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Autore: My Pride    25/10/2021    2 recensioni
~ Raccolta Curtain Fic di one-shot incentrate sulla coppia Damian/Jon + Bat&Super family ♥
» 79. With all my life
Le note di Jingle Bells risuonavano a ripetizione negli altoparlanti del centro commerciale e diffondevano quell’aria natalizia che si respirava in ogni punto della città di Gotham, dai piccoli magazzini, negozi di alimentari e ristoranti ai vicoli che circondavano ogni quartiere.
[ Tu appartieni a quelle cose che meravigliano la vita – un sorriso in un campo di grano, un passaggio segreto, un fiore che ha il respiro di mille tramonti ~ Fabrizio Caramagna ]
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Day after day, there are pieces of heaven Titolo: Day after day, there are pieces of heaven
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 
2492 parole fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Richard John Grayson,
Jonathan Samuel Kent
Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life
Avvertimenti: What if?, Slash, Hurt/Comfort
Just stop for a minute and smile: 3. "No, aspetta... era una battuta? Non l'ho capita!"
Writeptember: 2. Antibiotico || Bonus. Immagine (X e Y distesi l'uno sull'altro sul pavimento con un ventilatore)


SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved
.

    Sonnecchiando sul divano davanti alla TV, con Alfred acciambellato sulle gambe e il muso di Tito poggiato contro la sua unica caviglia, Damian ci mise un secondo di troppo a rendersi conto che avevano bussato alla porta.

    Scombussolato, drizzò la schiena e trattenne uno sbadiglio, vedendo Tito alzarsi scodinzolante per correre all'ingresso prima di lui. Sbatté le palpebre, stranito. Chi poteva essere da richiamare l'attenzione dell'alano? Jon era a lavoro e non aveva dormito poi così tanto, così, con un piccolo sbuffo e borbottando che stava arrivando, afferrò la stampella e si incamminò lentamente verso la porta, cercando di non gravare con tutto il peso sulla sua unica gamba.

    Quando finalmente guardò dallo spioncino, l'incredulità che si dipinse sul suo volto fu senza prezzo. In abiti civili e con una scatola fra le mani, il volto sorridente di Richard parve riempire completamente la sua visuale prima che, passato l'attimo di sconcerto iniziale, Damian si decidesse finalmente ad aprire. Tito fu il primo a fargli le feste, sedendosi poi sul portico con la lingua penzoloni e un'espressione contentissima sul muso.

    «Grayson?» lo apostrofò subito Damian, sbattendo le palpebre un secondo prima che un braccio forte e muscoloso del fratello lo attirasse in un abbraccio, sollevando la scatola per evitare che venisse schiacciata dai loro corpi.

    «Sorpresa». Persino nel tono della sua voce si percepiva che stava ancora sorridendo, e gli batté ben presto una mano dietro la schiena prima di allontanarsi un po', osservandolo dritto negli occhi prima di mostrargli la scatola. «Ti ho portato qualcosa».

    Passato l'attimo di confusione iniziale, Damian guardò sospettosamente sia la scatola sia il volto di Richard. Poi si ricompose, sciogliendosi lui stesso da quell'abbraccio per sorreggersi meglio alla stampella. «Se non è la torta di mele di Pennyworth, ti disconosco come fratello», affermò in tono lugubre e lapidario, e Dick si portò la mano al petto, fingendosi indignato.

    «È questo il modo di parlare ad un pover'uomo che si è fatto migliaia di chilometri solo per vedere il suo fratellino preferito?»

    «Drama queen», lo schernì Damian, roteando gli occhi prima di dargli le spalle e incamminarsi nuovamente all'interno insieme al cane. «Entra, casa è abbastanza grande per ospitare te e il tuo melodramma», sbuffò ilare, sentendo la risata genuina del fratello prima che, entrando, fosse lui stesso a chiudersi la porta alle spalle.

    Damian non aveva bisogno di voltarsi per sapere che si stava guardando intorno, ma non gli disse niente e lo lasciò fare. Era la prima volta, da quando lui e Jon si erano trasferiti ad Hamilton, che qualcuno riusciva ad avere il tempo di venire a trovarli. Sapeva che non era per cattiveria, Gotham era sempre caotica e Grayson aveva da fare con la candidatura a Sindaco di Blüdhaven, ed Hamilton non era di certo dietro l'angolo. Ciononostante, suo padre chiamava quasi ogni giorno e di tanto in tanto faceva persino delle videochiamate - a voler essere sincero, Damian lo sentiva e lo vedeva più adesso di quando viveva alla villa -, così come il resto della famiglia; i Super erano gli unici che andavano più spesso a trovarli, ma solo perché avevano la possibilità di volare e per loro era decisamente molto più facile. A volte Clark portava loro qualcosa che Martha Kent aveva preparato appositamente, e Damian non poteva che esserne felice. Aveva imparato ad apprezzare la semplice bonarietà di Martha e capiva da chi avessero preso Clark e Jon.

