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Autore: Captain Riddle    12/09/2021    0 recensioni
Nel magico regno di Expatempem sono comparsi dei mostri dalla morte degli ultimi discendenti del temuto Re della Morte. Dopo la misteriosa morte del nuovo re, quando salirà al trono suo figlio, questo scatenerà una serie di eventi catastrofici a catena, che rischieranno di causare la distruzione del regno se qualcuno non dovesse intervenire. Scoprite la storia del regno magico attraverso gli occhi di sette protagonisti, dilettatevi con gli intrecci e tenete alta la guardia perché il pericolo è sempre dietro l'angolo.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pov:Nomiva

I capelli erano ancora umidi eppure erano anche sporchi e impastati, le stavano appiccicati alla pelle del collo e del viso, ricadendo sul vestito anch'esso umido, facendole sentire più freddo di quanto già non facesse nel mese di pieno inverno che scandiva il passaggio a un nuovo anno, il mese di ahrimo. La semioscurità della stanza era qualcosa alla quale Nomiva ormai poteva dirsi abituata, anzi, la luce significava dolore per la sua mente, contrariamente al buio che era sintomatico di silenzio e quiete. Da quando Drovan aveva ucciso quella che pensava fosse Selina, il principe si era recato molto più spesso a far visita a Nomiva, più volte a settimana per essere precisi. Il principe pareva proprio divertirsi con lei, su questo non c'erano dubbi, anche se non rimaneva tutto il tempo ad assistere alle torture che le faceva infliggere; Nomiva aveva l'impressione che Drovan considerasse le sue grida disperate ben più melodiose e appaganti di qualsiasi altro suono.

Drovan si divertiva a farla torturare, d'altronde perché ucciderla subito fintanto che potevano giocarci ancora un po'? Il principe alcune volte entrava di persona, altre mandava dei soldati o altri scagnozzi, ma si godeva sempre con la massima partecipazione l'inizio delle torture. Era come se l'uccisione di Selina avesse dato inizio a quel rituale sadico, rituale che, Nomiva era certa, aveva come unico scopo quello di farla impazzire. C'erano diverse torture con cui il principe si stava dilettando, la frusta era una di quelle usate più di rado, perché Drovan prediligeva più di qualsiasi tortura quella con l'acqua. Quello che facevano era incatenare Nomiva con le braccia spalancate oppure unite dietro la schiena, dopo portavano una tinozza piena d'acqua e qualcuno le si metteva dietro e la costringeva a immergere la testa nell'acqua.

Nomiva soprattutto le prime volte aveva creduto di stare per morire da un momento all'altro, diverse volte era quasi svenuta a causa dell'affanno, una volta aveva vomitato per il freddo e poi si era accasciata al buio, senza forze né voglia di vivere, con il volto sofferente sporco di terriccio e rigato di lacrime. Ma la domanda che le martellava nella testa era sempre una: volevano ucciderla a forza di torture oppure semplicemente si divertivano prima di darle una morte rapida? Una malsana brama della morte era divenuta la compagna di sventure di Nomiva e al contempo la sua nemica, per quanto potesse sembrare impossibile e contraddittorio. Ma quel che era certo è che Nomiva trascorreva buona parte del suo tempo pensando alla morte, ed erano tutti pensieri vari, che si spostavano dalla sua morte a quella di altri. Nomiva sentiva un dissidio interiore, desiderava morire per cessare ogni sofferenza, ma non voleva morire per vendicarsi; pensava alla morte della sua povera famiglia e poi alle morti bramate, quelle di Teurum e Drovan. La pelle di Nomiva era sempre più pallida, umida e fredda come quella di un cadavere placido sulla riva di un lago. La consapevolezza che la morte potesse sorprenderla di continuo causava in Nomiva uno strano senso di angosciante, speranza e repulsione, ma la ragazzina era certa che in quelle misere condizioni non avrebbe resistito a lungo e presto la morte sarebbe arrivata.

Non le si erano mai presentate occasioni di fuga e se prima Nomiva doveva preoccuparsi solo di un po' di freddo, adesso le torture la sottoponevano a problemi ben peggiori. Le braccia erano rigate dai rari colpi della frusta e le ferite bruciavano, ma si preoccupavano sempre di non lasciarla mai in fin di vita, certamente però questo non alleviava il dolore. Le continue immersioni in acqua le toglievano tutte le forze e spesso Nomiva crollava distrutta dopo le torture, senza riuscire a tenersi in piedi né tantomeno a pensare. Continuavano a portarle quell'intruglio rivoltante come unica forma di sostentamento e lei sentiva l'appetito venire sempre meno, tuttavia si costringeva a mangiare per non restare del tutto debilitata. Nomiva non aveva paura di morire, la morte le sembrava una grande coperta nera, una pace avvolgente in cui stringersi e lasciarsi cullare per raggiungere presto la famiglia, ma era ineluttabilmente un impedimento per la sua vendetta.

