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Autore: Star_Rover    21/09/2021    5 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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28. Zeitnot
 

L’orologio appeso al muro ticchettava con costanza e precisione, le lancette giravano inesorabilmente, ogni secondo era scandito dal rumore meccanico degli ingranaggi. Era da poco passata la mezzanotte, dopo tutto quel tempo dall’interrogatorio non era ancora sorto nulla di rilevante.
Il detective Sullivan non fu sorpreso dall’atteggiamento del sospettato, il quale continuava imperterrito a dichiarare la sua innocenza.
L’agente McKenna aveva tentato di estorcere più informazioni possibili dal presunto traditore, inizialmente con la semplice insistenza, ma ben presto aveva perso la pazienza ed era passato ad altri metodi.
Sullivan era rimasto impassibile, non si era lasciato impressionare né dalle grida di dolore né dalla vista del sangue. Era disposto a tollerare anche la violenza, se questo poteva essere un modo efficace per ottenere ciò che stava cercando.
Trascorse ancora un po’ di tempo prima che il detective si decidesse ad intervenire.
«Adesso basta!» sentenziò con estrema fermezza.
Il suo compagno si allontanò mostrando un’espressione contrariata, probabilmente era convinto che con la forza avrebbe potuto ottenere una confessione, ma Paul era ancora dubbioso sulla sua colpevolezza.
Il detective prese posto al tavolo e fissò il sospettato con meticolosa attenzione. Quello davanti a lui appariva soltanto come un uomo fragile e spaventato.
«Non sono io la spia del Castello» disse con voce tremante.
«Temo che dovrai fare qualcosa di più per convincermi»
«Ho mentito sul mio passato, questa è stata la mia unica colpa»
«A dire il vero abbiamo scoperto che hai ancora un ruolo attivo all’interno del partito»
Flanagan rimase in silenzio.
Sullivan sospirò: «non mi piacciono i nazisti, ma ad essere sincero non li disprezzo più dei comunisti. Per me i criminali sono tutti uguali»
«La supplico, deve ascoltarmi! Io sono innocente!»
Il detective si sentì a disagio, assistere alla disperazione di un uomo ormai privato della sua dignità era sempre qualcosa di pietoso.
«L’unica cosa che mi interessa è la verità» affermò.
«Dunque è disposto a credermi?» chiese Padraig con tono speranzoso.
«Ritengo che se fossi realmente colpevole avresti tentato di difenderti in modo migliore, e sono anche convinto che una spia dell’IRA non avrebbe mai implorato il nemico chinando il capo con tanta facilità»
Flanagan era troppo sconvolto per replicare all’umiliazione.
«Per favore, lei è l’unico che può aiutarmi»
«Anche se volessi non sarebbe facile. Ti trovi davvero in una brutta situazione»
«La prego, deve credermi, non sono un traditore»
Sullivan si rialzò senza aggiungere altro. L’agente McKenna lo raggiunse con discrezione davanti alla porta.
«Pensi che sia sincero?» domandò.
«I militanti dell’IRA sono addestrati per resistere agli interrogatori, una spia deve avere autocontrollo e sangue freddo…quello laggiù non sembra affatto l’uomo che stiamo cercando»
Devin non poté contraddirlo.
«Allora? Che ne facciamo di lui?» 
Sullivan rivolse un’ultima occhiata a Flanagan.  
«Per questa notte lasciatelo in cella, un po’ di tempo dietro alle sbarre potrebbe comunque essergli utile»
 
