue ali...e anche così inutili. Ma solo a una prima impressione, come ti ho detto. O all'occhio di una persona poco attenta. Ogni morte é utile all'universo esattamente come lo é ogni vita. E decidere di catturarla così come di lasciarla andare comporta delle conseguenze. Salvare un bambino potrebbe significare salvare la vita di un uomo adulto in un altro luogo, ed in un altro tempo. Ma anche ucciderlo potrebbe contribuire a farlo. Ed é così, proprio così che la pensa il secondo tra i tuoi fratelli maggiori. Salverà più gente che può, ma non ne salverà mai più di quelli che può e che gli potrà riuscire di salvare. Non uno solo di più, perché non lo vede come il suo compito. Esattamente come un uccello a cui i predatori devastano il nido e divorano le uova con dentro i suoi piccoli. Non farà altro che spostarsi, e ricostruire il suo nido altrove, per poi mettersi a deporre e a covare di nuovo altre e nuove uova ricominciando il ciclo da capo. Non gli interessa eliminare il predatore, affinché non possa mai più rifarlo, e nemmeno ammazzare e mangiare più nessuno. Se dovesse salvare una comunità o un gruppo di persone grazie alla sua arte, e poi quelle persone dovessero finire malauguratamente uccise...Toki non farà altro che andarsene in cerca di altre persone da aiutare. Lo ritiene una perdita di tempo, cercare e punire i colpevoli. E in un certo senso...non posso fare altro che dargli ragione piena. Si, sotto ad un certo qual aspetto esso é uno sforzo dispendioso quanto inutile. Ma...non per questo non bisogna almeno provare, o tentarci. Non per questo non ho detto che non vada fatto.”

Padre, io...io continuo a non capire, mi dispiace. Vi confesso che continuo a non capire.”

Ciò é sicuro, Kenshiro. Più che sicuro. E' molto probabile che tu per ora non capisca molte delle cose che ti sto dicendo. Ma stà tranquillo. Non devi avere paura. Quando arriverà il momento giusto...capirai tutto quel che c'é da capire. Le risposte ti arriveranno da sole, e tutto quel che ora ti appare così oscuro ed incomprensibile ti diverrà chiaro. Così, naturalmente. Abbi fede.”

V – va bene, padre mio. Farò come...farò come dite.”

Vedi...tuo fratello Raoul vuole, ma non può. Anche tuo fratello Toki vorrebbe, ma sa di non potere. E almeno in questo si dimostra senz'altro più ragionevole ed illuminato del più anziano tra voi. L'uomo, tutti gli uomini...vogliono ma non possono. Dio non può e non vuole. Io potevo...io avrei potuto, ma non ho mai voluto. Non mi ha mai interessato. Non mi ha mai interessato né coinvolto più di tanto. Ma tu...tu puoi e vuoi, figliolo. Tu, Kenshiro...grazie alla Divina Arte dell' Hokuto – Shinken potrai, e vorrai. E lo farai, anche. Anche se non ci riuscirai, ti avverto.”

C – cosa?”

E' così, purtroppo. Ben presto ti renderai conto di non poterci riuscire. Perché tu non vuoi costruire un nuovo nido o generare dei nuovi pulcini, ma dare la caccia al predatore che ha fatto strage della tua famiglia. E non avrai pace fino a che non lo troverai, e fino a che non lo avrai sterminato con le tue stesse mani. Affinché altri non debbano più soffrire e non debbano mai più subire quello che é capitato a te. Allora, solo allora...soltanto quando avrai fatto piazza pulita di tutti i predatori e di tutte le belve feroci potrai pensare a costuirti una famiglia, e a generare una vita. Solo dopo che avrai ucciso lui, e tutti quelli come lui. Ma quel rapace, quella belva assassina può essere volata e andata chissà dove. E come gli assassini, nemmeno si ricorda più di quel che ha fatto, e del misfatto che ha commesso. Perché per un assassino le sue vittime sono tutte uguali, esattamente come gli assassini si somigliano un po' tutti. Ma tu te ne ricorderai bene, e non smetterai mai di inseguirlo. Anche se ci dovesse volere una vita, per trovarlo ed acciuffarlo. Anche se potrebbe non bastare una vita intera, per riuscire a stanarlo.”

