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Autore: sallythecountess    05/09/2021    1 recensioni
Aveva perso, la sua carriera era finita ormai, e dopo aver pianto lacrime amare si era sentita stranamente sollevata. Per la prima volta nell’ultimo anno, da sola, di notte era riuscita a trovare un senso a quello che stava facendo. La fama, i giornalisti, i rivali, Marnik, Brian e quel cavolo di Hiro, e soprattutto le maledette aspettative di tutti, le avevano fatto perdere il senso vero di quello che lei stava facendo. Leida non correva per soldi, né per ricevere l’approvazione altrui, ma per la sensazione che le dava spingere la moto a una velocità spaventosa e sentire di saperla controllare, di avere sempre lei il comando. Non era brava a gestire la sua vita, e spessissimo le capitavano cose che subiva e basta, ma in pista, con il casco e la musica Leida non era più quel disastro che sentiva di essere. Era lei la padrona della moto, combatteva fisicamente per piegarla al suo volere e tenerla in equilibrio contro le forze esterne. Il senso di potere che le derivava dall’essere sempre al limite, sempre vicinissima a perdere il controllo, ma riuscire comunque a essere lei a gestire le cose le faceva battere il cuore.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 1:
Ci aveva messo tanto tempo a prepararsi quella mattina, ed era letteralmente tesissimo. Hiro Hatanawa aveva cambiato cinque camicie, e torturato in ogni modo i suoi bellissimi capelli corvini, ma alla fine aveva dovuto rassegnarsi: i capelli non volevano stare al loro posto, e la camicia gli stava davvero male, ma qualunque camicia si rovinava stando in sedia a rotelle, quindi avrebbe fatto poca differenza. Decise di tenerne qualcuna a portata di mano per cambiarsi in aeroporto, e con il cuore in gola partì.
Volete sapere perché era così agitato il nostro amico ex pilota? Beh, la risposta è semplice: stava per salire su un aereo e fare un viaggio lunghissimo soltanto per dire alla donna a cui voleva bene come a nessuno al mondo, che aveva realizzato il suo più grande desiderio e sarebbe tornato nel mondo delle corse. Nella sua stessa categoria, proprio come desiderava lei da sempre, ma come consulente tecnico. Bello, direte, insomma stava per realizzare il suo desiderio. Già, peccato che non avrebbe lavorato per il team della sua amica, ma per la squadra rivale, che quella peste dai capelli ricci odiava come niente al mondo e si sarebbe letteralmente infuriata. Lo avrebbe accusato di fare il gioco di quegli stupidi senza talento, e Hiro si aspettava una lite furibonda, d’altronde era prevedibile.
“ Continuano a non capire che investire soldi su soldi sui motori non servirà, incredibile!” gli aveva detto l’ultima volta che si erano visti, bella da morire in un vestito rosso attillato come al solito.
“… devono prendere un pilota vero, non il figlio di qualche milionario o di qualche gloria del passato, altrimenti continueranno a dare moto fantastiche in mano a ragazzini raccomandati, che non sanno neanche tenerla dritta per cinque curve. Te lo giuro, l’ultima volta le ho contate. Stuart è rimasto su per due curve, ha iniziato a tentennare verso la fine del rettilineo, ha fatto la terza curva a fortuna e sbam! Alla quarta era per terra, insieme a tutta una serie di ragazzini inutili che scaldano le ultime file. Non lo capiscono proprio che un cognome importante non comporti automaticamente del talento, e  quindi ok: assumiamo tutti i figli di vecchi piloti perché automaticamente saranno bravi. Sì, come no. Oh ovviamente senza offesa…” aveva concluso, fissandolo un po’ a disagio, perché dimenticava sempre che anche lui era stato uno di quelli che chiamava “ragazzini raccomandati”.
Glielo aveva gridato a brutto muso tanti, forse troppi anni prima e per un po’ glielo diceva sempre. Hiro sorrise pensandoci, soprattutto perché qualche anno dopo Leida aveva ufficialmente dichiarato che lui era l’unico pilota con il talento necessario da sembrarle pericoloso, ma quel pomeriggio, non poteva proprio ignorare quel ricordo. Fissando distrattamente la città dal finestrino del suo taxi, tornò con la mente al periodo più felice della sua vita, quello in cui aveva tanti amici, bellissime fidanzate, una moto stupenda e soprattutto un corpo funzionante.
