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Autore: Stormwind    10/10/2021    4 recensioni
La verità è un brutto vizio: una volta che inizi a dirla non smetti più e Ryo Saeba lo sa bene. Costruirsi una intoccabile fortezza attorno al cuore potrebbe non bastare a proteggere e a proteggersi. Basta un incontro durante una notte come tante e ciò che credi al sicuro non lo è più. Un nuovo caso per il nostro duo preferito metterà a dura prova City Hunter da ogni punto di vista. Quella che sembra una richiesta di protezione come tante diverrà un pericolosa mina pronta ad esplodere. Riusciranno Ryo e Kaori ad uscirne illesi? Non vi resta che scoprirlo!
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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7) Kyoko

 

Erano trascorsi una manciata di minuti da quel forte attacco d’emicrania e la situazione non stava migliorando affatto per Kyoko. Afflitta dal lancinante dolore che l’aveva ridotta a dondolarsi al ritmo del proprio respiro, la donna cercava con non poca difficoltà di trovare un senso a quei ricordi che non sentiva suoi.

Ripeteva energeticamente, tra un rantolo di dolore e l’altro, quelle parole che l’avevano travolta come un fiume in piena pregando affinché quel supplizio potesse terminare al più presto. Per sua fortuna non era sola. Miki, infatti, ridestatasi dal suo sonno, aveva cercato dal primo momento di assisterla al meglio delle sue possibilità parlandole con tono calmo nel tentativo di farla calmare.

– Kyoko, stai andando in iperventilazione… respira – esclamò spaventata dalla vacuità dello sguardo della scienziata, totalmente estranea ai richiami.

Umibozu, presente anch’egli sulla scena, si era prodigato al pari della compagna nell’assistere quella donna a lui sconosciuta: ne aveva viste negli anni di cose strane e il comportamento di Kyoko lo stava in un certo senso inquietando. La donna, infatti, sembrava galleggiare in un mondo tutto suo, un mondo lontano e ovattato rispetto ai dettami della realtà. Tra le labbra della scienziata scivolava da una mezz’ora buona sempre la stessa, striminzita, frase. “Esperimento undici – esperimento undi-esperimento-esperi-”; un mantra senza fine cantato con voce flautata a dipingere una macabra litania.

– Non risponde ai richiami, cosa possiamo fare? All’inizio mi è sembrato un attacco di panico ma ora non ne sono più sicura – si confidò Miki rifugiandosi nella presenza rassicurante del gigante buono.

– A saperlo! Sembra come sotto ipnosi. Cosa è successo quando ero via?

– Abbiamo chiacchierato del più e del meno, ma non si è aperta molto con me. Poi mi sono addormentata… e mi sono risvegliata con le sue urla.

– Capisco – mormorò Umibozu prima di avvicinare la donna: ne studiò i tic del viso e i manierismi della voce, apparentemente monotona nel ripetere instancabilmente la stessa frase. Fece per dire altro ma venne distratto dall’arrivo di City Hunter al completo.

Ryo, Kaori, siete qui finalmente! – li accolse ad alta voce Miki con grande sollievo.

Kyoko, udito quel nome, si espresse in un timido e triste sorriso adombrato dal capo tenuto chino, quasi avesse cominciato a provar un’insana tristezza tutto d’un tratto. Si acquietò poi poco dopo per grande sorpresa di tutti prima di perdere definitivamente conoscenza.

– Kyoko! Che sta succedendo?! – gridò Kaori spaventata prendendo il corpo esanime della donna tra le sue braccia.

– Non lo so, ha iniziato a ripetere una frase senza sosta… io…

Ryo, senza fiatare, avvicinata la donna ne controllò rapidamente il polso e il respiro. Scampato pericolo. La donna stava dormendo di gusto come se nulla fosse mai successo e i quattro, dopo un breve scambio, convennero fosse meglio non svegliarla.

– Ora spiegatemi dall’inizio cosa è successo. Voglio vederci chiaro.

Le successive ore corsero via tra i racconti delle rispettive serate e le considerazioni su cosa potesse aspettarli in futuro. Ryo, di suo canto, dopo giorni di riflessioni, aveva oramai postulato che di Kyoko si dovesse conservar un ragionevole dubbio. Tre i perni del suo scetticismo: gli eventi sul loro incontro così sfocati; le indagini ostacolate così puntualmente; e ora questo fantomatico “esperimento undici”.

