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Autore: Enchalott    27/09/2021    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il valore di un sì
 
«Il principe Rhenn mi ha chiesto di consegnarvi questa» riportò Mirai.
Yozora riconobbe il sigillo della famiglia reale salki fu invasa da una gioia immane. Trascurò che fosse stata aperta, identificando subito la calligrafia di Hyrma: le righe vergate in blu si appannarono al prevalere della commozione. Asciugò gli occhi e scorse avida le pagine, poi appoggiò al cuore le parole traboccanti d’affetto.
«Buone notizie?» auspicò Mirai.
«Oh, sì! Mia sorella ha ufficializzato il fidanzamento con il generale Hoshi, si sposano tra un mese e mio padre è in salute!»
«Un soldato molto valoroso» restituì la guerriera «I miei compagni ne hanno sempre parlato con rispetto.»
«Ama Hyrma da sempre, la renderà felice. Mi sento sollevata!»
La nisenshi sorrise all’entusiasmo della sua protetta, pur non comprendendo quei concetti distanti dal suo modo di pensare. I Khai si sposavano, ma erano altre le ragioni che li conducevano al legame perpetuo: la compatibilità carnale, il vigore fisico, la combattività, il prestigio del clan di appartenenza. Al fine di perpetrare una stirpe sempre più forte. Però esistevano gli hanran, che ponevano fede in valori diversi e disdicevoli.
«Mirai? Pensate mi sarà concesso presenziare alle nozze?»
«Dipende dal principe Mahati.»
«Ma è partito, non so quando tornerà.»
«In tal caso dovreste rivolgervi all’Ojikumaar. La sua parola è legge.»
Yozora sedette con il morale a terra: mentre scalciava sulle sue spalle, Rhenn aveva garantito che non sarebbe tornata a casa. Però il matrimonio di Hyrma si configurava come occasione ufficiale, forse avrebbe concesso una deroga. Per rivederla non le sarebbe importato di montare in sella a un vradak in mezzo a un’orda di demoni.
«Accompagnatemi da lui, vi prego.»
«Sarà complesso ottenere udienza, è sempre molto occupato.»
«A oziare nelle mie stanze quando gli aggrada! Sono invitata da sua moglie per un akacha, lo farò durare finché non rientrerà per mangiare o dormire!»
Mirai la osservò afferrare lo scialle per coprire le trasparenze dell’abito e dirigersi alla porta a passo di carica. Non le restò che affrettarsi.
 
«Il principe della corona non vuole essere disturbato» sancì il rigoroso attendente di palazzo in servizio alla biblioteca.
Yozora replicò in idioma khai sbalordendolo.
«Ho ricevuto notizie tali da rendersi necessario comunicarle subito. Abbiate la cortesia di riferirlo a sua altezza, se rifiuterà di ricevermi non insisterò. Gradirei un veto diretto, a meno che non siate qualificato a decidere in sua vece.»
L’uomo trasecolò. Non solo perché la ragazzina degli sconfitti aveva parlato senza peli sulla lingua, ma anche perché non si sarebbe sognato di assumere quel ruolo. Il suo signore gli avrebbe tarpato una mano. Forse entrambe.
«Attendete» bofonchiò cercando di darsi un tono.
Yozora lo osservò sparire dietro l’angolo e scosse la testa con biasimo.
«I funzionari sono identici in tutte le corti a quanto pare.»
«Gli inferi dovrebbero contenere uno spazio loro riservato» sogghignò Mirai «Siete abile a usare il loro linguaggio, noi li evitiamo come la pestilenza.»
«Questione di abitudine. A Seera ero il loro incubo, mio padre mi rimproverava perché li mettevo in crisi. L’ultima volta quando ho preso il posto di mia sorella.»
La nisenshi ne aveva sentito parlare. Un atto d’insubordinazione e coraggio che con il senno di poi non era difficile attribuirle.
L’attendente tornò poco dopo: il viso scuro enunciava la sconfitta e un probabile lavaggio di capo.
«Voi sola, altezza» grugnì indicandole la via.
 
Rhenn sollevò il viso dalla lettura e si gustò l’ingresso trionfante della futura cognata, avvolta nell’abito verde mare e nelle pieghe dello scialle di seta. Appoggiò la tempia alla mano e la osservò.
Mahati si è rincitrullito o ha fatto voto di castità, non c’è altra spiegazione.
«Qual buon vento!» esclamò ironico «Siete venuta per la medicazione?»
«Guarite a rilento per essere un Khai.»
«Oppure siete una pessima guaritrice.»
«Mai vantato il titolo.»
«E io che pensavo di sottopormi a un esame generale.»
