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Autore: Stormwind    28/09/2021    5 recensioni
La verità è un brutto vizio: una volta che inizi a dirla non smetti più e Ryo Saeba lo sa bene. Costruirsi una intoccabile fortezza attorno al cuore potrebbe non bastare a proteggere e a proteggersi. Basta un incontro durante una notte come tante e ciò che credi al sicuro non lo è più. Un nuovo caso per il nostro duo preferito metterà a dura prova City Hunter da ogni punto di vista. Quella che sembra una richiesta di protezione come tante diverrà un pericolosa mina pronta ad esplodere. Riusciranno Ryo e Kaori ad uscirne illesi? Non vi resta che scoprirlo!
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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6) Destini e duelli

 

Il ticchettio d’un giovane cuore, prepotente quanto preciso nel ritmo, scandiva al secondo quei terribili attimi di paura. Al sicuro, riparata dal cecchino che stava attentando alle loro vite, Kaori cercava nel volto concentrato di Ryo un minimo segnale di sicurezza, la certezza che anche questa volta l’avrebbero scampata. Apriva e richiudeva di tanto in tanto le mani in due piccoli e bianchi pugni in preda all’agitazione trattenendo invano il respiro pesante che le si spezzava in gola. La parte meno razionale del suo essere spingeva per aiutarlo in qualsiasi modo; l’altra, più assennata, rispettava il volere dell’uomo che aveva spinto per farla mettere al sicuro. Lo vide guardarsi intorno alla ricerca di qualche percorso ideale da seguire per una fuga, fece per indicargli qualcosa quando un nuovo sparo sibilò sopra le loro teste colpendo un vecchio quanto costoso vaso poco distante dallo sweeper.

– Maledizione! – imprecò lui, appallottolandosi ancor più nella sua posizione. Aoki aveva perso conoscenza per lo spavento e questo era un problema in più, uno non da poco. Guardò di sfuggita alla sua sinistra perdendosi per un attimo nello sguardo spaventato della donna che, rossa in viso, biascicava parole a lui al momento incomprensibili. Non sarebbe riuscito in tali condizioni a ripetersi in un tiro miracoloso. Esclusa momentaneamente la fuga in grande stile, chiuse gli occhi per ragionar meglio sul da farsi: nella sua mente visualizzava tutti i possibili scenari, comprese le reazioni plausibili del suo avversario, decisamente più agguerrito dell’ultima volta. Tentare di rispondere al fuoco era pura follia, ne concluse e alzarsi e scappare era il secondo miglior modo di prendersi una pallottola in testa senza troppi complimenti.

Questa volta ha fatto i compiti… devo sbrigarmi o qui finisce male.

Si destò da quel breve stato di meditazione richiamato da Aoki, che ridestatosi improvvisamente, gli sussurrò di una botola sotto il tappeto, sita poco distante dalla scrivania.

– Possiamo scappare da lì, porta direttamente ai giardini. Fu fatta costruire dal precedente proprietario – disse l’ex procuratore indicando un punto indefinito non molto distante da loro.

– Il problema è arrivarci, ci troveremmo in perfetta linea di tiro spostandoci da qui – spiegò Ryo in modo calmo, cercando nell’esprimersi di non terrorizzare ancora più l’uomo al quale aveva salvato la vita.

– Vogliono me, avresti dovuto lasciarmi al mio destino!

Ryo si lasciò scappare una risatina sarcastica scatenando l’incredulità nell’uomo che, spiazzato da quella reazione, fece di tutto per rispondere pungolato nell’orgoglio ma senza successo.

– Possibile, ma hanno seguito me e la mia partner… e poi sarebbe troppo facile così

– Troppo facile?

– Sei un vigliacco di prima specie, la morte sarebbe solo una liberazione per te – dichiarò senza peli sulla lingua lo sweeper prima di zittire con un cenno della mano le eventuali repliche. Si guardò ancora una volta tutto intorno con scrupolo alla ricerca di un qualcosa che potesse aiutarli. Nella sua mente svettava imperioso lo scarno identikit del suo avversario.

E ora?

Pensava e ripensava senza darsi tregua, poi l’illuminazione quando tutto sembrava perduto. Si soffermò, naso all’insù, sull’impalcatura sopra le loro teste: essa, sorretta da un sistema di anelli fissati al muro, si occupava di far scorrere l’elegante drappeggio di tende in tutta la sala che, come un rosso manto, baciava dolcemente i fianchi di quelle ampie vetrate. Far cadere il tutto avrebbe oscurato la visuale per pochi istanti al formidabile cecchino, una ghiotta occasione da non perdere.