A Kaori bastò un fugace sguardo per specchiarsi nei dubbi del suo amato: li condivideva in un certo senso pur cercando di vedere sempre il meglio nelle persone a dispetto dei loro errori.

– Dunque. Cosa te ne pare di tutta questa storia? – domandò poi Umibozu al rivale.

– Ti anticipo che non ho la soluzione, ma ho la carta per arrivarci.

–E come?!– li interruppe Miki.

– Vedi. Kyoko non ricorda gli avvenimenti precisi del nostro incontro. E ora, visto quanto mi hai raccontato, sono convinto non sia più una fonte affidabile. Non so se lavora per loro, volontariamente o meno – spiegò Ryo accendendosi a fatica una sigaretta: il braccio non aveva smesso per un istante di tormentarlo.

– E quindi non ti fidi di lei.

– Non mi fido del tutto, mettiamola così. Oramai sono convinto che i suoi ricordi siano stati manipolati in parte per un motivo che ancora non comprendo – concluse l’uomo espirando lentamente il fumo dai polmoni.

– Ripeto, sembrava esser sotto ipnosi. Non hai paura possa aver rivelato la vostra posizione? – domandò Miki ancor più confusa da quella storia.

– So a cosa ti riferisci. E non posso escludere che si sia allontanata dal Cat’s Eye per fare rapporto quando l’abbiamo lasciata da voi per andare all’appartamento del professore.

– E quindi? Qual è il tuo piano – continuò lei incerta.

– Il mio piano? Tanta pazienza e qualche piccolo test.

– Ma…

– Propendo anche io per l’ipotesi della complice inconsapevole – rivelò Umibozu sistemandosi gli occhiali con la punta dell’indice. – Kyoko avrebbe potuto rivelare della vostra locazione e sai bene che un killer non perderebbe mai una occasione per colpire di sorpresa.

– Ma Ryo… ci hanno attaccato due volte, sapevano di certo! – obiettò Kaori ch’era rimasta sino a quel momento in completo silenzio.

– Forse sì. Forse no. Ma ne abbiamo le prove? Se rammenti hanno provato a sparare ad Aoki e non me. Eravamo entrambi sotto una linea di tiro ideale ma le priorità erano differenti questa volta – spiegò pazientemente lui dopo aver spento la sigaretta all’ultimo tiro.

Al termine di quel chiarimento seguì poi il congedo di Umibozu e Miki visto il tardo orario.

Ryo e Kaori, rimasti soli, ripresero quindi a discutere delle prossime mosse da fare, tutto ciò nel bel mezzo delle cure allo stallone di Shinjuku che non mancò anche questa volta di opporsi.

– Era proprio necessario?! – piagnucolò offrendo il braccio alla donna.

– Piantala di fare il bambinone. Abbiamo quasi finito – lo rimproverò Kaori ispezionando la ferita dopo averla medicata come meglio poteva. – La faremo controllare anche al Doc. Aoki dici si troverà bene lì?

– Starà una favola! Voglio che l’incontro tra lui e Kyoko si svolga lì a loro insaputa. Voglio togliermi il tarlo che sia lei ad avere un ruolo attivo in queste nostre disavventure.

– ­Come mai…

Mh?

Kaori s’era fermata a rimuginare sulle esatte parole da dire. Guardò brevemente il partner e tirato un sospiro rassegnato riprese a parlare senza timore alcuno:

– In altri tempi avresti rinunciato ad un caso del genere. Come mai questa volta è diverso?

– In terrazza ti ho parlato di sguardi – cominciò a spiegare lui alzandosi in piedi e posandole entrambe le mani sulle spalle in una dolce presa, - e ti ho detto che cercavo in Kyoko qualcosa che potesse tradire le sue intenzioni. E ancora non ci ho visto un motivo per mollare. Lo faccio anche per Maki, Kaori.

– Maki…

– E non chiedermi di rinunciare. Non posso.

– No, non è questo – sorrise lei tristemente distogliendo lo sguardo troppo imbarazzata.

– Guardami.

La donna obbedì con reticenza a quel richiamo espresso con tono sicuro ma gentile.

– Ti fidi di me, no?

– Certo che sì! Che domande…

– E io mi fido di te Kaori, come nessuno. Ti prometto che ne usciremo indenni, insieme – sussurrò Ryo distese le labbra in un limpido sorrido.

