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Autore: Demy77    24/10/2021    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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“A mio avviso Ross sta commettendo un grosso errore”.
John Treneglos alzò gli occhi dal libro che stava leggendo e scrutò sua moglie Ruth, la quale si era appena avventurata in una accalorata discussione sui rapporti tra il loro vicino di casa e la vedova Armitage, che da circa tre mesi abitava la tenuta di Trenwith insieme alla sua bambina.
Alle orecchie di Ruth erano giunte certe voci che davano Ross Poldark quale intimo amico di Demelza Armitage: si scambiavano reciproche visite, i loro bambini giocavano spesso insieme; erano entrambi vedovi di giovane età e per tale ragione qualcuno asseriva che fra di loro non vi fosse una semplice amicizia e che Ross stesse corteggiando la donna. Ruth riteneva attendibile questa notizia - riferitale da una delle sue sorelle, che a sua volta l’aveva appresa tramite pettegolezzi fra domestiche - e stava appunto commentando con il marito l’inopportunità di questa scelta.
John fece spallucce: per carattere era un uomo mite che non amava immischiarsi negli affari altrui, ed in ogni caso non intendeva polemizzare con la moglie. Il suo pensiero era che Ross avesse tutto il diritto di rifarsi una vita, dopo essere rimasto vedovo; d’altra parte, se lo avesse espresso apertamente avrebbe potuto offendere sua moglie, perché equivaleva ad affermare che, a parità di condizioni, lui stesso non avrebbe esitato a consolarsi presto della scomparsa della defunta sposa. Naturale poi che Ruth, che era stata la migliore amica di Elizabeth, provasse disagio nel vederla così rapidamente rimpiazzata da un’altra donna. Per questi motivi John tacque, ma la moglie non era paga di quello scambio di vedute così  breve e, anticipando le obiezioni del marito, proseguì.
“Non nego che Ross abbia il diritto di rifarsi una vita, dopo tutto è ancora molto giovane, attraente, ha un bambino piccolo che necessita di una presenza femminile in casa… ma quella donna! Ti rendi conto? Ha servito come domestica nella casa di cui ora è padrona! Suo padre è un ex minatore, divenuto ora una specie di fanatico predicatore metodista! Mi chiedo come possa entrare a far parte del nostro ambiente senza procurare imbarazzo a chi ne fa parte.”
“In realtà faceva la dama di compagnia a Trenwith, ed era molto giovane, con il tempo avrebbe potuto diventare governante...”- cercò di addolcire la pillola John.
“Era pur sempre una cameriera, John! Non ricordi che al pranzo di Natale cui fummo invitati dai Poldark serviva a tavola? In ogni caso, anche se si è ripulita sposando un gentiluomo, non è una donna di classe, non è istruita… e poi c’è qualcosa di molto disdicevole nel suo passato. Elizabeth mi aveva raccontato che non era una persona affidabile, era molto leggera, si comportava da svergognata quando Ross era in casa ed aveva abbandonato casa loro perché rimasta incinta…”
“Di Ross?” – trasalì il marito.
“Certo che no! Elizabeth me lo avrebbe detto! E poi Ross ha tanti difetti, ma non è il genere di uomo che non si assume le proprie responsabilità: non avrebbe mai abbandonato quella creatura al suo destino. Quella donna era rimasta incinta di qualcun altro, non so chi fosse, fatto sta che per un periodo sparì dalla circolazione. Pare che sia stata salvata dalla strada da Caroline Penvenen, che la ospitò in casa sua in cambio di assistenza a suo zio, il giudice. Lì conobbe il tenente Armitage, un caro amico d’infanzia di miss Caroline. Probabile che con le sue moine sia riuscita ad incantarlo, fatto sta che lui la sposò ed accettò in casa sua anche la bambina. La scorsa estate il tenente è morto, e ha lasciato tutto alla moglie o alla piccola bastarda, mia sorella non ha saputo precisare… dopo qualche mese – pensa che sfrontata! – ha deciso di acquistare il palazzo in cui lavorò da domestica! Miss Agatha si starà rivoltando nella tomba!”
