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Autore: MinatoWatanabe    19/10/2021    7 recensioni
NaruHina | GreekAU!
"Fui certo di sentire il mio cuore perdere un battito. Era lei. La ragazza del mio sogno. La somiglianza era tanto forte da essere inquietante. La sua pelle era pallida e rifulgeva alla luce delle torce e della luna, quasi il corpo emanasse luce propria. L'espressione era grave e triste, come dettato dalla tragedia, ma una cosa in particolare attirò la mia attenzione: gli occhi. Erano tanto chiari da sembrare traslucidi."
(dal capitolo 2)
Storia partecipante al contest "What time is it? It's SUMMERTIME" indetto dal gruppo Naruto Fanfiction Italia
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Jiraya, Naruto Uzumaki, Toneri Ōtsutsuki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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3

Selene

Hinata si fregò gli occhi umidi con il dorso della mano. Rimasi imbambolato qualche istante a fissarla prima di rendermi conto che probabilmente aspettava una risposta alla sua domanda.

«Sì... sì, americano»

Okay Naruto, l'inglese lo sai parlare. Ricomponiti.

«Sono di Albuqerque, New Mexico. Sono in vacanza.»
«Immaginavo, anche se il tuo greco non è così male.»
«Sì beh, mio zio ha lavorato per anni in Grecia e me ne ha insegnato un po' quando ero bambino.»
«Di cosa si occupa?»
«È un archeologo, innamorato dell'antica Grecia.»
«Che bello!»
«Sì, non è male immagino...» la situazione mi metteva più a disagio di quanto non avrebbe dovuto, ma non potevo evitarlo.
Ora che la vedevo da vicino sembrava più bella di quanto mi fosse parso durante lo spettacolo. Ed era reale. Non aveva più quella patina di impalpabilità del mio sogno. La sensazione che mi procurava era completamente diversa.

Resasi conto che non sapevo come riempire il silenzio lasciato dal nostro breve scambio di battute, fece un cenno al blocco degli schizzi che portavo sottobraccio.

«Cos'è?»
«Oh, è il mio sketchbook. Ci faccio i disegni preparatori dei dipinti e dei disegni semplici per distrarmi quando sono nervoso.»
«E sei venuto qui perché stai preparando un dipinto o perché sei nervoso?»
«Credo più per la seconda...» sospirai «anche perché, ora come ora, non ho nessun dipinto in preparazione.»
«Anche io vengo sempre in spiaggia quando ho un problema.» tornò a fissare l'orizzonte «Il mare è un ascoltatore paziente e non ti giudica.»
«Quindi anche tu sei in un momento di crisi?»
Si irrigidì, ma fu solo per un secondo.
«Immagino che si possa dire così.» disse scrollando le spalle.
A questo punto, in condizioni normali, mi sarei scusato per averla disturbata e avrei ripreso la mia passeggiata. Tuttavia sentivo una forza primordiale spingermi verso di lei. Come la volontà di un dio.

«In genere io non sono un buon ascoltatore, ma quando disegno è come se mi si stappassero le orecchie. Quindi se avessi bisogno di sfogarti io posso ascoltarti, e poi sarò troppo impegnato a disegnare per giudicarti. Però ad una condizione: farai da modella per un ritratto.» ridacchiai.

Congratulazioni Naruto. Ora penserà che sei un maniaco. E tanti saluti alla ragazza del sogno.

Tuttavia la reazione fu completamente diversa da quella che mi aspettavo: arrossì violentemente e si nascose il viso fra le mani.

«E-ecco io... non so se vada bene... no-non sono un granché rispetto alle altre modelle che avrai avuto.»
Non potevo credere alle mie orecchie. Quella ragazza probabilmente non aveva alcuno specchio in casa.
«Invece io ti trovo perfetta.» E non solo come modella, pensai. Tuttavia era meglio risparmiarsi un'uscita di quel genere.
Sempre con il viso nascosto fra le mani rispose:
«D-d-d'accordo allora, se può aiutarti lo farò. Cosa devo fare?»
Il fatto che si fosse imbarazzata aveva fatto scattare in me qualcosa. Avevo sempre avuto un feticcio per le ragazze timide. Un istinto quasi predatorio. Quelle due frasi erano state sufficienti per capire che la desideravo.
Tuttavia ci eravamo appena conosciuti e quindi forse era il caso che mi contenessi.

