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Autore: MissJapan13    11/09/2021    2 recensioni
Hip Hop Dance AU
Izuku riuscì finalmente ad entrare alla prestigiosa scuola di danza UA, rincontrando Katsuki dopo due anni. Il biondo, da sempre un talento naturale per l'hip hop, fu il primo ad avvicinare Izuku al ballo ma fu anche la causa del suo trasferimento durante il primo anno delle medie.
Quando sembrava ormai rassegnato a non inseguire più i suoi sogni, grazie ad un mentore, Izuku mise anima e corpo nella danza e nel migliorare se stesso, riuscendo così a superare la selezione.
Nella sua nuova classe, però, incontrerà proprio Kacchan, che dovrà fare i conti con il suo passato e con il suo rancore nei confronti di Deku, mettendo da parte il suo orgoglio per diventare il numero uno.
*
Dance AU in cui i BakuDeku, tra esibizioni provocanti e fanservice voluto dal pubblico, si avvicineranno con le buone o con le cattive, e la 1A dovrà svolgere diverse sfide di danza e di popolarità per un contest. E' ispirata fortemente alle coreografie del 1 Million Dance Studio, di cui linkerò per ogni esibizione il video di Youtube. Ci saranno anche link di alcuni animated TikTok che saranno parte integrante della storia.
Genere: Angst, Erotico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, questa è una slow burn infinita che, dopo mesi in cui mi salvo i video necessari e scrivo appunti sulle note, mi sono decisa finalmente a scrivere. Volevo avvisare che metterò i link dei video all'interno del capitolo (parole in grassetto e sottolineate) e anche alla fine in un summary per facilità di lettura. Il primo capitolo ne contiene solamente uno ma nei prossimi ce ne saranno molti di più! Inoltre molti personaggi avranno le loro esibizioni perchè... Perchè sì.
Questa FF è nata dalla mia passione per l'hip hop (soprattutto coreano) e dal mio neonato amore per i tiktok porcelli in cui gli anime characters ballano quindi... Ecco, vi ho avvisati.

Inoltre sono indignata dalla mancanza di Dance AU per il fandom di MHA quindi sono arrivata in soccorso.
 


Era una giornata d’estate così calda che Izuku sentiva la pelle bruciare sotto ai raggi del sole, talmente abbaglianti da costringerlo a tenere le palpebre semichiuse. La palla da calcio che stava calciando senza un obiettivo preciso, annoiato, era così grande per le sue piccole mani che, non appena cercò di prenderla da terra, gli scivolò dalla presa, rotolando lontano fino a dietro una siepe. Piagnucolando, Izuku la rincorse con un profondo cipiglio causato dalla luce accecante del sole ma, non appena girò l’angolo superando le foglie dei fitti cespugli, si ritrovò in uno spazio del parchetto che mai aveva visto. Un piccolo quadrato di prato nascosto dalle siepi e ombreggiato da un grande albero che sembrava essere messo lì per nascondere ad occhi indiscreti quel piccolo nascondiglio segreto.

Riprendere il pallone, però, era l’ultimo dei suoi pensieri a quel punto. Al centro, un bambino dai capelli biondi tutti spettinati dal sudore e dal venticello che sembrava soffiare solamente in quel fazzoletto di prato, ballava saltellando da una parte all’altra senza mai stancarsi, facendo muovere il filo delle cuffiette che teneva nelle orecchie freneticamente. Gli occhi di Izuku si sgranarono e iniziarono a brillare a quella visione, per quel bambino che sembrava essere la rappresentazione stessa della libertà. Non seppe per quanto tempo rimase a fissarlo a bocca aperta e con una commozione che non si spiegava negli occhi, ma le lacrime che minacciavano di rigargli le tonde guance quasi lo convinsero a correre da sua madre in cerca di conforto. Quel pensiero venne però spazzato via nel momento in cui il bambino dai capelli del colore del sole si accorse della sua presenza, puntando gli occhi sui suoi.

–Che hai da guardare?!– sbottò improvvisamente, abbandonando l’espressione divertita e birichina che aveva mentre ballava e assumendone una più insicura, che sicuramente voleva sembrare minacciosa senza però riuscirci.

