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Autore: Enchalott    25/10/2021    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sensazione di pericolo
 
Rhenn non vedeva l’ora di godersi il bagno ristoratore e poi il letto. La spossatezza fuori dal comune era l’esito dell’attraversamento ravvicinato dei prasma.
L’uniforme che gli avevano consegnato in rimpiazzo agli abiti bagnati tirava sul torace e sulle spalle, i lacci sulle maniche gli rallentavano la circolazione. Slegò gli alamari con un moto di fastidio.
Certo che Mahati avrebbe potuto prestarmi qualcosa di suo!
Ripensò alla reazione sproporzionata davanti al cadavere: lo snervamento dovuto al protrarsi dell’assedio smise di apparirgli la giustificazione più consona. L’intuito gli suggeriva che sarebbe dovuto rimanere a Minkar, tuttavia interrogare il padre era altrettanto urgente. Si trattava di escogitare il sistema per fargli sputare la verità: nonostante la malattia, era un osso su cui spaccarsi i denti. Inutile precipitarsi senza tattica pregressa. Prima avrebbe recuperato le energie, poi avrebbe torchiato Kaniša.
Si diresse agli appartamenti, snodando le legature della casacca e pregustando il piacere dell’acqua tiepida.
Rasalaje si alzò per accoglierlo, Yozora avvampò nel vederlo semisvestito: abbassò lo sguardo, fissandosi le punte dei piedi. Lo avevano informato dell’incontro, aveva calcolato male i tempi a causa dei passaggi tra i varchi. Rispose distratto al saluto della consorte e richiuse la camicia come se esibirsi davanti alla straniera fosse indecente.
Dannazione, cosa sto facendo!?
Appallottolò l’indumento e lo scagliò a terra.
«Felice di vedervi, altezza. Anche voi potete guardarmi» la punzecchiò.
«Mancherei di rispetto alla vostra consorte» farfugliò Yozora.
Lui le afferrò il polso e le rivolse uno sfrontato baciamano.
«Quindi preferite offendere me non degnandomi della vostra considerazione?»
«È il contrario, dal mio punto di vista. Dal vostro sceglierei di indispettirvi anziché fare torto alla principessa.»
Rasalaje impietrì alla risposta salata. Constatò che Rhenn non aveva certo gradito la replica, ma nei suoi occhi scintillava un sincero divertimento, che lasciava presagire una reazione non punitiva Incredibile che si stesse svagando.
«Se la mettete così, non avrete notizie di Mahati.»
«Gli è accaduto qualcosa!?»
Il rossore di Yozora dimostrò che si forzava a guardarlo e che era in apprensione. Rhenn si sentì diviso tra lo spasso e un’acuminata punta di fastidio.
«Sta benone. Il suo letto è vuoto, se vi interessa.»
«Mi avete raggirata! Ho pensato a un evento grave!»
«È costretto a prendere freddo, se vi pare poco…»
L’espressione sbigottita di lei valse il viaggio. Anche l’aria stranita di sua moglie non era male.
«Perché sei andato a Minkar senza dirmi nulla?» intervenne Rasalaje.
«Non sono tenuto a informarti sui miei spostamenti.»
La replica sgarbata colpì Yozora in negativo. Rhenn non aveva mai usato quel tono con lei, nemmeno quando le aveva fatto pesare gli errori o lo stato di ostaggio. Vestiva alla perfezione le caratteristiche che la futura regina gli aveva attribuito. Per empatia sentì montare la collera, mentre la principessa Khai non obiettò.
«Sarai stanco, mio prezioso. Gradisci dell’akacha
«Opterò per un bagno. L’odore dell’autunno minkari è insopportabile.»
Gettò uno sguardo di sfida alla ragazza salki.
«Mahati dice che il matrimonio di vostra sorella non lo riguarda.»
 
«Non fateci caso» mormorò Rasalaje prendendola sottobraccio «Riprendiamo le nostre gradevoli chiacchiere.»
Yozora mise da parte il dispiacere, pensando che la principessa avrebbe dovuto pretendere da Rhenn un maggiore rispetto: forse c’era un’assurda regola che le imponeva di lasciarsi umiliare. Ma l’aria pensosa le fece intendere il contrario e le consentì di intravedere, dietro l’atteggiamento composto, una profonda infelicità.
«Mi riesce difficile ignorare la scortesia» ribatté «Quella nei vostri riguardi in primis.»