«Non ti preoccupare: tu stai seduta come sei e parla pure, al resto penso io.» e strizzai un occhio.
Lei distolse lo sguardo e arrossì.

Io però ero contento: con questo soggetto era impossibile ottenere un risultato mediocre.

Prese un respiro e si sedette dritta. Nonostante la sua postura fosse il chiaro risultato di un'impostazione riusciva a mantenere una leggerezza quasi eterea: non c'era alcun genere di tensione in lei.
Iniziai a buttare giù i primi tratti preparatori. E lei cominciò a raccontarmi della sua situazione, come se fosse la cosa più naturale del mondo e noi non fossimo stati due sconosciuti.

«Devo prenderla un po' alla larga... è un problema?»
«Tutto il tempo che vuoi, tanto anche per il disegno ci vorrà un po'.» sorrisi.
«D'accordo. Devi sapere che la mia famiglia è piuttosto antica, una delle più antiche qui a Nauplia. Si può dire che in un certo senso la mia famiglia sia quella che ha fondato la città di Nauplia. Il mito dice che la conoscenza necessaria ad edificare e governare la città ci venne dal fatto che la luna, Selene, infuse nei nostri occhi il sapere. Sempre secondo il mito, i seleniti, gli abitanti della luna, si infuriarono, perché questa conoscenza non era mai stata concessa a nessun mortale sulla terra, e loro non ritenevano giusto che lo fosse. Per questo motivo, in cambio del nostro sapere pretesero una casa sulla terra e...»
«E?»
«Che ogni primogenita della nostra famiglia andasse in sposa ad uno di loro.»

Aggrottai la fronte.
«Non lo trovo giusto, sinceramente. Non era una loro decisione se concedere o meno quella conoscenza...»
«Sono d'accordo, infatti è una cosa che non riesco a concepire.»
«Beh ma cosa c'entra questo con il tuo problema? Non mi dire che i tuoi genitori stanno progettando di darti in sposa ad un alieno, perché non ci credo.»
Lei rise. Era la prima volta che la sentivo ridere.
«No, no... o almeno, non proprio.»
«Come non proprio? Spiegami.» sussultai.
«Se hai in mente qualcuno con la pelle verde e quindici occhi stai tranquillo, non è questo il caso.»
«Oh meno male, stavo già temendo scene alla “Prometheus”...»
«Alla... cosa?»
«Prometheus. È un film di fantascienza, hai presente la scena in cui la protagonista part... ehm... no, niente lascia perdere.1» pensai che forse non era il caso di raccontarglielo, effettivamente la scena era piuttosto raccapricciante.
«Continua pure, scusa se ti ho interrotto» dissi riprendendo a schizzare i contorni del viso.
«Ecco, sempre secondo la tradizione, dai seleniti discende la famiglia Otsutsuki. E così giungiamo al mio problema. Mio padre ha acconsentito a darmi in sposa a Toneri Otsutsuki. Io però non lo amo.»
Fermai la matita per qualche istante. Ricordavo di aver sentito che i matrimoni combinati erano ancora in uso in molte parti del mondo, tuttavia non credevo che la Grecia fosse un paese così culturalmente arretrato.

Di fronte a quello che lei mi aveva raccontato i miei problemi iniziavano a sembrare una barzelletta.
Rimasi qualche istante in silenzio per soppesare le parole.

«E non hai mai pensato di... ecco... scappare di casa?»
Arricciò le labbra e annuì con aria rassegnata.
«Ci ho pensato ma... non è un'opzione che posso prendere in considerazione.» sospirò
«Vedi, gli Otsutsuki sono una delle famiglie più ricche del Peloponneso, hanno una fitta rete di... conoscenze. E poi... ecco... T-toneri è...» non riuscì a finire la frase.
Aveva ripreso a balbettare ma questa volta non era per l'imbarazzo. Tremava e la sua espressione diceva qualcos'altro: aveva paura. Quell'espressione non era nuova ai miei occhi. Avevo già visto delle donne con quell'espressione. E ora capivo il motivo per cui non riusciva a scappare.
«È un uomo violento. Vero?»
Annuì.
«Si dice che i membri della famiglia Otsutsuki abbiano dei poteri. Toneri è una persona facile all'ira, non voglio immaginare cosa potrebbe fare a mio padre e a mia sorella se venisse a sapere che sono scappata.»
Sentivo una grande rabbia montarmi dentro, anche se non avevo alcun motivo per essere così coinvolto.
«Ma non è giusto! Dovresti avere il diritto di scegliere chi sposare. Sposare chi ami.»
Distolse lo sguardo, coprendosi gli occhi con entrambe le mani.
«Ma io non amo nessuno e in realtà ho già accettato da tempo il mio destino. Solo che a volte sembra tutto... troppo