E' proprio questo il punto, figlio mio. Raoul vuol salvare solo chi é degno di venire salvato, almeno secondo lui. Solo chi risulterà degno e meritevole della sua fiducia e del suo rispetto. Toki, invece, alla pari del Buddha ritiene di non dover interferire. O quanto meno di non dover interferire troppo. Ed in ogni caso, il meno che sia possibile. Perché semplicemente ritiene che il destino, ogni destino, il destino di ognuno di tutti noi sia già scritto. E come ogni cosa che é già scritta, esso debba naturalmente compiersi. Per il solo fatto che é inevitabile che esso si compia. Perché é inevitabile che debba accadere. E' così che la pensa lui. E perciò crede anche che non valga la pena di fare qualcosa, in proposito.Che non si debba far nulla per tentare di cambiarlo, modificarlo, mutarlo o anche solo provare ad evitarlo. La vita, ogni vita é unica ed insostituibile, per tuo fratello. Ma lo é anche la morte, ogni morte. Le tratta, le rispetta e le considera entrambe allo stesso modo, e non fa distinzioni di sorta. Poiché ambedue concorrono, rientrano e fanno parte del lungo processo di maturazione, perfezione, espansione e crescita della realtà e dell'universo. Ma tu...tu, come ti dicevo prima, sei diverso.”

D – diverso?”

Sì, Kenshiro. Diverso. Non trovo altro modo, per definirti. Tu, inconsciamente, devi averlo già deciso da tempo. Anche se ancora non te ne rendi, non te ne puoi rendere conto.E nemmeno te ne capaciti, se é per questo. Dentro di te hai già stabilito che non penserai e non ti occuperai di generare una vita, una nuova vita, sino a che non avrai fatto completa piazza pulita di chi, quella vita...di chi la distrugge, la vita. Di chi le vuole distruggere, le vite. Di tutti quelli che vogliono distruggerle, o rovinarle. Di chiunque voglia farlo o abbia anche solo l'intenzione di attentarvi, ad esse ed alla loro prezosa integrità.”