 Le vite di Hiro Hatanawa e Leida Fuentes Ferrera si erano intrecciate circa otto anni prima, quando due bambini di dieci anni si erano incontrati per la prima volta sul circuito di San Paolo, in Brasile. Hiro era piuttosto sereno, c’era stato mille volte  e conosceva tutti e malgrado si giocasse l’ammissione ad una celebre accademia per piloti, non provava nessun tipo di agitazione. D’altronde tutti ricordavano le gesta di suo padre su quel circuito, con la sua Arius, e quindi il nostro giovane ragazzino asiatico era abbastanza sereno. Mentre lei era di umore totalmente diverso. La cosa che lo colpì immediatamente erano i suoi capelli. Da lontano non aveva neanche capito che si trattasse di una ragazza, semplicemente aveva notato un’enorme nuvola di ricci castani, fittissima, e si era chiesto come diavolo facessero a entrare nel casco. Lo attiravano genuinamente quei capelli, ma quando la proprietaria della chioma si girò, rimase per un attimo perplesso, perché due occhi verdi lo fissarono con un disprezzo infinito, che lui non pensava di meritare. Neanche in quel momento aveva realizzato che era una ragazza, sebbene avesse la tuta fucsia, e difficilmente avrebbe potuto immaginarlo, perché generalmente non c’erano ragazze nell’accademia.
E poi salirono in sella, e Hiro rimase stupito: il ragazzino con i ricci non solo aveva indossato il casco, ma gli stava anche dando molto filo da torcere. Lui era più bravo, non c’era molto da dire, e lo aveva staccato di molto, ma quella scheggia con la tuta color fucsia sembrava avercela a morte con lui, e provava in ogni modo a metterlo in difficoltà. Quando poi provò a sorpassarlo, e Hiro semplicemente gli chiuse il passaggio, il ragazzino in fucsia perse il controllo della moto e cadde, facendolo per un attimo sorridere al pensiero di quanto semplice sarebbe stata la sua gara senza quell’avversario così ostinato. Hiro vinse, ovviamente, e scese dalla moto felice, aspettando i complimenti dei suoi genitori, ma suo padre non gli prestò minimamente attenzione, e neanche sua madre, deludendolo profondamente. Aveva dato il massimo per suo padre, per renderlo fiero, perché immaginava che per una volta nella vita gli avrebbe detto “bravo figliolo” ma ovviamente non accadde e lui rimase a guardarli da lontano, con i suoi bellissimi occhi asiatici velati di tristezza. E poi sentì “Hey bastardo” e si girò confuso. Davanti a lui c’era il pilota capellone, quello con gli occhi verdi, e sembrava davvero arrabbiato. Non disse una parola, gli lanciò uno sguardo confuso, ma l’altro lo spinse e gli gridò soltanto “sei contento di quello che hai fatto, eh bastardo?”
Aveva uno strano accento, che lui non individuò subito, ma non ebbe troppo tempo per pensarci, perché il pilota riccio furioso gli allungò un fortissimo pugno in faccia, urlando “…se io non potrò diventare un pilota per colpa tua, almeno tu non potrai andare in giro con quella faccia di culo da raccomandato intatta!”
Hiro non capì, ma quel ragazzino era furioso, e aveva persino le lacrime agli occhi. Dopo il pugno, i suoi genitori finalmente si accorsero di lui e iniziarono a discutere con due tizi stranissimi e parecchio folcloristici, che continuavano a giustificare il ragazzino folle.
Ci vollero mesi prima che Hiro scoprisse che quei capelli strani e quegli occhi erano in realtà di una ragazza, e lei si presentasse un po’ imbarazzata in quel suo inglese-brasiliano che era diventato uno dei suoi simboli, insieme ai capelli leonini, gli occhi belli da morire e un carattere estremamente irascibile.
La chiamavano tutti “la furia” senza sapere che era stato lui a darle quel soprannome, ma Leida per Hiro era soprattutto la sua leonessa, e il tatuaggio che aveva sul polso glielo ricordava spesso. Una leonessa che non rispondeva al telefono da tre giorni, immaginando probabilmente quello che lui stava andando a dirle.
Capitolo: una promessa e un accordo
Provò a scriverle, a dirle che stava andando in aeroporto, che sarebbe stato il giorno dopo a San Paolo per vederla, e finalmente ricevette una risposta, tanto gelida da farlo soltanto sospirare.
