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Autore: GReina    12/10/2021    2 recensioni
Questa raccolta di OS partecipa alla sfida WRITOBER lanciata da Fanwriter.it
Per tutto il mese di ottobre pubblicherò una OS al giorno! Trame e personaggi varieranno di volta in volta. Consultate l'indice e la premessa (primo capitolo) per maggiori informazioni e curiosità su prompt scelti e personaggi!
[coppie: kuroken | ushiten | iwaoi | semishira | osasuna | daisuga | sakuatsu | tsukkiyama | tanakyo | shoumika | arankita | yakulev | bokuaka | matsuhana]
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Aoba Johsai, Karasuno Volleyball Club, Nekoma, Shiratorizawa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
» Prompt: Body Swap
» N° parole: 3442

12. Body Swap – Osamu

Quel giorno Osamu si alzò con il piede sbagliato. Non nel senso che era nervoso o arrabbiato, ma letteralmente con il piede sbagliato. Sentendo la sveglia si mise seduto e poi lasciando il letto, semplicemente, cadde. L’urto fu forte; si voltò indietro e guardò il proprio materasso. Il letto a castello non era molto alto, ma piacevole sicuramente non era stato. Si chiese solo distrattamente perché diamine avesse dormito nel letto di Atsumu dimenticando immediatamente dopo di rispondersi. Era troppo stanco – dopotutto – per formulare un pensiero coerente e mantenerlo per più di un secondo. Si limitò a guardare suo fratello porsi seduto sul letto inferiore, dunque, e poi voltarsi per sporgere una gamba fuori dal materasso, quasi volesse trovare a tentativi una scala inesistente. Tsumu era strano, comunque, quindi lo ignorò e raggiunse il bagno. Afferrò il proprio spazzolino, il dentifricio e diede inizio alla propria routine di igiene personale. Passò un minuto, poi due, e fu solo a quel punto che sollevando il viso dopo averlo sciacquato spese appena un attimo per guardarsi allo specchio.
Capelli biondi, occhi castani.
Sbatté gli occhi più volte, ma dal momento che quei colori persistevano iniziò a stropicciarli. Stava ancora fissando il proprio riflesso senza capire quando un urlo gli squarciò l’udito.
«Samu! Che cazzo!!» non sapeva se quella di suo fratello fosse un’esclamazione o una domanda; quando lo raggiunse in bagno non ebbe più importanza.
Capelli grigi, occhi blu.
«Tsumu! Che cazzo!!» fu il suo turno.
 
Ebbene sì, del tutto inspiegabilmente i loro corpi erano stati invertiti. La situazione era talmente surreale che i gemelli non dovettero neanche mettersi d’accordo per decidere che non lo avrebbero detto a nessuno. Chiunque sano di mente, d’altronde, li avrebbe presi per pazzi o – alla meglio – si sarebbe messo a ridere pensando ad uno scherzo. E come dargli torto? Persino Osamu non ci credeva, e lui era letteralmente all’interno del corpo di suo fratello. Stava guardando proprio questi, in quel momento: si era sollevato la maglietta ed afferrandosi la pochissima massa grassa che riusciva ad essere tirata stava dicendo:
«Certo che ti sei proprio lasciato andare, Samu.» l’interpellato allungò una mano e schiaffeggiò quella di Atsumu che subito lasciò andare la sua pancia e lo guardò male.
«Puoi, per favore, prendere seriamente questa situazione??» Osamu davvero non riusciva a capire come potesse l’altro perdersi in frivolezze tanto inutili quando i loro corpi erano invertiti!!
«Se lo prendo seriamente impazzisco, Samu!!» fu la risposta alla sua esasperata domanda, e certo l’altro non poteva negare di capire il suo punto di vista. Sospirò. In quel momento si trovava all’interno del corpo di suo fratello, e quello era un dato di fatto. Non aveva importanza che sembrasse impossibile, era così e basta. Una volta appurato quello, non gli rimase che essere quanto più razionale possibile. Iniziarono col fare delle ricerche.
