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Autore: sl6991sl    18/10/2021    1 recensioni
[UshiHina]
Non è sempre facile venire a patti con se stessi, Hinata lo imparerà a proprie spese rischiando di perdere tutto.
Tratto dal testo:
"Quando abbiamo iniziato a frequentarci pensavo che non dovessimo per forza dare un nome a quello che stava accadendo, ero felice e tu anche e questo pensavo che potesse bastare.
Solo che poi i giorni sono diventate settimane e le settimane sono diventate mesi e più passava il tempo più prendevo consapevolezza di ciò che provavo e, fidati, mi andava bene: amarti non mi è mai apparso più semplice"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Wakatoshi Ushijima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Summer – Rome

Hinata sa di avere l'aspetto tipico di un turista straniero e Kageyama continua a ripeterglielo con una nota infastidita nella voce, ma al più grande – di età, naturalmente, perché di statura rimane sempre più basso dell'alzatore – non importa un bel niente.

Indossa con orgoglio i suoi pantaloncini color cachi e la sua t-shirt bianca e, non meno importante, il suo capello alla pescatora sempre color cachi ... perché né più né meno ci tiene ad essere abbinato!

«Mi spieghi perché sei venuto qui durante la tua pausa estiva? Se proprio volevi andare in Europa, ti avverto che la Polonia era una meta migliore.» sbotta mentre attraversano Piazza di Spagna, le mascherine sul volto per coprire naso e bocca, qualcosa che per loro era così normale e a tratti distintivo ... e ora pratica comune di tutto il mondo.

«Sei uno stronzo.» risponde Shoyo, improvvisamente fermo sul posto e gli occhi spenti: l'euforia del momento completamente assopita.

Lo sa anche lui che prima o poi dovrà fare qualcosa, magari andare in Polonia come suggerisce Kageyama e bussare alla sua porta, spiegandogli quanto sia stato stronzo a comportarsi in quel modo e implorando il suo perdono, ma Hinata non è pronto a quel passo, non è pronto a prendersi le sue responsabilità e, molto più importante, ha troppa paura di essere rifiutato.

Non potrebbe reggere anche quello.

«Non sono uno stronzo, ma ti dico le cose come stanno: continua a chiamarmi, Sho ... continua a chiedermi cosa ha sbagliato, se io ne sappia qualcosa e perché non ti fai vivo ... so che ti sembrerà assurdo quello che sto per dirti, ma è mio amico anche lui e non voglio che soffra, così come non voglio che soffra tu.»

Hinata sa che Tobio ha ragione, lo sa ... lo sa dannatamente bene, così bene che davvero stava per comprare un volo per la Polonia ... ma poi la paura lo ha fatto dissuadere.

Come potrebbe guardarlo nuovamente negli occhi?

«Vieni, conosco un posto che fa delle granite buonissime.»

Shoyo sorride sotto la mascherina e con gli occhi ringrazia Kageyama per aver cambiato discorso, per aver capito nuovamente tutto senza che lui abbia aperto bocca.

È incredibile pensare quanto la loro amicizia si sia rafforzata negli anni, nonostante la competizione e la voglia di avere sempre la meglio sull'altro, hanno creato un legame forte e indistruttibile che ha aiutato entrambi in molti momenti critici della propria vita.

Hinata è felice di aver Tobio al suo fianco, soprattutto in questo momento, quando tutto sembra andare a rotoli.

«La fanno alla fragola?».

«Sai, alle volte mi chiedo quanto tu possa essere stupido.»

«Ehi! Non darmi dello stupido, stupido!».

 

Hinata toglie la maglia sudata con il numero dieci stampato sopra e la lancia contro l'armadietto di fronte a lui, gli occhi lucidi di lacrime che cerca di trattenere, mentre sente i muscoli della schiena contrarsi per lo sforzo.

«Shoyo.»

La sua voce arriva nitida alle sue spalle, una nota malinconia per la sconfitta e una preoccupata per il suo stato. Hinata non vuole ammetterlo, ma quella dannata quarantena l'ha reso mille volte più emotivo e questo non spaventa solo lui, ma anche tutti coloro che lo circondano.