“Ok” scrisse e lo inviò senza pensarci troppo, allontanando il telefono come per mettere via un pensiero troppo doloroso. Erano tre giorni che Leida era a pezzi, ma non per il motivo che Hiro immaginava, bensì per uno molto più romantico.
Stavolta era sicura che le cose tra loro stessero andando per il verso giusto, lo stava contemporaneamente provocando, coccolando e facendo ingelosire e Hiro reagiva sempre, esattamente, come lei voleva. Eppure il colpo di scena del nuovo contratto incasinava le cose tra loro non poco.
Vedete, c’era stata una promessa qualche settimana prima, che profumava come un inizio. Leida aveva finalmente vinto il campionato, e ovviamente avevano festeggiato insieme in Brasile il giorno dopo. La famiglia di Leida, i suoi amici e i collaboratori le avevano organizzato una festa pazzesca, e Hiro mostruosamente intimidito era entrato in quella bolgia con la musica rock a tutto volume. Era in ansia da morire per il suo aspetto, e non voleva che qualcuno la prendesse in giro per essere uscita con un uomo sulla sedia a rotelle, quindi si stava sforzando mostruosamente di stare in piedi con le stampelle e sperava di trovarla presto. Ovviamente una come Leida non passa mai inosservata, e Hiro sorrise perché era su un tavolo a ballare con una sua amica bevendo. Come sempre era molto poco vestita, e Hiro pensò che fosse davvero la fine del mondo, selvaggia scatenata e scapigliata, ma quando lei lanciò le scarpe e iniziò a saltellare sui tavoli per correre da lui, il cuore gli scoppiò letteralmente.
“Andiamo via?” gli disse subito, dopo averlo abbracciato e Hiro le chiese perché volesse abbandonare tutti in quel posto, ma lei rispose solo una cosa “ho vinto, e l’unica cosa che voglio è stare sola con te…me lo sarò meritata, no?” mettendolo a tacere e facendogli scoppiare il cuore contemporaneamente.
  Lo aveva letteralmente trascinato fuori, verso il posto che lei amava di più al mondo, e Hiro era rimasto estremamente perplesso quando aveva fatto partire la sua barca e godendosi il vento sulla pelle lo aveva portato a largo. In barca, sotto i fuochi d’artificio, si erano stretti un sacco e sfiorati in modo molto poco da amici. Hiro le aveva promesso che dopo aver finito il ciclo di terapie a cui si stava sottoponendo, avrebbe passato con lei in Brasile una parte dell’estate, e Leida si era letteralmente sciolta e lo aveva tenuto stretto per tutta la serata, sussurrandogli piano che non era mai stata così felice.
 Erano anni che lo amava, ma ultimamente sentiva di avere una possibilità. Aveva fantasticato tanto su quella vacanza, si era detta che ormai c’erano quasi, che stavano per varcare quel limite pericoloso che sfioravano da mesi. E questo pensiero l’aveva fatta sorridere anche in momenti molto bui.
 Sette anni, tanto era passato dalla prima volta che Leida si era resa conto dei suoi sentimenti per lui. Per i primi due anni, infatti, lo aveva considerato un nemico e odiato con tutte le sue forze. Lo detestava all’inizio, perché lui era il figlio del più grande campione di motociclismo che l’Asia avesse mai visto, e per lui era facile qualsiasi cosa. Lei, invece, povera e figlia di nessuno, aveva dovuto fare migliaia di sacrifici per essere dove si trovava, ed era costantemente fuori posto.
 Poi, però, Leida e Hiro erano diventati compagni di squadra, e tutto era cambiato. Lui era bravo, più di lei all’inizio, e questo la rendeva ancora più nervosa e le faceva commettere errori grossolani. All’inizio il suo odio per lui era peggiorato, ma una sera le cose erano cambiate. Hiro l’aveva raggiunta a sorpresa in officina a notte fonda e si era offerto di aiutarla. Leida offesa e arrabbiata lo aveva rifiutato brutalmente e aveva fatto per uscire, ma allontanandosi sentì “…è solo una questione di controllo e di concentrazione. Io ti supero, ti distrai e perdi il controllo della moto, è sempre così. Non fai errori quando tu sei prima, ci hai mai fatto caso?” lasciandola senza parole. Per settimane continuarono ad allenarsi di notte, da soli, ignorando tutte le regole, e Leida piano piano iniziò a prendere il controllo della situazione, ma anche ad innamorarsi.