Tu, figlio mio...tu non sei come i tuoi due fratelli maggiori. Tu...tu vuoi salvare tutti. Anche chi ti odia, e ti vuole o ti vorrebbe fare del male. Ma ben presto...ben presto ti accorgerai e ti renderai conto che non potrai farlo, nonostante tutti i poteri di cui disporrai e che ti verranno infusi dalla Divina Arte. Poteri che si sveleranno col passare e col trascorrere del tempo, e man mano che perfezionerai ed affinerai le tue abilità. Ucciderai. Ucciderai tanti, molti uomini. Ma non dovrai provare pena per loro, anche se ora come ora sei riluttante ad infliggere anche la più piccola ferita o taglio. Se dovrai ucciderli, é perché sarà arrivato il loro momento. Lo sarà perché attraverso te te si esprimerà e si manifesterà la volontà celeste. Li ucciderai perché sono malvagi, ed uccidendoli salverai le loro anime. Le manderai all'inferno, dove esse verranno mondate e purificate prima di ascendere al paradiso. E uccidendoli, permetterai ad altri di continuare e di proseguire a vivere. E così facendo creerai la speranza, in loro.Una speranza che essi potranno sviluppare e coltivare. Ma te lo ripeto di nuovo...non potrai riuscirci sempre. Anzi...saranno più le volte che fallirai, che quelle in cui riuscirai. Poiché il male é tanto, troppo grande. Il male, tutto il male che c'é là fuori é troppo enorme e gigantesco da cambiare. E di questo te ne rammaricherai, e te ne dispiacerai. E soffrirai. Ma tu non cedere, e non demordere. Non farlo mai. Ti dovrai sporcare e lordare le mani sangue, perché sta per giungere un tempo nuovo. Un tempo in cui Dio non potrà più starsene a guardare i poveri mortali dall'alto. E non dovrà aver paura di finire in mezzo alla terra e al fango, a mordere e mangiare la polvere. L' Hokuto – Shinken ti condurrà al mare di sangue, ad un vero e proprio oceano scarlatto. La Divina Arte é il mezzo per arrivarci, laggiù. Esso ti sommergerà. Ne verrai travolto fin sopra la testa, e quasi rischierai di soffocare e di annegare. Ma tu non cedere. E ricordati di non cercare di annaspare inutilmente verso la superficie. Verso una superficie che non potrai mai raggiungere. Che giunto a quel punto non potrai mai più raggiungere, nonostante tutti i tuoi sforzi. Punta piuttosto verso il basso. Più giù, sempre più giù. Ancora più giù. E forse, tra le pietre sul fondale, troverai qualche bolla d'aria o di ossigeno che ti permetterà di continuare a respirare, e ad andare avanti. La verità, Kenshiro...é che Dio, anche Dio é imperfetto. Se é vero che ha creato l'uomo a sua precisa immagine e somiglianza...allora vale anche il discorso contrario. Dio non é affatto così onnipotente come noi lo crediamo. Perché lui non ci ha mai detto di esserlo. Non ce lo ha detto affatto. Siamo noi ad averlo creduto tale. Ed é il motivo per cui ci ha creati. Ha usato l'unico, il solo potere che era certo di avere e di possedere per fare qualcosa di concreto e di determinante. Per la prima volta, nel corso della sua esistenza e delle ere. Dio ha creato l'uomo per dare all'universo stesso la possibilità di osservarsi, Kenshiro. Ha creato esseri simili a lui. E come lui dotati di raziocinio, emozioni, pensieri e sentimenti. E di coscienza. L'uomo é l'unico essere al mondo che SA di essere vivo e di esistere. Proprio come colui che lo ha creato. Dio lo ha fatto con la speranza che questi esseri un giorno potessero aiutarlo a migliorare ciò a cui aveva dato vita, corpo e anima. Ha messo una parte di sé in ciò che ha realizzato, affinché potesse gestirlo e controllarlo ancora meglio. Ma quando si é reso conto che ciò non bastava, che neanche quello era sufficiente...ha deciso di inviare un Dio in mezzo a tutti gli altri uomini. Ha stabilito che uno dovesse ergersi al di sopra di tutti gli altri. Ed é per quello che ha affidato la sua sacra spada al capostipite della nostra gloriosa dinastia, nella notte dei tempi. Come Excalibur col sommo Brenin Arthur Gernow Pendragon, Sovrano di Camelot, capitale del glorioso Regno di Britannia. Supremo sovrano e monarca assoluto dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Come Durendal col prode Hruolandus il Carolingio, paladino dei Franchi. E onorato é più valoroso membro tra la cerchia di vassalli detta dei Dodici Pari. O Tizona col grande condottiero Rodrigo Diaz de Vivar, detto anche El Cid Campeador. E' per questo che venne ideata la Divina Arte della Scuola di Hokuto – Shinken. Ha scelto un uomo, che in principio era comune tra i tanti e senza nessun talento particolare e specifico e lo ha investito di una grande, grandissima responsabilità. Ha deciso che avrebbe potuto, che avrebbe dovuto essere lui il Dio della morte, da lì in poi. Ma neanche questo Dio, esattamente come il Dio che lo ha originato, é perfetto. Non potrai salvare tutti, per quanti tu ne possa uccidere. E quelli che non salverai...diventeranno un peso in più che renderà ancora più arduo e difficoltoso il tuo cammino. Ed un pezzo in più della tua corazza. Diverranno un'ulteriore parte, una componente in più dell'armatura che ti si costruirà attorno. E che ti fortificherà e proteggerà, dato che solo il successore più riuscire a sostenere una tale mole senza venire schiacciato. Tempi bui ed oscuri stanno per arrivare e sopraggiungere. Ed é il tempo che la Divina Arte di Hokuto si riveli, e si manifesti. E' rimasta rintanata e nascosta nel ventre di un tempio o di una caverna per troppo tempo, per troppo a lungo. E' sempre stata la sua natura, dato che fa parte del lato oscuro delle cose. Ma é ora che esca allo scoperto, e che si mostri al mondo. Al mondo intero. E' ora che scenda nella mischia la tecnica del campo di battaglia, e dell'epoca delle guerre. E tu...tu sei la persona giusta, Kenshiro. Nessuno, lo é più di te. Nessuno, lo merita di più, te lo posso garantire. Ti posso garantire senza ombra di dubbio alcuno che é così, figlio mio. E' senz'altro così.”

Bene. Ho finito, figlio mio. Ora ho davvero terminato. Con queste mie ultime parole ho definitivamente concluso il mio discorso. Non ho più nulla da insegnarti. Ed io e te non abbiamo più niente da dirci. Anzi...qualcosa mi dice che questa potrebbe essere la nostra ultima conversazione.”

M – ma padre! Volete dire...m – mi state f – forse d – dicendo che...c – che v – voi...voi...”

Ahimé...temo proprio che sia così, ormai. Per quanto...per quanto mi sforzi, e per quanto io possa tenere duro, scopro ogni giorno di più che il mio vecchio e malandato cuore non ce la fa. E' così, Kenshiro. Il mio cuore é davvero troppo stanco. E la mia chiamata verso il regno dei cieli eterni potrebbe avvenire da un momento all'altro. Ed é per questo, proprio per questo, che ci tenevo ad avere un ultimo dialogo con te. A fare un'ultima chiacchierata. Oltre che per insignirti del titotolo di reggente, s'intende.”