    «Allora. Come vanno le cose, Little D?» chiese Richard di punto in bianco, e Damian gli scoccò una rapida occhiata con un sopracciglio inarcato per il modo in cui l'aveva chiamato. Il lupo perdeva il pelo ma non il vizio.

    «Ho ventiquattro anni, Grayson, non sono più un ragazzino», volle ricordargli con una finta aria sfinita, nonostante l'ombra di un sorriso si fosse comunque dipinta sul suo volto. «Comunque vanno... bene. Ci si abitua a tutto». Con un'andatura sicura nonostante il suo handicap, si diresse verso la cucina e lo invitò a seguirlo, con Tito che gli trotterellava dietro a debita distanza per non intralciare i suoi passi. «Vuoi un caffè?»

    Dick agitò una mano. «No, grazie, un po' d'acqua andrà benissimo», tranquillizzò mentre lo seguiva, ma quelle semplici parole riuscirono a strappare una risata a Damian.

    «Acqua ad un ospite? Pennyworth ti darebbe in testa il suo bastone da passeggio».

    La risata fu contagiosa, tanto che anche Dick ridacchiò. «Mi sembra di sentirlo da qui: padron Richard, dove sono finite le buone maniere? Le ho insegnato ad essere più educato di così!» replicò in tono teatrale e impostato, imitando al meglio la voce del buon maggiordomo e facendo sghignazzare ancora un po' il fratello minore.

    «Dovrai farti forza e bere del succo d'arancia, allora. Sarà una tortura, ma puoi resistere», ironizzò Damian, e Dick fu contento di vedere quant'era cambiato. L'ironia pungente e arrogante di quand'era bambino, aveva dato spazio a quella bonariamente divertita di un uomo ormai sicuro di sé che si era lasciato alle spalle gli orrori della sua infanzia.

    Dick accettò quindi di buon grado il bicchiere che Damian gli porse qualche momento dopo, consegnandogli la scatola per permettergli di tagliare due belle fette di torta e portarle lui stesso in soggiorno quando Damian gli consigliò di seguirlo. Dovettero spostare un po' Alfred dal divano, visto che se n'era letteralmente impossessato, e il gatto scese con un miagolio scocciato, prendendo posto nella sua cesta accanto al tavolino. Tito si acciambellò a sua volta ai loro piedi quando si accomodarono, e per quanto Dick avesse posato sul tavolino i piattini con la torta, a Damian non sfuggì il guizzo veloce che ebbero i suoi occhi quando adocchiò la protesi che aveva abbandonato contro il caminetto.

    «Mi ha convinto Barbara. La uso ogni tanto», disse, e Dick sussultò colto in flagrante, assumendo un'espressione vagamente imbarazzata.

    «Scusa, Damian. Credevo...»

    «Non scusarti, Grayson», tagliò corto, allungando una mano verso il tavolino per afferrare uno dei piatti. «È una scocciatura, ma quando sto in piedi a cucinare si rivela più utile della stampella». Affondò la forchetta nella fetta di torta, tagliandone un pezzetto prima di sollevare un angolo della bocca. «Mi aiuterà anche con la clinica».

    Dick si voltò verso di lui per fissarlo curioso. «Clinica?» chiese, e Damian tergiversò un po', umettandosi le labbra prima di ricambiare quell'occhiata.

    «Sai che non sono tipo da starmene con le mani in mano, Richard», cominciò in tono ovvio, raddrizzando la schiena. «Per quanto sia figlio di un miliardario, e so che papà tende a lasciare qualcosa sul mio conto, io e Jon vogliamo la nostra indipendenza». Osservò il fratello, il quale lo stava ascoltando con estrema attenzione, per la prima volta senza fare battute o sorrisetti. «Jon sta lavorando alla sede giornalistica di Hamilton; non succedono cose eclatanti, ma dal figlio di due giornalisti non mi aspettavo diversamente. Per quanto riguarda me, anche se mi occupo con Jon della fattoria e mi tengo in allenamento per quanto concesso dalla mia... disabilità», si interruppe un attimo, abbassando le palpebre prima di tornare a fissare Dick con grandi occhi verdi, «non posso passare l'intera giornata a non fare niente. La settimana prossima ci sarà l'inaugurazione della mia clinica veterinaria».