Hiro era gentile con lei, molto timido, ma sapeva quello che faceva e in più aveva due occhi neri bellissimi. Leida, però, continuava a trovargli difetti, cercava in ogni modo di rinnegare i suoi sentimenti, fino a quando lui fece un gesto stranissimo per supportarla. Lei stava migliorando a vista d’occhio, ma la stampa sembrava sempre più concentrata sui suoi look, sul trucco e le unghie, piuttosto che sulle sue competenze, così nacque un’accesa polemica sul fatto che Leida avesse le unghie ricostruite. Per giorni i giornalisti non facevano che chiederle come potesse guidare con le unghie così lunghe, e tante altre domande stupide, che la irritavano terribilmente e la spingevano a discutere in modo molto acceso con i giornalisti. Era diventato un caso mediatico e i giornalisti lo facevano di proposito, solo per poter scrivere in copertina che la matta pilota aveva litigato ancora con loro. Questo ovviamente la metteva in cattiva luce anche con la scuderia che più volte aveva parlato anche con Hiro delle problematiche caratteriale di Leida.
 Il culmine lo raggiunse una giornalista, che al termine della conferenza stampa che seguiva la prima vittoria di Leida con la sua squadra e in quella nuova categoria, le chiese entusiasta se avesse indossato quel trucco che mostrava in conferenza stampa anche sotto il casco. Leida si irrigidì ed era pronta a insultarlo in mille modi, quando Hiro disse solo “oh io sì, se ti interessa. Vuoi discutere di marche di mascara con me? O di unghie magari?” strappando un sorriso alla sua amica.
Quello era il momento esatto in cui aveva capito di amarlo e da allora era passata un’infinità, ma i sentimenti di Leida avevano retto. Aveva sopportato che lui la considerasse solo un’amica, e aveva ancora i brividi ripensando a quando le aveva detto che teneva talmente tanto a lei da cambiare squadra, se questo l’avesse aiutata a superare la delusione, ma che sperava di poterla riavere come amica un giorno. E lei lo aveva fatto, aveva continuato a stargli accanto, anche se con il cuore spezzato. C’era stata sempre, nelle sue vittorie, nelle sconfitte, e anche dopo il suo incidente. Aveva abbandonato la gara immediatamente per seguirlo in ospedale e gli era rimasta accanto per settimane, da sola con sua nonna, e poi a malincuore si era allontanata quando glielo aveva chiesto, rispettando il suo bisogno di spazio e distanza. Per anni si erano solo scritti qualche messaggio durante le ricorrenze, e lei aveva creduto davvero di essere andata avanti, abbandonandosi alle attenzioni di un tizio o dell’altro, ma poi si erano rivisti e si era accorta di amarlo ancora, di non aver mai smesso, ma quei sentimenti ormai le facevano soltanto male.
 
Capitolo: rivedersi
 
“Devi andartene Leida, devi tornare al tuo lavoro e lasciarmi in pace, perché onestamente non tornerò mai più a essere la persona che ero prima, ed è inutile pretendere che questo possa accadere…”
Le aveva detto serissimo, con le lacrime agli occhi, dopo mesi di ospedale e riabilitazione. Leida aveva dormito con lui, mangiato insieme a lui e passato ore a giocare a carte, leggere giornali e ascoltare musica. Il risultato, ovviamente, era che i sentimenti di lei si erano rafforzati infinitamente, ma anche Hiro aveva dovuto ammettere con se stesso che provava qualcosa per lei.
Non era la prima volta che accadeva, era sempre stato attratto da lei. Era bella, oggettivamente, divertente e anche molto forte, fin troppo. Poteva capitarle qualsiasi cosa, e lei dopo qualche istante si rialzava e come niente fosse tornava alla sua vita, facendo tesoro di quella caduta. L’aveva vista crescere, affrontare un enorme lutto e trovare la sua dimensione e la sua forza in quel dolore. Una così, inevitabilmente, fa paura, e Hiro era convinto che se si fosse mostrato dolce o vulnerabile con lei, sarebbe finito in mille pezzi.