«Psicologico suppongo.»
Rhenn snudò le zanne in un sogghigno sensuale e le indicò di accomodarsi.
«Non tentatemi. Tanto più che le frottole vanno perseguite, avrei in mente la sanzione idonea per le vostre. Concreta, vi assicuro.»
Yozora avvampò quando lui indicò la lettera tra le sue mani.
«Prima che ne inventiate altre, sappiate che sono stato io ad aprirla, senza rilevare urgenze. È l’insostenibile nostalgia del sottoscritto a portarvi qui?»
«Se l’avete letta sapete perché sono venuta.»
«Come voi sapete che non vi darò il permesso.»
«È una faccenda diplomatica, non un capriccio! Sarebbe scortese mancare agli sponsali della principessa dei Salki!»
«Davvero? Dal mio punto di vista è come presenziare alle nozze tra due popolani. Il clan reale non si scomoda per un’unione tra shitai
Yozora abbandonò la strategia originaria, ma la risposta bruciante la spazientì.
«Va bene, non avrei dovuto parlare di politica estera con il vincitore. Se vi dicessi che vorrei partecipare alla felicità di Hyrma e che sarei di ritorno dopo la cerimonia, mi lascereste andare?»
«Non siete prigioniera, sellate un vradak e partite.»
«Smettetela! Abbiate il coraggio di motivare il diniego! Non sono in grado di viaggiare da sola e, qualora trovassi un accompagnatore, escogitereste una scusa per non autorizzarmi!»
«Accompagnatore? Chi mai proporreste, sentiamo…»
«Voi.»
«Io?! Mi avete preso per un lacchè!?»
«Obiettereste su chiunque, siete la scelta più saggia. Convinto voi, convinti tutti!»
Il principe spalancò gli occhi sconcertato.
Niente male come argomentazione.
«Osate scegliermi per esclusione!?»
«Dovrei preferirvi in base alla spiccata sensibilità?»
Rhenn chiuse il volume con un tonfo e lo lasciò cadere sul pavimento. La risposta lo punse più del comprensibile, urtando non il suo ruolo ma il suo ambito privato. Non aveva mai permesso a nessuno di rivolgerglisi con impudenza e non intendeva originare eccezioni.
Lo sguardo era pura fiamma quando la afferrò per il collo e la trascinò sino a ridurre lo spazio tra loro. Le labbra si schiusero per la collera, le punte delle zanne biancheggiarono minacciose. Gli artigli spiegati rasentarono la pelle delicata della ragazza, più spaventosi che mai.
«Convincetemi a non stringere.»
Yozora gli abbrancò il polso. Non lo smosse, ma le mani tremanti spostarono i bracciali che lo ornavano e sfiorarono la mezzaluna marchiata. Un pensiero assurdo le sfrecciò per la mente, forse dovuto al debito d’ossigeno.
Non è un mostro, è Rhenn… non mi farà del male, lo ha promesso all’asheat.
Sgomento e rabbia si trasformarono in coraggio e dolcezza.
«Siete malato, se mi uccidete chi vi curerà?»
«Che diavolo state blaterando?»
«È la diagnosi che mi avete chiesto. Siete senza cuore, nelle vostre vene circola il gelo, manca ogni genere di sinapsi tra voi e il prossimo, non conoscete il valore di un sì. Un caso grave.»
L’Ojikumaar corrugò la fronte. La spinse all’indietro e torreggiò su di lei. Lo scialle fluttuò a terra, ma la ragazza non celò ciò che la scollatura esibiva. Lo guardò negli occhi, mentre i capelli argentei piovevano dall’alto e le solleticavano le guance.
«Ragione in più per il no» sentenziò corrosivo «Non posso privarmi di un medico tanto competente. Quanto alla vostra insolenza, provvederò a smorzarla.»
Lei non reagì né alla nuova proibizione né al suo avvicinarsi privo di convenienza. Continuò a starle sopra, lasciando filtrare intenzioni poco edificanti.
«Come intendete guarirmi, di grazia?»
«Con la musica.»
Yozora tese le braccia e per un secondo il principe fu certo che volesse abbracciarlo. Rimase fermo, teso come se non fosse mai stato toccato. Lei gli posò i polsi sulle orecchie, ovattandogli le facoltà uditive.
«Chiudete gli occhi.»
Rhenn obbedì. I rumori degradarono al pulsare regolare del sangue. Un fiume in piena, pompato dai battiti cardiaci, robusto, rassicurante, ipnotico. Rombo di un’esistenza da non stroncare, irripetibile, fragile, intensa. Comprese le sue parole, smise di giudicarle ingiuriose e le accolse per com’erano: una donna sincera aveva comunicato con lui senza timore, senza gli eufemismi cortigiani, falsi e deferenti che detestava. Non un complimento, bensì una critica feroce. Però vera.