    Se Damian avesse dovuto quantificare un sorriso, sarebbe stato difficile farlo con quello che si era appena fatto strada sulle labbra di Richard. Il suo volto si era letteralmente illuminato come se un raggio di sole fosse appena entrato nella stanza, e le braccia che lo strinsero furono un faro in una tempesta. «Sono fiero di te, ragazzo».

    Poche parole che per alcuni avrebbe potuto non significare niente, ma che per Damian significarono tutto. La sua vita era stata un'altalena infinita di azioni che avrebbe preferito dimenticare, gesti e parole taglienti quasi quanto la lama che aveva affondato nelle carni di chi lo ostacolava, continuamente in bilico tra due eredità che esigevano che scegliesse ciò che avrebbe dovuto essere, e per quanto una clinica potesse sembrare una cosa da nulla... per uno come lui, per un giovane che aveva ferito e si era redento, che era morto e aveva perso molto, significava dare una svolta alla propria vita.

    Damian ricambiò quell'abbraccio con gioia, lasciandosi andare al conforto e al calore che Richard voleva trasmettergli. Lo ammetteva: quella sorpresa che gli aveva fatto, nonostante avesse finto fastidio, non gli dispiaceva affatto. Non si accorse nemmeno del tempo che passò tra una chiacchiera e l'altra, venendo aggiornato da Richard sulla situazione a Blüdhaven e persino sulla sua relazione con Barbara, cosa che l'aveva fatto ghignare divertito quando Grayson, alla fine, gli disse di voler finalmente fare il grande passo con lei dopo anni e anni di inutile tira e molla.

    Due fette di torta e tre bicchieri di succo d'arancia dopo, Damian gettò uno sguardo all'orologio appeso alla parete, massaggiandosi poi la coscia sinistra con vaga incertezza. «Grayson», chiamò infine, e Dick, che si era rilassato, distolse lo sguardo dalla televisione. L'avevano accesa solo per tenerla bassa e giusto per compagnia, senza seguire con vero e proprio interesse il programma che stavano trasmettendo; Alfred si era persino appropriato di uno dei braccioli del divano, sbadigliando sonoramente senza dar peso a nessuno dei due umani.

    «Mhn?»

    «Potresti...» Damian si schiarì la gola, raschiando con i denti il labbro inferiore. I suoi occhi verdi guizzavano da una parte all'altra del soggiorno, e Dick lo osservò con uno sguardo tra il curioso e il preoccupato, dato il nervosismo che sembrava essersi impossessato del suo corpo. Lo spronò solo con lo sguardo, conscio che fargli pressioni avrebbe solo fatto sì che si chiudesse in se stesso. E funzionò, poiché Damian trasse un sospiro e continuò. «Potresti darmi una mano con il bendaggio?»

    La voce era bassa, quasi si fosse appena vergognato di quella richiesta, ma Dick sollevò un angolo della bocca in un dolce sorriso prima di poggiargli una mano su una spalla. «Certo», disse semplicemente, vedendo Damian guardarlo un po' di sottecchi prima che l'ombra di un timido sorriso si disegnasse anche sulle sue labbra, e fu lui stesso a dirgli di cosa aveva bisogno.

    Senza dire una parola, Dick si alzò e seguì le direttive di Damian, che gli disse di prendere una bacinella d'acqua calda, del talco, del sapone neutro e un tubetto di pomata che conservava in bagno; Dick notò che era a base di lanolina, e Damian si giustificò con una breve scrollata di spalle, dicendo che la cute del moncone, di tanto in tanto, risultava un po' secca. Non fece domande, poiché si rese conto che la situazione, nonostante tutto, non metteva Damian esattamente a proprio agio.

    «Ci sono anche degli antibiotici e delle garze sterili nell'armadietto in corridoio», aggiunse Damian, torcendosi un po' le mani nell'attesa.

    Quando Dick tornò con tutto l'occorrente, lui aveva già sciolto il nodo del pantaloncino e lo aveva sollevato al di sopra della coscia, prima di cominciare a togliere poco a poco la vecchia fasciatura; Dick non gli fece pressioni né tanto meno gli diede fretta nel notare le sue mani tremanti, si sedette semplicemente sul pavimento e aspettò, consapevole dei muscoli rigidi di Damian e di come la cosa sembrasse agitarlo. Poteva capirlo: oltre a Jon, e ovviamente Alfred, non aveva permesso a nessuno di vedere ciò che era rimasto del suo arto, e fu solo quando Damian stesso gli diede il consenso che Dick tolse ciò che era rimasto della fascia, così da potersi occupare di lui.