– Insieme – confermò la donna prima di abbracciarlo incapace di trattenersi oltre. Lo sweeper, colto di sorpresa, rispose a quel contatto cingendola a sé senza perdersi in altro. Prese a carezzarle i capelli perdendosi nel suo profumo. Stretti, al buio, due cuori si davano forza a vicenda, uniti da un legame più forte di quanto avrebbero mai potuto esprimere le parole.

Ryo – mugolò lei affondando ancor di più il viso sul suo petto.

– Dimmi.

– Sarà sempre così tra noi?

– Sempre come.

– Lo sai.

– Ti ho già detto che non è un discorso che voglio affrontare ora – rispose distaccandosi da quell’abbraccio.

– Scusami… è che sono ancora scossa per quanto successo. Io, ecco, mi dispiace.

Quel flusso di coscienza, sporco di pensieri e sensazioni contrastanti, diretto verso un epilogo sconclusionato, venne spezzato da un bacio del partner, uno differente da tutti quelli che aveva assaporato, un bacio all’angolo della bocca che per uno come lui era certa non fosse che premeditato.

– Ti basta per ora come risposta?

– Sì, credo di sì – sorrise a sua volta prima di riabbracciarlo più forte di prima.

 

 

 

 

****

 

Il confine tra vita e morte a volte è così labile da trasmutarsi, come la distorsione data da un lontano miraggio, in immagini così illusorie da far dubitare anche l’anima più resiliente d’aver solo gioito di un attimo. Per Yuri, perso nel delirio delle proprie ferite emotive, quel miraggio era l’espiazione di una esistenza di sconfitte: a metà tra la vita e la morte, su di un piccolo letto al buio, l’uomo apparentemente dormiva, sedato da una ingente dose di medicinali. Eufemismo era il solo definirlo “fortunato”.

Salvato da quello che molti avrebbero definito miracolo, se l’era cavata con una emorragia sventata dal team medico di soccorso della Nova Pharma, tempestivo nel suo intervento dopo il duello.

“Pochi centimetri e avrebbe preso un polmone”, queste le considerazioni lanciate in giro dai medici con un laconico passaparola alle innumerevoli domande riguardo il killer sovietico. Nascosto in quel piccolo complesso industriale, distante dal curioso chiacchiericcio della città, un nuovo team di ricerca aveva ripreso da mesi a sperimentare sulle tecniche di manipolazione comportamentale. Con turni continui, gli uomini e donne, scelti tra i profili medici più eccellenti, lavoravano senza sosta al progetto iniziato ben cinque anni fa. I risultati erano sempre più incoraggianti o così si diceva durante le riunioni mensili organizzate dai Conti, ma c’era qualcosa fuori posto in quel piano all’apparenza perfetto. Quel qualcosa affliggeva da tempo la quiete di Junichi Ito, leader spirituale della dissidente fazione separatasi dalla Union Teope.

Presente sul luogo, l’uomo stava ascoltando distrattamente a braccia conserte le parole del chirurgo al suo fianco. Dinanzi a lui giaceva il corpo esanime di Yuri, sua arma prediletta. Ryo Saeba era una grossa parte del problema da lui individuato e il fallimento del sovietico lo aveva non poco irritato… e sinceramente preoccupato: a conoscenza dello sgradevole sterminio della sua vecchia organizzazione, Ito viveva nel terrore di non riuscire a portare a termine il piano prefissato e delle conseguenze.

– Si riprenderà? – domandò sovrappensiero.

– Ci sono buone possibilità se supera la notte, ma ha perso molto sangue – rispose il chirurgo prima di abbandonare la stanza esauriti i dubbi del suo capo.

Ito si massaggiò il capo glabro prima di prender posto sulla comoda poltrona in pelle posta di fianco al letto. Posò lo sguardo sul volto di Yuri e si sentì ribollire dentro per la collera. Cosa avrebbe dovuto fare per liberarsi di City Hunter? La pazienza dei suoi soci verso la sua leadership era sempre più esigua e il tempo scorreva veloce, fin troppo per i suoi gusti.

I risultati dei test erano sempre più vicini a risultati “spendibili” e l’aver acquisito i brevetti del suicida professor Kokubo era risultato sicuramente d’aiuto. Tuttavia lo stesso Kokubo prima di morire aveva furbamente nascosto la chiave per comprendere appieno quelle formule e tale chiave non era nientedimeno che Kyoko: più precisamente la sua memoria.