«Niente sullo scambio di corpi neanche qui.» annunciò Atsumu dopo una buona mezzora di lettura. Entrambi sospirarono stanchi rimpiangendo il fatto di non conoscere altri gemelli omozigoti che potessero dirgli della loro esperienza. Lui e l’alzatore, d’altronde, avevano sempre avvertito uno strano legame: brutte sensazioni se l’altro stava male, malumore se l’altro era triste, farfalle nello stomaco per il contrario. Nessuno ci aveva mai creduto, ma i gemelli non se n’erano mai curati. Fingere di non tenere assolutamente al fratello, d’altronde, era il loro sport preferito. Ma per quanto profondamente avessero avvertito quel legame, mai avrebbero potuto immaginare di arrivare a tanto!
«Quindi che cosa facciamo?» Osamu non sapeva rispondere, così lo chiese a suo fratello ma questi non ebbe neanche il tempo di aprire bocca che venne interrotto dalla voce di loro madre da una parte e dal cellulare di Osamu dall’altra. Lo schiacciatore si afferrò ad afferrare il proprio cellulare mentre Atsumu – ancora nel suo corpo – si affacciava per parlare con la donna. Al telefono era Suna al quale disse di non stare benissimo e che avrebbe saltato la scuola, ed era davvero intenzionato a farlo, ma poco dopo suo fratello rientrò in camera scortato dal guardiano della casa.
«Ha ragione Ts- Samu, mamma!» si lamentò lui dopo che Miya Izumi ebbe intimato loro di andare a scuola «Non stiamo molto bene. Sono un idiota e ieri sono uscito senza cappotto. Avrò contagiato Samu stanotte.» suo fratello lo guardò risentito, mise il broncio e poi disse:
«Non è vero! È sicuramente colpa mia. Sono così stupido a volte!» la genitrice non lasciò loro spazio per altre discussioni.
«Andrete a scuola e basta. Altrimenti niente pallavolo per una settimana!» e bastò quello per convincere entrambi. Con il senno di poi, dare la colpa a se stessi invece che all’altro era stato sicuramente ciò che li aveva traditi rendendoli troppo poco credibili. Era ovvio che la donna pensasse ci fosse qualcosa sotto!! Ma non era quello, comunque, che Osamu aveva in testa mentre lugubri i gemelli camminavano verso scuola per accedere a quella che ormai era la terza lezione della giornata.
«E se marinassimo?» propose senza veramente sperarci.
«Sei pazzo??» gli rispose infatti il suo gemello «Non rischio una settimana di pallavolo per questo. Ci basterà imitare l’altro per tutto il giorno, non è un problema.»
Ma un problema lo era eccome! Perché non c’era cosa che Osamu non avesse condiviso con suo fratello, tranne una. Fingevano di odiarsi, ma Atsumu era per lui la persona più importante. Per questo fin da piccoli gli era sempre venuto naturale confidarsi; non sapeva neanche lui cosa ci fosse stato di diverso nell’ultima volta. Fatto sta che lo schiacciatore aveva omesso qualcosa di fondamentale: lui e Suna erano diventati una coppia.
Osamu si sentiva in colpa per averglielo nascosto; si sentiva in colpa nel percepire di aver fatto spazio nel suo cuore per una persona in più che magari suo fratello avrebbe potuto considerare estranea. In quel momento, però, più che senso di colpa provava paura. Il suo cuore correva rapido, la sua gola era stratta in una morsa, aveva freddo eppure sudava. Non sapeva cosa fare.
Ebbe un quarto d’ora per pensarci, così arrivati all’edificio subito il ragazzo agì. Trovò Suna.
«Oi, Miya. Che cos’è successo stamattina? Dov’è-» ma prima che il castano potesse chiedere fingendo nonchalance dove fosse lui, Osamu lo raggiunse e gli mise il palmo sulla bocca. Non aveva tempo per lasciarlo finire.
«Vieni con me.» gli disse urgente guardandosi indietro. Lui e Atsumu facevano parte di aule diverse, quindi al contrario di suo fratello lui era compagno di classe di Rintaro. Era proprio lì che avevano stretto così tanto, ma se quel particolare era fino ad allora stato tanto bello, al momento non poteva esserci cosa peggiore. I gemelli erano arrivati proprio durante il cambio dell’ora, quindi non poteva farsi sfuggire l’occasione.
«Atsumu, ma che ca-!»
