7) Kyoko
Erano trascorsi una manciata di minuti
da quel forte attacco d’emicrania e la situazione non stava migliorando affatto
per Kyoko. Afflitta dal lancinante dolore che l’aveva ridotta a dondolarsi al
ritmo del proprio respiro, la donna cercava con non poca difficoltà di trovare
un senso a quei ricordi che non sentiva suoi.
Ripeteva energeticamente, tra un
rantolo di dolore e l’altro, quelle parole che l’avevano travolta come un fiume
in piena pregando affinché quel supplizio potesse terminare al più presto. Per
sua fortuna non era sola. Miki, infatti, ridestatasi
dal suo sonno, aveva cercato dal primo momento di assisterla al meglio delle
sue possibilità parlandole con tono calmo nel tentativo di farla calmare.
– Kyoko, stai andando in
iperventilazione… respira – esclamò spaventata dalla vacuità dello sguardo
della scienziata, totalmente estranea ai richiami.
Umibozu, presente anch’egli sulla scena, si
era prodigato al pari della compagna nell’assistere quella donna a lui
sconosciuta: ne aveva viste negli anni di cose strane e il comportamento di
Kyoko lo stava in un certo senso inquietando. La donna, infatti, sembrava
galleggiare in un mondo tutto suo, un mondo lontano e ovattato rispetto ai dettami
della realtà. Tra le labbra della scienziata scivolava da una mezz’ora buona
sempre la stessa, striminzita, frase. “Esperimento undici – esperimento undi-esperimento-esperi-”; un mantra senza fine cantato con
voce flautata a dipingere una macabra litania.
– Non risponde ai richiami, cosa
possiamo fare? All’inizio mi è sembrato un attacco di panico ma ora non ne sono
più sicura – si confidò Miki rifugiandosi nella
presenza rassicurante del gigante buono.
– A saperlo! Sembra come sotto ipnosi.
Cosa è successo quando ero via?
– Abbiamo chiacchierato del più e del
meno, ma non si è aperta molto con me. Poi mi sono addormentata… e mi sono
risvegliata con le sue urla.
– Capisco – mormorò Umibozu prima di avvicinare la donna: ne studiò i tic del
viso e i manierismi della voce, apparentemente monotona nel ripetere
instancabilmente la stessa frase. Fece per dire altro ma venne distratto
dall’arrivo di City Hunter al completo.
– Ryo,
Kaori, siete qui finalmente! – li accolse ad alta voce Miki
con grande sollievo.
Kyoko, udito quel nome, si espresse in
un timido e triste sorriso adombrato dal capo tenuto chino, quasi avesse
cominciato a provar un’insana tristezza tutto d’un tratto. Si acquietò poi poco
dopo per grande sorpresa di tutti prima di perdere definitivamente conoscenza.
– Kyoko! Che sta succedendo?! – gridò
Kaori spaventata prendendo il corpo esanime della donna tra le sue braccia.
– Non lo so, ha iniziato a ripetere
una frase senza sosta… io…
Ryo, senza fiatare, avvicinata la donna
ne controllò rapidamente il polso e il respiro. Scampato pericolo. La donna
stava dormendo di gusto come se nulla fosse mai successo e i quattro, dopo un
breve scambio, convennero fosse meglio non svegliarla.
– Ora spiegatemi dall’inizio cosa è
successo. Voglio vederci chiaro.
Le successive ore corsero via tra i
racconti delle rispettive serate e le considerazioni su cosa potesse aspettarli
in futuro. Ryo, di suo canto, dopo giorni di
riflessioni, aveva oramai postulato che di Kyoko si dovesse conservar un
ragionevole dubbio. Tre i perni del suo scetticismo: gli eventi sul loro
incontro così sfocati; le indagini ostacolate così puntualmente; e ora questo
fantomatico “esperimento undici”.
A Kaori bastò un fugace sguardo per
specchiarsi nei dubbi del suo amato: li condivideva in un certo senso pur
cercando di vedere sempre il meglio nelle persone a dispetto dei loro errori.
– Dunque. Cosa te ne pare di tutta
questa storia? – domandò poi Umibozu al rivale.
– Ti anticipo che non ho la soluzione,
ma ho la carta per arrivarci.
–E come?!– li interruppe Miki.