Eppure nei lunghi mesi d’ospedale, Leida aveva mostrato un altro lato della sua personalità. Era stata tenera, dolcissima e incredibilmente di supporto e Hiro ovviamente se ne era innamorato. Era convinto che la riabilitazione gli avrebbe permesso di tornare alla sua vita, e si era detto mille volte che una volta tornato in piedi l’avrebbe amata, e persino sposata. Poi, però, era giunta una notizia terribile, che lo aveva spinto nel baratro. Hiro non poteva tornare come prima, non senza un intervento molto rischioso. Leida aveva dato per scontato che lui avrebbe provato, e ne era scaturita una fortissima lite tra loro.
“…io rischio la vita ogni domenica, andiamo. E lo hai sempre fatto anche tu, senza tante paranoie, perché dovresti rifiutarti di tornare in piedi solo per paura?” gli ruggì, con i modi sbagliati e Hiro, stanco di litigare, decise di doverla allontanare.
Non fu semplice, ovviamente, ma ci riuscì e per anni non si videro più e a stento si inviarono qualche messaggio durante le ricorrenze. Hiro aveva attraversato una terribile depressione, che lo spingeva a non alzarsi neanche dal letto, ma non aveva mai voluto nessuno. Poi una sera alcuni amici lo avevano sorpreso e spinto a partecipare a una corsa di auto con l’inganno, e piano piano Hiro aveva iniziato a risalire dal baratro.
Tre mesi prima del suo viaggio in Brasile, era stato convito da uno di questi amici a partecipare ad una festa molto esclusiva. Non gli andava, in realtà, ma doveva dimostrare alla sua psicologa di poterlo fare, così decise di presenziare per meno di un’ora, e la sua vita prese una svolta improvvisa. Anche Leida era a quella serata, ma non sapeva che lo avrebbe trovato lì. Era fidanzata con un pilota di formula uno, e tutti concordavano che fossero fantastici, ma Leida rimase senza parole trovandosi davanti Hiro. Non lo vedeva da anni, non lo aveva mai visto in sedia a rotelle, eppure quando i loro sguardi si trovarono nella folla, sembrò quasi che si stessero aspettando. Entrambi furono attraversati da una scossa elettrica nel rivedersi. Hiro si sentì totalmente sottosopra, mentre Leida realizzava che era ancora più bello. Lasciò immediatamente il braccio del fidanzato per avvicinarsi a lui, e letteralmente lo travolse in un abbraccio.
“Da quanto tempo, saggia gazzella…” sussurrò stringendolo e lui tra i suoi capelli bisbigliò solo “giovane leonessa, sei sempre più bella e profumata anche!” facendola sorridere.
Leida rimase per un secondo in quell’abbraccio, poi ignorando tutti, decise di portarlo via e si richiusero in una stanza per ore, rivangando i vecchi tempi, ma parlando anche di argomenti spinosi, come ad esempio della relazione nuova della giovane campionessa.
 “Immagini com’è, no? Due piloti, due campioni. Entrambi i migliori delle nostre categorie, entrambi tra i più giovani talenti della nostra specialità, insomma…ego a palla! Le nostre liti sono sempre la fine del mondo, e non so chi dei due ci metta più tempo a prepararsi prima di uscire…”
“…ma siete belli insieme…” concluse Hiro, sentendo uno stranissimo senso di disagio e procurando a lei un sorriso amaro. Parlarono anche di lui, e lei non volle credere assolutamente alle sue parole quando le giurò di non avere una donna.
“…sei veramente troppo bello Hiro, dai. Non ci credo che l’infermiera o il medico o chiunque altro non ci abbia provato” osservò Leida seria e lui stringendosi nelle spalle le spiegò che non cercava una donna in quel periodo.
“…beh magari una donna no, ma una scopata ci può stare. Un’amica occasionale…” continuò, per provocarlo, ma lui ridendo rispose “non so neanche se posso ancora scopare Ledi…” e lei inorridì per qualche istante, ma poi notò che la stava prendendo in giro e gli lanciò un cuscino come sempre.
“Sei uno stronzo a scherzare su queste cose!” concluse agitata, ma lui ridendo rispose “…e tu ci caschi sempre, com’è possibile?” fissandola intensamente.
“Voglio assolutamente sapere se hai una donna…” gli disse piano, un po’ troppo vicina alle sue labbra, dato che lui si sentì totalmente sottosopra, ma Hiro scosse solo la testa.