Ripercorrendo i corridoi deserti del Castello Paul ripensò al suo confronto con il tenente Hart. L’agente dell’MI5 aveva dimostrato di non essere come molti suoi connazionali, ammetteva gli errori commessi dall’Inghilterra ed era disposto a riconoscere e rispettare i diritti del suo popolo. Per quanto non provasse particolare simpatia per quell’inglese aveva dovuto accettare il fatto che fosse suo dovere proteggerlo. Per questo l’aveva messo in guardia sul possibile doppio gioco del sottotenente Donnelly. Eppure l’ufficiale britannico non aveva voluto ascoltarlo. Sembrava ostinato ad avere fiducia nel suo collega, anche se questo avrebbe potuto esporlo al pericolo.
A quel punto Sullivan si domandò se davvero un giovane alle prime armi avrebbe potuto ingannare un agente della Corona esperto e competente. Probabilmente si era sbagliato, il vero colpevole doveva essere rimasto nell’ombra e lui non era riuscito a scovarlo.
Sullivan emise un sospiro di rassegnazione, senza prove non poteva dimostrare nulla. Doveva prendere una decisione, a quel punto gli restavano solo due possibilità: arrestare l’agente Flanagan pur dubitando della sua colpevolezza oppure ammettere il suo fallimento.       
In quelle condizioni, con una Nazione sul piede di guerra, era certo che i suoi superiori non gli avrebbero permesso di scegliere liberamente. Il tempo a sua disposizione era ormai esaurito e per salvare le apparenze l’Unità Speciale aveva bisogno della sua spia da giustiziare.
Sullivan non era mai stato un uomo dalla solida moralità, nonostante ciò aveva scelto quel mestiere perché credeva in certi valori. Era certo che Flanagan non fosse un’anima pura e innocente, ma sarebbe stato ingiusto condannarlo per un reato che non aveva commesso.
 
***

L’eco degli spari rimbombò nell’edificio abbandonato, il tenente Hart scorse i lampi fiammeggianti sul fondo del corridoio. Rapidamente salì gli ultimi gradini e si affrettò a raggiungere i suoi compagni.
I poliziotti erano riusciti a crearsi un varco per raggiungere il piano superiore e avvicinarsi alle altre stanze, ma i militanti che si erano barricati all’interno erano determinati a difendersi ad ogni costo.
Hart si rannicchiò contro al muro per proteggersi, i botti erano così vicini da far tremare le pareti. L’ufficiale prese un profondo respiro, si era ritrovato altre volte in situazioni simili, sapeva come affrontare uno scontro armato.
Cercò di non pensare al compagno ferito, quello non era il momento di lasciarsi sopraffare dalle preoccupazioni. Per lui non era stato semplice abbandonare James in quelle condizioni, ma nemmeno quell’evento drammatico aveva potuto distoglierlo dal suo obiettivo.
Hart non era stato in grado di comprendere la motivazione di quel gesto. Il giovane aveva disobbedito ai suoi ordini, scegliendo di mettere a rischio la sua incolumità per proteggerlo. Era certo che se non fosse stato per il suo intervento quelle pallottole non l’avrebbero risparmiato. James sapeva che egli non era stato del tutto sincero nei suoi confronti, probabilmente aveva intuito quale fosse il suo ruolo in quella faccenda, conosceva il gioco dell’Inghilterra. Eppure, nonostante questo, non aveva esitato a salvargli la vita.
Il tenente non era riuscito a trovare una risposta logica e sensata a tutto ciò. Anche le ultime parole che gli aveva rivolto prima di perdere i sensi erano state ambigue. Per quale motivo avrebbe dovuto dispiacersi?
Radley aveva formulato le sue ipotesi, ma non era ancora sicuro della loro validità.
L’inglese tornò bruscamente alla realtà avvertendo l’ennesimo sparo. Prontamente rispose al fuoco, uno dei proiettili colpì il suo avversario a un fianco. L’irlandese cadde a terra urlando e contorcendosi per il dolore.
«Fermo! Non sparare!»
Hart bloccò in tempo un agente che già aveva puntato la sua arma contro al militante ormai inerme.
Altri spari provenienti dalla strada lasciarono intuire che in realtà Bernie aveva mentito, doveva esserci un’altra uscita e i ribelli ne avevano approfittato per tentare di fuggire. Radley però aveva abbastanza esperienza e conosceva bene i rifugi dell’IRA, pianificando la retata non aveva lasciato punti scoperti.
Dopo essersi assicurato che la situazione fosse completamente sotto controllo l’inglese ripose l’arma e si avvicinò al militante rimasto colpito. La ferita era profonda, senza un rapido intervento sarebbe sicuramente morto dissanguato.
L’ufficiale si chinò su di lui per soccorrerlo, alle sue spalle l’agente che poco prima aveva puntato la sua Webley al giovane agonizzante rimase immobile.
«Non dovrebbe sforzarsi tanto per salvarlo, in ogni caso non parlerà»
Hart non fu sorpreso dalla sua freddezza.
«Sarà comunque condannato, il bastardo ha ucciso il detective Buckley!» gridò l’irlandese con odio e disprezzo.
Radley continuò a premere con forza sulla ferita: «forza, aiutami o giuro che ti spedirò davanti alla corte marziale con l’accusa di insubordinazione!»
L’agente non comprese le ragioni del tenente, ma la severa minaccia lo convinse ad obbedire agli ordini.
 
