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Autore: heliodor    13/10/2021    0 recensioni
Nata con grandi poteri magici, Bryce è stata addestrata fin da bambina per diventare la strega suprema, la più forte della sua generazione. Lo scopo della sua stessa esistenza è guidare l’esercito dell’Alleanza nella guerra contro l’Orda.
Quando Malag il rinnegato esce allo scoperto e attacca Valonde, la vittoria sembra allontanarsi sempre di più e molti iniziano a dubitare delle sue capacità.
Per diventare la guida che tutti si aspettano che sia e vincere la guerra, Bryce dovrà rinunciare all’amore, all’amicizia e a tutto ciò che la vita potrebbe offrirle se smettesse di combattere.
Ma sarà davvero in grado di compiere un sacrificio così grande?
Da oggi con il 100% di Mappa in più!
La trovate in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Non devo aver paura

 
Un raggio di sole le ferì gli occhi facendoli lacrimare. D’istinto li socchiuse per tornarli ad aprire subito e mettere a fuoco le mura della città.
Ritta sulla sella, Bryce strinse le redini fino a sbiancare le nocche. Cercò di nascondere il tremore che avvertiva in tutto il corpo fingendo di sistemare il mantello sopra le spalle.
Erix, alla sua destra, le gettò una rapida occhiata come per assicurarsi che fosse ancora lì e non altrove. A qualche passo di distanza, Daronda e Amya fissavano le torri di Arzit che sembravano incombere come giganti scolpiti nella pietra.
Da quella distanza riusciva a cogliere il movimento dei soldati che si stavano allineando sopra i camminamenti, mentre gli scudieri preparavano le faretre per le frecce e i dardi da balestra. Vide anche sventolare qualche mantello, segno che il circolo della città era stato avvertito.
I corni dovevano aver risuonato a lungo mentre l’armata dell’alleanza veniva schierata nella valle antistante l’ingresso principale. Voltandosi, Bryce poteva abbracciare con uno sguardo le cento formazioni allineate su otto colonne. Ogni formazione era composta da cento soldati.
Il calcolo di quanti erano stati schierati era semplice.
Diecimila lance, si disse. Un quinto dell’armata.
Il resto era vicino al campo e si stava ancora disponendo. Sarebbero intervenuti dopo il primo assalto, se le difese di Arzit avessero retto l’impeto o respinto gli invasori.
Invasori, pensò. Come siamo arrivati a questo? Dannazione.
Cercò con lo sguardo Daronda ma lo trovò con gli occhi fissi sulle mura di Arzit. Solo Erix muoveva la testa facendo spaziare lo sguardo attorno, come se stesse valutando a spanne la forza dell’armata.
Nel consiglio di guerra della notte precedente avevano stabilito che Bryce avrebbe guidato il primo assalto, come Erix le aveva già annunciato.
Bryce aveva accettato.
“Porterò a termine il mio compito” aveva detto.
Quando il consiglio era terminato, Erix l’aveva trattenuta nella sua tenda.
“Non correre rischi inutili” le aveva detto.
“Non voglio alcuna protezione.”
La comandante aveva fatto una smorfia di disapprovazione. “Voglio che questa sia per te una lezione, non una punizione. O una condanna a morte.”
“Sei tu che mi hai ordinato di guidare il primo assalto.”
“Non ti manderò incontro a morte sicura, Bryce. Anche se sembri entusiasta dell’idea.”
“Vorresti che mi gettassi ai tuoi piedi implorandoti di risparmiarmi?”
“Non lo faresti nemmeno se te lo ordinassi. O ti minacciassi. Sei troppo simile a tuo padre.”
Bryce si era trattenuta dal risponderle piccata. “Posso andare a riposare adesso?”
Erix l’aveva congedata con un cenno della testa.
Mentre tornava a testa bassa alla sua tenda aveva incrociato Elvana, Vyncent e Yan. Tutti e tre avevano l’espressione perplessa.
“Ci devi una spiegazione” aveva detto Elvana col suo solito tono sgarbato.
“Non ora” aveva risposto con tono perentorio. “Adesso ho voglia di riposare per domani.”
“È proprio di quello che succederà domani che vogliamo parlarti” aveva detto Vyncent.
Persino lui sembra agitato, si era detta, il cuore che le batteva forte.
“È una pazzia” aveva aggiunto Yan. “Andare all’assalto da sola, senza una scorta.”
“Non sarò da sola” aveva obiettato. “Ci saranno altri duemila soldati e venti mantelli con me.”