“A quel che Ross mi diceva, miss Agatha adorava quella ragazza” – commentò John.
Ruth arricciò il naso. Detestava che il marito la contraddicesse.
“E’ un gesto, tra l’altro, molto offensivo nei confronti di Ross. Per quanto le finanze del tuo amico si siano risollevate, quella donna ora possiede la sua dimora di famiglia ed è senz’altro più ricca di lui” – disse.
“Almeno non la si potrà accusare di volersi arricchire alle sue spalle! - commentò con una certa ironia Treneglos – comunque, mia cara, non ho capito bene se è solo Ross a corteggiarla o lei ricambia le sue attenzioni. La tua fonte cosa afferma in proposito?”
“A me è stato detto solo che trascorrono molto tempo insieme”.
“Non è detto che ci sia qualcosa di male. Anche noi siamo vicini di casa di Ross e talvolta ci frequentiamo.”
“Ma è diverso, caro! Da quanti anni i Treneglos e i Poldark sono confinanti? Tu e Ross siete stati soci, i vostri padri erano amici, io ed Elizabeth eravamo amiche… questa donna non conosce nessuno, e, caso strano, la prima persona con cui lega è il vedovo di Elizabeth, che riposi in pace!”
“Si conoscevano già, non dimenticarlo: la vedova Armitage lavorava a Nampara un tempo, dopo che miss Agatha era stata sloggiata da Trenwith… credo che non dovresti giudicare male quella donna per partito preso, Ruth. Bisogna darle tempo. Quali frequentazioni dovrebbe avere? In fondo è ancora a lutto, non ti aspetterai che organizzi un ballo di benvenuto a Trenwith! Magari con la bella stagione ci inviterà tutti per un tè”.
“E noi non ci andremo! – rispose con sdegno Ruth – non sono così disperata da accettare l’invito di una ex cameriera”.
I pettegolezzi giunti alle orecchie di Ruth Treneglos contenevano un fondo di verità. Era vero che da quando Demelza era giunta a Trenwith aveva frequentato abbastanza spesso Ross; ufficialmente ciò era accaduto perché lui sperava che Valentine, attraverso il contatto con la piccola Julia Grace, di un anno più piccola, ritrovasse la spensieratezza perduta. Demelza era stata presentata al bambino come una tata che aveva badato a lui quando era piccolo, di cui Valentine ovviamente non ricordava nulla, ma che era entrata con gentilezza a far parte della sua vita. Valentine aveva accolto Julia con un po’ di diffidenza, ma poi Demelza era stata capace di coinvolgere entrambi in nuovi, divertenti giochi, soprattutto di esplorazione a contatto con la natura, e si era creato un certo feeling tra lei ed il figlio di Ross. Spesso, se il tempo non era eccessivamente rigido, giocavano in cortile con Garrick, o si avventuravano in passeggiate nel bosco, fino a Nampara. Se faceva troppo freddo restavano a giocare in casa davanti ad una tazza di cioccolata calda.
Era stato buffo, la prima volta in cui Demelza era entrata a Nampara come vedova Armitage, perché Jud e Prudie le avevano fatto un inchino. Demelza era scoppiata a ridere. “Prudie, Jud, non mi riconoscete? Sono io, Demelza!”
L’uomo era rimasto in silenzio, lasciando parlare sua moglie, come sempre.
“Soltanto perché ci conosciamo non vuol dire che non dobbiamo usare le buone maniere. Adesso siete una signora, non più la ragazza che era a servizio qui…. se volete vivere bene da queste parti, è saggio che cominciate a farvi trattare come si conviene soprattutto da chi già vi conosceva!”