«Sta’ zitto! Rin, sono io! Sono Osamu. Non abbiamo molto tempo.» il centrale lo guardò male.
«Smettila, andiamo! Saprei riconoscervi anche se invertiste la tinta dei capelli. Tu sei decisamente Atsumu.»
«Io sono decisamente Osamu!» lo guardò arrabbiato sebbene non potesse biasimarlo più di tanto. «So che è impossibile da credere, d’accordo!? Mi sono svegliato ed ero dentro a Tsumu! Non mi aspetto che tu mi creda, ma lui non sa di noi, capisci? Non devi dirglielo. Fingi che siamo solo amici, d’accordo? Non può scoprirlo così.» Suna sbuffò e si appoggiò al muro dietro di sé con fare divertito.
«Ho capito, Osamu te l’ha detto e ora ti vendichi.»
«Rin, maledizione! Non è così. Ti ho detto che non ti sto chiedendo di credermi, ma-»
«Ma vuoi che mi metta in ridicolo. Non attacca.» ghignò ancora convinto. Miya pensò in fretta a come potesse fargli cambiare idea. Se gli avesse raccontato qualcosa di privato che conoscevano solo loro due Suna avrebbe potuto pensare che lui l’avesse raccontata al fratello (e chissà, magari avere brutte conseguenze sul loro rapporto di fiducia), così era solo una la cosa da fare: trovare qualcosa di talmente orribile che Rin sapeva non avrebbe mai detto ad Atsumu. Sospirò non appena ne trovò una:
«Okay, allora ti dico una cosa che sai solo tu.» annunciò con poca voglia. «Quando avevamo quattordici anni e i nostri genitori ci hanno lasciato per la prima volta in casa da soli per un’intera notte, ho sentito Tsumu svegliarsi per un incubo. Sapevo che aveva paura e che non l’avrebbe mai detto ad alta voce, così ho finto di avere paura io e gli ho chiesto di tenere accesa la luce. Abbiamo chiacchierato e giocato ai videogiochi per quasi tutta la notte e solo quando Tsumu è riuscito ad addormentarsi sono andato a letto pure io. Avrei potuto prenderlo in giro a vita, ma non l’ho fatto e continuerò a non farlo.» concluse con le guance rosse. L’alzatore che temeva di stare solo a casa senza mamma e papà era stata forse l’occasione più ghiotta d’insulti che Osamu si fosse mai ritrovato sotto tiro, e di conseguenza – dal momento che era stata ignorata – anche la sua vergogna più grande. Suna rimase impassibile per un po’, poi prese a mormorare incredulo.
«Cazzo. Cazzo! Non posso credere che Osamu te l’abbia detto!» quasi rise isterico, ma diventò di sale quando serio lui gli rispose:
«Non l’ho fatto. Credi che potrei mai?» così – finalmente – Rintaro gli credette, perché d’altronde era ovvio: era più plausibile uno scambio di corpi rispetto ad Osamu che ammetteva quello che era disposto a fare pur di proteggere Atsumu dalle cose che lo facevano star male.
Suonò la campanella, ma Suna parve non sentirla. Fissava ancora il gemello dai capelli biondi, invece. Osamu gli mise le mani sulle spalle.
«Ricorda: quello in classe con te è Tsumu. Fingi che sia io, ma senza comportarti da fidanzato. Intesi? Siamo solo amici e compagni di classe per oggi.» fece per avvicinarsi per augurargli buona fortuna con un bacio, poi si ricordò che le labbra sarebbero state quelle di suo fratello e si trattenne.
«Ci vediamo più tardi al club.» gli disse quindi prima di sparire dietro l’angolo.
 
Le ore successive Osamu le passò a ragionare sulla loro situazione. Si beccò diversi rimproveri per quello, ma – soprattutto considerato che quello ripreso era tecnicamente Atsumu – la cosa poco importò al ragazzo che sicuramente aveva altro a cui pensare che non ai professori risentiti per la sua poca attenzione. Non importava quante ricerche facesse o quanti scenari immaginasse: la loro rimaneva imperterrita una situazione assolutamente irreale ed impensabile. Sospirò, ad un certo punto, cercando di rilassare un po’ la mente, tuttavia lei traditrice corse a pensieri poco allegri.