No, non era la morte che temeva, quello che Nomiva temeva veramente era che quei maledetti che avevano fatto del male a lei e alla sua famiglia rimanessero impuniti. La sola idea che lei sarebbe potuta morire come il resto dei Tenebrerus, mentre farabutti come Teurum vivevano più che bene le faceva ribollire il sangue al punto da scaldarla un poco nelle notti gelide con i vestiti umidi in dosso. Non poteva morire così, non poteva infrangere un altro giuramento, eppure non vedeva proprio vie di fuga. L'unica cosa che faceva sentire meglio Nomiva era la volpe a nove code. Ruby compariva tutte le sere, Nomiva inizialmente credeva che si trattasse di un sogno causato dallo stato di follia che la sua mente stava generando per fuggire da quell'orrore, poi si era convinta che la volpe fosse veramente vicina a lei. Non faceva più caso al modo in cui la volpe sembrava apparisse e scomparisse continuamente dalla cella, d'altronde era risaputo che le volpi a nove code fossero dotate di grandi poteri magici.

Quando Ruby era con lei Nomiva si sentiva meglio, era come se fosse in un sogno e ricordava i tempi in cui poteva correre liberamente nei campi per parlare e passeggiare in compagnia di Filipphus. Quando carezzava il pelo lucido della volpe le veniva da piangere, quell'animale era la sua unica fonte di felicità e compagnia, di speranza. Diverse sere Nomiva le aveva trascorse con la volpe seduta accanto, sussurrandole ricordi che sembravano utopici, come se la sua amica avesse potuto capirla. Ma che altro avrebbe potuto fare? La disperazione era forte e quell'unico sollievo che era Ruby costituiva anche la sua ancora di salvezza e Nomiva ogni volta che vedeva Ruby temeva che potesse essere l'ultima.

Quel pomeriggio ancora non era entrato nessuno a squarciare l'oscurità della prigione, ma Nomiva immaginò che dovesse essere quasi giunta l'ora delle consuete torture. Nomiva si passò le mani sulla faccia e si stropicciò gli occhi, era meglio prepararsi per lo strazio imminente, per quanto fosse possibile una cosa del genere ovviamente. La ragazzina si massaggiò i polsi incatenati e feriti con i polpastrelli sporchi, trattenendo un gemito di dolore per poi mettersi a sedere con le gambe incrociate, era impossibile poggiare la schiena al muro per i segni che portava sulla schiena e a causa di quelle pietre sporgenti incastrate malamente nella parete. Nomiva chiuse gli occhi e ispirò, non doveva cedere anche oggi, non doveva urlare e dare soddisfazione ai suoi aguzzini, doveva trovare la forza per resistere. Si voltò appena e vide una pietra lunga poco meno del palmo della sua mano. Sembrava appuntita e affilata e si muoveva un poco, forse sarebbe riuscita a staccarla e avrebbe potuto tentare di colpire gli uomini prima che l'avessero incatenata per torturarla. Strinse le dita intorno alla roccia e tirò, ferendosi un poco le mani, la pietra era affilata, era selce. Nomiva si sistemò meglio in ginocchio e tirò ancora, ma fu tutto inutile, la pietra era ancora incastrata.

Mentre Nomiva rifletteva su come riuscire a estrarre quella pietra, allora sussultò e si voltò, Ruby era proprio di fianco a lei. La ragazzina spalancò gli occhi e lasciò perdere la pietra con le dita graffiate e un poco insanguinate "Ruby" sussurrò "Che ci fai qui a quest'ora? Stanno per arrivare e non possono vederti qui, lo sai! Devi andartene subito!" La volpe si leccò il muso con la lingua e poi leccò Nomiva "Ruby, ti prego!" Insistette la ragazzina, mentre la volpe le leccava le mani insanguinate "Te ne devi andare adesso, torna più tardi!" La volpe però la ignorò e continuò a leccare, arrivando sino alle ferite più profonde sui polsi. Nomiva strinse i denti per non urlare, la lingua ruvida e la saliva della volpe lì bruciavano da morire. Dopo un po' però la ragazzina iniziò a sentirsi meglio, il dolore sembrava alleviarsi, come se i tagli stessero sparendo.

Abbassò lo sguardo e rimase con la bocca aperta, le ferite si stavano lentamente rimarginando sui polsi, mentre i piccoli graffi sulle dita erano spariti del tutto. Nomiva si guardò i polsi incredula e poi spostò gli occhi sulla volpe "Ruby" mormorò "Tu come... come hai fatto?" La volpe si mise a sedere e la guardò con gli occhi rossi che scintillavano misteriosamente nella penombra. Nomiva sorrise flebilmente e allungò le mani, carezzando quella che ormai era la sua unica e più cara amica "Oh, Ruby" continuò a sussurrare "Mi hai guarito le ferite. Grazie mille". La volpe strofinò il muso contro il petto di Nomiva, poi però Ruby si allontanò con le orecchie tese "Arrivano?" Domandò Nomiva, guardandola negli occhi allarmata. Ruby un attimo dopo corse dietro la cassa e sparì, veloce com'era arrivata "Ti prego, se puoi torna da me dopo!" Disse Nomiva a voce più alta, facendo comunque attenzione affinché fuori non la sentissero.