«Non ci hanno dato un solo attimo di respiro, abbiamo perso un set dietro l'altro.»

Le parole gli escono strozzate, non sa è più deluso o arrabbiato con se stesso e ciò lo innervosisce ancora di più.

«Lo so, ma non abbiamo giocato male e siamo arrivati ai quarti. Fra quattro anni ci riprenderemo la nostra rivincita.»

Hinata dovrebbe lasciarsi cullare da quella consolazione, accantonare tutti i pensieri negativi che sta provando e buttarsi fra le sue braccia, ma questa volta non riesce. Ai suoi occhi doveva essere il riscatto di un anno passato barricato in casa, in realtà è stata una disfatta su tutta la linea.

«Shoyo, guardami.»

È una richiesta gentile, quasi implorante ed Hinata dovrebbe comprendere il perché della sua pacatezza, ma in realtà riesce solo ad infuriarsi ulteriormente. Ed Hinata si gira, certo che lo fa, ma nei suoi occhi ora ci sono fuochi ardenti d'ira che lo spingono ad urlare, ad esternare pensieri e parole orribili che hanno il potere di ammutolire l'intero spogliatoio.

E lui lo fissa, lo lascia sfogare e gli rammenta quanto lo ama, quanto insieme siano forti e possano farcela e lì, Hinata incespica, affoga e quando riemerge non è più in sé.

«Non dire stronzate: è solo una farsa. Ci siamo usati a vicenda per sopravvivere, ma ora possiamo smettere di fingere.»

Hinata guarda l'amore della sua vita andare in pezzi di fronte a lui, ma si ripete che è meglio così. È da tempo che pensa di non meritarsi il suo amore, forse ora lui riuscirà a prendersi cura anche di se stesso e non solo del disastro che è Hinata.

O almeno è quello che spera.

 

«Non ho mai mangiato niente di più buono in vita mia!».

Hinata ha le guance piene di pizza e quando parla sputacchia pezzi di mozzarella ovunque, Kageyama vorrebbe riprenderlo per quel suo comportamento immaturo, ma non vede l'amico così spensierato da un po' e si senti in colpa per l'uscita di quella mattina, quindi lascia perdere.

Shoyo continua a parlare con la bocca piena, gli racconta di quando quella primavera è stato a casa, di come Kenma si sciolga quando Kuroo rientra dal lavoro – anche se non lo ammetterebbe mai – di sua madre che lo ha tenuto a casa con sé per più di dieci giorni, lamentandosi che non lo vede mai; delle rimpatriate con i Senpai della Karasuno, della laurea magistrate di Yamaguchi e per qualche secondo tutto sembra tranquillo. Kageyama riesce a trovare divertenti persino gli aneddoti riguardanti Tsukishima, ma poi la bolla si rompe.

Il suo cellulare, abbandonato in mezzo al tavolo, si illumina mostrando l'arrivo di una chiamata e il volto di Ushijima fa capolino in mezzo a quella pace momentanea.

Hinata fissa lo schermo per qualche secondo, il sorriso gli muore sul volto e guarda a disagio Tobio, incerto sul da farsi.

Kageyama si maledice per non aver avvisato l'amico di non chiamare nei giorni in cui Hinata è lì con lui, anche se immagina che sia difficile non interessarsi a qualcuno a cui si tiene così tanto.

«Non rispondo.» si affretta a dire Tobio, bloccando il cellulare e infilandolo nella tasca della felpa, sperando che Hinata non rimanga troppo scosso.

«No, anzi ... mi dispiace ... se devi richiamarlo ...».

«Non è importante, lo sentirò un altro giorno.»

Hinata sorride, un sorriso piccolo e forzato, uno di quelli che proprio non si addicono alla sua persona, ma sa che non è mai facile quando di mezzo ci sono sentimenti di tale portata.

Kageyama non sa che altro dire, non sa cosa dire per aiutare il suo migliore amico ad affrontare quella faccenda, conscio che più passa il tempo più le cose si inclinano e non sempre si riesce a rimettere tutto al posto giusto.

