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Autore: 0421_Lacie_Baskerville    31/10/2021    3 recensioni
"Deku si trovò a trattenere il fiato nella stretta navata carica dell’odore di fiori appassiti e cera sciolta. Nella luce danzante della fiammella gli occhi socchiusi di Kacchan erano pieni di ombre e la sua bocca si arricciò in un piccolo sorriso sghembo nel vedere che Izuku non indietreggiava. Sulle sue labbra era rimasta una lieve traccia di quel bacio e aveva il sapore di Kacchan."
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Halloween quest'anno, ha il gusto di una sfida di coraggio fra le ombre di un cimitero antico e la fioca luce dei ceri bruciati su un altare. È il profumo dolciastro dei fiori appassiti e il sapore di un bacio allungo desiderato…
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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How can you see into my eyes like open door?

Leading you down into my core

Where I’ve become so numb

( Bring me to life, Evanescence )


Il grigio delle lapidi era traslucido alla luce argentea della luna, ancora bassa all’orizzonte. I rami degli alberi, i cui tronchi ricurvi sorgevano fra le tombe come sentinelle silenziose, si stendevano sui sentieri in pietrisco simili a braccia adunche dalle sottili dita ricurve che si protendevano verso i visitatori indesiderati.

Alle loro spalle, sempre più lontano ad ogni passo, il cancello di ferro contorto iniziava a perdersi nella nebbia della sera che inghiottiva le voci dei loro compagni. L'unica lama di luce che fendeva la gelida oscurità della notte, si arrestava nell’incontrare i filoni di nebbia che strisciavano sul terreno, aggrappandosi alla pietra consumata dalle intemperie di angeli piangenti e santi addolorati che seguivano i loro movimenti con occhi ciechi.

Anche se razionalmente Izuku sapeva che non c’era nulla di cui avere paura, l’aria stagnante e gelida, il silenzio sinistro che avvolgeva ogni cosa e le ombre che la torcia che reggeva in mano disegnavano intorno a loro, sembravano suggerire alla parte più primitiva di lui tutto il contrario.

Kacchan lo precedeva di qualche passo, senza guardarlo. La catena che gli pendeva dallo spesso collare di cuoio al collo tintinnava a ogni passo indolente. Le orecchie lupesche di un caldo castano dorato si confondevano fra il biondo cenere dei suoi capelli e il pesante giubbotto verde scuro che copriva jeans stracciati e una maglia bianca altrettanto mal ridotta, aveva l’aria di essere caldo e soffice nonostante il tessuto strappato sulle maniche. Molto più del sottile lenzuolo candido indossato da Izuku sopra lo spesso maglione in lana che non tratteneva nemmeno un briciolo di calore.

Alla fine aveva scelto il costume più banale di sempre, convinto com’era che tanto la figura da idiota l’avrebbe fatta qualunque cosa si fosse messo addosso. Almeno, sotto il mantello bianco con il cappuccio, dipinto di un sorriso sghembo e chiuso sul davanti da un nastro verde a scacchi bianchi, poteva sperare di passare inosservato.

Osservò di sottecchi la figura dell’altro ragazzo davanti a lui, le sue spalle ampie e forti e la massa dei capelli che nella luce della luna pareva argento puro. Izuku tremò per il freddo e qualcos’altro, una strisciante inquietudine gli stringeva lo stomaco e arricciava la sua bocca in un broncio scontento. Perfino mascherato in quel modo, Kacchan appariva non meno figo e bello del solito.

Lui e Todoroki dovevano essere gli unici al mondo a non perdere nemmeno un briciolo del loro contegno mascherandosi, perché Izuku si sentiva un completo imbecille con quel vestito da fantasmino addosso, tanto più che aveva deciso di non separarsi dalle sue adorate sneaker rosse che ben poco centravano con il resto del costume.