Non vi era nulla di offensivo nelle parole di Prudie, anzi la governante di Ross  intendeva essere premurosa nei confronti di Demelza. Conosceva bene le malelingue del posto; in cuor suo sperava che il signore e la ragazza si mettessero insieme, perché quella rossa le era sempre andata a genio e ricordava bene quanto quei due faticassero a nascondere i loro reciproci sentimenti quando era ancora viva la signora Elizabeth. Al tempo stesso padron Ross era un bocconcino troppo succulento per le ragazze nubili di buona famiglia del circondario ed era chiaro che chi si fosse vista scalzata dalla figlia di un minatore di Illugan, ex cameriera, per giunta ragazza madre, non avrebbe esitato a riversarle addosso un fiume di fango.
Questo lo capivano benissimo anche i diretti interessati. Ross non corteggiava apertamente Demelza, anche perché ogni volta che cercava uno spiraglio per affrontare il tema notava che lei restava sulla difensiva o diveniva improvvisamente distante. Non volendo forzare la mano, anche facendo memoria dei consigli di Armitage sul punto, il capitano si ritirava in buon ordine, accontentandosi di poter godere della compagnia di Demelza e di vigilare sul benessere suo e di Julia Grace.
Demelza, dal canto suo, era frenata da tutta una serie di scrupoli che passavano dalla troppo recente vedovanza al timore della reazione della gente, non tanto per sé quanto per Ross. Lei, sulla bocca di tutti, era già finita per aver avuto una figlia fuori dal matrimonio, per aver sposato un uomo d’alto lignaggio e per esserne ora l’agiata vedova. Forse, come diceva Prudie, occorreva del tempo affinchè chi l’aveva conosciuta in una certa veste si abituasse alla sua nuova posizione e l’accettasse. Solo allora avrebbe potuto pensare con serenità ad un futuro come coppia per sé e Ross.
In realtà il capitano non era l’unica persona del vicinato che Demelza frequentava. Oltre a Caroline e Dwight, che spesso andava a trovare a Killewarren, aveva fatto conoscenza con un anziano signore, sir Hugh Bodrugan, vedovo da molti anni; un tipo eccentrico che aveva da sempre una folle attrazione per le donne dai capelli rossi. Sir Hugh aveva incontrato Demelza una volta durante una passeggiata, le aveva raccontato dei suoi trascorsi con Charles Poldark e dopo un paio di discorsi di buon vicinato l’aveva invitata a casa sua a bere un tè. Dopo alcuni rifiuti, poiché il vecchio diventava sempre più insistente Demelza aveva accettato; sir Hugh le aveva mostrato la sua tenuta, il suo allevamento di mucche in particolare, e si era lamentato del fatto che una serie di bestie presentava un problema alla coda che neppure il dottor Choake era stato in grado di risolvere. Demelza gli aveva suggerito di fare un impacco con un particolare tipo di erbe che cresceva nel giardino di Trenwith ed il giorno seguente gliene aveva fatto recapitare un cesto. La cura aveva avuto effetti miracolosi, cosicchè la passione di Bodrugan per Demelza era divenuta smisurata.
Quando lo aveva raccontato a Ross ne avevano riso insieme, e lui in tono scherzoso le aveva chiesto se avesse motivo di essere geloso di sir Hugh; Demelza aveva risposto che avrebbe saputo tenerlo a bada. Quel piccolo episodio divertente era valso a mettere in luce il fatto che i sentimenti di Ross erano immutati ma che era capace di pazientare, cosa che Demelza apprezzava molto.