“Nessuno li vedrà” aveva replicato Vyncent. “Tutti cercheranno la principessa di Valonde, la strega che si è presentata al loro principe dichiarando di volerli rispettare e che tre giorni dopo li ha attaccati a tradimento.”
Bryce aveva deglutito a vuoto.
“Tutti gli arcieri riserveranno il primo colpo per te” l’aveva avvertita Yan. “Così come i migliori tiratori punteranno i loro dardi magici al tuo petto.”
“Il mio scudo è forte. Li respingerò tutti” aveva detto cercando di mostrarsi sicura.
“Non puoi respingere decine di colpi.” Elvana le agitò il pugno davanti al viso. “E non potrai evitare questo.”
Bryce l’aveva fissata perplessa.
“Se ti rompo qualche osso, domani non potrai partecipare a questa follia.”
“Adesso basta” aveva esclamato esasperata. “Conosco i pericoli che corro, non sono una stupida. Erix non mi avrebbe mai dato il comando dell’assalto se non lo avesse previsto. Se non avete fiducia in lei, andate alla sua tenda e fatele presente i vostri timori.”
“Servirebbe a qualcosa?” aveva domandato Elvana. “A parte farci mettere agli arresti per qualche giorno?”
Bryce aveva scosso la testa proseguendo verso la tenda.
“Sei una pazza, principessa di Valonde” le aveva urlato dietro Elvana. “E una sconsiderata. Così rovinerai tutto.”
“Credo che abbia preso la sua decisione” aveva udito dire a Yan.
Vyncent l’aveva seguita fino all’ingresso della tenda. “Bryce.”
“No” gli aveva risposto facendo per infilarsi dentro.
Lui l’aveva bloccata trattenendola per un braccio. “Ascoltami.”
“No” aveva risposto con meno convinzione.
“Devi. Per favore.”
L’aveva guardato trattenendo a stento le lacrime. “Che cosa vuoi?”
“Se posso dire o fare qualcosa per convincerti a desistere” aveva detto Vyncent. “Io sono qui.”
Bryce l’aveva fissato in silenzio.
“Farò qualunque cosa vorrai. Qualunque.”
Lo so, aveva pensato. Chiunque di voi lo farebbe. Ma io non lo merito.
“Non c’è niente che possa convincermi a rinunciare” aveva risposto. “Niente che tu possa dire o fare. Ho deciso da sola e me ne prenderò ogni responsabilità, correndo i pericoli che comporta.”
“Ne sei assolutamente sicura?” le aveva domandato.
Bryce aveva annuito.
Vyncent l’aveva lasciata. “Allora fai quello che devi fare, Bryce.”
Erix stava parlottando con Daronda e Amya. La comandante annuì e si voltò verso di lei. “È il momento.”
“Non proviamo a parlamentare con loro?” suggerì.
“È servito a qualcosa mandare la mia portavoce? Che cosa abbiamo ottenuto se non la tua umiliazione?”
“Tu volevi che fossi umiliata” disse con tono d’accusa.
“Speravo che non accadesse” disse Erix. “Fino al tuo ritorno ho pregato perché gli arziti ti accogliessero come amica e alleata e non come un ulteriore segno della loro presunta inferiorità.”
“Voi pensate che siano inferiori” ribatté.
“No, ti sbagli. Non esiste inferiore o superiore. Noi siamo Valonde, il regno più ricco e potente di questo continente. Siamo secondi soltanto a Malinor e l’arcipelago di Chazar è nostro pari. È così da secoli, tutti lo sanno e lo riconoscono. Chiunque ci abbia sfidati è stato distrutto o è diventato nostro alleato.”
“O servitore.”
“Devi ancora comprendere molte cose, principessa. Il mondo non è fatto di dominatori e servitori. Tutti serviamo qualcuno. Noi mantelli serviamo il circolo e questi è al servizio del regno, così i nobili servono il re e la regina, i tuoi genitori ed essi servono e proteggono il popolo, che a sua volta serve il regno e la nobiltà. Non riesci a cogliere un equilibrio in tutto questo?”
“Ci vedo una profonda ingiustizia” disse con tono amaro.
“L’ingiusto è una persona che si arroga il diritto di comandare chi è più potente di lui. Un usurpatore o un rinnegato, come Malag, che vorrebbe vedere crollare nella polvere tutto ciò che abbiamo costruito nei millenni.”
“Gli arziti non sono suoi alleati.”
“Non importa. Finché penseranno di poter restare fuori dalla guerra rifiutando di schierarsi, saranno una minaccia che non possiamo tollerare. E adesso, preparati all’assalto, Bryce di Valonde. Conosci gli ordini, i comandanti delle formazioni hanno i loro.”