«Lo so cosa dovrei fare, l'ho sempre saputo sin da quando ho urlato quelle parole; il problema è che ho paura.» sussurra lentamente Shoyo, gli occhi improvvisamente più lucidi.

«Hai paura che possa rifiutarti? Perché se è questo il problema, posso assicurarti che lasciarti definitivamente è l'ultima cosa che vuole, anche dopo un anno di tue mancate risposte.»

Segue un silenzio strano, carico di qualcosa che nessuno dei due sa descrivere. Hinata inizia a singhiozzare, le spalle tremano e anche se non ha più l'aspetto di quando andavano al liceo, Tobio riesce solo a intravedere il ragazzino dalla corporatura esile di quel periodo.

«Ho paura di non essere abbastanza.»

Hinata per anni ha dovuto fare i conti con questo senso di inadeguatezza, con la sensazione di essere sempre sbagliato.

Sbagliato per il ruolo che desiderava ricoprire nella pallavolo, sbagliato perché rimaneva sempre dieci passi indietro agli altri, sbagliato perché non gli era mai importato se un giorno il suo cuore sarebbe appartenuto ad un uomo o a una donna.

E ora la paura era triplicata, perché si sentiva sul filo di un rasoio e quando si specchiava non vedeva una persona che valesse la pena amare.

Non lui almeno.

E poi c'era Wakatoshi che dal liceo era completamente cambiato, anche se rimaneva sempre di poche parole e strettamente concise, esse sapevano sempre toccare qualcosa dentro lui ... e i suoi occhi, cielo quanto erano intrisi di profondità ... sembravano esprimere tutto ciò che non riusciva a dire a voce.

Hinata si sentiva sbagliato ... si sentiva in colpa, perché Wakatoshi si era trascurato per prendersi cura di lui e quando se n'era accorto non era stato capace di chiedergli scusa.

Aveva coltivato una profonda rabbia verso se stesso ed era finito per prendersela con l'ultima persona al mondo che si meritasse il suo odio.

«Lo sei, Sho. Lo sei sempre stato.» lo rincuora Kageyama e dal suo sguardo capisce che non gli sta mentendo, ma d'altronde quando mai l'ha fatto? Tobio è sempre stato limpido con lui, soprattutto crescendo ... certo i punzecchiamenti ci sono ancora, ma nei momenti seri, in quelli importanti, Kageyama non gli ha mai mentito.

«Mi ha raccontato di New York e non penso che qualcuno fingerebbe per tutto quel tempo.»

 

«New York, che ne dici?».

Hinata scosta lo sguardo dal computer e mette in pausa l'episodio di The Walking Dead che sta guardando – è colpa di Atsumu se ha iniziato quella serie e ne è diventato dipendete.

«Non sono mai stato nella Grande Mela.»

Quelle parole provocano un sorriso nel suo compagno che lo raggiunge sul letto. Hinata ride divertito quando vede la smorfia che assume il suo volto quando osserva lo schermo del pc, dove si vede uno zombie nell'intento di sbudellare una povera vittima.

«Che schifo, non potresti guardare qualsiasi altra cosa?».

Shoyo ride più forte e appoggia il capo sulla sua spalla, osservandolo da quella posizione e innamorandosi un po' di più.

«Dicevi di New York.»

Wakatoshi sorride leggermente e posa una mano fra i suoi capelli, giocando con le ciocche più ribelli, intrecciandovi le dita e facendo sospirare Hinata.

«Sì, pensavo che potrebbe essere una buona idea, potremmo stare lì quanto vogliamo e goderci un po' di meritato riposo.»

Hinata annuisce e già si immagina a girare per le strade di Manhattan ed emozionarsi per qualsiasi cosa veda, ma soprattutto pensa all'idea di poter stringere con orgoglio la mano dell'uomo che ama senza aver timore di essere additato o giudicato – o almeno spera.

«A me sembra fantastico.»

«Allora prenoto i biglietti.»