La volpe aveva ragione ovviamente, da fuori arrivarono dei rumori, rumori che Nomiva aveva imparato a conoscere e a temere. Un attimo dopo la porta si spalancò con violenza, spingendo automaticamente Nomiva a coprirsi gli occhi a causa della luce improvvisa; davanti all'ingresso c'era Drovan e dietro di lui stavano tre guardie. Il principe non appena la vide rannicchiata arricciò le labbra in un sorriso "Buon pomeriggio, Nomiva" la salutò con soddisfatta crudeltà "Come si sente quest'oggi la mia ospite prediletta? Sei pronta per farmi divertire, oppure sei già rimasta senza voce? Ho sentito le tue grida due giorni fa e mi sembravano più soavi del solito." Il tono divertito di Drovan la disgustava, sembrava proprio che si divertisse di più quando Nomiva mostrava timore o tristezza, per questo lei stava tentando di lasciar trasparire meno emozioni possibili, ma questo durante le torture era davvero difficile. L'uomo la guardò intensamente, in trepidante attesa di una risposta "Non rispondi al tuo principe, signorina Tenebrerus!?" Domandò ancora, con una vaga sfumatura minacciosa nella voce "Mi deludi" aggiunse poi, vedendo l'espressione dura di Nomiva "Sei sempre la solita stupida ragazzina, i nostri metodi educativi non si stanno rivelando efficienti come avevo premeditato. Sei una delusione totale".

Nomiva lo vide prendere le chiavi della cella per poi entrare di persona "Andatevene" disse sgarbatamente alle guardie, senza neppure degnarle di uno sguardo "Oggi saremo soli io e lei. Se mi dovesse occorrere qualcosa vi chiamerò, quindi restate di ronda qui fuori. Posate la bacinella qui". I tre uomini annuirono in silenzio e dopo un inchino uscirono lentamente, chiudendosi la porta alle spalle. Drovan aprì la cella e poi ripose le chiavi all'interno del fodero della sua spada, facendole scivolare lontano dalle mani di Nomiva, poi la strinse forte per un polso e le legò le mani dietro la schiena, allora riprese le chiavi e portò dentro la bacinella, richiudendo la cella e rimettendo le chiavi al sicuro in fondo al fodero. Era accorto Drovan purtroppo per Nomiva, non si distraeva mai. Drovan poi si posizionò alle spalle di Nomiva per costringerla in ginocchio e poterle immergere il capo nell'acqua, ma quando guardò distrattamente i polsi di Nomiva si stupì molto "Com'è possibile?" Le domandò guardingo "Cosa com'è possibile?" Ripeté a sua volta Nomiva, tenendo gli occhi fissi in quelli di lui, con vaga aria di sfida "Dove sono le tue ferite?"

Lei continuò a fissarlo freddamente "Sono guarire, no? Dove dovrebbero essere". L'insolenza le costò uno schiaffo in pieno viso, che le fece girare il volto dall'altra parte a causa della violenza del colpo. Drovan poi la prese per il collo e la guardò negli occhi con ferocia "Se stai tentando di nascondermi qualcosa, ti giuro ragazzina che la pagherai cara". Nomiva di rimando sorrise con orgoglio e poi gli spuntò in un occhio. Drovan si portò subito una mano sul volto, si asciugò e poi tornò a guardare Nomiva con odio "Allora facciamo il tuo gioco, Nomiva!" Urlò inferocito. Nomiva pensò che l'avrebbe colpita ancora, invece Drovan aprì ancora una volta la cella e con uno scatto afferrò un grosso tronco accatastato insieme ad altri vicinò al muro vicino all'ingresso, poi tornò nella cella e la chiuse ancora una volta, con stizza.

Nomiva respirò a fondo, quando Drovan si fu voltato i suoi occhi erano braci ardenti e aveva in volto un'espressione sadica e rabbiosa. L'uomo le si avvicinò con due grandi passi e le si mise alle spalle; senza indugiare oltre le tirò un calcio sulla parte bassa della spina dorsale che la fece sbilanciare, portando Nomiva a barcollare in avanti. Nomiva trattenne il fiato con le lacrime agli occhi, ma fortemente decisa a non dare soddisfazione all'altro "È solo l'inizio" sussurrò Drovan ridendo brevemente, afferrò poi il bastone e le assestò una raffica di colpi sulla schiena e sulle costole, senza sosta e senza pietà. Nomiva tentò di resistere ancora, si morse il labbro sino a farlo sanguinare per non cedere al dolore, per non gridare, ma la sofferenza era troppo forte per tacere. Poi Nomiva sentì un rumore che la terrorizzò, seguito da un profondo e acuto dolore al lato destro del torace e lei non poté più resistere e gridò. Una costola le si era rotta, lo sapeva bene e lo sapeva anche Drovan considerato il sorriso sadico che esibiva con soddisfazione. Se avesse continuare a colpire, Drovan l'avrebbe condannata a una morte orribile e lenta se la costola avesse perforato un polmone.