– Tenetevi pronti. Kaori, io ora sparerò e le tende ricadranno su di noi, dovrai essere rapida ad uscire da lì. Per pochi attimi il bastardo avrà la visuale coperta, tenete la testa bassa e dritti alla botola!

Ryo… e tu?!

– Sarò dietro di voi, ma l’importante è eseguire il piano senza pensarci troppo. Avete capito? ­– domandò lui di rimando.

– Non temi possa indossare un visore? - obiettò Aoki subito dopo.

– Un visore amplifica la luce, per quanto poca essa sia ma non può vedere oltre gli ostacoli – spiegò nuovamente Ryo, fortemente convinto del suo piano.  – Per nostra fortuna hai scelto tende belle spesse, o anche queste sono un regalo del precedente proprietario?

– Va bene, ho capito. Faremo come dici.

– Al mio tre allora.

Uno. Due. Tre.

Vari colpi sparati in rapida sequenza annunciarono il contrattacco di City Hunter. Come previsto le tende ricaddero senza troppi complimenti negando completamente la visuale al cecchino. I colpi erano stati calibrati perfettamente al solo scopo di far cedere unicamente la parte centrale dell’impalcatura, proprio quella che copriva le vetrate alle loro spalle. Kaori fu lesta a prender Aoki per mano e a rovesciare la pesante scrivania in mogano. In pochi istanti aprì la botola e ci si buttò dentro senza molti complimenti seguita dall’uomo. Ryo lì seguì a ruota quasi strisciando lungo il pavimento, accompagnato per il breve tragitto da una scarica infuriata di colpi del nemico che, sentitosi a ragione preso nuovamente in giro, stava sfogando la sua ira. Si calò quindi anch’egli di sotto con un rapido balzo.

– Salvi per un pelo – commentò Aoki una volta riuniti tutti mentre faceva strada. Guidato dalla fioca e languida fiamma del suo costoso accendino, camminava incerto per quell’umido complesso di cunicoli.

– Ringrazia il tuo arredamento pacchiano – scherzò Ryo presa sotto braccio una Kaori che non s’era trattenuta dal corrergli incontro per sincerarsi delle sue condizioni.

– Cosa spinge una coppia a fare cose del genere? – chiese l’ex procuratore sbirciandoli con la coda dell’occhio.

  C’è un errore. Noi non sia-

La donna era pronta per fornire la solita, trita spiegazione, ma non ne ebbe modo.

– Vedo l’uscita! – esclamò lo sweeper spezzando quella imbarazzante discussione. Pochi istanti e si ritrovarono, sbucati letteralmente dal nulla, nel mezzo dei grandi giardini alle spalle della villa; immersi nel ronzio di quella piccola oasi si addentrarono all’esterno della proprietà verso l’auto. Ryo, in religioso silenzio, analizzava al dettaglio, passo dopo passo, ogni singolo rumore o vibrazione percepisse e così faceva Kaori, convinta anch’ella che il pericolo fosse ancora vivido, e pronto a palesarsi nuovamente. Aoki, d’altro canto, era così confuso da quella inaspettata piega dagli eventi dal non potersi trattenersi dal porre mille domande ai due, domande prontamente ignorate per suo grande sdegno.

Una minacciosa figura in penombra arrestò la fuga chiudendo loro la strada con passi brevi ma decisi. Nella mano la sagoma di una pistola.

  Davvero un’ottima mossa la tua, ma questa volta non mi scappi – pronunciò lo sconosciuto con un giapponese perfetto, quasi neutro nell’accento se non per piccoli particolari.

  I Conti hanno assoldato addirittura uno specialista sovietico per farmi fuori, sono onorato. Ottimo accento, comunque. I miei complimenti – disse Ryo, fermatosi a pochi metri di distanza dal suo nuovo rivale.

– Il mio obiettivo è quella lingua lunga, poi ci sei tu. Non darti troppa importanza­­– rispose sicuro di sé il killer rivolgendo poi un cenno del capo al povero Aoki che trasalì al sol pensiero di morire per mano di quei mostri.

– Capisco, ma vedi, non posso proprio permetterti di ucciderlo.

– Ci resta solo un modo per scoprirlo, prepara la tua pistola, Ryo Saeba. La leggenda di City Hunter termina questa notte! E una volta ucciso te, toccherà alla tua compagna e a quel cane.

– Parli troppo, vuoi duellare o no? – tagliò corto lo sweeper più abile del Giappone irritato profondamente da quelle ultime frasi rivolte a Kaori.

Questo è tutto da vedere.