Annuii. Quella sensazione non mi era estranea, anche se i miei problemi erano di tutt'altra natura e tutt'altra gravità. Fin da bambino ero sempre stato allergico alle ingiustizie, e quello era proprio il caso.
«Mi dispiace ma io non ci sto! Ci dev'essere un modo per evitare tutto questo.»
Mi lanciò un'occhiata perplessa.
«Ma non c'è...»
«Se non c'è lo inventeremo noi.»
«Noi?»
Quel noi, posto come interrogativo, mi fece rendere conto del fatto che forse mi ero spinto un po' troppo in là con le parole.

«Sì, beh, ecco... non voglio intromettermi, ma tu sembri proprio una persona che ha bisogno di aiuto...»
Scoppiò in una risata argentina.
«Sei molto dolce, davvero... ma come ti ho detto è inevitabile, mi restano solo due giorni. Però ti ringrazio lo stesso per avermi ascoltata. Sarà stato piuttosto noioso.»
«No...» dissi scuotendo la testa.
La rassegnazione che aveva dipinto i suoi occhi mi lasciò senza parole. Si alzò e si pulì dalla sabbia sotto il vestito.

«Ora devo rientrare, altrimenti mio padre si preoccuperà. Buonanotte... ehm...»
«Naruto.»
«Naruto. Mi piace, ha un bel suono. Buonanotte, Naruto.»

Non riuscii a sostenere il suo sguardo dopo questo complimento. Io detestavo il mio nome.
«Buonanotte.»

Restai a guardarla allontanarsi, finché non si spostò sulla strada e lasciò la spiaggia, e le case le nascosero alla mia vista. Non sapevo bene cosa pensare di quell'incontro. Avevamo passato insieme un'ora buona, ma mi era parso quasi come se fossero passati solo cinque minuti. La sua storia mi aveva profondamente scosso. E ad avermi scosso era stata anche lei, che accoglieva il suo destino avverso a braccia aperte, senza pensare a sé stessa. Non molti ne sarebbero stati in grado.

Osservai il ritratto che avevo completato. Nonostante l'esecuzione si potesse definire discreta sentivo uno scollamento tra la persona reale e la donna del disegno. Come se improvvisamente il foglio di carta mancasse della profondità necessaria a contenerla.

Poi ebbi un'illuminazione.

Tornai a casa quasi correndo e mi precipitai in camera. I materiali erano disposti ordinatamente, come li avevo lasciati, e pronti per l'utilizzo.
Ormai certo di ciò che volevo fare posizionai la tela sul cavalletto, afferrai la matita e iniziai a tracciare con foga le linee di uno schizzo preparatorio.
Avevo avuto dei momenti di impeto in passato, momenti in cui disegnare e dipingere sembrava molto più facile rispetto a tutti gli altri giorni. Tuttavia non mi era mai capitata la sensazione che il mio corpo fosse solo un mezzo tramite il quale un disegno precostituito e già perfetto nella sua unità si trasferiva dal piano ideale a quello materiale.

Movimenti inconsci, che andavano a tratteggiare tratti precisi sulla tela.


 

Note:

1. Prometheus (2012) di Ridley Scott. La scena a cui Naruto fa riferimento è quella in cui la protagonista Elizabeth Shaw (interpretata da Noomi Rapace), dopo aver saputo di stare portando in grembo una creatura non umana, decide di usare la capsula chirurgica automatizzata della navicella per estrarre il feto, che si rivelerà essere uno strano organismo simile a un calamaro. La scena è piuttosto cruda e disturbante.




 


L'angolo di Minato-kun:
Dato che sono in pausa pranzo dal tirocinio pubblico il terzo capitolo, e tra stanotte e domani cercherò di terminare e pubblicare gli altri, speriamo di farcela. 
Ringrazio i giudici per il loro super lavoro ed anche i lettori che hanno avuto la bontà di lasciarmi una recensione (in questi giorni non ho tempo di rispondervi come meritereste, quindi preferisco aspettare di avere un pochino più di tempo, prometto che risponderò). 
Ci risentiamo prestissimo (spero oggi per l'ora di cena), con il quarto capitolo. 
Un gigantesco abbraccio. 
   
 
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