"Hai capito chi comanda ora, ragazzina ottusa?!" parlò ancora Drovan, rabbioso, per poi infilarle di forza la testa nella bacinella. Nomiva vide tutto nero, l'acqua le circondava la testa e ne bevve un poco, era stata colta dalla sorpresa e aveva indugiato a chiudere la bocca. Non poteva divincolarsi, se ci avesse provato avrebbe rischiato di bucare il polmone, ma non respirava e il dolore era insopportabile, le faceva venire da vomitare per quanto era forte e pulsante. Drovan le tirò fuori la testa dall'acqua con una tale violenza che Nomiva temette che potesse strangolarla, ma fu comunque grata di non essere più nell'acqua. Non appena il principe ebbe guardato Nomiva in volto distinguendo chiaramente terrore e disperazione, allora sorrise e il suo era un sorriso di pura perfidia, di soddisfazione sadica "Avanti, Nomiva" disse in tono viscido "Non dirmi che sei già stanca, abbiamo appena iniziato a giocare e non penso che smetteremo tanto presto. Perciò signorina Tenebrerus vi consiglio di riprendere fiato finché ve lo concedo" e detto ciò le immerse nuovamente la testa nell'acqua. Nomiva tentò appena di scalciare, con gli occhi spalancati sotto l'acqua e il dolore pulsante in tutto il corpo. Poteva impazzire, l'acqua era gelida, il dolore fortissimo e non respirava. Era un incubo.

Drovan la tirò su di nuovo "Non è il tuo gioco preferito, Nomi?" disse sogghignante, avvicinandola a sé con falsa confidenza "Non ti diverte rendermi tanto lieto? Sono il tuo principe, dovrebbe essere un onore per te, ma temo che tu sia proprio com'era la tua famiglia. Traditrice, irriverente e orgogliosa". Ma Drovan non le diede la possibilità di rispondere neppure quella volta, a lui non importava che lei rispondesse, l'unica cosa che desiderava era vederla soffrire. Nomiva infranse velocemente il pelo dell'acqua, soffiando l'aria dalle narici e quando aprì appena la bocca l'acqua le finì di traverso nuovamente. Quella volta temette veramente di soffocare, fortunatamente Drovan la tirò su ancora una volta "Avanti, tossisci!" La spronò lui, mentre Nomiva sputacchiava l'acqua con gli occhi arrossati "Non puoi morire adesso, non avrei nessun altro con cui divertirmi. Un'ultima volta Nomiva, fallo per me! Immergiti ancora una volta!" Nomiva tossì, lasciando poi che la testa le ciondolasse sul collo per il dolore acuto che la rendeva fiacca, allora venne immerse di nuovo nell'acqua gelida, ma questa volta Drovan la tirò subito su per immergerla di nuovo, come uno straccio bagnato.

Dopo quella che a Nomiva parve un'eternità finalmente Drovan le lasciò il collo e la guardò con fare compiaciuto, a Nomiva veniva da piangere e questo causò nell'altro un sorriso che brillò nell'ombra "Ti vuoi riposare un poco, Nomiva?" domandò Drovan con voce falsamente dolce "Oh, Nomiva!" Esclamò subito dopo, non le dava tregua "Se sei stanca potevi dirmelo subito! Agli amici si può confidare tutto, Teurum non te lo ha detto?" Nomiva alzò gli occhi per guardarlo, era scossa da brividi e le faceva male tutto, in particolare il fianco dove aveva la costola rotta, ma le fu sufficiente sentire il nome Teurum per farle stringere i denti a causa della rabbia. Adesso sapeva che sarebbe potuta morire anche contro il volere di Drovan, sarebbe bastata una botta o un colpo di tosse più forte per bucarle il polmone e da lì alla morte ci sarebbero volute giusto un paio d'ore di lenta agonia, ma Teurum doveva morire, quindi lei doveva resistere. "Mi vuoi uccidere o no, principe Drovan?" Domandò con voce ferma, con tutto il disprezzo e la concentrazione di cui fu capace per non gridare a causa del dolore "Avanti!" Lo incoraggiò, riprendendo lentamente forza nella voce insieme al fiato "Sono certa che trovereste qualcun altro con cui giocare! Con me non vi siete divertito abbastanza? Rispondetemi!" osò, infiammata dalla rabbia e resa folle dal dolore. Doveva urlare in qualche modo, il dolore era troppo forte per resistere.

Quello sforzo imprudente le causò una fitta che la fece piegare su sé stessa, portandola a ignorare la reazione di Drovan "Vedi, Nomiva Tenebrerus" rispose pacatamente il principe, probabilmente aveva cambiato tono vedendo la prigioniera tanto dolorante "Mi piacerebbe ucciderti adesso, ma sono in attesa delle direttive di mio fratello sai, l'uomo che è il tuo legittimo sovrano. Purtroppo ritengo che sia opportuno chiedere il suo permesso prima di liberarmi della tua irritante presenza, quindi dovrò sopportarti ancora per un po' e questo è l'unico modo". Drovan mentiva, Nomiva sapeva che se lo avesse voluto avrebbe potuto ucciderla subito, Morfgan non avrebbe mostrato disappunto, ma il principe non voleva ucciderla perché non l'aveva ancora fatta soffrire abbastanza. Nomiva lo guardò con il volto torvo contratto dal dolore e Drovan vedendola così fieramente spezzata dal dolore le sorrise malignamente "Ma se sei tanto stanca possiamo riposarci un poco, Tenebrerus, perché, come ti ho già detto, questa sera non andrò via così presto e quindi ritengo che sia la cosa migliore per te riposare un poco prima di continuare. Tanto io non ho alcuna fretta" aggiunse. Drovan avvicinò la cassa dove era solita apparire e sparire la volpe Ruby e ci si mise a sedere sopra con un'espressione sfacciatamente annoiata considerando le torture alla quale stava costringendo l'altra. Nomiva si mise in ginocchio, era l'unica posizione vagamente comoda incatenata e dolorante com'era, mentre la costola rotta ondeggiava pericolosamente sotto la pelle "Sai" riprese a parlare il principe "In verità non dovresti sfogare contro di me il tuo rancore" affermò, quasi cogitabondo "Io non ho colpa per la misera condizione in cui ti trovi".

