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Autore: GReina    16/10/2021    1 recensioni
Questa raccolta di OS partecipa alla sfida WRITOBER lanciata da Fanwriter.it
Per tutto il mese di ottobre pubblicherò una OS al giorno! Trame e personaggi varieranno di volta in volta. Consultate l'indice e la premessa (primo capitolo) per maggiori informazioni e curiosità su prompt scelti e personaggi!
[coppie: kuroken | ushiten | iwaoi | semishira | osasuna | daisuga | sakuatsu | tsukkiyama | tanakyo | shoumika | arankita | yakulev | bokuaka | matsuhana]
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Aoba Johsai, Karasuno Volleyball Club, Nekoma, Shiratorizawa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
» Prompt: Scale
» N° parole: 932

n.a.
in questa OS Aran e Kita non frequentano lo stesso liceo.

16. Scale – AranKita

La vita di Kita Shinsuke era fatta di routine. Era un buon metodo per vivere con tranquillità e sicurezza, senza ansie o imprevisti dell’ultimo minuto che potessero peggiorargli la giornata. Era un metodo che gli aveva trasmesso sua nonna e che il ragazzo era felice di poter seguire. Non erano stati pochi i compagni di scuola ad etichettarlo come strano. Affermavano di sapere che quella vita era pessima, convinti come se la vivessero loro che non fosse appagante. Shinsuke non la pensava così. Si divertiva, certo, come facevano tutti i giovani, ma alle sue condizioni e secondo il suo programma. Inoltre, non era mai stato il tipo di persona avvezza alle feste affollate. Una seratina tranquilla con i pochi amici intimi che aveva era per lui motivo di gioia.
Si svegliava, dunque, ed ogni mattina puliva casa. Un giorno faceva il bucato, l’altro lavava il pavimento e così via. Preparava il thè, faceva colazione, andava a scuola. Persino le gite con gli amici erano programmate e considerabili solo in certi giorni della settimana. E poi pregava. Pregava ogni giorno e diverse volte prima di tornare a letto. Di nuovo, era una cosa che gli aveva trasmesso sua nonna e che lui adorava fare. Era bello sapere di non essere soli; era bello credere nell’esistenza di esseri che vegliano sull’ordine del cosmo. Di conseguenza, andare al tempio alle quattro e un quarto del pomeriggio era anche il momento della sua routine che più preferiva, e non solo per la vicinanza agli dèi.
Tutto era iniziato al suo primo anno di liceo. Frequentava il tempio sin da quando ne aveva memoria, ma era stato per la prima volta a quindici anni che nello scendere le scale aveva visto Aran. Adesso conosceva il suo nome, ma non era sempre stato così. Uno saliva, l’altro scendeva. A questo si erano limitate le loro interazioni per tantissimo tempo. Incontrarlo era presto diventata parte della sua routine, tanto da fargli dispiacere quelle rare volte in cui l’altro ragazzo non si presentava.
Sin dalla prima volta si erano sorrisi. Un gesto di normale cortesia che non voleva dire altro, e così fu la seconda volta e la terza. A pensarci, Shinsuke non avrebbe saputo dire quando il suo sorriso si era trasformato in sincera felicità, né quando quello di Aran si era esteso dalle labbra fino agli occhi. Non conosceva nulla di lui, all’inizio. Non il nome, non l’età o la scuola che frequentava, ma vederlo ogni giorno era qualcosa che voleva fare e che gli faceva battere più velocemente il cuore.
Fu dopo tre mesi la prima volta che interagirono direttamente. Kita l’aveva appena superato quando ad Aran erano cadute delle chiavi dalla tasca. L’albino le aveva raccolte per lui, ma entrambi avevano limitato il proprio vocabolario a “Grazie” e “Prego”. Da quel giorno, tuttavia, i sorrisi si erano fatti anche di denti ed un giorno il più alto salendo gli offrì persino la merenda da asporto che aveva in mano. Kita aveva accettato con gratitudine il dolce afferrando un dango dalla busta di cartone, così anche lui il giorno dopo si era presentato con un’offerta.
«Io sono Aran, comunque.» era stato allora che Ojiro si era presentato. Kita aveva fatto lo stesso con il sorriso.
Continuarono così per un mese ancora. Shinsuke doveva seguire la sua routine, dopotutto, ed era felice di farlo. In essa Aran si limitava ad essere una comparsa di un minuto o poco più, e per quanto dolce, simpatico e bello mai Kita avrebbe pensato volere altro da lui.
Si era sbagliato.
Un giorno Ojiro non si presentò. Era capitato altre volte, ma se in quelle occasioni poco era importato al più basso, adesso gli pesava. Il giorno dopo si alzò, pulì casa, fece colazione, andò a scuola. Fece tutto come sempre, tranne che per la sua visita al tempio. Raggiunse la cima delle scale, offrì il proprio dono agli dèi e pregò. Dopodiché, però, decise di trattenersi più a lungo. Quello avrebbe voluto dire stravolgere il resto della serata, ma improvvisamente non gli importava. Aran era stato parte della sua routine solo per pochi secondi al giorno per quattro mesi e per altrettanti mesi Kita aveva creduto potersi accontentare di quello, ma le cose erano cambiate.
Attese, dunque, ed attese ancora guardando le lancette dell’orologio che raggiungevano e superavano di qualche minuto l’ora del loro solito incontro. Infine, l’albino sentì dei passi dietro di sé. Sorrise. Aveva gli occhi chiusi ed era di spalle, ma altro se non l’udito gli era servito per riconoscere Ojiro. Questi non parlò, forse non volendolo disturbare, ma Kita riuscì comunque a percepire il suo sguardo su di sé. Gli si inginocchiò accanto e come lui prese a pregare. Solo dopo qualche minuto ancora Shinsuke aprì gli occhi e si voltò verso l’altro. Si sorrisero.
«Sei qui.» gli disse Aran. Lui annuì.
«Sarà così anche domani.» il più alto sorrise felice e Kita seppe di aver fatto bene a modificare di poco la propria routine quotidiana. L’avrebbe cambiata ancora, questo era sicuro, ma con calma.
Altri due mesi passarono in quel modo: le scale per e dal tempio un modo per i due di conoscersi meglio, ed infine fu Kita stesso a chiedere:
«Hai impegni stasera?»
La vita di Kita Shinsuke era fatta di routine. Era un buon metodo per vivere con tranquillità e sicurezza, senza ansie o imprevisti dell’ultimo minuto che potessero peggiorargli la giornata. Non aveva programmato di chiedere ad Aran di uscire, quel giorno, né che lui avrebbe risposto di sì. Ma una cosa era certa: Ojiro non avrebbe mai potuto peggiorargli la giornata.
   
 
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