Tuttavia un sussulto mosse il suo corpo non appena notò che il bambino dai capelli verdi di fronte a lui era scoppiato a piangere all’improvviso, borbottando parole sconnesse tra loro.

Izuku era ad un passo dal correre via, abbandonando persino il suo unico pallone, pur di scappare da quella situazione. Se non fosse che una piccola mano si appoggiò sopra la sua testa, in modo un po’ rude, come per farlo calmare.

–Perché piangi? Sei proprio un bambino! – sospirò il biondo, gonfiando il petto come a suggerire di essere l’adulto della situazione, e Izuku non se la sentì proprio di fargli notare che gli tremavano le dita della mano ancora sui suoi capelli.

–Io… Ecco… Anche io voglio fare quello che facevi tu. P-Posso giocare con te? – balbettò Izuku, senza riuscire a fermare le lacrime che gli rigavano le guance e l’imbarazzo che contorse la sua bocca in una smorfia, con il labbro inferiore all’infuori per trattenersi dal singhiozzare.

La manina sulla sua testa si spostò sul suo viso, quasi schiaffeggiandolo nell’impacciato tentativo di asciugargli le lacrime. Fraintendendo il gesto, Izuku quasi scoppiò a piangere una volta per tutte, ma il rossore sulla faccia del bambino e la sua espressione insicura lo fecero rimanere immobile sul posto, in attesa.

–Non puoi ballare senza musica! Ecco, tieni– in un gesto brusco, il bambino gli passò una delle sue cuffiette, condividendo con Izuku il suo preziosissimo MP3 di cui, solitamente, ne era talmente geloso da nasconderlo persino alla vista di tutti gli altri bambini.

Gli occhi ancora lucidi di Izuku iniziarono a brillare all’istante, con una canzone energica che lo inondò all’orecchio e il bambino biondo che pian piano tornava ad essere a suo agio e a muoversi a ritmo al suo fianco.

Dopo un paio di minuti di silenzio e immobilità, Izuku tentò di imitarlo, provocando solamente una risatina dal suo nuovo amico ma nessun commento.
Un sorriso spuntò sul suo volto quando si sentì prendere le mani dal bambino senza nome, che iniziò a tirarlo da una parte all’altra come se fosse una marionetta, improvvisando una danza a due che provocò le risate di entrambi.

–Io… Io mi chiamo Izuku! – parlò in un momento di pausa, riprendendo fiato dopo aver riso così tanto ed essersi mosso come uno scatenato.

–Io sono Katsuki Bakugou, il prossimo ballerino numero uno di tutto il Giappone! – rispose lui, grattandosi il naso con l’indice, senza nascondere il grande sorriso pieno di orgoglio che stava sfoggiando.

–Numero uno?! Waah! P-Piacere Ka... Kat… Katchuki? – iniziò insicuro, portandosi una mano alla bocca per nascondere l’imbarazzo. La distorsione del nome però non fu gradita al bambino al suo fianco, che subito corrugò la fronte, quasi offeso.

–Katsuki! Ka-tsu-ki! – gli puntò l’indice contro, scandendo bene le sillabe del suo nome.

–Hum… Kacchan? – provò Izuku impacciato, sorridendo però leggermente, fiero del nomignolo che aveva pensato. Nel momento in cui lo pronunciò, una sensazione di calore gli scaldò il petto, simile ai caldi abbracci di sua madre.

Il cipiglio non lasciò il viso del biondo, che però si voltò subito dall’altra parte per nascondere il lieve rossore che si espandeva dalle guance fino alle orecchie.

–Può andare, anche se non sono più un bambino piccolo! Però solo tu puoi chiamarmi così, chiaro?! –

Izuku sorrise felice, allungando una manina verso il suo nuovo amico e allargando il sorriso ancora di più, talmente tanto da sentirsi tirare le guance, nel momento in cui Kacchan gli prese la mano di risposta.
 

 
Il suono della sveglia lo fece sobbalzare sul letto. Una smorfia si creò sul suo viso non appena si accorse di essere tutto sudato e, mettendosi seduto, si portò una mano al petto nel tentativo di calmare il battito del suo cuore che sembrava impazzito.