In strada regnava una gran confusione, il passaggio era ostacolato dai veicoli dell’esercito e dalle ambulanze. Rinforzi e soccorsi erano giunti prontamente. Ancora non era possibile stabilire il numero effettivo delle vittime di quella sparatoria. Altri due agenti e tre militanti erano stati portati via con urgenza in gravi condizioni.
L’ufficiale britannico arrancò tra il fumo e la polvere. La prima persona che incontrò fuori dall’edificio fu il sovrintendente Whelan, il quale lo raggiunse di corsa.
«Tenente, è ferito?» chiese con apprensione notando il sangue ancora fresco sulla sua divisa.
Egli scosse la testa: «no, sto bene»
«È stato uno scontro terribile» commentò Whelan.
«Siamo caduti in un’imboscata, ciò significa che i militanti erano a conoscenza delle nostre mosse» fu la risposta fredda e razionale dell’agente dell’Intelligence.
«Dunque la spia esiste davvero, i sospetti dell’Unità Speciale sono confermati»
Hart s’irrigidì, ma non osò esporsi a riguardo.
«Abbiamo identificato i militanti coinvolti, purtroppo il capitano Maguire non era tra loro»
«Era tutto parte del piano, questo era soltanto un diversivo»
«L’attacco dell’IRA è fallito, ma temo che la sua spia abbia guadagnato tempo prezioso»
Il tenente fu costretto ad ammettere che quella era la verità.
Whelan notò che l’inglese non era nelle condizioni per riprendere il suo ruolo di comando. Con insolita premura l’afferrò per un braccio e lo condusse verso la sua auto.
«Venga con me, penserà domani mattina a fare rapporto. Adesso ha bisogno di riposare»
Radley tentò di opporsi: «no, per favore, mi porti all’ospedale»
Il sovrintendente si preoccupò: «aveva detto di non essere ferito»
«Devo vedere il sottotenente Donnelly»
Whelan non fu in grado di stabilire se la sua fosse una richiesta personale o professionale, in ogni caso mise in moto il veicolo e si preparò ad inoltrarsi a tutta velocità tra le strade buie e deserte di Dublino.
 