Si sentiva in colpa; non si era mai sentito tanto in colpa. Atsumu era in classe con Suna, in quel momento. Sarebbe bastato un dettaglio: uno scarabocchio con le loro iniziali fatto senza pensare e lasciato nello scomparto del banco, Rintaro che credeva di star raccontando ad Osamu come Atsumu solo poche ore prima avesse provato a prenderlo in giro dopo aver scoperto di loro. Un minimo cenno, e suo fratello avrebbe capito.
Osamu non voleva. L’alzatore non doveva scoprirlo così. Se non gli aveva detto nulla era stato per codardia, per paura che Atsumu lo giudicasse, forse, o magari per paura che si sentisse tradito. Ancora peggio, una parte di lui gli disse che forse non glielo aveva detto per egoismo: Rintaro era suo e suo soltanto. Lui e Atsumu condividevano tutto sin da prima che nascessero, ma con il centrale era diverso, così Osamu aveva taciuto, convinto che tenendo all’oscuro suo fratello lui sarebbe stato meglio. Be’… adesso era l’opposto.
Raggiunse il club, a lezioni finite, strascicando i piedi e con sguardo basso. Era l’ora della verità. Atsumu aveva scoperto qualcosa? Lo schiacciatore scoprì di no solo guardandolo. Al contrario, suo fratello sembrava non avere nessuna preoccupazione al mondo.
«Non pensavo che ti stessi allenando anche tu in battuta come Atsumu!» dissero a suo fratello. Il biondo – in quel momento non tale – rispose ghignando.
«Ho semplicemente capito che Tsumu è troppo figo e voglio somigliargli di più.» Osamu gli si avvicinò e lo picchiò sulla nuca.
«Non hai imparato niente con mamma stamattina?» gli sussurrò. Quello rispose con un mormorio infastidito mentre si massaggiava la parte lesa, ma – Osamu capì subito – allo stesso tempo smise anche di inneggiare a quanto fosse bravo parlando di sé in terza persona. La cosa positiva fu che lui poté scambiare uno sguardo significativo con Suna confermando una volta per tutte che ciò che alcune ore prima gli aveva detto fosse vero. Lo schiacciatore credeva che quello avrebbe potuto risolvere almeno in parte la propria ansia, ma così non fu. Ora Rintaro non li avrebbe traditi, e allora perché il cuore di Osamu non si liberava dalla morsa in cui era stretto?
Giocò da alzatore dopo molto tempo che non lo faceva. Entrambi i Miya erano bravi anche nel ruolo dell’altro, tuttavia alle ovvie perplessità dell’allenatore dovettero comunque rispondere che non erano molto in forma a causa di un’intossicazione alimentare avuta e risolta la sera prima. Parve credergli ed andarono avanti. Dopo un po’, incredibilmente, l’ansia iniziò a scemare. Iniziò a godersi quel ruolo tanto bello che non preferiva allo schiacciatore ma che comunque amava. Soprattutto, si rese conto solo grazie ad un’epifania a fine giornata, era stato Atsumu a farlo distrarre del tutto dalla loro strana e ben più che stressante situazione.
La morsa tornò ad attanagliarlo verso casa. Aveva detto in fretta a Rintaro che lo avrebbe contattato lui e di non scrivergli, poi i gemelli avevano iniziato a fare strada in silenzio. Se Atsumu si era accorto che qualcosa non andasse in Osamu – Osamu era certo lo avesse fatto – non aveva detto niente. Invece, si era limitato a camminargli a fianco almeno finché un sospiro tremulo non sfuggì dalle labbra dello schiacciatore. Suo fratello lo guardò di sottecchi, ma invece di spingerlo a dirgli cosa avesse riprese – come d’altronde aveva fatto per tutto il pomeriggio – a farlo distrarre.
Osamu sorrise ai suoi interventi e a sua volta ne fece commentando quell’assurda giornata e a quanto fosse stato orribile essere lui. Atsumu gli rispose che essere Osamu non era stato da meno, e in quel modo – tra gli insulti e le risate che tanto li contraddistinguevano – arrivarono a casa.
Cenarono in fretta, si lavarono e in men che non si dica erano in pigiama a fissare i loro letti. Avrebbe dovuto mettersi in quello di sopra? In quello di sotto? Guardò suo fratello.