Di nuovo quel sogno.

Con un sospiro, si divincolò dal lenzuolo che durante la notte gli si era annodato sulle gambe. Prese il telefono e spense la sveglia. Dopo un ennesimo sospiro, controllò le notifiche e, non appena ne vide una in particolare, sentì i battiti del suo cuore accelerare di nuovo, premendola senza esitazione, come altre mille volte aveva fatto.

Un video di YouTube si aprì, caricato la sera prima dal canale “DynamightSquaD”, l’unico che Izuku seguiva dal suo account fake “user026451”.
Come al solito, il video era registrato in verticale, probabilmente da un telefono, e durava pochi secondi. Ma a Izuku bastavano per provare mille emozioni. Era quasi incapace di contenere le sensazioni che quel ragazzo sempre in primo piano e seguito da altri sullo sfondo gli faceva provare. Con la mascherina nera sul viso e il cappello calato sulla fronte, Izuku non poteva osservarne come avrebbe voluto i lineamenti, ma non aveva dubbi su chi si trattasse. Bastavano quei pochi ciuffi biondi che scappavano incontrollabili dalla restrizione del berretto a dargli la conferma.

Ancora non si capacitava di come riuscisse a muoversi in modo così fluido e allo stesso tempo così sicuro di sé. Izuku poteva solamente sognare avere quella fiducia in sé stessi, quell’arroganza nell’apparire sempre in primo piano, oscurando tutti gli altri.

Era a conoscenza che il suo nome da street dancer fosse Dynamight ma ancora non capiva come un ragazzo di soli 15 anni potesse essere in grado di creare una crew chiamata Dynamight Squad ed essere a tutti i livelli possibili il leader incontrastato.

Quella crew e il canale YouTube furono creati solamente un anno prima e Izuku non aveva idea di chi fossero gli altri componenti. Da quel poco che si ricordava del suo primo e unico anno delle medie nella sua città Natale, non si ricordava quei volti all’interno della sua vecchia classe.

Ma era Kacchan, d’altronde. Kacchan era incredibile e avrebbe potuto creare una crew anche con ragazzi di altre scuole, non c’erano dubbi.

Gli balenò in testa l’idea di ricreare quella breve coreografia, anche se aveva ancora qualche dubbio sul fatto di poter svolgere quei movimenti energici ed ampi con quella sicurezza.

Il turbinio di pensieri però si interruppe bruscamente nel momento in cui vide l’ora sul suo telefono. Scattò in piedi e si cambiò velocemente, già in ritardo per la sua corsa mattutina e per il suo appuntamento.

Con il suo paio di cuffie al collo, uscì di casa e iniziò la sua corsa a ritmo sostenuto che costeggiava l’isolato passando per il piccolo parco isolato dove, ormai con le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte, fece la sua solita pausa di routine. Sollevò le cuffie sulle orecchie e mise una playlist in riproduzione casuale.

Ripensò in un attimo al sogno che aveva fatto.

Kacchan.

Era passato così tanto tempo, ormai, che probabilmente nemmeno si ricordava più di lui.

Con un sorriso amaro sulle labbra, iniziò a saltellare piano sul posto, sciogliendo i muscoli e iniziando a sentire il ritmo entrargli nelle vene.
Un lampo di determinazione gli illuminò gli occhi, prima di chiuderli completamente e lasciarsi andare.

“Sono cambiato anche io, Kacchan”.

Improvvisò dei movimenti, molleggiando le gambe e tenendo le braccia morbide, imitando uno stile che ormai aveva impresso a mente a fuoco, allenandosi in quello che gli veniva peggio: il freestyle.

Prima ancora che se ne accorgesse, la canzone che stava ascoltando finì e, con il fiatone, riaprì immediatamente gli occhi, svegliandosi dalla sottospecie di trance in cui era caduto. Sospirò di sollievo quando si accorse che nessuno aveva assistito e, dopo un attimo di tregua, riprese a correre per arrivare fino alla palestra.

 
–Giovane Midoriya! Vedo che ti dai da fare come al solito, eh? – chiese bonariamente l’uomo di mezza età al centro della palestra con le pareti ricoperte da larghi specchi.