Ed egli lo sapeva molto bene, infatti soltanto per questo motivo aveva permesso alla dissidente scienziata di ricongiungersi all’unico uomo capace di farli fuori tutti: scoprire il resto della formula era troppo importante, più importante di tutto e avrebbe scatenato uno, dieci, cento Yuri pur di raggiungere il segreto che il “traditore” s’era trascinato nella tomba. Il disgusto, pesante come un macigno, gli incurvò le labbra tanto da farlo vaneggiare da solo immerso nell’oscurità:

- Che tu possa marcire all’inferno Masatoshi Kokubo. Tu e quel detective da strapazzo.

 

 

****

 

A Shinjuku Il mattino seguente era cominciato in un modo alquanto imbarazzante per Kyoko, vittima dei continui sguardi interrogatori di Ryo che mai per un istante aveva rinunciato a fissarla da quando aveva messo piede in soggiorno. E per quanto cercasse di sfuggire a quel silenzioso tono inquisitorio, la donna non riusciva a far a meno di pensare a cosa avrebbe potuto dire questa volta pur di farsi credere per una buona volta.

– Visto che non siamo nel mood di parlare, comincio io – iniziò Ryo spezzando quel clima gelido senza troppi problemi.

Kaori non si era ancora alzata in quanto aveva passato gran parte della nottata a vegliare sulla scienziata; erano dunque da soli, e l’uomo, senza il filtro morale della sua partner, per quanto ne ammirasse la flemma gentile e compassionevole, si sentiva libero di calcare la mano.

– Fermati qui. So che non mi credi, risparmiati l’interrogatorio non saprei cosa dirti – lo interruppe lei cercando di attutire l’onda che le si sarebbe scagliata contro.

– Ho finito la pazienza per gli indovinelli. Perché non la smetti di essere un pericolo per chiunque ti stia intorno e cominci a collaborare?.

– Sarei io il pericolo?! Sei proprio uno stronzo, sai? – ribatté lei ad alta voce.

– Probabile, ma non cambia il fatto che chiunque abbia provato ad aiutarti sia finito male. Parlami dell’esperimento undici – reagì l’uomo senza il minimo rimorso guardandola dritto negli occhi.

– Non so cosa sia, e non è di certo parte di quello a cui ho lavorato io o me ne ricorderei.

– A meno che non abbiano fatto qualcosa su di te.

– Ma cosa diamine stai dicendo, sarà stata una reazione da stress. Io… io.

– ­Pensaci, Kyoko – disse Ryo questa volta smorzando i toni. – Forse ti hanno inibito parte della memoria per renderti innocua.

– ­Potevano uccidermi anziché rischiare… ho parlato con Makimura, lo sai questo. Non mi sto inventando niente!

- Le tue sono mezze verità, inconsapevoli o meno per ora non posso dirlo – concluse lui dandole le spalle.

– Capisco. Toglierò il disturbo al più presto allora – sussurrò la donna.

– Quello che voleva dire il testone– esordì improvvisamente Kaori alle spalle di Kyoko, - e che queste mezze verità ne custodiscono una più grande che raggiungeremo insieme. Non è vero, socio?

– Certo, certo – tagliò corto lo sweeper con un sorriso sornione diretto alla sua partner. – Dicevo proprio alla nostra cliente che oggi andremo a farci una bella passeggiata!

- Passeggiata? Per andare dove?

- Ma come?! – bofonchiò Ryo avvicinandosi alle due a grandi balzi.

– Qualcuno ti deve delle spiegazioni e quel qualcuno lo abbiamo finalmente trovato – spiegò Kaori prendendo sotto braccio Kyoko.

Questi due sono così strani… ma si completano.

 

 

 

Fine Capitolo

 

Premetto che mi scuso per l’assenza più lunga del normale ma sono stati giorni più incasinati del previsto, spero quindi di farmi perdonare con un capitolo degno dei precedenti. Ringrazio come sempre chiunque abbia recensito, letto, seguito, e tante belle cose. Lo apprezzo tanto e mi dà tanta carica per rendere il finale (sempre più vicino) il più memorabile possibile. Riguardo il capitolo ho cercato sempre di sottolineare, questa volta in modo più dolce e romantico, le ambiguità di quel sentimento mai dichiarato ma comunque presente in un sottotesto più ampio. Ma Ryo questa volta ha rimandato, non ignorato. Abbiate fede ahaha

 

 

A presto

   
 
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