Il bar interno della Cittadella era
affollato, ma John ed Edward
avevano trovato un posto appartato.
John finì di bere il suo
caffè e
prese a illustrargli i suoi progetti sulla sistemazione della clinica.
"Ho bisogno di più
spazio, di
un ambulatorio per i piccoli interventi e di più posti letto
per l'osservazione
di traumi leggeri." Il dottore aveva già predisposto una
serie di
migliorie per l'attività di pronto soccorso.
Edward lo ascoltava attento e
prendeva nota, scriveva sollecito nella sua agenda. John pensieroso
tamburellava con le dita della mano sana sul tavolino. Finì
di leggere i suoi
appunti e si appoggiò allo schienale soddisfatto.
Cooper ripose la penna.
"Decisamente degli interventi costosi, però vedrò
cosa posso fare per
accontentarti."
Increspò le labbra, si
stavano per
alzare, quando sentirono uno scalpiccio precipitoso. Il sergente Brent,
un
sottoposto di Steve, rosso in volto corse letteralmente verso Cooper.
"Che succede Brent?
"Edward capì che era accaduto qualcosa, anche John si
alzò perplesso.
"La piattaforma per l'addestramento
dei lanci ha ceduto e due reclute sono rimaste ferite. Steve era con
loro. È
riuscito a farli scendere, ma quando stava per tornare di sotto,
è rimasto
incastrato con un piede nel metallo. È ancora lì
sopra!" Edward cambiò
espressione, quasi non respirò, il volto contratto.
"Andiamo dottore, Brent mi
porti là velocemente, prendiamo un'auto."
Presero un mezzo di servizio che
guidò Brent, mentre John allertava i soccorsi. Si
maledì, con la mano in quelle
condizioni poteva fare poco.
Quando arrivarono, Edward scese
rapido e cercò subito il fratello. La piattaforma che
serviva come base per i
lanci era alta 10 metri circa. Edward lo vide, fermo sulla
sommità. Steve era
inginocchiato sulla piccola terrazza che tentava di sbloccare il piede
incastrato.
Tutti i rancori e le sfuriate
svanirono come neve al sole, ora c'era solamente suo fratello in
pericolo.
Edward gli urlò
furiosamente.
"Steve, allontanati dalla sponda, sta giù! Cosa ha il piede?"
Il minore si accorse della sua
presenza e avvertì tutta la stanchezza e il dolore, ma era
consapevole che
Edward era lì, nonostante tutto quello che gli aveva fatto.
Perché era suo
fratello.
Gli urlò di rimando. "Il
piede si è incastrato nella lamiera, perdo sangue e non
riesco a
toglierlo."
Si lasciò andare, si
sedette e si
coprì il viso con le mani. Edward tradì il
disappunto di sentirsi impotente.
Poi decise rapido.
"Resisti, salgo io."
Armeggiò con i vestiti, liberandosi di giacca e cravatta.
Poi passò alle
scarpe.
Un'ombra di contrarietà
apparve
sul volto tirato di Roberts.
"Sono 10 metri! Spero che tu
non soffra di vertigini, Gesù, è pericoloso."
Il Generale non lo
ascoltò
nemmeno, ordinò di portare un'imbragatura, scarpe, guanti e
una cesoia.
"John, quello è mio
fratello
e io vado su. Renditi utile e procurami un kit di pronto soccorso."
Vide
il suo volto alterato, sbuffò. "Sta tranquillo, non sono
stato sempre
dietro a una scrivania."
Lui fece un sorriso tirato.
"Sta attento, la scala è
ripida e quando scendi avrai anche il suo peso."
Edward annuì, mentre
metteva tutto
in uno zaino. Cambiò le scarpe e infilò i guanti.
Fece un cenno a Roberts,
indossò l'imbragatura e cominciò a salire.
La scala della torre era a pioli
ferrati, perpendicolare al terreno, solo di lato c'era il corrimano a
cui ci si
poteva agganciare.
La piattaforma sulla
sommità era
decisamente vecchia e interdetta. Edward, pensò con rabbia
perché mai fossero
finiti lì sopra.
Steve lo guardava salire, gli
gridava di stare attento.
"Eddy, per Dio, agganciati
non rischiare! "Si agitava nervoso, ma era bloccato e finì
per arrendersi
al dolore. Rimase sdraiato, con le mani strette sul bordo del
pavimento.
Il comandante procedeva adagio,
aveva tutti gli occhi puntati addosso. Saliva pochi gradini ripidi e si
agganciava. Doveva portarlo giù, non doveva rischiare.
A suo fratello piaceva salire
sugli alberi a Roses House e toccava a lui trascinarlo giù
prima che se ne
accorgesse il padre. Spesso era una ripicca di un bambino ferito dalle
parole
severe di sir Anthony e mai lui lo aveva abbandonato a sé
stesso. Non l'avrebbe
fatto nemmeno adesso. Anche dopo tutto quello che era successo fra loro.
Giunse in cima ansimando,
salì
sopra, attento non ferirsi nelle lamiere rese fragili dal tempo.
Fu cauto a raggiungere il
fratello. "Eddy, aiutami a togliermi di qui." Steve sentiva stringere
il piede come se fosse in una morsa. Era pallido ed Edward si
smarrì per pochi
secondi. Ma la voce gli uscì decisa.
"Sono qua, ora lasciami
fare." Si inginocchiò controllò il piede, e
valutò come liberarlo.
Il minore si distese, con le
braccia si coprii il volto. Edward fece un primo tentativo, lo
sentì contrarsi.
Sulla caviglia gli si era conficcato un sottile pezzo di lamiera, che
gli aveva
causato una ferita profonda che sanguinava copiosamente. La scarpa era
incastrata nella fessura e non si liberava. Edward prese due bei
respiri e
afferrò la cesoia.