    Fu il più delicato possibile. Dopo aver insaponato un po' la spugnetta bagnata, cominciò a ripulire l'incavo del moncone con molta attenzione, sentendo Damian trattenere il respiro per tutto il tempo in cui se ne occupò; si premurò di asciugare molto bene la pelle per evitare che l'umidità si intrappolasse tra essa e il bendaggio, usando anche il talco. Solo in seguito Damian gli chiese di passargli un po' di pomata, aspettando qualche momento prima di farsi aiutare con la fasciatura e allungare una mano per afferrare bicchiere e antibiotici.

    «Grazie, Grayson», disse infine, con le palpebre abbassate e la testa poggiata contro lo schienale del divano.

    «Non dirlo nemmeno per scherzo», rassicurò Dick con uno dei sorrisi più solari presenti nel suo campionario, richiamando a sé l'attenzione di Damian.

    «Davvero, Grayson. Grazie».

    «Okay, Little D». Batté le mani un paio di volte, ignorando l'occhiataccia ricevuta per quel nomignolo. «Se vuoi ringraziarmi, mi spiace per te ma, visto che sono qui, ti tocca una cosa assolutamente essenziale».

    «Se è un altro “abbraccio alla Grayson”, credo di averne avuti abbastanza».

    «Cosa? Oh, no, quelli non saranno mai abbastanza. Ma avevo qualcos'altro in mente». Il sorriso sulle labbra di Richard si allargò così tanto da sembrare il Joker, e la cosa fu altamente inquietante. «Adesso inserirò la password del mio account Disney+, faremo del popcorn e ci butteremo sul divano per una bella maratona di film... e non c'è niente che tu possa fare per fermarmi».

    Gli occhi di Damian si dilatarono. «
No, aspetta... era una battuta? Perché non l'ho capita».

    «Sai benissimo che non lo era. Sono mortalmente serio», ridacchiò con un'espressione che la diceva lunga, afferrando il telecomando per inserire le sue credenziali.

    A nulla erano valse le lamentele di Damian, alla fine Dick aveva deciso e Damian non poté fare altro che accontentarlo. Difficilmente si riusciva a dire di no a Dick Grayson, e se si metteva in testa di fare una maratona di film Disney... non ci sarebbe stata invasione aliena che avrebbe distolto la sua attenzione da quella sua idea. Peggio ancora se intendeva partire con un film come Coco.

    Quando Jon tornò, quella sera, la scena che gli si presentò davanti fu divertente e sconcertante al tempo stesso. Sdraiati l'uno sull'altro sul tappeto, con Big Hero 6 che ancora scorreva sullo schermo e una ciotola di pop corn ormai vuota abbandonata sul tavolino, Damian se ne stava a pancia in giù sullo stomaco di Dick, che ronfava con un braccio a nascondergli il viso mentre i capelli venivano pigramente mossi da un ventilatore abbandonato sul pavimento. Alfred il gatto si era bellamente acciambellato sulla schiena di Damian e Tito si era praticamente disteso accanto a loro, e Jon dovette mordersi l'interno della guancia per non mettersi a ridere. Erano così... adorabili. Non si era aspettato di trovare Dick, ma era contento che Damian non avesse passato la giornata da solo e che fosse stato in compagnia del fratello.

    Jon si avvicinò silenziosamente, chinandosi per sfiorare una guancia di Damian con un bacio leggero; lo vide sorridere nel sonno, ma non si mosse, completamente rilassato mentre sonnecchiava addosso al fratello. Li avrebbe lasciati dormire ancora un po'... e poi, una volta svegli, avrebbero dovuto spiegargli perché, dell'unica fetta di torta col bigliettino che recitava “Per Jon”, erano rimaste solo poche mele e un pezzo di crosta
.





_Note inconcludenti dell'autrice
La saga ovviamente continua. E c'è pure Coco perché in realtà anche questa fic è stata tutta una scusa, io mi dilungo davvero troppo. Ma c'est la vie
Comunque, facciamo un piccolo passo indietro. Il rapporto che si è creato tra Dick e Damian durante i fumetti (in fin dei conti, come Dick stesso dice, lui è stato il suo primo Robin) mi è sempre piaciuto, hanno proprio quell'attaccamento emotivo che solo tra fratelli si può creare, per quanto non sia il sangue a legarli ma le esperienze che hanno passato insieme.
Però io sono del parere che la famiglia non è solo quella di sangue, anzi, a volte è proprio quella che ti crei e con cui cresci a valere più di un milione di soli
Sproloquio a parte, c
ommenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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