– Vedi. Kyoko non ricorda gli
avvenimenti precisi del nostro incontro. E ora, visto quanto mi hai raccontato,
sono convinto non sia più una fonte affidabile. Non so se lavora per loro,
volontariamente o meno – spiegò Ryo accendendosi a
fatica una sigaretta: il braccio non aveva smesso per un istante di
tormentarlo.
– E quindi non ti fidi di lei.
– Non mi fido del tutto, mettiamola
così. Oramai sono convinto che i suoi ricordi siano stati manipolati in parte
per un motivo che ancora non comprendo – concluse l’uomo espirando lentamente
il fumo dai polmoni.
– Ripeto, sembrava esser sotto ipnosi.
Non hai paura possa aver rivelato la vostra posizione? – domandò Miki ancor più confusa da quella storia.
– So a cosa ti riferisci. E non posso
escludere che si sia allontanata dal Cat’s Eye per
fare rapporto quando l’abbiamo lasciata da voi per andare all’appartamento del
professore.
– E quindi? Qual è il tuo piano –
continuò lei incerta.
– Il mio piano? Tanta pazienza e
qualche piccolo test.
– Ma…
– Propendo anche io per l’ipotesi
della complice inconsapevole – rivelò Umibozu
sistemandosi gli occhiali con la punta dell’indice. – Kyoko avrebbe potuto
rivelare della vostra locazione e sai bene che un killer non perderebbe mai una
occasione per colpire di sorpresa.
– Ma Ryo… ci
hanno attaccato due volte, sapevano di certo! – obiettò Kaori ch’era rimasta
sino a quel momento in completo silenzio.
– Forse sì. Forse no. Ma ne abbiamo le
prove? Se rammenti hanno provato a sparare ad Aoki e non me. Eravamo entrambi
sotto una linea di tiro ideale ma le priorità erano differenti questa volta –
spiegò pazientemente lui dopo aver spento la sigaretta all’ultimo tiro.
Al termine di quel chiarimento seguì
poi il congedo di Umibozu e Miki
visto il tardo orario.
Ryo e Kaori, rimasti soli, ripresero
quindi a discutere delle prossime mosse da fare, tutto ciò nel bel mezzo delle
cure allo stallone di Shinjuku che non mancò anche questa volta di opporsi.
– Era proprio necessario?! –
piagnucolò offrendo il braccio alla donna.
– Piantala di fare il bambinone.
Abbiamo quasi finito – lo rimproverò Kaori ispezionando la ferita dopo averla
medicata come meglio poteva. – La faremo controllare anche al Doc. Aoki dici si
troverà bene lì?
– Starà una favola! Voglio che
l’incontro tra lui e Kyoko si svolga lì a loro insaputa. Voglio togliermi il
tarlo che sia lei ad avere un ruolo attivo in queste nostre disavventure.
– Come mai…
– Mh?
Kaori s’era fermata a rimuginare sulle
esatte parole da dire. Guardò brevemente il partner e tirato un sospiro
rassegnato riprese a parlare senza timore alcuno:
– In altri tempi avresti rinunciato ad
un caso del genere. Come mai questa volta è diverso?
– In terrazza ti ho parlato di sguardi
– cominciò a spiegare lui alzandosi in piedi e posandole entrambe le mani sulle
spalle in una dolce presa, - e ti ho detto che cercavo in Kyoko qualcosa che
potesse tradire le sue intenzioni. E ancora non ci ho visto un motivo per
mollare. Lo faccio anche per Maki, Kaori.
– Maki…
– E non chiedermi di rinunciare. Non
posso.
– No, non è questo – sorrise lei
tristemente distogliendo lo sguardo troppo imbarazzata.
– Guardami.
La donna obbedì con reticenza a quel
richiamo espresso con tono sicuro ma gentile.
– Ti fidi di me, no?
– Certo che sì! Che domande…
– E io mi fido di te Kaori, come
nessuno. Ti prometto che ne usciremo indenni, insieme – sussurrò Ryo distese le labbra in un limpido sorrido.
– Insieme – confermò la donna prima di
abbracciarlo incapace di trattenersi oltre. Lo sweeper,
colto di sorpresa, rispose a quel contatto cingendola a sé senza perdersi in altro.
Prese a carezzarle i capelli perdendosi nel suo profumo. Stretti, al buio, due
cuori si davano forza a vicenda, uniti da un legame più forte di quanto
avrebbero mai potuto esprimere le parole.