Rasalaje scosse la testa con accondiscendenza e cambiò argomento.
«Intuite il motivo per cui vi ho invitata?»
«Sarò una kalhar stravagante, era opportuno conoscermi.»
«In parte. A muovermi è una ragione disdicevole, mi vergogno di aver usato il pretesto delle presentazioni. Non dovrei provare gelosia, ma di fatto è così. Vi ho convocata per capire se foste una minaccia e di quale entità.»
«Voi gelosa di me
«Biasimatemi, lo merito. Da quando siete arrivata mio marito ha trascorso molto tempo in vostra compagnia. So che ha accettato l’incarico di istruirvi, ma non si è limitato alle occorrenze ufficiali. Con voi sembra un altro, addirittura vi ha accolta sul suo vradak. Io non ci sono mai salita.»
«Vi assicuro che mettermi in crisi è il suo passatempo preferito, lo avete visto poco fa! Sono un animaletto esotico da ammaestrare, con cui combattere la noia. Mi ha costretta su Delzhar per punizione, perché gli ho risposto per le rime e i suoi guerrieri hanno assistito alla scena! Ah, se penso a quel volo agghiacciante!»
«Non vi sto accusando, sto confessando i miei sciocchi timori. Vi esprimo la mia ammirazione, sapete difendervi e uscite a testa alta persino quando rinunciate a farvi valere. È complicato aver a che fare con Rhenn. Chi lo incontra rischia di trasformarsi nel suo inconsapevole diversivo: lui trova lo svago di cui ha bisogno, poi lo accantona. Non esiterà a ferirvi, a piegarvi per dimostrare che ne è in grado, a risucchiare ogni vostra energia, a usarvi. Non consentiteglielo. Non è vostro amico, sebbene possa illudervi. Quando vuole, sfodera tutto il fascino di cui è capace.»
Yozora si ritrovò con la descrizione feroce ma realista. Seduzione e Rhenn erano sinonimi: l’immagine di lui con l’alta uniforme in disordine, mentre le sfiorava la mano, era ardua da ignorare. L’intensità degli occhi viola nei suoi impossibile da cancellare. Le motivazioni della principessa khai erano ovvie: condividere l’esistenza con lui era uno stillicidio.
«Lo dite per esperienza?» domandò altrettanto diretta.
Rasalaje si irrigidì e negò.
«Non sono un trastullo bensì un dovere. Per il clan reale le incombenze del rango sono indispensabili, da lui non mi aspetto né affezione né avversione. Fuori da queste stanze nessuno è al sicuro da Rhenn. Ogni essere vivente necessita di staccare la mente dagli impegni, la sua distrazione è prevaricare. Se esistesse un’eccezione, sarei io a doverla incarnare. Io, che vivo per esaudirlo. Invece ho pensato foste voi e mi sono sentita defraudata. Ho appurato che non è così. O meglio, la vostra eccezionalità sta nel modo in cui gli tenete testa, non nel fatto che vi risparmi i graffi. Un po’ vi invidio, non sono altrettanto spontanea.»
«Suggerite di offrirmi volontaria al suo gioco affinché si stanchi prima?»
«No, per carità! Vi metto in guardia e forse mi allarmo troppo. Come sua sposa, Mahati vi tutelerà.»
«Mi sollevate, kalhar. Sono tanto impegnata a capire il mio futuro marito che risulta semplice non offrire il fianco al vostro. Ho raggiunto l’invidiabile traguardo di non tremare in presenza del Kharnot e vi rincuorerà sapere che non mi ha fatto montare Fyratesh, il che è un punto a suo favore.»
Rasalaje sorrise intuendo le sue difficoltà.
«Il Šarkumaar è diretto. Se dice che vi desidera, non sta cercando compagnia o soddisfazione fisica. Lasciate perdere le battute licenziose di Rhenn.»
Yozora avvampò, serrando le mani in grembo.
«In verità Mahati non ha preteso l’unione e, a mente fredda, non so se sia un bene. È colpa mia, mi è mancato il coraggio.»
La principessa dei Khai ebbe un moto di sorpresa. Se Mahati avesse atteso alcuni giorni, non avrebbe fatto che confermare la propria irreprensibilità, ma erano trascorse settimane. Si rasserenò come se l’evidenza la riguardasse: la shitai si faceva rispettare senza difendersi, il che non era matematico a Mardan. Sarebbe stato magnifico avere un’amica come lei: straniera e sottomessa, tuttavia…
Le etichette appioppate dai vincitori ai vinti non corrispondono mai alla realtà.