–All Might! Scusami il ritardo e grazie per insegnarmi anche oggi! – chinò leggermente il capo in segno di rispetto e ringraziamento.
Dopo due anni di lezioni private con uno dei migliori ballerini di tutto il Giappone, ancora non riusciva ad abituarsi al loro rapporto ormai quasi di amicizia.

Si erano incontrati un paio di anni fa, nella peggiore delle circostanze: Izuku si era da poco trasferito a Osaka, città Natale del suo idolo All Might e sede della prestigiosa scuola superiore di ballo UA, dopo essere scappato da un anno di inferno. Non appena aveva completato il primo anno di medie a Musutafu, città in cui era nato, aveva pregato sua madre di andarsene da quel luogo pieno di ricordi dolorosi.

Izuku era in una panchina abbandonata a versare tutte le sue lacrime per ferite ancora fresche che era convinto non si sarebbero mai rimarginate, quando un uomo alto e magro gli si avvicinò. Toltosi gli occhiali da sole e il cappello, Izuku lo riconobbe.

–A-A-A-All Might?! – quasi urlò, tra un singhiozzo e un altro. L’uomo agitò le mani davanti al volto, nella speranza di calmarlo e fargli abbassare la voce.

–Per favore, non urlare il mio pseudonimo in un luogo così affollato, non vorrei essere riconosciuto– ammise in un sorriso luminoso e nervoso allo stesso tempo, prima di continuare.

–Non vorrei sembrare inopportuno, ma perché piangi, ragazzo? Posso esserti utile in qualche modo? –

Fu in quel momento che Izuku si aprì e si sfogò liberamente per la prima volta nella sua vita, raccontando la sua storia fatta di momenti meravigliosi e terribili allo stesso tempo, tutti riguardanti una persona in particolare. Parlò per un tempo infinito della sua passione per la danza e del bullismo subìto per essere completamente scoordinato e incapace. Le prese in giro, le parole che gli laceravano l’anima e, ancora peggio, la freddezza e l’indifferenza. Gli raccontò tutto nonostante l’incredibile reverenza che provava nei suoi confronti.

–Non puoi essere così terribile vista la tua incredibile passione. Su, fammi vedere! – gli propose l’uomo, indicandogli il suolo davanti alla panchina con una mano.

Dopo molti ripensamenti e insicurezze, Izuku lo accontentò. Sapeva di essere orribile a ballare, completamente scoordinato e rigido negli arti e ciò che gli fece più male fu il silenzio imbarazzato del suo idolo non appena ebbe finito.

–Beh, diciamo che ci sarebbe da lavorare… Lascia che ti dica una cosa, caro ragazzo. Il talento naturale non ce l’hanno tutti, come ben sai. Tu sei uno di quelli che ne sono privi. E vuoi sapere un segreto? Anche io ero proprio come te– sussurrò fingendo segretezza con un sorriso a trentadue denti.

–E guarda un po’, io sono stato sul podio. Ero uno dei migliori e chi meglio di me può dirti che il talento non è tutto? Ti dirò di più. Fin troppo spesso un talento al pari di un genio ti impedisce di vedere margini di miglioramento, ti impedisce di riconoscere i tuoi avversari come tali e può far perdere la passione nel ballo. L’ho visto tante di quelle volte, nella mia carriera… Però tu sei consapevole delle tue debolezze e della forza dei tuoi rivali e, caro ragazzo, con la costanza ti posso assicurare che puoi arrivare dove vuoi– finì il discorso sollevando i palmi al cielo, perdendosi nei suoi stessi pensieri. Izuku sollevò lo sguardo d’istinto, puntando gli occhi direttamente sulla luce accecante del sole, lasciando scorrere quel lontano ricordo nella sua testa, conservandolo preziosamente sebbene una fitta di dolore lo attraversasse ogni volta che ripensava a quell’istante. Il sole aveva i suoi stessi colori. Abbagliante proprio come lui.
 

Izuku sorrise a quel ricordo, osservando il suo mentore collegare il grosso stereo alla corrente.