Nomiva lo fulminò con lo sguardo, come poteva essere così sfacciato e crudele, così ipocrita!? "Non hai colpa?" sussurrò in risposta Nomiva, tentando di mantenersi lucida nonostante la rabbia e il dolore "E allora chi dovrei incolpare per tutto questo!?" Drovan sbuffò, sempre più annoiato da quella situazione "Tua sorella" rispose con ovvietà "Mia sorella?" ripeté subito Nomiva "Ma certo" ribadì Drovan, con naturalezza "Lei è fuggita e solo a causa del suo gesto sconsiderato mio fratello ha condannato te e il resto della tua famiglia. Quindi è unicamente colpa di Aurilda se sei prigioniera, non mia". Nomiva restò un attimo raggelata da quelle parole, soppesandole rapidamente. Potevano essere considerate veritiere, ma Aurilda aveva avuto come unica colpa quella di avere timore, se Morfgan non fosse stato tanto violento lei non sarebbe fuggita da lui, così dopo essere giunta a quella rapida conclusione Nomiva scosse il capo "E tuo fratello allora?" replicò a voce bassa, respirando lentamente a causa del dolore al torace "Mio fratello cosa centra adesso?" rispose irritato Drovan "Non starai insinuando che lui sia innocente" si costrinse a rispondere Nomiva. Drovan scosse la testa "E' stato lui quello che ha subito l'affronto, lui quello che è stato tradito. In che altro modo avrebbe dovuto affrontare il disonore secondo il tuo parere da sciocca ragazzina!?" Nomiva si sistemò per tentare di alleviare il dolore, sempre respirando con affannosa lentezza "Tuo fratello Morfgan" disse, poi deglutì e si mise a sedere sui talloni "Lui ha terrorizzato mia sorella. Se non lo avesse fatto, se fosse stato gentile con lei mia sorella non sarebbe fuggita".

Drovan però era nuovamente in disaccordo con lei "Lui le ha imposto semplicemente quello che è richiesto a ogni brava moglie" spiegò "E cioè di essere obbediente. Non ha preteso da lei niente di così assurdo o sconvolgente" "Eppure io ho avuto un'impressione differente" replicò subito Nomiva, sentendo il dolore alleviarsi un poco così seduta "Tuo fratello l'ha minacciata! La reazione di mia sorella è stata del tutto normale, anche tu lo avresti fatte se ti avessero minacciato di rendere la tua vita un supplizio". Drova incrociò le braccia e inarcò le sopracciglia, scettico "Dovrebbero sentire la nostra conversazione!" Esclamò, cambiando del tutto discorso "Siamo qui a discutere per gli errori dei nostri fratelli!" rise senza gioia e si poggiò con la mano al bordo della cassa "Ma d'altronde che altro potremmo fare noi due se non questo? Essere attori nella storia scritta dai primogeniti delle nostre famiglie e da quelli di tutte le altre?" domandò retorico con un amaro sospiro rassegnato "A noi spetta solo questo compito" continuò "Districare i danni di cui non siamo colpevoli. Nessuno però terrà mai in considerazione la mia solerzia oppure i tuoi patimenti, quello che stiamo facendo per loro. A mio fratello non importa di quello che faccio per lui ormai da tempo. Sono mesi che trascorro viaggiando per occuparmi dei suoi affari, mentre lui resta sulla sua sedia imponente a essere glorificato senza che faccia niente. Sicuramente se tua sorella è viva non le importa di quello che stai patendo per causa sua, o di quello che ha sofferto Selina e se fosse morta certamente ha patito meno di te."