Tirò il cappuccio del lenzuolo sulla fronte, nascondendo la massa scarmigliata di riccioli scuri e borbottando fra i denti. ≪ Dannazione Ochaco. ≫. Voleva bene alla sua migliore amica, ma questa volta aveva proprio esagerato. Come gli era venuto in mente che bloccarlo con Kacchan nel mezzo di un cimitero potesse in qualche modo migliorare i rapporti fra loro? Tanto più che non riusciva a immaginare un posto e una situazione meno romantiche di quella. Non gliel’avrebbe perdonata tanto facilmente.

Il vento fischiava nell’insinuarsi fra i rami scheletrici degli alberi e le foglie scricchiolarono sotto le suole delle scarpe dei due ragazzi che risalivano il contorto sentiero verso il centro del cimitero. Katsuki rallentò il passo, lanciandosi alle spalle uno sguardo cupo con gli occhi rossi pieni di ombre. ≪ Hai detto qualcosa? ≫ abbaiò bruscamente, facendolo trasalire.

Izuku sentì le guance coprirsi di un caldo imbarazzo e incassò la testa nelle spalle ringraziando mentalmente l’oscurità e il cappuccio che l’aiutavano a nascondersi da quello sguardo penetrante. ≪ N-niente. ≫ sussurrò, con gli occhi inquieti che setacciavano le fredde lapidi intorno a loro, strappandogli un verso strozzato dalla bocca beffarda. Katsuki diede un calcio a una pietra che spiccava sul terreno regolare, mandandola a sbattere contro una lapide con un tonfo sordo. Una nota sardonica trasparì dalla voce bassa e strascicata. ≪ Mi era sembrato di sentirti frignare come un bambino. ≫

Una punta di irritazione fiorì nel petto di lui a quelle parole, spazzando via l’inquietudine che gli stringeva il ventre. Izuku raddrizzò le spalle e sollevò la testa, fissandolo con gli occhi luccicanti di determinazione sotto l’orlo del cappuccio. Sarebbe morto piuttosto che mostrarsi spaventato davanti a lui e dargliela vinta. ≪ Nei tuoi sogni. ≫ sibilò in risposta, storcendo la bocca in una smorfia irritata e accelerando il passo per affiancarlo. ≪ Piuttosto sei sicuro di non essere tu quello spaventato, Kacchan? Spiegherebbe perché non la volevi fare questa sfida. ≫

≪ Non la volevo fare perché è una cosa terribilmente stupida. ≫ replicò lui, voltandosi a lanciargli una seconda occhiata. Stavolta, Izuku tenne la testa alta e ne incrociò lo sguardo, deciso a non lasciargli intravedere la paura gelida che gli si agitava dentro, viscida e sinuosa come una serpe. Un angolo di quella bocca sprezzante si sollevò verso l’alto in un sorriso beffardo. ≪ Roba che solo quella donna poteva inventarsi, esaurita com’è. ≫

Izuku serrò la mascella, la mano che stringeva la torcia tremò nel cercare di controllare l’irritazione crescente e quella fitta dolorosa al petto nel trovarsi vicino a lui. Di tutti i costumi che avrebbe potuto trovare, Kacchan aveva scelto proprio quello che gli stava meglio e rispecchiava il lato più selvaggio e oscuro del suo carattere.

Sfiorato dalla luce argentea della luna piena che svettava sopra i tetti della città e dal languore della torcia, il biondo dei suoi capelli risultava tanto chiaro quanto i suoi occhi scuri, gocce di sangue che bruciavano di calore nelle ombre della notte. La catena che scivolava giù per le clavicole marcate sbatteva contro il suo petto muscoloso e la maglietta strappata, mescolando il suo tintinnare cristallino al sibilo inquieto del vento e al raschiare dei rami.