«Non mancate di ardimento» mormorò gentile «Ne avrete bisogno qui a palazzo.»
«Non siete la prima a rimarcarlo. Naiše… ehm, le mie dorei si raccomandano allo stesso modo. È tanto duro essere parte del clan reale?»
Rasalaje la fissò esterrefatta: lasciava intendere di aver instaurato un rapporto confidenziale con le schiave al suo servizio. Oltre ad aver strappato una nisenshi alla morte, ottenuto tempo da Mahati e resistito al gioco psicologico di Rhenn. In quella ragazzina timida si celava una forza straordinaria. Avvertì come se la sua presenza la stesse proteggendo dalla solitudine.
«Vi risulterà complesso, Mardan è un covo di serpi. Quando una principessa reale organizza un akacha, di solito invita le donne d’alto rango per onorare le alleanze. Come vedete siamo sole, non solo per le ragioni che vi ho esposto prima.»
«Così mi preoccupate.»
«Gli alleati di Kaniša non condividono le sue decisioni in merito alle nozze di Mahati, in particolare il principe Ŷalda, terzo candidato al trono. Più volte ha offerto in sposa una delle figlie, ma è stato cassato. Oltre a disprezzarvi, vi considera un’usurpatrice poiché lo private della possibilità di ascendere. Senza considerare le ammiratrici del Šarkumaar tra le giovani dell’élite.»
«Non capisco» ragionò Yozora «Il matrimonio misto di Mahati porterebbe Ŷalda al secondo posto. Mi è stato detto che un nostro erede non guiderebbe mai Mardan.»
«Avete ragione, ma di fatto non abbiamo un successore. Metterlo al mondo è compito di Rhenn e mio, però dopo decenni infecondi la pazienza dei clan è agli sgoccioli. Se non partorissi, Mahati sarebbe la scelta più logica. È autorevole e le armate gli sono fedeli. Tutti speravano ricusasse il fidanzamento, invece lo ha ufficializzato. Ciò ha creato instabilità e dissestato la linea dinastica. Le variabili producono incertezza, per un Khai è inammissibile. L’Ojikumaar sarà re, ma poi?»
«Non potrebbe scegliere il suo erede?»
«Finirebbe per scontentare qualcuno, mentre l’intesa tra i clan è basilare.»
Yozora riconobbe l’assillo della questione.
Sfido che i principi sono sempre di malumore!
«Vi stanno mettendo pressione, altezza» mormorò posando la mano su quella di Rasalaje «Sono convinta che sia il motivo per cui non restate incinta. Vi preoccupate per Rhenn, per il trono, per le consuetudini e persino per me. Dovreste avere cura di voi, riposare e riguadagnare la serenità. A quel punto il vostro bambino arriverà e – perdonate – tutti auspicheranno che assomigli a voi.»
La principessa khai sorrise commossa. Nessuno le aveva mai parlato con dolcezza o l’aveva rincuorata in modo semplice e franco. Forse un’amica era così. Forse non era impossibile averne una.
«Vi sono grata, kalhar. Siete una persona pulita, per questo vi invito a diffidare. Faranno di tutto per mettervi in cattiva luce e vi creeranno problemi, soprattutto in assenza di Mahati.»
Yozora aveva messo in conto che la convivenza con i demoni non sarebbe stata una passeggiata, ma non aveva valutato gli aspetti distanti dal suo modo di pensare. Quella sorta di complicità con la futura regina la confortò.
«Avete detto che percepite il vostro matrimonio come un’impossibile mescolanza di acqua e olio» rispose cortese «Siate olio e fatevi desiderare: galleggia sull’acqua, non c’è verso di mandarlo in basso. Ci proverò anch’io.»
Rasalaje la fissò sconcertata. Poi sorrise con connivenza.
 
Il principe della corona assaporò la sensazione rigenerante dell’acqua. La giornata era stata infinita e, sebbene il primo sole fosse alto nel cielo, anelava il toccasana del materasso. Il corpo nudo gli rammentò desideri altrettanto fisici senza focalizzarli su una compagnia precisa.
Era seccato con Ishwin, non aveva voglia di trascinarsi al tempio per precipitare tra i sospetti che quel luogo suscitava. Aveva troppe questioni in sospeso, a partire da quella degli hanran. Il nervosismo incrementò al pensiero di Eskandar, che si macerava in un’inutile mea culpa, assecondato dalla tolleranza di Mahati.