«Giochiamo alla Play?» propose quello, ed Osamu subito assentì, felice di dover posticipare quel piccolo problema e consapevole di non poter andare a letto senza prima aver parlato seriamente con Atsumu. Si sedettero davanti allo schermo, l’alzatore scelse il gioco ed impostò l’opzione per due giocatori. Mossero i loro avatar in silenzio per diversi minuti, l’ansia che travolgeva Osamu con sempre maggior violenza man mano che il discorso veniva rimandato. Infine, lasciò morire il proprio personaggio e si voltò verso il fratello. La sua negligenza nel gioco e la nuova posizione non passarono inosservati all’altro, così – confuso – mise in pausa e lo guardò con una muta richiesta in viso.
Durante tutta la loro vita erano state innumerevoli le domande che gli erano state fatte riguardo all’avere un fratello gemello, prima tra tutte se non fosse strano poter guardare in faccia il proprio riflesso. Osamu a quella aveva sempre risposto di no, che Tsumu era Tsumu e lui era lui. Guardare suo fratello era come guardare qualsiasi altra persona; sapeva di non essere lui, che si somigliavano soltanto e che quindi non gli aveva mai fatto impressione. Invece, guardare adesso il proprio volto faceva impressione eccome, perché Tsumu era sempre stato Tsumu: diverso da lui per colore di occhi e di tinta, ma soprattutto di espressioni. Vedere il suo volto totalmente stravolto e plasmato in quello di suo fratello proprio a causa di queste ultime lo aveva scombussolato quella mattina e poi anche per il resto della giornata. Tuttavia ringraziò quel particolare, in quel momento, perché concentrandosi su quello gli fu più facile iniziare il discorso.
«Io…» fece allo sguardo interdetto dell’altro «devo dirti una cosa, Tsumu.» suo fratello annuì in attesa e questo non lo aiutò. Uno sprono a parlare gli sarebbe stato utile! Invece, dovette sospirare e raccogliere ancora una volta il coraggio.
«Sai che ti odio, credo di essere meglio di te e tutto, vero?» gli disse per sdrammatizzare. Era il loro modo per dirsi “ti voglio bene”, così sorridendo appena Atsumu roteò gli occhi e disse:
«Sì, certo.» Osamu annuì, felice di sentire quella risposta immediata, poi disse:
«Io e Suna stiamo insieme.» guardò suo fratello in apprensione, le espressioni nel suo volto chiare come non lo erano mai state: Atsumu era stato colto di sorpresa, così ebbe bisogno di un attimo per elaborare quell’informazione, dopodiché Osamu notò chiaramente l’accettazione passargli in viso, ma subito seguita dal risentimento. Lo schiacciatore non gli permise di parlare, invece immediatamente aggiunse:
«Non so perché non te l’ho detto subito. Ci sono stati tanti fattori, immagino…» spiegò pensando alla paura e all’egoismo che avevano guidato quella scelta.
«Pensavi che non l’avrei approvato?» lui poté solo limitarsi a sollevare le spalle.
«Volevo che non cambiasse niente.» mormorò. Atsumu non rispose, quindi lui si sentì in dovere di continuare.
«Mi sono sentito in colpa per tutto il giorno. Ho quasi pensato più a questo che a come risolvere lo scambio dei corpi.» suo fratello annuì.
«Certo, avrei potuto scoprirvi.» non lo disse con cattiveria, era solo una costatazione, che in qualche modo ebbe il potere di far sentire peggio Osamu.
«Non solo per quello…» si difese «Certo volevo essere io a dirtelo, ma non è per questo che te lo sto dicendo adesso. Ho capito di aver sbagliato. Che non voglio che tu non sappia una cosa tanto importante della mia vita. Io e Rin non l’abbiamo ancora detto a nessuno, ma so che se solo una persona l’avesse scoperto prima di te io ci sarei rimasto malissimo. Allo stesso tempo però non te l’ho detto perché volevo che mia relazione con Rin fosse solo una cosa mia e sua.» disse; il “e non anche tua” lasciato in sospeso. All’alzatore servì ancora qualche secondo, poi scrollò le spalle.