Bryce annuì e strattonò le redini per far girare la sua cavalcatura. Si ritrovò a fissare duemila visi anonimi, i corpi nascosti dalle armature leggere e dalle cotte di maglia. Sotto indossavano tuniche e camice che andavano dall’azzurro intenso al blu stinto a seconda di quante volte fossero state usate e lavate. Qualcuno indossava elmi con decorazioni e uno dei comandanti un’armatura a piastre sulla quale spiccava in risalto la stella dorata a cinque punte simbolo del suo casato. In mezzo a ogni formazione colse lo sventolio di un paio di mantelli.
Sospirò a quella vista.
I miei confratelli e le mie consorelle, si disse. Ho giurato di proteggerli a costo della mia vita e adesso eccomi qui a guidarli in battaglia.
 “Sapete quello che dovete fare” disse a voce alta. “Seguite il mio mantello mentre avanziamo.”
I comandanti risposero a quelle parole urlando “Valonde.”
Dall’altra parte della spianata giunse un saluto simile che poi risuonò ovunque rincorrendosi. Ogni formazione gridava più forte per sovrastare le altre.
Lo fanno per attirare su di loro l’attenzione degli Dei della guerra, si disse divertita.
Era stata suo padre a raccontarle quella storia, in una breve pausa tra un addestramento e l’altro.
Scacciò quel ricordo scuotendo la testa.
“Valonde” gridò a sua volta facendo girare il cavallo. Trasse un profondo respiro mentre lo sguardo scivolava sulle merlature delle torri di Arzit e dietro le sue mura riusciva a cogliere una fugace visione delle case dai tetti spioventi decorate d’arancione.
Pensò ai cittadini che l’avevano accolta in silenzio, ai loro sguardi ostili mentre avanzava verso il palazzo del principe. Alle occhiate spaventate dei bambini davanti al suo mantello azzurro.
Chissà quanti di loro ieri sera sono andati a dormire sicuri nei loro letti e al risveglio hanno scoperto di essere in guerra e che la loro tranquillità era solo un ricordo.
Chissà quanti di loro domani dovranno piangere un padre o una madre, un fratello o una sorella o uno zio. Chissà quanti di loro, si chiese ancora, vagheranno spaventati per le strade di Arzit, toccati dalla guerra e dall’orrore, immemori di quanto hanno perso e ignari di quanto ancora li attende.
Chissà quante Darina, pensò infine, nasceranno domani. Bambine e bambini terrorizzati dall’azzurro di Valonde e dal simbolo del nostro circolo.
Sollevò un lembo del mantello, lo stesso dove Folwin il sarto aveva ricamato un delicato fregio in oro e platino, una stella a cinque punte che sembrava caduta dal cielo per imprimersi sull’azzurro profondo di quel delicato tessuto. Era stata sua sorella a insistere perché fosse lui a confezionare il mantello.
È così bello, si disse. Joyce ha davvero buon gusto. Nessuno dovrebbe avere paura di una cosa così bella. Nessuno dovrebbe aver paura del blu di Valonde, dei suoi simboli, del suo nome. Nessuno dovrebbe ritenere ingiusta la nostra alleanza. Nessuno.
Fece schioccare le redini. Il cavallo avanzò di qualche passo, come esitando.
“In marcia” gridò qualcuno alle sue spalle.
Nessuno dovrebbe avere paura di Valonde, si disse ancora mentre dava un secondo schiocco con le redini.
“Avanti.”
E nemmeno io, pensò.
Colpì i fianchi del cavallo con il tacco degli stivali e l’animale prese a galoppare deciso per la spianata. Sentì il vento che le scompigliava i capelli e faceva ondeggiare il mantello dietro di lei, ma li ignorò.
Così come evitò di voltarsi per non incrociare gli sguardi sorpresi a forse sconcertati di chi si stava lasciando alle spalle. Aumentò l’andatura chinandosi sul collo del cavallo, il vento che diventava impetuoso.
Si trattenne dall’evocare lo scudo magico.
Se deve accadere, si disse, che accada, ma se qualcuno di loro mi sta guardando, forse capirà il mio gesto.
Non piovvero dardi magici né frecce e quando arrivò sotto le mura a una ventina di passi, rallentò ed eseguì una curva stretta per voltarsi verso l’armata di Valonde. Con un gesto fluido smontò da cavallo e lasciò che l’animale proseguisse per conto suo. Solo allora evocò lo scudo magico nella mano sinistra e lo sollevò davanti a sé.

 
  
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