Esclusa la sacerdotessa, tornò con il pensiero a Rasalaje, che lo avrebbe esaudito.
Tsk! Detesto essere accontentato. Detesto accontentarmi!
Il problema della successione si era ingigantito e non era delegabile. Inalò l’aria, irrequieto. Non avrebbe dovuto risponderle con scortesia, le apparenze andavano tutelate. Invero non gli sarebbe importato nulla se Yozora avesse riferito l’episodio, nemmeno se le voci avessero raggiunto le orecchie sbagliate, comprese quelle ipersensibili di Kaniša.
Non lo farà, non si perderà in pettegolezzi.
Una bizzarra convinzione. Non la conosceva a fondo e le indiscrezioni erano il piatto preferito dei commensali di Mardan. Però lei non era una Khai e l’asheat l’aveva rivelata in molteplici aspetti, tra i quali la riservatezza. Altrimenti suo fratello sarebbe già stato al corrente della mezzaluna. Sfiorò l’ustione, domandandosi quali sorprese gli avrebbe riservato la seconda prova. Portarla a Shamdar era un modo per levarsi di torno i curiosi, ma anche per tutelarsi.
Dannazione, vado in difesa prima di cominciare!
Si era accorto del proprio atteggiamento bidirezionale. Aveva a malapena salutato la moglie, mentre aveva subito stuzzicato Yozora. Di fatto era stato contento di trovarla lì, tanto da dimenticare l’agognata vasca da bagno.
Cioè ho accordato la precedenza a un’altra persona e non a me stesso. Tsk!
La freddezza riservata a Rasalaje cozzò contro il calore concesso all’altra. Come se in lui convivessero due nature diverse.
Due, tre, dieci, tutte quelle di cui ho bisogno!
Quella discolpa raffazzonata non stava in piedi. L’unica parvenza di rispetto che baluginava in lui era quella per Mahati. All’evidenza, per Yozora ne provava in misura maggiore. Già il fatto di riflettere su un rapporto che non sarebbe dovuto sussistere era un’eccezione inquietante.
Uscì dall’acqua e si guardò allo specchio, sistemandosi la chioma gocciolante in onde d’argento. Non era cambiato. Era sempre Rhenn, primogenito del sovrano dei Khai, principe della corona e signore delle terre del tramonto.
Con la luna crescente sul polso.
Gli venne da ridere. Fu un’autoironia di breve corso, poiché il flusso di coscienza varcò il confine e lo raggelò in una posizione inaspettata e sgradevole.
Pensò a Kaniša: lo detestava come genitore e come uomo. Era un essere infimo, indegno di portare la corona. Tollerabile in quanto diverso da lui.
Allora perché all’improvviso mi pare di comprendere le sue scelte?
Non scelte generiche. L’aikaharr. Ciò che più odiava dopo il re aveva trovato una dimensione. Ora sapeva perché suo padre l’aveva deliberato, perché non era stato in grado di staccarsene e infine l’aveva abolito per sempre. Constatare di essere in grado di capire Kaniša lo sconvolse. Sentirsi fremere all’idea dell’ignobile pratica, che aveva causato disonore al clan e precarietà al regno, lo sprofondò in un marcato subbuglio interiore.
 

 
Reshkigal attendeva sulla soglia del Palazzo delle Anime, la tunica bruna metteva in risalto l’incarnato chiaro e i corti capelli color platino, dai quali scendeva sulla spalla una treccina. Il mantello nero scendeva in uno strascico e si perdeva oltre l’ingresso del regno di spiriti in stasi. Gli occhi d’argento erano puntati sulla linea dell’orizzonte, speculare a quella del creato, intenti a osservare gli eventi che si dipanavano tra i mondi. Un’insolita angoscia increspava l’essenza immortale di cui era costituito: avvertì l’energia divina prima che i suoi pari comparissero al suo cospetto.
«Ho percepito l’inversione del flusso eterno» anticipò ricevendoli «Desumo che il principe Kalemi non abbia conseguito l’esito sperato.»
«Conclusione eccellente. Il tempo si è riavvolto, ma Belker non è stato tratto nella spirale. Imploriamo il tuo saggio consiglio» lo omaggiò Eenilal «Abbiamo escluso ogni nostra pertinenza. Le ipotesi sono ferme al non possibile.»