È questo che non possiedo? È davvero ciò che conta?
«Pensate di avermi sanato con questo giochetto?»
«Ditemelo voi.»
«Mh. Non andrete a Seera. Casa vostra è qui, la seconda asheat vi attende. Scrivete a vostra sorella, inviatele un dono e mettetevi l’animo in pace.»
«Se la ponete così, attenderò Mahati.»
«Mio fratello vi ha affidata a me, non discuterà le mie decisioni. A meno che non sfoderiate un metodo infallibile per persuaderlo. Mi ha detto che state dormendo insieme, voglio sperare la smettiate di costringerlo all’astinenza. L’obiettivo che vi siete prefissata potrebbe essere la spinta giusta, ma contate che i Khai non cedono ai ricatti, seppur allettanti.»
«Io non ho costretto nessuno! È avvenuto uno yakuwa! Tantomeno ho intenzione di ricattarlo! Quando farò l’amore con lui non sarà per scambio, ma perché lo desidero!»
Rhenn impiegò un attimo a trasporre la risposta.
Fare l’amore… tsk, intraducibile! Tante smancerie per riferirsi all’amplesso!
Eppure una remota parte della memoria gli sussurrò le parole corrette.
Ahakineti mada. Fare l’amore… che diamine, perché questa roba è nella mia testa!?
Mise a tacere la molesta voce interiore e recuperò il controllo.
«E mentre sognerete il momento perfetto, Mahati perderà le staffe e vi salterà addosso in tutta la sua praticità. O tornerà con diritto alle concubine. Scommettiamo che ho ragione? Non venite a frignare da me dopo!»
Yozora spalancò gli occhi, perdendo parte della convinzione.
«Con voi non scommetto più.»
L’Ojikumaar inarcò un sopracciglio e si tirò indietro, permettendole di rialzarsi.
«Per gli dei, ho vinto così presto?!» sghignazzò.
«Prego, non siate tanto contenuto nell’esultanza!»
Rhenn ricominciò a ridere, gettando la testa all’indietro: schietto, spontaneo. Yozora avrebbe voluto scagliargli qualcosa addosso, ma non poté che fissarlo affascinata. Era vero che Mahati risultava l’uomo più attraente che avesse conosciuto, ma il primogenito non era classificabile. Non per l’aspetto, il carattere o le situazioni ambigue in cui finivano per trovarsi, non per il saliscendi emotivo cui la sottoponeva – ne era certa – con intenzionalità.
È… Rhenn e basta.
Lui scostò la mano dalla fronte e tornò a guardarla.
«Ah principessa, voi sì che sapete migliorarmi la giornata!»
Lei recuperò lo scialle e si rassettò seccata.
«Avanti, riscuotete! Starete riflettendo da settimane sulla mia penitenza!»
Il principe la accarezzò con lo sguardo.
Ha giurato niente di scabroso, non vorrà…?
«Un’escursione estemporanea. Sono stanco di marcire tra le scartoffie.»
«Dove?»
«Shamdar. All’onda che bacia la roccia.»
«Onda? Qui c’è il mare?»
Rhenn annuì. Le porse la mano con cavalleria, conducendola attraverso i casellari della biblioteca. Scelse mappa e la spiegò sul tavolo: in un angolo era disegnata una macchia blu che non lasciava dubbi di sorta.
«Uno soltanto, talmente selvaggio e salato che non consente la vita. È un luogo inospitale, non incontreremo anima viva.»
«Perché laggiù?»
«Per non essere disturbato. Nessuno apprezza quel tipo di paesaggio.»
«Io sì?»
«Ho vinto, non discutete. Magari sfrutterò la circostanza per parlarvi della seconda prova, quella della perfezione.»
«Vostra moglie potrebbe dispiacersi o non essere d’accordo.»
«Pensate che mi interessi? Rasalaje non contesta le mie risoluzioni e poi…» sorrise lascivo «Vi prometto che le darò anticipo e interessi, così non avrà di che lamentarsi.»
«Siete uno spudorato!»
«Se lo fossi, vi proibirei di indossare sciarpette mortificanti. Perché Mahati le tollera?»
«Quando sono con lui le lascio nel baule.»
Toccò all’erede al trono sorprendersi.
Non dovrei stupirmi e neanche adirarmi. “Voglio la possibilità di innamorarmi di lui”, non ha detto così? Non è strano che tenti di avvicinarlo e di lasciarsi guardare.