«A tutti quelli che non ci distinguono diciamo sempre che non siamo la stessa persona, no? Immagino sia normale volersi tenere per sé certe cose.» ma nonostante le sue parole Osamu non poté fare a meno di continuare a star male per quello che aveva fatto. Atsumu – del tutto inspiegabilmente – era sempre stato lasciato più in disparte rispetto a lui. Questo sembrava far arrabbiare più Osamu che il diretto interessato, ed anche in quell’occasione non fu diverso. Lo schiacciatore, dopotutto, era l’unico a non aver mai trattato suo fratello come qualcuno da allontanare, ma l’aveva fatto nel momento in cui gli aveva nascosto la sua relazione.
«Dico sul serio, Tsumu. Volevo davvero che tu lo sapessi! Non so cosa-»
«Samu.» fu interrotto «Ti ho detto che va bene così, d’accordo? Ora me lo hai detto. Ti serviva solo un po’ di tempo.» scrollò ancora una volta le spalle, poi tornò a guardare lo schermo per rimettere in moto il videogioco. Osamu continuò ad osservarlo poco convinto, ma poté definitivamente rilassarsi quando un sorriso iniziò a fiorire sulle labbra di Atsumu.
«Sono felice per te e Sunarin. Chissà, magari anche io un giorno incontrerò una persona che mi piace a tal punto da volerla tenere tutta per me, no?» Osamu sorrise e capì che il fratello non si sarebbe più voltato. Non avrebbero mai potuto dirsi cose tanto dolci guardandosi negli occhi, dopotutto. Tornò a guardare lo schermo anche lui, dunque. Atsumu aveva fatto ripartire il livello, così che anche Osamu potesse tornare a muovere il proprio personaggio.
«Sono sicuro di sì.» rispose a quel punto a suo fratello «E quando succederà io sarò lì ad aspettare che tu ti senta pronto per dirmelo.» si scambiarono un rapidissimo sguardo ed annuirono, poi di nuovo con gli occhi sullo schermo Osamu aggiunse:
«Ma prova a confidarti con qualcun’altro prima di me e sei un uomo morto.»
 
Alla fine, quella sera decisero di coricarsi nel letto dell’altro cosicché se loro madre fosse entrata per svegliarli avrebbe trovato i loro corpi dove avrebbero dovuto essere e non nel letto del fratello. Osamu aprì gli occhi, il mattino successivo, con apprensione e lentamente sperando di non vedere il muro del soffitto. Fissò la struttura portante del letto sopra il suo e sbatté le palpebre per qualche secondo.
Sembrava tornato tutto come prima.
«Andiamo, Samu.» gli disse troppo vivacemente Atsumu per essere di prima mattina una volta che fu sceso dal suo letto «Non vorrai mica far aspettare il tuo bello, vero??» continuò ghignando.
Non era tornato tutto come prima, ed era perfetto così.
 

n.a.
Che dire, questa sfida si fa di giorno in giorno più complicata perché sì, ho finito adesso di scrivere questa OS e non ne ho altre pronte, quindi domani stesso dovrò scrivere quella per domani! Ma stringendo i denti ce la farò!! (PLS fatemi sentire il vostro supporto! In questa occasione più che mai ne ho bisogno!!)
Venendo alla OS di oggi, penso di avere solo un piccolissimo appunto da fare, perché avrei voluto farlo capire nella storia ma non ci sono riuscita e non saprei come fare mantenendo Osamu come narratore (e quindi lasciando che il lettore sappia tanto quanto fa lui): nel mio headcanon lo scambio dei corpi è avvenuto proprio a causa del senso di colpa di Osamu che dentro di sé stava male per non aver detto ad Atsumu di lui e Suna, ma allo stesso tempo aveva bisogno di questo pretesto che lo spronasse a parlare. Fosse stata una long (o avessi semplicemente un po’ più tempo) magari avrei provato a dare una spiegazione quanto più possibile razionale per quanto avvenuto. Essendo una OS, tuttavia, non mi sento minimamente in colpa nel lasciare l’argomento in sospeso. Sicuramente Osamu ed Atsumu parleranno ancora spesso di questa loro stranissima esperienza, e chissà magari ne verranno anche a capo. Lasciò questa parte a libera interpretazione.
Ci vediamo domani!!
   
 
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