XXVIII. Quel decaffeinato troppo amaro
[Amaro]
[Amaro]
Inizia a mettere lo zucchero nel caffè, non lo aveva mai fatto prima di quel momento – ma, quando Hinata gli porta la tazzina e il cucchiaino, Kageyama glielo domanda: mi porteresti anche una bustina di zucchero, per favore? Meglio di canna, se ne hai, sennò va bene anche quello normale.
Shoujou lo guarda, perplesso, ma gli porta comunque quanto ha richiesto – lo guarda, circospetto, mentre Tobio rovescia lo zucchero nella tazzina e beve il caffè tutto in un unico sorso, senza nemmeno nascondere una smorfia piena di disgusto.
È che lui è amaro come quel caffè che non ha mai zuccherato ma, quando Hinata alza un sopracciglio, non glielo dice mai.
Il giorno dopo, gli chiede di nuovo la bustina di zucchero e ne scioglie mezza nel proprio doppio espresso, sospirando come il condannato di fronte al boia. Più amaro, non abbastanza: Shoujou che lo guarda e gli domanda silenziosamente perché – Tobio scuote il capo, non dice una parola.
È che lui è amaro come i suoi caffè sbavati sulle sette di mattina e Hinata mette sempre due cucchiaini di zucchero nel proprio decaffeinato (caffeina a lui? Chi è che lo farebbe mai) e perfino qualche scaglietta di cioccolato al latte.
Non lo comprende subito: nemmeno quando Tobio domanda due bustine di zucchero per usarne un quarto (ed ancora non è abbastanza amaro) e non ha il coraggio d’approcciarsi a quel caffè zuccherato.
Ma, al terzo giorno, Shoujou comprende – si siede di fronte a lui con il proprio deca (e va bene l’amore, ma la caffeina mai) e non ha con sé le due bustine di zucchero.
Sospira, il condannato davanti al boia, e beve sorsettini di quel liquido amaro, amarissimo – Tobio ride, silenziosamente, e gli porge le due bustine di zucchero di quella mattina, ancora intonse, con uno sguardo indecifrabile.
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