«Non siete un caso tanto disperato, dunque.»
«Meno di prima, l’asheat…»
«Non voglio sapere i particolari» mentì lui.
«Permettete almeno che vi ringrazi, il vostro apporto è stato indispensabile. Sono certa che risulterete prezioso anche per la seconda.»
«Userò tale incoscienza contro di voi.»
«Purché serva.»
La smorfia sarcastica di Rhenn svanì, lasciando posto a un sorriso. Yozora abbassò lo sguardo e si accorse di stringere ancora nel pugno la lettera di Hyrma.
Oh, stavo per dimenticarmene!
«Posso domandarvi una cortesia?»
«Se non comporta permessi che ho già negato.»
La principessa inghiottì l’amaro. Se non avesse perso la scommessa, avrebbe potuto rivedere sua sorella. Ma era una considerazione egoista nei riguardi di Mirai. Lisciò la busta, attirando l’attenzione sullo stemma.
«Avete parlato di uno scritto di mio padre in risposta al vostro ultimatum di vent’anni fa. Non offendetevi se vi chiedo una consultazione, mi sembra poco da lui.»
L’Ojikumaar assentì senza questionare e s’inoltrò tra le corsie, diretto alla zona degli archivi. Lei lo tallonò nel dedalo di teche e scaffali, timorosa di perderlo di vista. Le dorei avevano riferito che la biblioteca reale occupava l’intera ala nord, sotterranei compresi, ove era meglio non smarrirsi. Evitò di riesumare i racconti sulle creature che vi abitavano, dicendosi che erano sciocche leggende.
Il buio aumentò via via che si allontanavano dalle finestre. Rallentò e proseguì quasi alla cieca; all’improvviso l’arancio dell’abito del principe, usato come riferimento, svanì nell’oscurità.
«Rhenn!»
Avvertì la mano calda sull’avambraccio.
«Sono qui, non abbiate paura» il chiarore di una lampada schiarì la tenebra «Ho dimenticato che non vedete al buio. Pensavate vi abbandonassi qui?»
La voce profonda, quieta, addirittura gentile le procurò una reazione viscerale. Dentro di lei scese una profonda tranquillità, lo avrebbe seguito in capo al mondo senza remore. Si pose un nuovo interrogativo su tale fiducia.
O sconsideratezza.
Rhenn appoggiò la lucerna e indicò uno scaffale con le ante serrate. L’osservò armeggiare con i lucchetti: le spalle ampie, la chioma sciolta sulla schiena, il fisico snello, le dita affusolate, gli artigli lattei. Quante persone era e quanto di quell’uomo carismatico avrebbe imparato? Gli avrebbe mostrato la medesima fiducia quando ogni sfaccettatura le sarebbe divenuta familiare?
«Spero valga la pena ingoiare tutta questa polvere!» borbottò lui «Qui c’è la vostra corrispondenza. L’archivista non è stato molto ordinato, me ne occuperò più tardi.»
Yozora scorse con trepidazione le pagine appassite: le ultime avevano la data di pochi mesi prima ed erano gli accordi di pace cui aveva assistito. La firma elaborata dell’erede al trono Khai giaceva accanto a quella scarna di Entin. Rinvenire la grafia paterna la commosse.
Decise di partire dai documenti meno recenti e capovolse la pila: un foglietto azzurro sgusciò dal mucchio depositandosi ai piedi di Rhenn, che si chinò a raccoglierlo. Lo aprì e quando terminò la lettura tra le sopracciglia sottili c’era una ruga d’incredulità.
«Cosa?» balbettò lei in apprensione.
Lui le porse lo scritto. Non appena distinse la firma in calce, Yozora avvertì le lacrime premere con forza.
 
“Kelya, regina e custode dei Salki, alla nobile Hamari, regina di tutti Khai e sposa dell’unico grande re Kaniša.
 
Mia generosa signora,
spero perdoniate il canale non ufficiale attraverso il quale mi rivolgo a voi e mi auguro che la decisione di scrivervi non vi sia di disturbo.
Non ci siamo mai incontrate, tale spiacevole mancanza mi addolora. Avrei desiderato capire da una donna le ragioni profonde che ci condotto all’inimicizia. Non perché ho la presunzione di ignorare il corso degli eventi, bensì sono convinta che la sensibilità di chi ha portato in sé una vita sia diversa da quella di chi può solo spegnerla.
Poche ore fa è nata la mia secondogenita, Yozora, notte di luna. Una luna immensa, bianca e priva di ombre ha accolto il suo primo vagito. Gli Immortali hanno voluto che durante il travaglio non ci fosse scontro e il chiarore argenteo non è stato violato né dal volo dei cavalieri alati né dai proiettili incendiari. Di questo vi sono grata, pur non sapendo se la sospensione dell’attacco sia derivata da una vostra richiesta.