In quel momento, però, mentre entrambi realizzavano di essere troppo vicini, Carol il famoso pilota, li raggiunse e ringhiò alla sua compagna che stava per andarsene. Leida si strinse nelle spalle e rispose solo “ok, ciao” irritandolo ancora di più, ma al contempo spingendo Hiro a dirle che anche lui stava andando via.
Uscirono insieme, e si salutarono con enormi occhi tristi. Nessuno dei due voleva salutare l’altro, c’era ancora molto di cui parlare, ma l’ego di Carol era stato ferito, metteva fretta a Leida e Hiro non voleva che litigassero per colpa sua.
“Scrivimi, adesso. Capito?” gli disse, salutandolo con un bellissimo bacio sulla guancia e occhi pieni di lacrime, e lui annuì soltanto, lasciandola andare.
Salirono nelle rispettive auto con il cuore sottosopra, entrambi dispiaciuti. Hiro sbuffò e fissando il numero che lei gli aveva scritto, digitò in fretta “…sono felice di averti ritrovata. E’ sempre bello passare del tempo con te, mia matta amica leonessa. Spero di rivederti presto…” e poi allontanò il telefono per guidare.
Leida, invece, era in crisi.
“E’ sempre lui, ha sempre lo stesso profumo e gli occhi belli da morire. Chissà dove diavolo sta andando ora, con chi cazzo dormirà stanotte…” pensava afflitta, fissando fuori dal finestrino.
 Si chiedeva come potesse ancora provare quei sentimenti per lui, però li provava ancora, non c’era alcun dubbio. Carol arrabbiato continuava a parlare, ma Leida neanche ascoltava, e quando poi ricevette il messaggio, il cuore le scoppiò letteralmente e seppe esattamente cosa doveva fare.
“Carol è finita, mi dispiace…” bisbigliò piano, mentre lui guidava, e quel povero pilota ebbe un mezzo infarto.
“ma un mese fa tu…” le disse sconvolto e Leida dispiaciuta sospirò “lo so. So cosa ho detto e so cosa ho fatto, ma stasera ho capito di non provare quel genere di sentimenti per te e non voglio rubarti altro tempo. Sii felice e fammi un ultimo favore: dai la mia valigia a Gio domani, e adesso accosta…”
Carol stravoltò le urlò contro, ne disse di tutti i colori, ma lei dispiaciuta ripetè soltanto “mi dispiace, ma posso uscire con te, possiamo divertirci, ma il mio cuore è di un’altra persona…”  lasciandolo senza fiato.
A nulla valsero le suppliche del povero pilota, Leida scese dall’auto, si accomodò al lato della strada e sorridendo fece partire una telefonata. Hiro aveva appena lasciato al valletto dell’hotel la sua auto e stava aspettando l’ascensore quando lei lo chiamò.
“Avrei bisogno di un passaggio e magari anche di una cena. C’erano tutte mini cose strane a quella festa…” le disse piano, agitata, ma non troppo. Sapeva che Hiro sarebbe corso a salvarla, lo conosceva troppo bene e così fu. Arrivò in meno di un’ora e rimasero a chiacchierare per tutta la notte in giro per Vienna vicinissimi, salutandosi all’alba con il cuore in mano.
Da quella notte, però, qualcosa era cambiato anche in lui, Leida ne era sicura. Si erano rivisti e sentiti ogni giorno più volte al giorno. Hiro era geloso, flirtava con lei e la coccolava, quindi Leida era certa che stesse per succedere qualcosa, ma non capitava mai nulla. E probabilmente non sarebbe mai successo nulla, si disse Leida fissandosi allo specchio e sbuffò fortissimo.
Già, perché Leida aveva un accordo di riservatezza piuttosto imponente, che avrebbe sicuramente ostacolato il suo rapporto con lui, che comunque si stava anche rimangiando quella promessa.
Ci era cascata ancora, e stavolta aveva creduto a quella stupida promessa, riempiendosi di aspettative, ma se Hiro avesse accettato l’offerta della Retios non avrebbe avuto tempo da passare con lei, e si sarebbero visti soltanto di sfuggita durante le gare.
“E addio storia d’amore…” sussurrò sbuffando, osservando la foto che aveva come sfondo del telefono, in cui sorridevano insieme avvolti da mille petali rosa. E poi proprio in quell’istante qualcuno le telefonò, facendo sorridere Leida.