I due si guardarono negli occhi e Nomiva ebbe un sospetto dopo aver sentito quelle parole, che fosse stato Drovan il responsabile della morte di Fritjof, il suo stesso padre? Però Nomiva scacciò rapidamente quell'idea, non avrebbe avuto il minimo senso logico, perché se Drovan avesse desiderato la corona per sé avrebbe ucciso suo fratello per restare l'unico erede, non di certo il padre. Allora che fosse stato Morfgan l'assassino? Ma perché avrebbe dovuto farlo essendo il principe ereditario? Che il re avesse cambiato idea? Nomiva scacciò quei pensieri inutili dalla mente e continuò a fissare Drovan che riprese ancora a parlare "I primogeniti sono sempre stati glorificati " mormorò con la medesima amarezza "Loro si prendono tutta la luce del sole e condannano tutti gli altri all'oscurità perpetua". Drovan poi si sporse di più in avanti, verso Nomiva "Dev'essere bella la vita da primogenito, non trovi?" Nomiva lo fissò attentamente, avvolta nella crescente oscurità che li circondava "Pensi che mia sorella volesse tutto questo?" domandò a sua volta, senza rispondere veramente alla domanda che le aveva posto Drovan "Pensi che volesse essere sempre lei al centro dell'attenzione?" Droven la guardò con freddezza, con disprezzo "Ma è ovvio che l'abbia desiderato" rispose lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo "Tu non vorresti essere sempre posta al centro di ogni cosa? Non avresti desiderato avere schiere di persone che ti obbediscono e ti venerano come se fossi una divinità?"

Nomiva scosse il capo e addrizzò la schiena a causa di un lieve movimento della costola "No, non lo avrei voluto" rispose con sincerità "Non avrei mai voluto che avessero aspettative su di me, non avrei voluto obblighi e costrizioni. Inoltre essere secondi è un vantaggio" mormorò "Mi ha consentito di imparare le cose da mia sorella in un modo che mai avrei potuto imparare da mia madre. Ed essere colmi di responsabilità ti incatena a un destino che non puoi modificare, tarpa del tutto le ali alla libertà individuale". Drovan la guardò con una smorfia "Sei patetica e sentimentale" le disse con disprezzo evidente "Oppure sei ipocrita e mi stai mentendo, perché non posso credere che tu non avresti desiderato avere le opportunità che ha avuto tua sorella, è assurdo!" Nomiva scosse nuovamente il capo, con paziente rassegnazione "Non mi credere se non vuoi" disse con una nuova smorfia di dolore sul volto "Ma io non sono mai stata gelosa di mia sorella, o almeno non lo sono mai stata perché è nata prima di me. Le cose che invidiavo ad Aurilda erano certe sue abilità, non certamente la sua posizione privilegiata rispetto alla mia". Drovan la guardò serio e concentrato, sospettoso, come se tentasse di farla cadere in fallo "Potrai non dare alcun credito alle mie parole" disse ancora Nomiva "Ma io e le mie sorelle nutrivamo un sincero affetto l'una nei confronti dell'altra e non siamo mai state gelose".

Il principe scosse la testa con vigore "Io non sono geloso di mio fratello" chiarì subito "E sino a pochi anni fa io e lui trascorrevamo le giornate insieme come buoni amici, è stata la maggiore età e le responsabilità che lo hanno fatto allontanare lentamente anche da me e lo hanno reso superbo persino col suo stesso fratello, il sangue del suo sangue!" Drovan fece una breve pausa e poi continuò, con il volto scuro "Tu insinui che io sia geloso di lui!?" Esclamò con ironia "Non essere ridicola, patetica ragazzina!" "Non devo essere ridicola, questo dici, Drovan?" rispose Nomiva a tono, guardandolo con fermezza "Ma io dico solamente la verità! Tu sei geloso di tuo fratello e vorresti essere al suo posto, nonostante tu tenti di apparire ferito sappiamo entrambi che sei semplicemente geloso". Drovan rimase immobile e in silenzio nell'oscurità crescente, mentre Nomiva esultava. Forse non sarebbe sopravvissuta e forse Drovan era sincero, ma magari lei avrebbe potuto mettere i due fratelli contro e forse Drovan avrebbe potuto tradire Morfgan. "E perché non dovrei essere geloso?" disse finalmente Drovan, a voce bassa, come se avesse temuto che potessero sentirlo "Lui ottiene sempre il meglio senza il minimo sforzo. Mentre io? Basta che tu mi guardi ora. Io sono qui, in questo posto tremendo a parlare con una ragazzina ottusa come sei tu, mentre lui cosa pensi che stia facendo ora?" Le chiese in tono nervoso "Mio fratello sarà al castello, comodo e al caldo, circondato da persone che sarebbero pronte a fare di tutto per soddisfare ogni suo più insignificante capriccio. Tutti lo venerano e lui non sbaglia mai e anche se sbaglia nessuno osa mai contrastarlo. Questo è potere" disse con amara rassegnazione "Non fare assolutamente niente di utile per gli altri eppure decidere le loro sorti".

Drovan si voltò a guardare Nomiva e i suoi occhi scuri parvero quasi brillare "Mi chiedi se sono geloso di mio fratello?" ripeté in un sussurro "Adesso un po' potrei esserlo. Darei qualsiasi cosa per essere al suo posto in questo momento, senza avere te davanti agli occhi e questo freddo nelle ossa". Per pochi attimi rimasero in silenzio, Drovan teneva la testa bassa e i capelli scuri gli coprivano la fronte, impedendo a Nomiva di guardarlo in faccia completamente. "Che grande pena" si decise a parlare Nomiva con indifferenza, decidendo di osare ancora di più "Che cosa stai blaterando adesso?" rispose subito Drovan, con scortese freddezza "Dico solamente che provo pena, tutto qui" rispose lei, vaga. Drovan la guardò con gli occhi duri e indagatori "Per chi o cosa provi pena? E non pensare di ignorare la mia domanda, ragazzina irritante!"