– Ryo –
mugolò lei affondando ancor di più il viso sul suo petto.
– Dimmi.
– Sarà sempre così tra noi?
– Sempre come.
– Lo sai.
– Ti ho già detto che non è un
discorso che voglio affrontare ora – rispose distaccandosi da quell’abbraccio.
– Scusami… è che sono ancora scossa
per quanto successo. Io, ecco, mi dispiace.
Quel flusso di coscienza, sporco di
pensieri e sensazioni contrastanti, diretto verso un epilogo sconclusionato,
venne spezzato da un bacio del partner, uno differente da tutti quelli che
aveva assaporato, un bacio all’angolo della bocca che per uno come lui era
certa non fosse che premeditato.
– Ti basta per ora come risposta?
– Sì, credo di sì – sorrise a sua
volta prima di riabbracciarlo più forte di prima.
****
Il confine tra vita e morte a volte è
così labile da trasmutarsi, come la distorsione data da un lontano miraggio, in
immagini così illusorie da far dubitare anche l’anima più resiliente d’aver
solo gioito di un attimo. Per Yuri, perso nel delirio delle proprie ferite
emotive, quel miraggio era l’espiazione di una esistenza di sconfitte: a metà
tra la vita e la morte, su di un piccolo letto al buio, l’uomo apparentemente
dormiva, sedato da una ingente dose di medicinali. Eufemismo era il solo
definirlo “fortunato”.
Salvato da quello che molti avrebbero
definito miracolo, se l’era cavata con una emorragia sventata dal team medico
di soccorso della Nova Pharma, tempestivo nel suo intervento dopo il duello.
“Pochi centimetri e avrebbe preso un
polmone”, queste le considerazioni lanciate in giro dai medici con un laconico
passaparola alle innumerevoli domande riguardo il killer sovietico. Nascosto in
quel piccolo complesso industriale, distante dal curioso chiacchiericcio della città,
un nuovo team di ricerca aveva ripreso da mesi a sperimentare sulle tecniche di
manipolazione comportamentale. Con turni continui, gli uomini e donne, scelti
tra i profili medici più eccellenti, lavoravano senza sosta al progetto
iniziato ben cinque anni fa. I risultati erano sempre più incoraggianti o così
si diceva durante le riunioni mensili organizzate dai Conti, ma c’era qualcosa
fuori posto in quel piano all’apparenza perfetto. Quel qualcosa affliggeva da
tempo la quiete di Junichi Ito,
leader spirituale della dissidente fazione separatasi dalla Union Teope.
Presente sul luogo, l’uomo stava
ascoltando distrattamente a braccia conserte le parole del chirurgo al suo
fianco. Dinanzi a lui giaceva il corpo esanime di Yuri, sua arma prediletta. Ryo Saeba era una grossa parte
del problema da lui individuato e il fallimento del sovietico lo aveva non poco
irritato… e sinceramente preoccupato: a conoscenza dello sgradevole sterminio
della sua vecchia organizzazione, Ito viveva nel
terrore di non riuscire a portare a termine il piano prefissato e delle
conseguenze.
– Si riprenderà? – domandò
sovrappensiero.
– Ci sono buone possibilità se supera
la notte, ma ha perso molto sangue – rispose il chirurgo prima di abbandonare
la stanza esauriti i dubbi del suo capo.
Ito si massaggiò il capo glabro prima di
prender posto sulla comoda poltrona in pelle posta di fianco al letto. Posò lo
sguardo sul volto di Yuri e si sentì ribollire dentro per la collera. Cosa
avrebbe dovuto fare per liberarsi di City Hunter? La pazienza dei suoi soci
verso la sua leadership era sempre più esigua e il tempo scorreva veloce, fin
troppo per i suoi gusti.
I risultati dei test erano sempre più
vicini a risultati “spendibili” e l’aver acquisito i brevetti del suicida
professor Kokubo era risultato sicuramente d’aiuto.
Tuttavia lo stesso Kokubo prima di morire aveva
furbamente nascosto la chiave per comprendere appieno quelle formule e tale
chiave non era nientedimeno che Kyoko: più precisamente la sua memoria.