***

Il tenente Schneider estrasse dalla tasca della giacca una sigaretta, l’accese con un fiammifero e con un gesto meccanico la portò alle labbra. Continuò a fumare assorto nei suoi pensieri, camminando avanti e indietro nella sua stanza.
L’incontro con il capitano Maguire aveva fatto sorgere altri dubbi e incertezze. Il comandante dell’IRA sembrava disposto ad aiutarlo, ma fin quanto avrebbe potuto fidarsi di lui?
Ricordava bene l’avvertimento di Declan, l’IRA non era forte e unita come voleva far credere. Era probabile che le promesse di Maguire fossero soltanto menzogne, forse non c’era nessun piano…
Il tedesco scosse la testa, in realtà fino a quel momento l’IRA si era dimostrata onesta e affidabile nei suoi confronti. Gli accordi erano stati rispettati, nonostante tutto era riuscito a ottenere le informazioni richieste dall’Abwehr.
Razionalmente i repubblicani non avevano ragioni per tradirlo, ma forse non avevano nemmeno le risorse per salvarlo.
Maguire aveva parlato del coinvolgimento del Comando del Nord, ma non poteva immaginare a cosa avrebbe portato questa collaborazione. Non sapeva se i suoi superiori avessero realmente fiducia nell’IRA, quell’alleanza, per quanto potenzialmente vantaggiosa, si era rivelata fin troppo debole e precaria.
In ogni caso Hans non aveva altra scelta, doveva affidarsi all’IRA se voleva avere una possibilità per tornare in Germania.
Con il passare del tempo il tenente aveva iniziato a perdere le speranze, la missione si era rivelata ben più complessa del previsto, fin dal primo momento in cui aveva messo piede sul suolo irlandese aveva dovuto affrontare difficoltà e imprevisti. Grazie al suo addestramento da agente segreto era riuscito a trovare una soluzione anche nelle situazioni più estreme, ma era finito in qualcosa di più grande di lui, aveva perso il controllo e non aveva più alcun potere decisionale.
Il fatto che gli irlandesi continuassero a lasciarlo all’oscuro delle decisioni più importanti non era per nulla rassicurante. Inoltre il capitano Maguire gli era parso ancor più diffidente del solito, era evidente che non si fosse mai realmente fidato di lui, ma ora sembrava addirittura disprezzarlo. Durante l’ultimo colloquio si era ritrovato a dover sostenere il suo sguardo freddo e accusatore. Aveva quasi avuto la sensazione che potesse trattarsi di una questione personale.
La sua permanenza a Dublino era soltanto un pericolo per l’IRA, questo era ormai evidente.
Il tenente sospirò, la situazione era ormai disperata. La sua missione era irrimediabilmente compromessa, la speranza di tornare vivo in Germania restava una vana illusione.
Hans era disposto ad accettare la sua sorte, ne era sempre stato consapevole, erano quelle le regole del gioco. Ciò che non poteva più sopportare era la prigionia, perché in fondo era a questo che era costretto.
C’era soltanto un motivo per cui aveva deciso di non disobbedire al volere dell’IRA, e questa ragione era Declan. Se avesse tentato la fuga di certo egli sarebbe stato ritenuto l’unico responsabile.
Anche quando aveva avuto la possibilità non aveva mai approfittato delle circostanze e tantomeno del rapporto di fiducia che si era creato tra lui e il giovane irlandese.
Se c’era qualcosa di vero in quel mondo di inganni e menzogne era quel legame, così intenso e profondo da essere diventato totalizzante per entrambi.
I sentimenti che provava per Declan si erano rivelati incorruttibili. Il sincero e incondizionato affetto di quel ragazzo restava il suo unico conforto.
 
Hans si riprese dai suoi pensieri avvertendo il rumore di alcuni passi sulle scale, ormai aveva imparato a riconoscerli, non poteva confonderli in alcun modo.
Quando la porta si aprì non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscere la figura del suo compagno.
Declan entrò nella stanza, senza dire nulla si avvicinò al tenente. Si fermò al suo fianco davanti alla finestra, restò in silenzio, limitandosi ad osservare un punto indefinito nell’oscurità.
Il giovane ridusse ulteriormente le distanze. Lentamente allungò la mano fino a sfiorare quella del tenente con un gesto quasi impercettibile.
Hans percepì la sua inquietudine, istintivamente provò il desiderio di rassicurarlo.
Il tedesco cercò con più decisione la mano del suo compagno e la prese con delicatezza, intrecciando le dita con le sue.
Declan si strinse a lui, lasciandosi avvolgere da quell’abbraccio.
Il tenente sfiorò il suo volto con una dolce carezza, l’irlandese lo guardò intensamente negli occhi.
«In questo momento voglio solo stare con te» ammise con un sussurro.
Hans rispose baciandolo con passione.
I due si abbandonarono l’uno nelle braccia dell’altro, dimenticando ogni tormento.
Ormai non avevano più molto tempo a loro disposizione, ogni istante era unico e prezioso.  
 