Nomiva piegò la testa di lato e si sforzò di sorridere, nonostante fosse l'ultima cosa che desiderasse fare "Per il nostro regno" rispose sospirando "Se tuo fratello è tanto inetto come mi è parso di aver compreso, siete proprio spacciati, non trovi?" disse con leggerezza "Ma fortunatamente non sarà un mio problema" aggiunse subito, fingendosi indifferente "Io presto sarò morta e non sarò costretta ad assistere allo stato degradante in cui tuo fratello farà capitolare Expatempem. Il regno forgiato nel sangue e capitolato del fango, poetico non trovi anche tu? Forse la storia non sarà così lusinghiera con tuo fratello e tu sarai grato per non essere citato come generale di un sovrano idiota. Forse non sono così sfortunata come pensavo a restare all'oscuro della reale, miserabile fine del nostro regno" terminò, in tono soave. L'uomo continuò a fissarla in modo torvo, stordito da quelle parole "Che gioco tenti di fare, Nomiva Tenebrerus!?" ringhiò Drovan sempre più guardingo "Nessun gioco" assicurò lei cristallina, mentendo con abilità "Dico solo come stanno le cose, sono sempre stata abbastanza realista e non smetterò certo di esserlo nei miei ultimi giorni di vita".

Il principe non pareva per niente convinto dalle parole di Nomiva "Eppure continuo a nutrire il forte sospetto che tu ti stia prendendo gioco della mia nobile persona" insistette, parlando tra i denti, contraendo la mascella per trattenere l'irritazione crescente "Se anche fosse, noi non eravamo amici?" rispose prontamente Nomiva, con totale sfrontatezza, beffandosi di lui. Drovan corrugò le sopracciglia, guardandola con disgusto "Tu cerchi di mettermi contro mio fratello" sussurrò poi piano, comprendendo il gioco di Nomiva "Vuoi mettermi contro di lui, così da poterti vendicare attraverso di me". Nomiva rise, nonostante fosse rimasta un poco amareggiata dalla rapidità con la quale Drovan avesse compreso quello che aveva in mente "Io starei tentando di metterti contro tuo fratello!? Io non ho fatto nulla di male, sei stato tu ad ammettere di essere geloso e poi a saltare alle conclusioni". Drovan la fissò ancora, poi si alzò di scatto, con gli occhi duri che scintillavano di ferocia "Nessuna delle tue patetiche insinuazioni funzionerà" disse con una risata nervosa "Ah, ma certo!" esclamò Nomiva, inarcando la schiena perché la costola era tornata a sbattere "Non c'è bisogno che io insinui nulla, perché tu già lo odi abbastanza senza che io abbia fatto niente per metterti contro di lui!" "Io non odio mio fratello!" rispose prontamente Drovan, ma Nomiva notò che era sempre più nervoso.

"Forse non lo odi" replicò subito Nomiva "Ma faresti di tutto per essere al suo posto e chissà che la tua esasperazione non possa spingerti a compiere qualche follia col trascorrere del tempo". Drovan rimase di spalle in silenzio e Nomiva ne approfittò per continuare "Ammettilo a te stesso, Drovan!" lo persuase Nomiva "Non mentire anche a te stesso, puoi confidarti con me, d'altronde io tra poco sarò morta e nessuno verrà mai a sapere quello che vorrai rivelarmi, sarebbe il nostro piccolo segreto da falliti". Drovan si voltò lentamente e Nomiva notò come fosse sbiancato e teso "Da falliti" ripeté il principe, quasi in trance "Ma sì" annuì Nomiva "E' quello che siamo, no? Falliti, secondi. A nessuno importa della nostra opinione, neppure ai nostri fratelli" Drovan la guardò negli occhi "Io non odio mio fratello" ripeté con convinzione.

Nomiva lo fissò e poi scoppiò a ridere, inarcando ancora la schiena per il dolore e respirando lentamente, non poteva cedere adesso "Vuoi sapere che altro mi fa pena oltre al regno?" domandò senza attendere una risposta "Tu, principe generale, Drovan Raylon!" disse, costringendosi a ridere "Sei solo un bugiardo" continuò "Credi di dimostrare la lealtà verso tuo fratello sobbarcandoti dei suoi capricci, ma la verità è che lo odi e non potrai fare niente per cambiarlo. Forse è vero che lui è un idiota e che tu saresti un sovrano di gran lunga migliore di lui, è vero che una volta eravate uniti, ma non scoprirai mai se saresti stato un re migliore e probabilmente non recupererai mai più il rapporto che vi univa. Per quanto tu possa essere solerte e leale non verrai mai ricoperto di gloria eterna, nessuno ti guarderà mai come guardano lui. Tu starai sempre un gradino più in basso di lui, ad accontentarti dei suoi scarti e a crogiolarti nella tua gelosia. Potrai essere molto più bravo di lui in tutto, ma nessuno ti amerà mai come amano lui. Tuo fratello sarà sempre superiore a te e tu non potrai mai cambiare le cose". Nomiva poi fece una breve pausa scenica, fingendo di pensare e poi sorrise, anzi, ghignò malignamente "Oppure" disse suadente "Potresti seguire la strada dei grandi re e delle grandi regine dei tempi passati del nostro regno, che uccisero i fratelli e le sorelle pur di brillare e ottenere quello che i consanguinei tentavano di sottrargli, fama e gloria eterni! Ma temo che il tuo animo sia così insipido e codardo che mai avresti il coraggio di osare tanto e uccidere tuo fratello!" Terminò Nomiva, guardandolo con sprezzo, tentando di ferire l'orgoglio dell'altro "Non saresti mai in grado di uccidere Morfgan circondato com'è dalle sue guardie e anche se il tuo spirito divenisse risoluto e tu ci riuscissi, ti catturerebbero e poi ti giustizierebbero!"