 
Capitolo: Sakura
Nel frattempo in aeroporto Hiro era rimasto a fissare un manifesto pubblicitario che ritraeva una coppia abbracciata sotto i ciliegi in fiore, torturandosi con un ricordo che faceva più male del dovuto.
“Il tuo colore preferito è il rosa, no?” le aveva detto una sera, in videochiamata, imbarazzato da morire perché lei gli aveva risposto con una sottoveste incredibilmente sexy e rosa, ovviamente.
Leida aveva riso forte, facendogli notare che era piuttosto strano che avesse notato solo il colore, ma Hiro si sentiva terribilmente a disagio, così le disse piano “…no è che pensavo che mi piacerebbe portarti a vedere i ciliegi, vicino casa mia a Okinawa. Sai, è esattamente come io vedo te: una specie di esplosione rosa. Ti potrebbe piacere…”
Leida aveva soltanto riso di quella strana definizione, e poi lo aveva un po’ preso in giro per aver ignorato il suo abbigliamento sexy.
“Ledi non ignoro nulla, è solo che certe cose per telefono non vengono proprio naturali…” rispose, fissandola negli occhi, ma con le guance un pochino arrossate, e per un secondo lei rimase senza parole.
“Sei bella da togliermi il respiro, non lo sai?” aggiunse, spinto da non so quale forza, e poi si sentì immediatamente in imbarazzo per quella frase. Non voleva che lei pensasse di non interessargli, ma neanche voleva sembrare troppo sfacciato.
Leida si sciolse letteralmente per quelle parole, e gli sorrise in modo splendido, prima di sussurrargli, con enormi occhi innamorati, che le sarebbe piaciuto un sacco andarci insieme.
“…anche perché, lo sai, faccio schifo letteralmente sul circuito in cui tu invece sei cresciuto, quindi potresti magari darmi qualche consiglio…” aggiunse un po’ nervosa.
 Suzuka era la pista su cui si giocava il campionato, e Leida aveva qualche difficoltà lì. Aveva programmato di arrivare prima di tutti, per studiare il più possibile la strategia da usare, ma Hiro avrebbe potuto davvero fare la differenza.
“Certo Ledi, fai schifo…come no. Sei soltanto il fottuto campione del mondo in carica e hai staccato l’argentino di trenta punti…non fare la damigella da salvare, non ti si addice!”
Le disse ridacchiando e lei gli fece un occhiolino vagamente compiaciuta.
“Lo sai che ti serve soltanto di ragionare un attimo sul freno nelle curve, non c’è bisogno che te lo dica io…” concluse, orgoglioso di lei e Leida annuì, sussurrando piano che farlo insieme era sempre meglio.
 “Tutto insieme è meglio…” le sussurrò pianissimo, cercando di farla sorridere, ma gli era venuta male e Leida alzò un sopracciglio compiaciuta.
“…possiamo anche fare altro dopo la gara, dato che è meglio insieme…” concluse seria, ma quando lui le spiegò che non era quello che intendeva dire rispose solo “e allora divertiti da solo…” facendolo ridere ancora.
Era impazzita trovandoselo nei box a sorpresa, ma Hiro si era pentito amaramente di quell’improvvisata per ben due motivi. Il primo era che aveva scoperto che Leida aveva uno spasimante, un pilota argentino robusto e muscoloso con il sorriso da mascalzone che la tampinava di continuo. L’altro motivo era semplice: la società rivale a quella di Leida lo aveva visto all’opera come consulente in quell’occasione, e aveva deciso di assoldarlo.
Erano stati giorni felici quelli a Okinawa, e loro erano stati vicini come mai prima, anche se Hiro aveva scoperto il demone della gelosia, per quel maledetto argentino che scriveva a Leida a tutte le ore. Lei, invece, aveva completamente regalato il suo cuore a quel ragazzo con gli occhi orientali, e quando Hiro le aveva regalato un piccolo fiore di ciliegio disidratato da portare sempre al collo, aveva davvero fatto fatica a non baciarlo.
Cosa l’aveva fermata? Secondo voi? Leida era molto sicura di sé, aveva un ego molto sviluppato, ma era già stata rifiutata una volta. E ci era stata male come mai prima. Sapeva che Hiro le lanciava dei messaggi molto chiari, ma malgrado il suo carattere istintivo le imponesse di lanciarsi letteralmente tra le sue braccia, aveva deciso che stavolta toccava a lui. Che invece, ovviamente, era certo che se lei l’avesse voluto se lo sarebbe preso, come tutto.