Padre, i – io...io non ho parole. Non trovo davvero le parole, per esternarvi il mio cordoglio. E'...é terribile. C – come...come farò io...come potrò mai farcela a...”

Smettila, Kenshiro.”

C – come dite?!”

Sì. Hai sentito. Ti ho detto di piantarla, figliolo. Smettila subito.”

M – ma...”

Kenshiro, tu...tu sei un grosso stupido!!”

C – cosa?!”

Si. Non sei altro che un grosso stupido, se fai così. Non piagnucolare. Perché é per te stesso che ti stai rammaricando, non per me. Anche se tu credi che sia così. Devi sapere che anni fa stavo per avere una moglie. E forse addirittura un figlio, prima di sposarla. Ma...la lasciai. Lasciai ed abbandonai la mia stessa famiglia. Lasciai tutto, ogni cosa, per seguire il mio destino lungo il sentiero di Hokuto. E quando ne diventai il reggente, il cielo non mi concesse di averne altri. E fu per questo motivo che ho adottato ed allevato voi quattro. Ti ho trasmesso tutto, di me. Tutto quel che sapevo. Mi sono spremuto come un limone, fino all'osso. E tu sei il mio risultato. Sei la mia sola ed unica speranza.”

Ora và, figlio mio. Il cielo ha parlato, ed ha espresso chiaramente la sua precisa volontà. Ed io...io mi sono limitato unicamente a riferirtela, per mia bocca. Non ho rimpianti, sappilo. Non ho più alcun rimpianto.”

...”

Prego che tu faccia buon uso di quel che hai imparato. Di tuto ciò che ti ho insegnato e che tu hai imparato da me. E di tutto quel che potrai imparare per tuo conto, nel corso del tuo cammino.”

Padre...”

E' ora che tu parta per la tua strada, Kenshiro. Ti auguro buona fortuna, ed un lieto viaggio del destino. Affrontalo, e goditelo. E che esso ti sia propizio!!”

 

D'un tratto, qualcosa lo distolse dai suoi pensieri.

Che erano perarltro da poco terminati, per una fortunosa quanto bizzarra coincidenza, dato che da qualche istante non gliene erano più rimasti.

Giusto da poco prima non aveva più nulla da rimembrare, e su cui rimuginare.

Anche questo lo trovava assai curioso, però.

Ce l'aveva sempre avuta, questa strana sensazione. Sin da quando aveva cominciato a praticare la Divina Arte.

Ma ora che ne era diventato il successore, quell'impressione si era fatta e gli era diventata ancora più incisiva. Ed evidente.

E cioé che nulla capitasse e gli capitasse per caso.

Non più, almeno.

Ogni cosa, persino la più piccola ed insignificante...aveva di colpo preso ad avere un perchè.

Il suo perché.

Aveva percepito un nuovo tocco sul viso, tra la tempia e la guancia. Nella stessa porzione di prima.

Ma questa volta non era una goccia di sudore, nonostante ne condividesse almeno in parte la forma e la struttura sferica.

Ma questa era troppo perfetta. Era chiaramente opera di mani e di intelletto umano, non certo della natura o di un fisico vivente. Ed inoltre era stata una volontà, un'intenzione ed un progetto a svilupparla, non di certo un processo chimico spontaneo.

L'aveva creata una macchina, uno strumento. Degli attrezzi.

Non la natura.

E poi era fredda. E solida.

Acciaio, non acqua. Acciaio levigato, fuso e temprato.

Era una canna.

La canna di una pistola. Oppure...

Oppure di un FUCILE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Pensavate che fossi sparito, eh? Che avessi rinunciato, magari?

Ma Redferne non é morto. E' solamente molto impegnato!!

Come tutti, in fondo.

No, dai. Sto ovviamente scherzando, ragazzi.

E mi voglio scusare dell'enorme ritardo nel pubblicare questo nuovo capitolo.

Avrei tanto voluto postarlo prima di partire per le tanto agognate e sospirate vacanze, in modo da poterle augurare anche a tutti voi.

Che si parta o meno. Che in fin dei conti non é quello, a contare davvero.

Conta rallentare un poco e godersi la pace, la tranquillità ed il relax insieme ai propri cari e agli amici.

Che come dico sempre...di tempo assieme se ne trascorre tanto, ma sul viverlo veramente lo si fa davvero poco.

MOLTO poco.

Ci avrei davvero tenuto, lo confesso. Ma...non mi é stato possibile.

Prima della partenza vari impegni si sono accumulati e ho finito per non farcela, purtroppo.

Pazienza. Inutile piangere sul latte ormai versato.

E adesso rieccomi qui, pronto a ricominciare un'altra stagione alla grande. E al meglio delle mie capacità. Che non sono poi molte, a parer mio...