La donna, d’altro canto, nonostante non riuscisse a scorgere con chiarezza i lineamenti dello sconosciuto, poteva immaginare benissimo come essi fossero “sfigurati” dallo sdegno di quelle acri dichiarazioni. Si era trovata suo malgrado molte volte a dover assistere a dei duelli e ogni singola volta s’era sempre sentita parte di un macabro gioco del destino: una esistenza senza Ryo sarebbe stata per lei una sentenza ben peggiore della morte. Odiava sentirsi così impotente, naufraga ignara e senza meta in quel mare in tempesta di eventi che le avevano stravolto la vita in pochi giorni. Non avrebbe cercato di farlo desistere, inutile tentarci. E Più affondava i piedi nell’umido terreno, più sentiva le ginocchia venir meno: avrebbe voluto urlare, ricoprirsi la testa col lenzuolo come fa un bambino dopo essersi svegliato madido di sudore per un brutto incubo, solo per risvegliarsi con i rassicuranti raggi del sole a pochi giorni fa.

Le spalle forti dell’uomo che amava la coprivano per intero a simboleggiare l’atto estremo che egli era disposto a fare pur di tenerla al sicuro e si sentì d’improvviso in colpa ripensando a quella stupida discussione in terrazza. Non capì appieno il perché di quei pensieri, in apparenza così futili in un momento del genere, ma tant’è che non riusciva in alcun modo a scacciarli dalla sua mente. Brividi le percorrevano, feroci come fitte istantanee, la schiena e il cuore sembrava esploderle ad ogni battito in petto. Un gelido sbuffo di vento la investì in pieno facendola tremare ancor più di quanto non facesse già.

Ryo

Come belve sull’attenti pronte ad azzannare la preda, i due si studiavano senza azzardarsi a scoprire il fianco. Sarebbe stata questione di piccoli attimi, n’erano entrambi consci. Si intrecciavano quella notte due esistenze dannatamente simili per gli abissi affrontati, per il dolore e i peccati che macchiavano le loro anime, non più pie dal giorno in cui ad una vita normale s’era affiancata una pistola.

Yuri tamburellava nervosamente il palmo della sua mano destra con l’indice. I suoi respiri, corti e silenziosi andavano al ritmo di quelli del suo avversario. Come un codice d’onore i due si erano dati la distanza e avevano riposto le armi nelle rispettive fondine. Rispettava solennemente quell’uomo nonostante potesse sembrare il contrario. Ne rispettava la forza e il coraggio nell’affrontarlo uno contro uno senza inganno, cosa che saltuariamente gli era capitata nella sua vita da guerrigliero prima e mercenario poi.

Nato in una piccola città dimenticata da qualsivoglia dio, figlio di quella steppa sovietica arida di amore verso i propri figli, Yuri era cresciuto figlio di contadini come tutti nella zona. Amava i suoi genitori, rispettava i suoi nonni, e prima del suo dodicesimo compleanno aveva sempre sognato del mondo dietro l’orizzonte a lui conosciuto. Poi venne la morte dell’amato padre, colto da un ictus fulminante mentre lavorava i campi; venne la perdita della casa e la morte di quei puerili sogni dopo l’ennesima carestia. In meno di un decennio si ritrovò dunque ad imbracciare un fucile e a inseguire la carriera da militare, l’unica in grado di garantire un tozzo di pane per la sua vedova madre, troppo malata e anziana per il lavoro.

Entrato giovanissimo nello Specnaz, Yuri ne aveva vista di brutture e mostruosità sui campi di battaglia, ne era stato complice più volte, mai per esercitare una sua personale e crudele volontà, quanto per obbedire ad un ideale che gli era stato inculcato col fuoco della propaganda e dell’odio. Aveva amato solo una donna in vita sua e quel fantasma non mancava di tormentarlo in sogno qualvolta chiudesse gli occhi. E quel gioco di destini lo aveva portato a duellare con un’anima dalla solitudine affine alla sua. Non temeva la morte da anni e in cuor suo sapeva che anche per quel giapponese era lo stesso. Si fece coraggio e sparò.

Cadde pochi istanti dopo all’indietro accompagnato da un rantolo di dolore, colpito al costato dall’avversario, rimasto ferito a sua volta nello scontro: la sua Makarov aveva affondato, ma non era stato abbastanza. L’ultima cosa che vide prima di perder conoscenza fu l’immagine di Ryo in ginocchio, stremato e sanguinante. Sorrise.

Lo sweeper, infatti, era stato trafitto al braccio sinistro e perdeva attimo dopo attimo una copiosa quantità di sangue. Kaori fu al suo fianco in un lampo e così Aoki.

Ryo!

– Sto bene, non è nulla di grave – mugugnò lui stringendo i denti per il dolore. L’aveva spuntata ancora una volta.