“Dannati ciliegi…” pensò, fissando ancora una volta quella coppietta che gli ricordava fin troppo loro due, e come avrebbe potuto non farlo dato che lei aveva deciso di cambiare colore di capelli dopo quel giorno?
“Ho i capelli color sakura adesso, così ogni volta che li vedrai non potrai evitare di pensare a me…”
Gli aveva scritto a sorpresa, poco prima della sua ultima gara e Hiro aveva sorriso, chiedendosi ancora una volta come avrebbe mai potuto evitare di pensare a lei a prescindere dai suoi capelli, ma non lo aveva detto. Aveva sbuffato, perché gli faceva terribilmente paura quella vicinanza, e poi ne aveva parlato con la sua psicologa, ancora una volta.
 Le aveva fatto qualche complimento per quel suo nuovo look ancora più spregiudicato del solito, ma un po’ impacciato per non esagerare, e poi avevano finito come sempre col parlare di moto. Deludendola per l’ennesima volta, e convincendola a uscire con un gruppo di nuovi amici, tra cui c’era il suo rivale. Il pilota argentino aveva postato un sacco di foto in cui c’era anche lei, foto innocenti di una serata tranquilla tra colleghi, che però erano accompagnati da una frase in spagnolo ambigua, che Hiro aveva provato a tradurre in tutti i modi, prima di andare in panico capendo che ormai lei era diventata la sua “rosa amichetta”. Aveva fatto il pari e dispari con il suo cuore, perché non doveva essere geloso, ma aveva perso. Così con una scusa stupida l’aveva chiamata, solo per sentire la sua voce e assicurarsi che non fosse a letto con lui. E voi penserete che lei si fosse innervosita, ma in realtà Leida sapeva esattamente il motivo di quella chiamata e aveva giocato un sacco con la sua gelosia, assecondandola e rassicurandolo allo stesso tempo. Lo voleva, desiderava disperatamente che lui si innamorasse di lei quanto lei aveva sempre amato lui, e sapeva che stava cuocendo a fuoco lento. Quella sera si erano addormentati insieme al telefono, e Leida aveva sorriso al mattino, realizzando che nessuno dei due avesse chiuso la telefonata.
“E non pensi di esserne innamorato?” gli avevano chiesto praticamente tutti, ma a Hiro non piaceva la risposta a quella domanda. Era ovvio che fosse innamorato di lei, lo era stato più di una volta in quegli anni, ma il tempismo era sempre sbagliato. Leida non era una donna semplice e il rischio che lei lo masticasse e sputasse letteralmente, c’era e lo terrorizzava. L’amore gli faceva paura, e non poco, ma ogni volta che si vedevano si ripeteva che doveva provare, sforzarsi, eppure non riusciva mai a trovare la forza per tirare fuori quello che provava.
Aveva voglia di avvicinarsi a lei, era inevitabile e sapeva che stava per succedere, ma non si sentiva sicuro. Leida, da tutti chiamata “Furia” era un vulcano, passionale e bellissima, e continuava sempre a stringerlo e toccarlo quando si incontravano. Più di una volta Hiro in preda alla lussuria aveva cominciato a toccarla un po’ troppo, ma poi lei non aveva reagito come si aspettava e lui aveva fatto un passo indietro. Leida era la seconda persona al mondo più importante della sua vita e se dovevano scavalcare i limiti dell’amicizia, dovevano farlo insieme. Se davvero avesse voluto, si era detto mille volte, non sarebbe mai stata docile e remissiva. Quello che ignorava, però, era che lei avesse esattamente gli stessi pensieri per la testa.
 “Vi sembrerà di portare sempre addosso la straordinaria esperienza dei ciliegi in fiore” diceva il cartellone e Hiro pensò solo che difficilmente avrebbe potuto dimenticare quel momento, ma entrò e le comprò quel cavolo di profumo perché voleva davvero che lei non lo dimenticasse.
Nota:
Ciao a tutti, allora se avete già letto questi capitoli potete anche evitarli. Mi sono accorta che mancava qualcosa e volevo assolutamente tornare a lavorarci. Se è la prima volta che incontrare Leida e Hiro, benvenuti. Spero che questi due vi siano simpatici. A presto!
   
 
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