Forse vi sembrerò esagerato, ma...é il segreto per continuare a lavorare bene.

Basso profilo. Sempre.

In questo capitolo ho recuperato quelle atmosfere austere e sacrali delle primissime puntate, dopo quello truzzissimo basato su Jagger.

Che tra l'altro, come si può notare dalle ultime righe, da bravo imbecille é giunto giusto giusto in tempo per rovinare tutto.

Ma non sa cosa l'aspetta, poveraccio...

Prima di concludere, due piccole informazioni di servizio.

Prima di tutto vorrei anticiparvi il fatto che presto questa storia dovrà necessariamente virare sull'arancione.

Una scelta sempre rischiosa, dato che alzarlo potrebbe significare perdere qualche lettore.

Ma diciamo che ci saranno alcune scene che lo renderanno obbligatorio.

E di questo devo ringraziare (o ritenere responsabile) il mio stimato collega Kuumo no Juuza, che con la sua HOKUTO NO LADIES (che vi consiglio caldamente) ha saputo fornirmi qualche piccolo spunto al momento giusto.

Ho imparato che nello scrivere NULLA ACCADE MAI PER CASO.

Probabilmente era ciò di cui avevo bisogno per aggiungere quel tocco in più ad insaporire meglio il tutto e rendere la storia più gustosa, se mi consentite l'esempio culinario.

E poi...un'altra brutta notizia, dopo la dipartita del maestro Kentaro Miura. E che ho appreso qualche settimana fa.

A quanto pare se n'é andato Masami Suda, il realizzatore e character design della serie animata di Ken.

Se Bronson e Hara sono i padri fondatori del fumetto, lui lo si poteva considerare il padre fondatore del cartone che tutti abbiamo così tanto amato.

Inutile negare che mi é spiaciuto molto.

Perché alla fine noi vecchi appassionati é col cartone animato, che siamo cresciuti. Sin dalle primissime volte che é stato messo in onda.

Il manga sarebbe arrivato solo anni dopo. Ad opera della Granata Press prima, e della Star Comics poi.

Chissà se il buon signor Suda si é mai reso conto del terremoto che ha scatenato in un piccolo paese a forma di stivale dall'altra parte del globo.

Perché dopo l'arrivo di Ken, come da sempre ribadisco...nulla é stato mai più come prima.

Ken ha di sicuro avuto un gran successo pure in madrepatria. E di sicuro é pure diventato un classico, visto che se ne festeggiano le varie cadenze e anniversari. E decennali. E ventennali.

Ma qui da noi...si é tramutato in un autentico fenomeno culturale, che ha sconvolto tutti.

Per me é stata una scuola di vita. Mi ha insegnato valori come l'amicizia, la lealtà, il senso del dovere e del sacrificio. Perché sotto a tutta quella violenza...avevo intuito che vi era qualcosa di più.

Sotto al sangue e alle uccisioni...c'erano dei sentimenti. Ed erano quelli, l'anima, il vero cuore pulsante di quel cartone.

I motivi riconducibili a questo fenomeno sono tanti, e non dipendono per forza tutti dalla sua qualità intrinseca.

Bisogna contare che in Giappone escono manga e anime a getto continuo, e i generi di riferimento cambiano in continuazione.

Dai robottoni si é passati agli spokon e poi agli shonen, e poi ancora alle maghette e poi...oggi come oggi esistono decine e decine di validi esponenti per ogni settore.

Da noi, di tutto questo, é arrivata una ben misera parte. Ed oltretutto venivano trasmessi e ritrasmessi a ciclo continuo, repliche su repliche.

Ogni puntata di Ken me la sarò vista almeno trecento volte. Al punto che mi ricordo scne, frasi e dialoghi a memoria!

Grazie di tutto, maestro.

Ormai i nostri miti stanno sparendo uno dietro l'altro.

Il tempo é davvero spietato. Un gran bastardo.

Teneteveli stretti i ricordi, ragazzi.

Chiudiamo coi consueti ringraziamenti di rito.

Un grazie di cuore a Devilangel476, Kuumo no Juuza (andrò avanti a leggere anche la tua, promesso!) e vento di luce per le recensioni all'ultimo capitolo.

E come sempre, un grazie anche a chiunque leggerà la mia storia e se la sentirà di lasciare un suo parere.

E prima di salutarci...lascitemi dire che E' UN VERO PIACERE RITROVARVI QUI.

Spero ve la siate passati bene. Tutti voi.

Alla prossima, e...

 

 

 

 

 

See ya!!

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

   
 
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