Ho pensato a quanto sarebbe meraviglioso se ogni sera fosse quieta, se ogni madre abbracciasse il proprio piccolo senza temere che il suo sorriso innocente venga spento dalla ferocia di un conflitto indesiderato. Sarebbe straordinario smettere di invocare gli Immortali affinché i nostri figli tornino a casa vivi, domandare loro che invece partano sereni, che trovino il cammino e s’inoltrino in un futuro pieno di gioia.
Oso domandarvi di intercedere presso vostro marito, affinché sospenda le ostilità, scegliendo la via del dialogo. Domanderò con altrettanta fermezza al mio consorte comprensione, buona volontà e perdono. Vi giuro che non rinuncerò.
Attenderò con cuore fiducioso la vostra risposta, sperando che giunga con voi a Seera.
Vi auguro ogni felicità.”
Yozora si accasciò tra i singhiozzi.
Sua madre ci aveva provato, aveva creduto nel valore dell’amore, nell’importanza di un sì. Perché non era stata ascoltata, perché erano stati falciati da diciott’anni di guerra? Persino Rhenn non era rimasto indifferente! Sussultò quando lui la sfiorò.
«Smettete di piangere, non serve a nulla.»
La voce era tagliente. Lo scostò brusca, arrabbiata, decisa a scoprire il seguito degli eventi. Tornò ai documenti, scartabellando inutili facciate di minacce e vani tentativi d’accordo.
«Dov’è? Dov’è la risposta di vostra madre!?»
«Cercate qualcosa che non esiste.»
«Impossibile! Siete così presuntuoso da…»
Le braccia di Rhenn la bloccarono per la seconda volta.
«Datevi una calmata. La regina dei Khai non ha mai ricevuto la lettera.»
«Cosa!? È un’illazione!»
«No. Guardate la data. A quel tempo mia madre non era più a palazzo, chiunque ve lo confermerebbe.»
La principessa smise di divincolarsi.
«Allora… chi?»
«Kaniša. La richiesta di vostra madre è passata attraverso la sua indifferenza.»
«Ne eravate al corrente?»
«No, ma conosco il re.»
La contingenza si dipanò priva di ombre e spiegò il protrarsi del conflitto. Yozora asciugò le lacrime in preda al magone. Il calore emanato da Rhenn la contagiò e la disperazione si tramutò in consapevolezza, in accettazione.
«Posso tenerla?»
«No ma potete consultarla quando desiderate.»
Un’altra negazione, un altro rifiuto. Come se pronunciare un sì fosse proibito. Il principe fece per rimettere il plico al suo posto.
«Aspettate, non ho trovato la risposta che cercavo!»
«Se sono queste le reazioni, meglio soprassedere. Non ho tempo da sprecare e l’odore di stantio mi sta dando la nausea.»
«Vi prego! Farò subito!»
Lui sbuffò, ma mise mano agli incartamenti e tirò fuori quello in questione.
«Soddisfatta? Ho vinto il premio sincerità anche oggi?»
Yozora abbassò lo sguardo sul foglio, poi levò un paio d’occhi atterriti.
«Non è la firma di mio padre!»
«Tsk, avrà delegato.»
«Non lo ha mai permesso! E poi un facente funzione non avrebbe siglato con il nome del re! Anche il sigillo è quasi perfetto, ma se lo confrontate con gli altri…»
Rhenn lo esaminò con una pessima sensazione in corpo. La ragazza aveva ragione, quella firma era energica, calcata, e l’oro dello stemma reale – una rosa dei venti coronata - aveva una gradazione rossastra. Era un falso.
Divinità immortali, quella risposta ha scatenato il primo attacco a Seera!
«Già» proferì freddo «Qualcuno ha osato raggirarci.»
Yozora andò su tutte le furie. Lo afferrò per i lembi della camicia.
«Solo questo!? Preservare il vostro stupido orgoglio è la priorità? Non il sangue versato a causa di una mistificazione?»
«La guerra soddisfa Belker.»
«Maledizione, Rhenn! Indagherete?»
«Certo! Voglio vederci chiaro.»
«A tutto tondo? Non perché vi sentite oltraggiato?»
«Sì» sospirò lui «Sì, ora non spogliatemi per ringraziarmi.»
La principessa staccò le mani dall’indumento mezzo slacciato dagli strattoni. Il suo cuore tornò a battere: per la prima volta aveva un sì.
   
 
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