 

«Non sono nessuno per farti una predica o per scegliere per te, ma se la mettiamo in questi termini: nemmeno tu puoi scegliere per lui. Hai praticamente fatto tutto da solo e non gli hai dato il tempo di dirti cosa ne pensava di tutte quelle stronzate che ti sono uscite dalla bocca.»

Tobio osserva il liquido ambrato della sua birra e crede di aver bevuto troppo, si sente la testa troppo leggera e vorrebbe decisamente buttarsi nel letto e sprofondare in un sonno profondo.

«Te ne sei andato prima ancora che lui avesse detto una semplice "A" e, per l'amor del cielo, se davvero hai paura che non ne voglia sapere più di te, almeno abbi le palle di affrontarlo e di subire le conseguenze delle tue azioni.» conclude orgogliosamente, puntando finalmente lo sguardo su Hinata che se ne sta bellamente sdraiato sul suo divano.

«Hai ragione, dannatamente ragione, solo che io lo amo e il solo pensiero che lui possa davvero chiudere tutto mi uccide.»

«Sei un idiota ... ma questa non dovrebbe essere una novità per te.»

Ed è difficile capire la risposta che viene dopo, ma Kageyama sa di odiare quando Hinata piange: come può il sole adombrarsi così tanto?

È il suo migliore amico e una parte di lui – ma è pronto a negarlo di fronte a chiunque – dopo i giochi di Tokyo avrebbe voluto prendere a calci in culo Ushijima per essere rimasto lì impalato e non avergli risposto nello spogliatoio. I primi tempi, quando il compagno di squadra lo cercava per avere notizie di Shoyo, l'alzatore ignorava tutte le sue chiamate per evitare di incazzarsi ulteriormente ... poi l'aveva ascoltato, l'aveva compreso e si era detto che era ora che aiutasse quell'idiota del suo migliore amico a sistemare le cose.

O almeno ci stava provando.

«Andrà tutto bene, Sho.» sussurra Kageyama, buttandosi sul divano al suo fianco e stringendolo in un abbraccio tremendamente goffo.

«Andrà tutto bene.»

 

«Stanotte ho fatto un sogno molto strano.»

Hinata è immerso nella vasca d'acqua calda e osserva le sue mani cosparse di bolle di schiuma, alle sue spalle percepisce il calore del corpo di Ushijima che, Shoyo lo sa per certo, se ne sta placidamente rilassato contro il bordo con gli occhi chiusi.

«Che sogno?».

«Mi trovavo nella palestra della Karasuno e indossavo la divisa della squadra, ma in campo c'ero solo io e delle figure scure mi osservavano da bordo campo.

All'improvviso ho sentito il fischio di inizio e in automatico mi sono messo a correre per spiccare un salto, come se dovessi schiacciare una delle solite alzate folli di Tobio.

Ho salto più in alto che potevo e subito dopo non ero più nella palestra, ma mi libravo nel cielo azzurro sopra Rio.

Non ricordo molto altro, solo che ero avvolto da queste ali nere stupende ... è stato strano, ma bellissimo.»

Hinata si lascia scappare un sospiro e poi si appoggia con la schiena contro il petto del compagno che, prontamente, avvolge le braccia intorno a lui.

«Penso che sia un sogno che ti si addice molto.»

«Tu dici?».

Wakatoshi ridacchia alle sue spalle e gli lascia una serie di baci sul collo e le spalle scoperte, poi si allontana leggermente e con la punta delle dita gli sfiora le scapole.

«Ho sempre pensato che tu avessi le ali per quanto saltassi in alto, probabilmente in una vita passata eri qualche divinità del cielo.»

Hinata scoppia a ridere e cerca di schizzarlo con l'acqua che gli avvolge.

«Smettila di dire cavolate.»

Ridono entrambi per attimi che sembrano eterni, si punzecchiano divertiti e si lasciano andare a baci morbidi e dolci.

«Ti amo.» mormora sulle sue labbra Ushijima e Shoyo sorride radioso, felice e innamorato prima di baciarlo ancora una volta.

 

   
 
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