Nomiva si fermò ancora, questa volta costretta dal dolore al fianco "Tu mi fai veramente pena, principe Drovan" scandì freddamente, stringendo i denti per tentare di contrastare il dolore "Sei solo una pedina senza importanza". Nomiva si fermò e lo guardò, troppo affaticata per continuare oltre; Drovan era voltato di spalle ed era impossibile vedere la sua reazione "Ammettilo almeno a te stesso che lo odi" concluse Nomiva, chiudendo gli occhi per il male che sentiva. Fu allora che Drovan si girò lentamente, aveva gli occhi lucidi e rossi, sembrava un pazzo dall'espressione che aveva sul volto "Stai zitta!" urlò "Devi solo tacere, miserabile!" "E perché mai dovrei farlo?!" replicò lei "La verità non è mai una cosa sbagliata, non credi scarto della corona?"

Uno schiaffo le arrivò in pieno viso, forte e bruciante da farla gemere dal dolore per la violenza. Nomiva dolorante sentì le labbra umide e nella bocca il sapore del sangue "Ti ucciderò presto, Tenebrerus" disse Drovan con la voce bassa e gli occhi spalancati "Sappi che troverò il modo più doloroso possibile per farlo, ma alla fine ti ucciderò con le mie stesse mani e tu in punto di morte, dopo ore di lenta agonia, mi supplicherai perdono per queste parole e mi implorerai di avere pietà e di toglierti la vita. Ma giuro sul dio Belis e sui tuoi patetici dèi che neppure allora avrò pietà per te!" Nomiva nonostante la sofferenza si sforzò ancora di sorridere "Non dimenticare di chiedere il permesso a tuo fratello" mormorò. Drovan allora si scagliò su di lei, la colpì alla spalla, poi sul collo e sugli zigomi, allora si tirò indietro e uscì velocemente, prima di ucciderla. Uscì dalla cella senza slegarla, semplicemente chiuse a chiave con stizza, andandosene definitivamente a passo svelto dopo aver sbattuto la porta. Nomiva chiuse gli occhi e inspirò a fondo, le faceva male tutto, i colpi di Drovan facevano veramente male, era stata fortunata a essere ancora viva e ne era consapevole. Ma doveva osare tanto, pur sapendo i rischi che avrebbe corso se le cose fossero fallite come era accaduto, però tentare di mettere Drovan contro Morfgan le era parso almeno doveroso. Pur non sapendo di preciso che reazione avesse suscitato in Drovan, Nomiva era certa che quello fosse rimasto scosso, molto scosso a essere sinceri.

Nomiva si accasciò malamente alle sbarre, leccandosi il sangue sulle labbra e gemendo sottovoce per la costola che la teneva in costante sofferenza. Nomiva si domandò come avrebbe fatto a dormire con quel dolore, poi però decise di non curarsene, forse dopo ore la stanchezza avrebbe vinto il dolore. Magari invece sarebbe morta presto proprio a causa di quella costola, allora Drovan si sarebbe pentito di averle rotto l'osso, perché se lei fosse morta lui non avrebbe potuto torturarla prima di ucciderla per quello che gli aveva detto. Comunque sarebbe andata Nomiva avrebbe tentato di resistere, ma se al termine la morte fosse stata inevitabilmente vicina quantomeno la ragazzina non avrebbe rimpianto di aver taciuto al cospetto del suo carceriere, non avrebbe provato vergogna per sé stessa perché era stata coraggiosa, proprio come avevano sempre detto le sue sorelle. La sola idea di aver anche solo ferito Drovan alleviò i patimenti fisici di Nomiva come un infuso benefico e lei sorrise flebilmente, stancamente. Se doveva morire lo avrebbe fatto con coraggio, almeno sarebbe morta con onore e avrebbe incontrato la sua famiglia senza vergogna. Nomiva sentì improvvisamente la stanchezza crollarle addosso e le palpebre si fecero pesanti, costringendola a chiudere gli occhi. Forse farsi giustizia era impossibile, ma magari un giorno le sue parole avrebbe fatto germogliare un desiderio in Drovan, l'unico che l'avrebbe soddisfatta: l'assassinio del re. E, cullata da questa esigua speranza lontana, Nomiva crollò.

 

   
 
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