Ed egli lo sapeva molto bene, infatti
soltanto per questo motivo aveva permesso alla dissidente scienziata di
ricongiungersi all’unico uomo capace di farli fuori tutti: scoprire il resto
della formula era troppo importante, più importante di tutto e avrebbe scatenato
uno, dieci, cento Yuri pur di raggiungere il segreto che il “traditore” s’era trascinato
nella tomba. Il disgusto, pesante come un macigno, gli incurvò le labbra tanto
da farlo vaneggiare da solo immerso nell’oscurità:
- Che tu possa marcire all’inferno Masatoshi Kokubo. Tu e quel
detective da strapazzo.
****
A Shinjuku Il mattino seguente era
cominciato in un modo alquanto imbarazzante per Kyoko, vittima dei continui
sguardi interrogatori di Ryo che mai per un istante
aveva rinunciato a fissarla da quando aveva messo piede in soggiorno. E per
quanto cercasse di sfuggire a quel silenzioso tono inquisitorio, la donna non
riusciva a far a meno di pensare a cosa avrebbe potuto dire questa volta pur di
farsi credere per una buona volta.
– Visto che non siamo nel mood di
parlare, comincio io – iniziò Ryo spezzando quel
clima gelido senza troppi problemi.
Kaori non si era ancora alzata in
quanto aveva passato gran parte della nottata a vegliare sulla scienziata; erano
dunque da soli, e l’uomo, senza il filtro morale della sua partner, per quanto
ne ammirasse la flemma gentile e compassionevole, si sentiva libero di calcare
la mano.
– Fermati qui. So che non mi credi,
risparmiati l’interrogatorio non saprei cosa dirti – lo interruppe lei cercando
di attutire l’onda che le si sarebbe scagliata contro.
– Ho finito la pazienza per gli
indovinelli. Perché non la smetti di essere un pericolo per chiunque ti stia
intorno e cominci a collaborare?.
– Sarei io il pericolo?! Sei proprio
uno stronzo, sai? – ribatté lei ad alta voce.
– Probabile, ma non cambia il fatto
che chiunque abbia provato ad aiutarti sia finito male. Parlami
dell’esperimento undici – reagì l’uomo senza il minimo rimorso guardandola
dritto negli occhi.
– Non so cosa sia, e non è di certo
parte di quello a cui ho lavorato io o me ne ricorderei.
– A meno che non abbiano fatto
qualcosa su di te.
– Ma cosa diamine stai dicendo, sarà
stata una reazione da stress. Io… io.
– Pensaci, Kyoko – disse Ryo questa volta smorzando i toni. – Forse ti hanno inibito
parte della memoria per renderti innocua.
– Potevano uccidermi anziché
rischiare… ho parlato con Makimura, lo sai questo.
Non mi sto inventando niente!
- Le tue sono mezze verità,
inconsapevoli o meno per ora non posso dirlo – concluse lui dandole le spalle.
– Capisco. Toglierò il disturbo al più
presto allora – sussurrò la donna.
– Quello che voleva dire il testone–
esordì improvvisamente Kaori alle spalle di Kyoko, - e che queste mezze verità
ne custodiscono una più grande che raggiungeremo insieme. Non è vero, socio?
– Certo, certo – tagliò corto lo sweeper con un sorriso sornione diretto alla sua partner. –
Dicevo proprio alla nostra cliente che oggi andremo a farci una bella
passeggiata!
- Passeggiata? Per andare dove?
- Ma come?! – bofonchiò Ryo avvicinandosi alle due a grandi balzi.
– Qualcuno ti deve delle spiegazioni e
quel qualcuno lo abbiamo finalmente trovato – spiegò Kaori prendendo sotto
braccio Kyoko.
Questi due sono così strani… ma si
completano.
Fine Capitolo
Premetto che mi scuso per l’assenza
più lunga del normale ma sono stati giorni più incasinati del previsto, spero
quindi di farmi perdonare con un capitolo degno dei precedenti. Ringrazio come
sempre chiunque abbia recensito, letto, seguito, e tante belle cose. Lo
apprezzo tanto e mi dà tanta carica per rendere il finale (sempre più vicino)
il più memorabile possibile. Riguardo il capitolo ho cercato sempre di
sottolineare, questa volta in modo più dolce e romantico, le ambiguità di quel
sentimento mai dichiarato ma comunque presente in un sottotesto più ampio. Ma Ryo questa volta ha rimandato, non ignorato. Abbiate fede
ahaha
A presto