–Sei sicuro di non volere una mano per la tua coreografia? La scadenza per l’ammissione alla UA è tra solo una settimana, giovane Midoriya. Come sei preso? – gli chiese senza riuscire a nascondere il suo stesso nervosismo, mostrando preoccupazione nel tono della sua voce.
–Scusa All Might, ma questa è una cosa che devo fare da solo. E penso di esserci quasi, ho completato gli ultimi tempi ieri sera e penso di essere riuscito a metterci dentro quello che… beh, quello che volevo mostrare a… tutti– rispose incerto, cercando di mascherare l’imbarazzo per le parole non dette.

All Might gli sorrise dolcemente, sollevandosi in piedi e facendo partire la canzone scelta da Izuku per la sua coreografia.

–Dimostra al giovane Bakugou quello di cui sei capace, ragazzo–

Izuku arrossì violentemente. Voleva dirgli che non lo vedeva da due anni ormai, che probabilmente si era già dimenticato di lui, di Deku l’inutile. Voleva ribattere dicendo che, sebbene fosse a conoscenza del piano del suo amico d’infanzia di entrare alla UA, probabilmente non si sarebbero nemmeno mai incrociati, che non lo avrebbe nemmeno notato, ma non fece in tempo, poiché la canzone aveva raggiunto il punto del suo attacco. Così iniziò a ballare il suo pezzo. Iniziò a danzare e i pensieri di poco prima si annebbiarono. Ci aveva dedicato anima e corpo e, sebbene non fosse nemmeno lontanamente perfetto, quel pezzo era suo.

L’hip hop era diventato parte integrante della sua vita e ormai si era rassegnato al fatto che, ovunque andasse e qualsiasi cosa facesse, lo sarebbe stato anche lui. Colui che gli aveva fatto nascere quella passione molti anni indietro, colui che lo aveva trattato come spazzatura. Colui che, con ogni suo video, buttava carbone sul fuoco di quella stessa passione nel petto di Izuku. Izuku amava l’hip hop e Kacchan era l’hip hop.
 

 
Izuku stava preparando il suo zaino, ultimo bagaglio necessario per trasferirsi alla UA High School. Due mesi prima aveva ricevuto l’email di accettazione ed aveva ancora impressa sotto pelle la sensazione di immensa gioia non appena l’aveva aperta, con mani tremanti, accanto a sua madre. Le risate e le lacrime che avevano condiviso quella sera se le ricorderà per sempre.

Ce l’aveva fatta e ancora non riusciva a crederci. Dopo anni di sacrifici, allenamenti intensivi e sudore versato, finalmente ce l’aveva fatta. All Might era stata la prima persona che aveva chiamato per informarlo e dovette convincerlo per una buona mezz’ora per non fargli prendere il primo aereo disponibile per tornare a Osaka e festeggiare, abbandonando la sua temporanea trasferta oltreoceano. Non che Izuku avesse amici o altri parenti con cui condividere quella gioia, ma poco gli importava.

Con lo zaino semi vuoto ben saldo sulle spalle, si presentò in cucina dove sua madre lo stava aspettando con una tazza di caffè bollente tra le mani, il viso prevedibilmente cupo.

–Mamma, lo sai che ti verrò a trovare ogni weekend, vero? – chiese alla donna seduta sulla sedia con aria triste.

–Tesoro… Devi proprio andare al dormitorio? Oddio, sono proprio egoista. Scusami Izuku, sto parlando a vanvera. Perdona tua madre, sono solo davvero triste di non averti più a casa e… e davvero, non so come farò senza il mio bambino qui con me– ammise tutto d’un fiato Inko, portandosi con garbo una mano già provvista di fazzoletto agli occhi, preparandosi alle lacrime che già spingevano per uscire.

–Mi mancherai anche tu mamma– allungando le braccia, richiamò sua madre in un abbraccio stritola ossa, cercando con tutte le sue forze di trattenere la commozione per essere forte per entrambi. Non riuscì a impedirsi di pensare a quanto, in quel momento, sua madre sembrasse piccola e indifesa tra le sue braccia.

Abbassò la testa per riuscire a guardarla negli occhi e, dopo un ultimo saluto, uscì dalla porta di casa, inalando la prima aria del mattino e godendosi i timidi raggi del sole che stava spuntando proprio in quel momento.