Man mano che trascorreva il tempo, però, la ritrosia della rossa diventava piuttosto frustrante per Ross. Sapeva benissimo che sir Hugh non aveva alcuna speranza, ma il fatto stesso che un altro uomo osasse fare pensieri arditi sulla donna che amava gli risultava intollerabile. Bodrugan era anziano, ma c’erano molti altri giovani scapoli nella contea, e Demelza era una bellissima, giovane vedova. Pur essendo convinto che lei lo amasse ancora, un cieco timore a volte lo assaliva: le donne erano spesso capaci di scelte bizzarre, e già in passato Demelza aveva messo a tacere i suoi sentimenti per non dare scandalo e non pregiudicare la vita di Ross. Avrebbe gradito che almeno in privato, quando erano da soli, Demelza manifestasse più apertamente ciò che provava per lui. Decise di confidare le sue pene a Dwight, pregandolo di indagare, tramite Caroline, sulle ragioni per cui Demelza fosse così restia a lasciarsi andare. Dwight, senza neppure bisogno di consultare Caroline, rispose che per Demelza non doveva essere facile ritornare nel mondo in cui era cresciuta in un ruolo così diverso e che la paura di commettere passi falsi – tenendo conto soprattutto dell’esito disastroso del primo matrimonio di Ross – doveva essere predominante rispetto al desiderio di trascorrere la vita insieme a lui. Ross queste cose la intuiva, ma sentirsele ribadire dalla voce dell’amico affossava le sue già flebili speranze.
Agli inizi di maggio Ross ricevette un invito da parte del reverendo Odgers a recarsi in chiesa da lui, a suo dire per una questione “delicata e di estrema importanza”. Non aveva molto piacere a rivedere il prete, che gli ricordava il giorno della morte di Elizabeth e la subdola macchinazione per farla incontrare con George a sua insaputa; temette che il reverendo premesse per una nuova donazione per la sua chiesa, ma con sua grande sorpresa scoprì che non era per questioni finanziarie che era stato convocato. In sagrestia, seduta insieme al reverendo, era presente Demelza. Per un istante Ross non credette ai suoi occhi: possibile che Demelza avesse intenzione di fissare la data per il matrimonio? Il sogno ad occhi aperti però finì presto, perché emerse chiaramente che anche Demelza era stata convocata dal sacerdote e non aveva la minima idea della ragione per cui si trovava lì.
Il reverendo pareva più nervoso del solito. Fece un breve preambolo spiegando che il giorno prima era stato al capezzale di un tale mister Johnson di Sawle, cui aveva impartito l’estrema unzione, e che infatti la notte stessa aveva reso l’anima al Creatore. Ross disse che non aveva idea di chi fosse quell’uomo e Odgers rispose che lavorava come becchino, e che era uno dei due che erano stati chiamati a Trenwith per seppellire il cugino Francis quando c’era stata la disgrazia. Johnson in punto di morte, pentitosi dei peccati commessi, aveva raccontato al sacerdote che il giorno in cui erano andati a comporre la salma di Francis, mentre lo staccavano dal cappio al quale si era appeso gli era caduto un foglio dalla giacca; il suo collega lo aveva raccolto e lo aveva poggiato sulla scrivania. Quando però il collega si era distratto, Johnson aveva preso il foglio e se lo era infilato in tasca. L’uomo non era in grado di leggere e aveva soltanto riconosciuto la firma di Francis in calce. Pensando che fosse un testamento, o comunque una lettera in cui Francis prendeva congedo dalla famiglia spiegando le ragioni del suo gesto, aveva deciso di farlo sparire per vendetta, perché a causa del fallimento della Grambler i suoi tre fratelli avevano perso il lavoro. Johnson non sapeva spiegare perché non lo avesse distrutto subito; giunto ora al termine del pellegrinaggio terreno aveva deciso di consegnare quel documento ad un sacerdote affinché ponesse rimedio al suo gesto improvvido.
“Mi perdonerete se l’ho letto, capitano” – mormorò Odgers srotolando il foglio dinanzi agli occhi di Ross e Demelza che, fianco a fianco, ne diedero avida lettura.
2 ottobre 1785
Quando troverete questa lettera sarò certamente già morto… so che stanno per arrivare gli ufficiali giudiziari per arrestarmi, ma io non voglio finire a Bodmin, preferisco togliermi la vita. Per la mia famiglia, dopo quello che sono stato capace di combinare negli ultimi tempi, sarà una liberazione. Ho cercato tutta la vita di convincere mio padre che non fossi un buono a nulla, invece devo riconoscere che non si sbagliava: sono stato la rovina della famiglia Poldark.