Il Custode delle anime li invitò sulla balconata: fiori azzurri a campanula decoravano le antiche ringhiere, avvinghiandosi alle balaustre e ai sedili di marmo.
«L’ultima volta abbiamo rischiato grosso» sospirò il dio del Buio «Spero non si giunga al bis.»
«Sta a noi. Non possiamo sempre affidarci ad altri.»
«È quanto sostiene mio fratello» concordò Eenilal.
Il dio della Morte sedette, consapevole della questione che gli sarebbe stata rivolta: un luogo senza luce, senza buio e non mortale. Un interrogativo arduo da sciogliere, persino per colui che era ritenuto il più assennato tra i Superiori.
«Sarebbe fuorviante chiamare in causa Yfrenn-ammri?» ipotizzò Elkira «Su di esso non esercito alcun controllo.»
«Lo escludo. Belker non è tanto folle da scoperchiare il pozzo delle ombre. Non vuole farsi divorare dalle tenebre, bensì primeggiare.»
«Allora scartiamo per antinomia Tabar-lakhmu, il suo nadir» considerò il dio della Luce «Un altro buco nell’acqua.»
La definizione poco ortodossa illuminò il Custode, che modellò in trasparenza la struttura dei mondi e dei prasma dilatati dal dio della Battaglia. Attribuì a ciascuno un simbolo ancestrale: a Mardan il fuoco, a Salki l’aria, a Minkar la terra, a Jandali l’acqua. Gli altri due indugiarono sull’interpretazione mai vagliata e fu come leggere lo stesso testo in un’altra lingua.
«La perissologia è evidente» ammirò Eenilal «L’energia nutre se stessa e si rigenera, transitando per i quattro elementi. A ogni rotazione si intensifica senza svanire. Quando l’Irravin sarà caduto, Belker non avrà bisogno di scatenare una nuova guerra. Attenderà l’eclissi e sigillerà la piramide, isolandoci. Ma questo lo sapevamo già.»
«Ere fa i costituenti erano cinque» spiegò Reshkigal «Alcuni di noi erano legati ad essi dalle virtù personali. Ora non più, dacché l’esistente è stato riordinato da Irkalla in seguito all’ultima genesi. Al presente Belker rievoca la divinità delle fiamme, Valarde la madre terra, Azalee il ciclo dell’acqua, Almaktti invece era il soffio vitale.»
«Ad esso presiede mio fratello Tasmi, dio dei Venti» interloquì Eenilal.
«Esatto. Il quinto principio era definito apeiron.»
«Apeiron cioè infinito? Non l’ho mai sentito nominare» grugnì Elkira «L’unico luogo privo di confini spazio-temporali è il tuo dominio, Reshkigal.»
«Apeiron è anche l’abisso primigenio. Un’immensità indistinta, indipendente dalla creazione, regolata da un arbitro diverso dal dio della Distruzione. Irkalla potrebbe annientarlo ma non rigenerarlo, per questo lui e l’Immortale che lo governa vantano eoni di ruggini e antipatia reciproca.»
«Manawydan?!»
Il Custode annuì conciliante.
«Il dio del Mare è l’unico ad aver conservato la forma arcaica del potere. Non può opporsi alla disgregazione, ma preserva la vita tra i flutti. L’abisso è un chaos originario, non contiene né luce né buio e non possiede la sostanza umana che permea gli universi plasmati. Un infinito differente da quello di cui sono sovrano, una scintilla primordiale. Non dimentichiamo che da lì provengono i mortali.»
«Questo spiega parecchio» bofonchiò Elkira «Manawydan sta aiutando Belker?»
«Piuttosto penso esista un luogo tanto remoto da sfuggire persino alla sua Chiave Oceanica. Il dio della Battaglia lo ha individuato e lo ha scelto come nascondiglio. Quanto al dove, non so essere preciso.»
«Lo domanderemo al legittimo guardiano. È noto per il suo carattere burbero, spero voglia appoggiarci e comprenda l’occasionale disturbo.»
In quel momento un ragazzino vestito di un prezioso abito blu trotterellò dal Palazzo delle Anime e andò ad aggrapparsi con esuberanza alla manica del dio della Morte. Questi sorrise, presentandolo con orgoglio.
«Mio figlio Yasha.»
«Mi avevano raccontato che ti assomigliava!» esclamò Eenilal «È il tuo ritratto!»
«Lo trovo cresciuto» osservò Elkira, che lo aveva già incontrato «Sua madre?»
Il Custode sorrise
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