Stava lasciando casa sua per la seconda volta. E in entrambe le occasioni sua madre aveva pianto. La prima volta si trasferirono dopo l’insistenza di Inko dovuta alla sua preoccupazione di vedere il proprio unico figlio tornare a casa ogni giorno con un viso cupo. Tutto era avvenuto dopo che Izuku scoppiò in lacrime, una sera, raccontando con un nodo alla gola e al petto delle offese che subiva, del dolore di non avere più il suo unico amico, delle prese in giro dei suoi compagni di classe e dell’indifferenza degli insegnanti. E Inko, come la madre iperprotettiva che era, trascinò il figlio in un’altra scuola, in un’altra città. Senza avvisare nessuno, in una decisione presa d’impulso e dovuta all’incapacità di entrambi di gestire situazioni stressanti in maniera razionale. Probabilmente, a ripensarci ora, non fu una scelta del tutto pensata. Ma aveva permesso a Izuku di incontrare All Might e di cambiargli completamente la vita, quindi sicuramente era quella giusta da fare.

Però questa volta era diverso. Non stava scappando, non lasciava casa sua per paura. Stava andando alla UA!

Certo, c’era il piccolissimo problema che avrebbe rincontrato Kacchan, ma questi sono dettagli. A dire il vero, non vedeva l’ora. In tutti i video e post che aveva visto fino a quel momento, ed erano una quantità davvero imbarazzante, il biondo teneva continuamente la mascherina nera addosso e il desiderio quasi ossessivo di rivedere il suo volto dopo due anni lo stava divorando. Tanto non lo avrebbe notato nemmeno, e a Izuku stava bene così. Gli bastava guardarlo da lontano, non gli serviva altro.
 

Dopo quasi un’ora di treno, davanti ai suoi occhi si vide l’enorme cancello della sua nuova scuola. Ancora incredulo, si tirò un pizzicotto sul braccio per poi maledirsi immediatamente, controllandosi attorno che nessuno avesse visto quella scena patetica. Non era la prima volta che vedeva i dormitori, visto che il giorno prima lui e sua madre ci erano andati per portare tutti i suoi bagagli nella sua stanza singola. Stanza singola. Era tutto così incredibile e spaventoso allo stesso tempo che Izuku si pentì di non essersi portato un cambio di vestiti, visto quanto stava sudando.

Lesse con attenzione, per l’ennesima volta, il foglio dato a disposizione agli studenti con il programma del primo giorno, e finalmente si decise ad avviarsi verso l’aula magna dove ci sarebbe stata la presentazione introduttiva e l’assegnazione delle classi.

Prese posto in una delle ultime file e cercò nel suo zaino una penna e il quaderno nuovo di zecca che aveva appena comprato, pronto a prendere appunti. Tastando all’interno, sfiorò con le dita un altro quadernino, ruvido al tatto, come fosse un promemoria. Quel quaderno finito in una fontana anni prima, rovinato appositamente con l’intento di ferire, che custodiva al suo interno note preziose sullo stile di danza di una certa persona. Quasi si abbandonò a quei pensieri, ma una voce stanca e annoiata, amplificata da un microfono, lo riscosse.

Trafelato, aprì il quaderno e tolse il tappino dalla penna, pronto ad assorbire ogni singola informazione che gli fosse concessa. Appena notò il possessore di quella voce, però, quasi dovette coprirsi la bocca con una mano per contenere la sua emozione.

Aizawa era in piedi in mezzo al palco, salutando i neo studenti senza nascondere il suo poco entusiasmo. Il grandissimo Aizawa, campione nazionale di break dance per due anni consecutivi, era a pochi passi da lui. Sebbene il loro campo fosse di nicchia, tutti gli appassionati del settore lo conoscevano. Era esattamente uno dei motivi per cui aveva scelto la UA, tra tutte le accademie di danza presenti a Osaka: c’era una selezione di insegnanti di hip hop esclusiva e le classi dedicate a quello stile erano nettamente in maggioranza rispetto a quelle che si occupavano di danza classica, contemporanea o moderna. Dalla UA erano usciti i più famosi ballerini giapponesi, che avevano sfondato anche a livello internazionale. La UA era il meglio del meglio, la crème de la crème.