"Ora taglio la lamiera, poi
tiriamo fuori il piede, taglio anche la scarpa." Si interruppe, la voce
calma. "Farà male."
Steve annuì,
infilò il viso sulla
piega interna del gomito. L'altra mano era aggrappata al polpaccio del
fratello, che era inchinato al suo fianco.
Il comandante si adoperò
con
lentezza studiata, ma appena agganciò la lamiera con la
cesoia, Steve gemette e
si inarcò sulla schiena. Allora fu rapido, tagliò
con forza il pezzo di ferro,
sentì la mano del fratello affondare nel suo polpaccio
così forte da fargli
male. Il minore sussultava cercando di trattenere i gemiti dolorosi.
"Forza ci siamo quasi, pensa
a una cosa piacevole, come quando ti facevi male ed eravamo bambini."
Lo
vide assentire, continuò con determinazione.
Con un movimento deciso spinse la
caviglia di lato, estrasse il metallo. Steve urlò,
soffocando una imprecazione.
Poi tagliò la scarpa e
liberò il
piede completamente.
Il minore ansimava ed era pallido.
Si alzò a guardare la sua gamba, scivolò
più indietro, si appoggiò sulla
ringhiera.
"È fatta, ora vediamo di
fermare il sangue e poi scendiamo." Prese il kit medico, lo
aprì e si
adoperò a tamponare la ferita.
Steve cominciò ad
agitarsi,
stringeva le labbra per non gridare.
"Fa male fratello, fa
piano." Singhiozzò.
Edward sorrise stemperò
la
tensione. "Chi era quello che mi canzonava per la ferita sul volto?
"Ora la smetterai di
prendermi in giro?" Riuscì a strappargli un sorriso, era
sollevato nel
vederlo riprendere colore.
"Faccio una fasciatura. Cerca
di resistere." Lavorò solerte, alla fine gridò
avvertendo di sotto.
"Fatto, ora scendiamo
lentamente. John, tutto bene! Un paio di minuti che questo sconsiderato
si
riprenda."
Steve brontolò, ma era
felice che
Edward fosse lì, lo vedeva sereno e questo
tranquillizzò anche lui.
"Eddy, grazie. Non era
scontato che fossi qui, non dopo quello che ho fatto."
"Sei mio fratello e ti voglio
bene, stupido! Ora scendiamo."
Edward mise in sicurezza la corda
buttò giù lo zaino avvertendo di sotto.
Poi istruì il fratello.
"Faremo un piolo alla volta,
io ti reggo da dietro. Ti appoggerai a me quando userai il piede
ferito."
Lui protestò,
immaginando la
discesa faticosa di Edward. "Farai doppia fatica, dovrai portare tutto
il
mio peso. Non mi sembra una buona idea."
"Ma è l'unica, quindi
zitto e
andiamo." Non poté replicare, perché lo prese e
lo fece alzare lentamente
cercando di non fargli appoggiare il piede.
Steve si lasciò guidare,
il
comandante lo agganciò alla sua imbragatura lo fece scendere
il primo piolo,
lui gli scivolo dietro e insieme iniziarono a scendere.
Edward metteva in sicurezza la
discesa agganciando il moschettone al corrimano, lo reggeva quando non
poteva
appoggiare il piede.
La spinta era considerevole, ma lo
teneva stretto anche se le mani cominciarono a dolorare per tenere il
peso di
entrambi.
I guanti ressero per un po', poi
sentì il dolore aumentare e non fiatò cercando di
rassicurare il fratello.
Temeva che cedesse.
"Forza, pensa a tutte le
volte che ti ho fatto scendere dagli alberi di casa."
Sentì il corpo di Steve
vibrare,
mentre rideva sommesso.
"C'eri sempre, Eddy, ovunque
mi arrampicassi rischiando per me."
"E ora sono qui, ancora una
volta." Mormorò il generale.
"Non potrò correre per
un bel
po'." Steve si irrigidì, la voce incrinata.
"Correrai più di prima,
ci
verrò anch'io, devo tenermi in allenamento, con i guai che
combini"
Il minore ridacchiò. "Se
non
riesci a fare nemmeno un giro del campo, fratello."
"Mi allenerai tu, avrò
pazienza di vederti guarire." Lo sentì sussultare. "Forza ci
siamo
quasi, starai bene Steve te lo prometto."
Non rispose si limitò ad
annuire,
ma due lacrime gli scesero lente, miste al dolore e al rimpianto di
essere
azzoppato, per lui che il correre era vitale.
Intanto erano giunti di sotto.
Furono afferrati dal sergente e da John, benché avesse una
mano impedita.
Il minore fu subito soccorso dai
paramedici, John, controllò che tutto fosse fatto per bene.
Edward si liberò
dell'imbracatura.
"Stai bene?" Si
preoccupò vedendo i guanti sporchi di sangue. Li
sfilò lentamente, le mani
arrossate, scorticate. Ma avevano retto.
John le esaminò,
contrasse le
labbra. "Devi fartele medicare. Ci penserà Noreen."
"Sì, finisco e arrivo,
bada a
Steve, è spaventato. Ha paura di non poter correre come
prima." John
scosse la testa.
"Temo che dovrà essere
operato, da quello che ho visto ci sono delle lesioni, ho
già contattato
l'ortopedico."
Edward imprecò
sottovoce. Aggrottò
la fronte. "Vedo di arrivare subito. Non la prenderà bene.
Aspetta che ci
sia anch'io. Non ha un buon rapporto con aghi e ospedali."
John sogghignò. "Deve
essere
un difetto della famiglia Cooper, allora. Mi ricordo di una certa
persona che
tremava solo per una visita medica."
Edward gli allungò una
spinta
affettuosa. Sorrise e allentò la tensione.