Ho commesso molti peccati in vita mia, tutti quelli del decalogo suppongo, omicidio a parte; anzi, anche l’omicidio, considerando che sto per togliermi la vita! So bene che finirò all’inferno, non avendo neppure il tempo di trovare un prete da cui farmi dare l’assoluzione.
Per quello che è possibile, vorrei chiedere perdono a zia Agatha e a Verity per averle messe nella difficile condizione di trovarsi senza casa, ed anche a mio cugino Ross che dovrà prendersi cura di loro a causa della mia sconsideratezza. Sebbene non costituisca una giustificazione, parte delle mie colpe è consistita nel fidarmi troppo di colui che ritenevo un amico: George Warleggan. Se esiste una giustizia, anche non su questa terra, quell’uomo dovrà pagare per il male che mi ha fatto.
Non ho nessun bene materiale di cui dover disporre e nessuna sposa che possa piangermi, né figli. So bene che saranno pochi a conservare un buon ricordo di me. A tale proposito, un pensiero terribile mi rimorde la coscienza: ho compiuto un gesto ignobile nei confronti di una giovane che lavorava in casa nostra, questa estate. La sua unica colpa è stata entrare nella mia stanza quando ero troppo ubriaco e disperato per fermare i miei istinti. Ho rubato l’innocenza di Demelza, la dama di compagnia di zia Agatha, una ragazza buona ed onesta che non lo meritava; ho lasciato che andasse via di casa e ho schernito mio cugino Ross che mi incitava a farmi carico delle conseguenze delle mie azioni. Prego Dio che non ve ne siano state e che Ross e mia zia riescano a ritrovare quella ragazza sana e salva. Qualunque cosa le fosse accaduta a causa del mio comportamento, non riuscirei a sopportarlo, perché sono stato io l’unico responsabile di ciò che è successo. Possa Iddio avere pietà di me peccatore!
Francis Poldark
Demelza prese un fazzoletto per soffiare il naso e nascondere le lacrime che cominciavano a cadere copiose. Anche Ross era commosso dalla lettura degli ultimi pensieri in vita dello scapestrato cugino. Odgers ripiegò il foglio e lo consegnò a Ross. “Al di là dell’aspetto umano e religioso, capitano, poiché ci dà la prova del pentimento del vostro sfortunato parente, penso che la lettera sia di estrema importanza: per questo ho voluto convocarvi entrambi. Voi e la signora Demelza dovreste mostrare la lettera al notaio Pearce. Chissà che non si possa trarne una prova per riconoscere Julia come figlia di Francis Poldark, mettendo a tacere tante lingue biforcute che gettano veleno ai danni di quella povera creatura.”
“Nel modo più assoluto, no! – disse Demelza alzandosi in piedi e lasciando di stucco i due uomini – Non fraintendetemi: sono lieta che Francis abbia provato vergogna di ciò che aveva fatto e provo sollievo al pensiero che intendeva chiedermi perdono e si preoccupava della mia sorte, ma non voglio che Julia assuma il cognome di un padre che non ha mai conosciuto e che non sapeva neppure della sua esistenza. Anche Hugh, mio marito, intendeva riconoscerla come sua, e non ho mai voluto. Il cognome di Julia resterà il mio, Carne.”
“Ma, Demelza, prova a riflettere…” – tentò di dire Ross, ottenendo soltanto il risultato di far irrigidire ancora di più la donna. La rincorse fuori della chiesa, dove si era precipitata piantando in asso lui ed il parroco di Sawle, ma quando giunse fuori era già salita in carrozza. Ross poté solamente seguirla con lo sguardo andare via, provando per l’ennesima volta la frustrazione di sentirla lontana da sé, fisicamente e con il cuore.

 
  
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