 
Finito l’incontro, gli insegnanti guidarono gli studenti agli enormi tabelloni esposti in giardino, dove erano presenti i loro nomi e la classe a loro assegnata. Izuku fu uno dei primi ad arrivare, quasi correndo a dire il vero, e dopo pochi minuti trovò il suo nome nella sezione 1^A. La curiosità lo invase e iniziò a cercare altri nomi che magari potesse conoscere, come ad esempio i suoi vecchi compagni delle medie di Musutafu o quelli più recenti di Osaka, sebbene non fosse a conoscenza che alcuni avessero la passione per il ballo.

Senza girarci intorno, Izuku stava cercando il suo nome.

Prima che potesse trovarlo, però, una sensazione quasi inconscia e inspiegabile lo fece voltare alla sua destra.

Fu in quel momento che lo vide.

In piedi, con le mani nelle tasche, con un cielo limpido e luminoso a fargli da sfondo, gli alberi poco lontani piegati dal leggero vento quasi a inchinarsi al suo cospetto.

Dire che il suo cervello andò in tilt è un eufemismo. A malapena riuscì guardare la sua figura per intero senza avere un infarto.

Sebbene fosse il primo giorno di scuola, la UA per giunta, indossava dei jeans scuri aderenti strappati sulle ginocchia e una larga felpa grigia della Champions senza cappuccio da cui fuoriusciva una t shirt bianca.

E non indossava alcuna mascherina o cappello.

Izuku era pietrificato a fissare i suoi lineamenti, decisamente cambiati dall’ultima volta che lo aveva visto. Era molto più alto, le spalle larghe si riuscivano a far notare anche attraverso la maglia oversized e il suo viso era semplicemente… perfetto.

A bocca aperta e occhi spalancati, Izuku seguì la linea dura della sua mascella, per poi giungere le labbra strette in una linea infastidita, fino ad arrivare ai suoi splendidi e minacciosi occhi cremisi, che sembravano squadrare tutti gli studenti che non lo lasciavano passare nella calca.
Non appena riuscì a riprendere le sue funzioni corporee, Izuku corse letteralmente via da lì, fino a raggiungere un muro dietro cui nascondervi e lasciarsi andare, appoggiandovisi contro.

Le sue mani tremavano e il suo respiro era accelerato. Si portò una mano al petto, stringendo più che poté la sua felpa all’altezza del cuore. Doveva calmarsi. Si era preparato a rivederlo, aveva persino fatto delle prove davanti allo specchio! Non era né il momento né il luogo per avere una crisi isterica.

Dopo un paio di minuti (o dieci, chi lo sa) in cui si concentrò a fare respiri lenti e profondi, finalmente il suo cuore sembrava aver raggiunto un ritmo umano e non quello di un dannato colibrì.

Lanciando uno sguardo veloce all’orologio, notò di essere quasi in ritardo. Maledicendosi, Izuku aveva perso il conto di quante volte l’avesse già fatto dall’inizio di quella orribile mattinata, iniziò a correre verso l’entrata, a percorrere quei corridoi che sembravano infiniti e… Ah, perfetto, a salire delle rampe di scale che facevano invidia ad una reggia, perché no.

Ad un minuto dal suono della campanella, Izuku trovò finalmente la sua aula e, senza perdere un momento in più, vi entrò ancora con il fiatone.

Trovò la maggior parte dei posti già occupati da studenti intenti a chiacchierare come se si conoscessero da una vita e, mettendo da parte l’invidia che provava verso gli estroversi, si diresse verso un banco in seconda fila, vicino alla finestra e dietro a… un ragazzo biondo inquietantemente familiare.

Rosso fuoco si scontrò con verde smeraldo, sguardi incatenati per un tempo indeterminato ma che sembrava infinito, e il mondo crollò sotto ai piedi di Izuku.

“Merda”.



 


Summary video:

  • https://www.youtube.com/watch?v=UcoZQU_gFE4&list=PLkEDBnfRAOlhiTDt5omja-pwO5KSnMlx5&index=12  -> video DynamightSquaD street dance
  
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