– Non è vero, dobbiamo bloccare l’emorragia, stai perdendo troppo sangue – quasi gridò lei mentre l’aiutava a spogliarsi della giacca oramai zuppa lungo la manica sinistra. Ne strappò via un lembo buono e ne fece un laccio intorno alla ferita del partner che si oppose non poco a quel medicamento tanto rozzo quanto efficace.

– Piano, piano!

– Sempre il solito, sto già facendo il più piano possibile! – ribatté a fatica la donna cercando di non lasciarsi travolgere dalle sue emozioni: tremava vistosamente e stava facendo di tutto per nasconderlo. Ciononostante fu grazie al suo tempestivo intervento che la ferita smise di sanguinare. Ryo, dismessi i panni del frignone, prese la parola rapito dalla dolcezza di quei gesti.

– È tutto finito, Kaori, non devi preoccuparti – sussurrò dolcemente guardandola negli occhi. Le baciò poi la fronte biasciando un timido “grazie” prima di rimettersi lentamente in posizione eretta, assistito dalla donna che si premurava di non farlo sforzare troppo. Inebetita da quei gesti improvvisi, le ci volle un po’ prima di tornare lucida.

– Sicuro di farcela, signor… Saeba, giusto? – domandò Aoki

– Nulla che non si possa ricucire. Dobbiamo andare ora, non è detto sia l’unico nei paraggi – rimandò lui con una smorfia prima di soffermarsi sul corpo dello sconfitto.

Minuti dopo i tre erano in strada, sempre più lontani dal fato che ancora una volta aveva imbastito un crudele gioco ai loro danni.

 

****

 

Kyoko odiava fortemente quei momenti di anemica attesa a causa delle mille congetture pronte ad aggredirla senza pietà. Terribilmente in ansia per i due, e in particolare per Ryo, stava trascorrendo la notte immersa in dettagli futili e contraddittori. Poche le certezze: tra queste quella di essere divenuta in poco tempo il pomo della discordia per City Hunter. Ad avvalorare la tesi c’erano le lacrime di Kaori, da lei udite la notte precedente, una prova lampante. Sorseggiò lentamente la sua cioccolata calda osservando fuori dalla finestra alla ricerca di quella sagoma conosciuta. Cosa gli avrebbe detto una volta ritornato?

Si sentiva così inutile, come sempre da anni a questa parte: dei ricordi in certi punti confusi e un macabro e agonizzante destino erano le uniche cose che riteneva di poter offrire a chi tanto si stava prodigando per aiutarla in quella folle crociata. Deglutì a fatica ripensando al volto di Ryo al termine della più che famosa storia sul loro incontro: non le aveva creduto, ne era dannatemente certa e la cosa la faceva stare tremendamente male. Ci aveva provato, ci provava tuttora a mettere a posto i tasselli sparpagliati di quel puzzle senza apparente soluzione, ma per quanto si sforzasse di metter a fuoco i particolari, essi le sfuggivano come sabbia tra le dita.  Tirò un sospiro silenzioso per non farsi udire da Miki appisolatasi sul divano poco distante da lei. Dell’uomo non c’era traccia alcuna ma era sicura fosse da qualche parte a vegliare su di lei, o meglio a sorvegliarla. Bevve un altro sorso e socchiuse leggermente gli occhi asciugandosi una lacrima solitaria che le aveva rigato la guancia sinistra.

Riprese a guardar fuori cercando sempre di distrarsi in quel viavai di mezzi che giravano senza apparente meta tra le strade della città, solo per ritrovarsi inevitabilmente a ripensare a quella sera dell’incontro con Ryo. Si sforzò più che mai di ricordarne gli attimi mancanti prima di venir tutto d’un tratto colpita da una forte emicrania. Chiuse gli occhi e, portate le ginocchia al petto, prese a massaggiarsi intensamente le tempie: non era la prima volta che l’era capitato e non sarebbe stata l’ultima, pensò. Questa volta però era tutto differente a partire dall’intensità. Mantenne quella posizione per vari minuti, poi un flash e una voce a tuonarle dentro:

“Esperimento undici”.

 

 

 

 

 

Fine capitolo

E rieccoci con l’ennesimo angolo dell’autore. Come va? Spero tutto bene. Vi ringrazio calorosamente dei complimenti e del seguito. Grazie di cuore, veramente.

Ne possono succedere di cose in una notte, eh?  Ryo e Kaori (e amici) dovranno tenersi ben pronti per il prossimo futuro. Spero di non essere stato troppo banale in certe situazioni e che gli approfondimenti sui vari personaggi non siano troppo pesanti. Non voglio dire molto su questo capitolo perché amo le vostre congetture e preferisco che ognuno tragga le sue conclusioni. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che dire…

Alla prossima!

   
 
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