XXIX. Il blue Monday
[Blu]
[Blu]
Quando piove, è palese che Hinata si stia domandando dove sia finita l’estate – Tobio si bagna in un temporale e, sotto sotto, nemmeno gli dispiace quell’acqua che lava via i pensieri in uno scroscio disperato.
E glielo domanda: te lo posso fare amare, il rumore dell’acqua che cade e ti dice che non sei più tu?
Shoujou scuote il capo, perplesso mentre mette a lavare le tazzine da caffè, e glielo domanda: perché non dovrei essere più io?
È che magari un giorno ti svegli e ti senti un po’ blu. Sì, esatto, blu – non sai cos’è un blue Monday, non è vero? – e non stai come stingerti: è un colore che ti rimane addosso come l’odore di caffè e non sai come mandarlo via.
Lo fa sorridere – di capire non capisce e, allora, Tobio ci rinuncia ed esce a bagnarsi di pioggia che lo tinge in delicati tocchi di blu.
È che Hinata è rosso, sicuramente, e tramonta e sorge con regolarità, mentre il blu è strisciata di disperazione che c’è e non c’è. C’è.
Lo fa ridere il giorno in cui gli porta una fetta di torta ai mirtilli, dove ha rovesciato degli zuccherini celesti: e forse non sarà blu, ma qualcosa dentro di sé l’ha fatto comprendere.
«Attento ai denti» commenta Hinata, quando lui prende la forchetta da dolce in mano.
Tobio alza un sopracciglio, inizia a disfare la torta a forchettate: vi trova un anello (forse troppo piccolo) e si deve domandare perché – perché Shoujou ride, in un angolo, e non gli risponde mai.
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