***

Hans si rialzò dal suo giaciglio, raccolse la giacca che nella frenesia del momento era stata gettata a terra e recuperò un oggetto dalla tasca interna. Abbandonò nuovamente il vestito sulla sedia e tornò indietro.
Nella penombra si soffermò ad ammirare il corpo del giovane disteso nudo sul letto. Aveva un fisico snello e asciutto, ancora troppo acerbo per essere quello di un uomo. Eppure era già stato segnato dalla fame, dalla fatica e dalla lotta.
Declan era coricato su un fianco con il volto poggiato al cuscino. I capelli dai riflessi ramati erano scompigliati, alcuni ciuffi si erano appiccati alla fronte leggermente sudata. Il viso dai lineamenti delicati era arrossato, su di esso poteva riconoscere un’espressione apparentemente angelica, le labbra sottili erano inclinate in un dolce sorriso.
Quella visione era allo stesso tempo innocente e voluttuosa.
Hans allungò una mano e lentamente lasciò scorrere le dita lungo la sua schiena. Lo sentì reagire con un lieve fremito al suo tocco. Si chinò su di lui, lo baciò sul collo sottile e l’avvolse in un tenero abbraccio.
Declan si rigirò tra le sue braccia, lo guardò negli occhi, poi poggiò la testa sul suo petto. Mentre erano così vicini i loro cuori battevano all’unisono.
Restarono qualche istante stretti l’uno all’altro, poi il tedesco si distaccò leggermente. Fu in quel momento che decise di consegnare il suo distintivo di pilota nelle mani del giovane irlandese.
«Qualunque cosa accada voglio che sia tu ad averlo»
O’ Riley esitò: «non posso accettarlo»
«Per favore, è davvero importante per me»
Declan strinse tra le dita quel pezzo di stoffa così prezioso ed esaminò con attenzione la sagoma dell’aquila argentata.
«Sai qual è il motto degli aviatori irlandesi?»
Egli scosse il capo.
«Forḟaire agus Tairiseaċt»
«Che cosa significa?» domandò Hans continuando ad accarezzargli dolcemente i capelli.
«Vigili e leali»
Il tenente rifletté sul significato di quelle parole, di certo erano entrambe qualità imprescindibili per un buon pilota. Inevitabilmente ripensò ai suoi commilitoni, credeva che il suo unico obiettivo fosse tornare a combattere, ma le cose si erano complicate ulteriormente. Ovviamente sentiva l’attaccamento al dovere, in quel momento però le sue preoccupazioni non riguardavano più solo la guerra. Sapeva che la priorità era la missione, ma c’erano questioni che non poteva lasciare in sospeso.
Provò una profonda angoscia al pensiero di doversi separare da Declan.
Il tedesco sciolse l’abbraccio, distolse lo sguardo, l’espressione sul suo volto si incupì.
«Io…devo andarmene da qui» rivelò tristemente.
«Lo so» fu la semplice risposta.
Schneider esternò i suoi sensi di colpa.
«Dopo tutto quello che hai fatto per me non posso abbandonarti al tuo destino»
«Non preoccuparti per me. Devi portare a termine la tua missione»
Ancora una volta Hans ebbe prova della stoica determinazione del suo compagno.
«Hai mentito a un tuo superiore. Per questo potrebbero accusarti di tradimento»
«Non sono pentito per ciò che ho fatto»
Hans non si stupì nel sentire quelle parole, ma allo stesso tempo non riuscì ad accettarle.
«Hai anteposto la mia incolumità al tuo dovere»
«Ho rispettato la mia promessa, avevo il dovere di proteggerti»
Il tenente assunse un tono severo: «non hai pensato alle conseguenze delle tue azioni?» 
«Sono consapevole di aver fatto la scelta giusta»
Il tedesco fu commosso dalla fedeltà del giovane irlandese. Declan aveva disobbedito agli ordini, ma non aveva mai tradito i suoi ideali.
«Dovrai dire al capitano Maguire che sono stato io a obbligarti a mentire»
Il ragazzo sgranò le iridi smeraldo: «cosa?»
«Io sono una spia ed è questo che fanno le spie: mentono, ingannano, tradiscono»
«Tu non sei così» ribatté il giovane.
Schneider ignorò le sue proteste.
«È l’unico modo, se farai ricadere le accuse su di me potrai avere una possibilità di salvezza»
L’altro si oppose con indignazione.
«Non mentirò, non ti incolperò come un vigliacco per salvarmi la pelle. Ho voluto difenderti perché hai dimostrato di essere un ufficiale onesto e leale, sono sempre convinto di questo»
Hans comprese il valore di quelle parole, ma per quanto ammirevole, l’ostinazione di Declan sarebbe diventata la causa della sua stessa condanna.
Il tenente ne era consapevole e riteneva anche di avere delle responsabilità. Tutto ciò era assurdo, ma dentro di sé sapeva di non poter agire diversamente. Contro ogni logica desiderava proteggere quel giovane, anche se questo avrebbe significato perdere del tutto la fiducia dell’IRA.
   
 
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