Mina gli aveva dipinto il contorno degli occhi di nero, dandogli uno sguardo più lupesco che fece contrarre qualcosa all’interno del petto di Izuku. Così truccato e vestito, Kacchan, aveva tutto l’aspetto di un vero licantropo, pericoloso e selvaggio, tanto più che nell’arricciare infastidito le labbra lasciò intravedere un canino leggermente più appuntito degli altri denti. ≪ Ti dai una mossa, sfigato, o dobbiamo restare qui fino all’alba? ≫ gli chiese con un ghigno.

Izuku trasalì, sentendosi avvampare le guance nel realizzare di essersi incantato a fissarlo ed essere rimasto indietro. Distolse lo sguardo di scatto, stringendo le spalle all’interno del lungo lenzuolo che cadeva a coprirlo fino alle caviglie e cercò di regolarizzare i battiti del suo cuore che si erano fatti di colpo frenetici. La voce aspra di Kacchan, sempre rauca e leggermente strascicata, tradiva una punta di irritazione mentre riprendeva a parlare con disinvoltura. ≪ Voglio uscire di qui prima di tutti gli altri così da conseguire una vittoria perfetta e porre fine alla tortura della tua compagnia. Perciò vedi di non rallentarmi. ≫

Izuku conosceva quel ragazzo da quando era bambino e non era mai stata una persona gentile e premurosa. Non all’apparenza, almeno. Alle medie era perfino degenerato fino a diventare una persona sgradevole, un vero stronzo sotto tutti gli aspetti, ma dopo tutto quel tempo pensava di essersi ampiamente abituato a quel atteggiamento odioso. Si era anche convinto che più della metà delle cose cattive che uscivano da quella bocca sprezzante in realtà, nemmeno le pensava davvero. Invece, ci rimase male e un calore mortificato gli invase il petto a quelle parole aspre.

Se Ochaco aveva pensato di fargli un favore bloccandolo lì dentro da solo con lui, era evidente che non aveva preso in considerazione cosa ne avrebbe pensato Kacchan. Perché lui a Izuku non lo voleva vedere nemmeno in classe e mal lo sopportava sul lavoro, figurarsi in una prova di coraggio nel bel mezzo di un cimitero. Il luogo meno romantico del mondo, tra l’altro. “Grazie, Ochaco. Questa me la paghi.” Strisciò i piedi sul selciato e borbottò fra i denti. ≪ Nessuno ti sta obbligando a restare. Per quanto mi riguarda, te ne puoi anche andare da solo. ≫

Si sentì incredibilmente soddisfatto di sé stesso per quelle parole che il vecchio, timido e goffo, Midoriya Izuku non sarebbe mai stato in grado di pronunciare. Almeno, finché Katsuki non inarcò un unico sopracciglio biondo, gli occhi baluginanti di ombre come un predatore pronto a balzare sulla sua preda e sbranarla. ≪ Bene, dammi la torcia. ≫ sibilò, tendendo la mano e facendogli segno di cedergli la loro unica fonte di luce.

Piuttosto che dargliela e rischiare di restare intrappolato in quel posto lugubre al buio, Izuku si sarebbe fatto ammazzare. Storse la bocca in una smorfia, il cuore che batteva rapido in petto, e replicò tagliente. ≪ No. ≫. Un'unica parola che fece baluginare cupi gli occhi di Kacchan, come fiamme nell’oscurità.

≪ No? ≫ ripeté, schioccando le labbra come se stesse assaporando il retrogusto di quel rifiuto netto. ≪ Tu mi stai dicendo di no, Deku? Ti stai davvero rifiutando di darmi quella stupida torcia e magari anche quella stupida candela? ≫

Izuku deglutì, gli occhi fissi in quelli cupi dell’altro ragazzo. Avvertì il panico risalirgli dal petto e chiudergli la gola e dovette sforzarsi di ricacciarlo indietro. ≪ Esatto, Kacchan. Se vuoi andare avanti da solo dovrai farlo senza, perché io non ti do un bel niente. ≫ sussurrò con voce strozzata e gli occhi verdi si fissarono sulla bocca sprezzante di lui che si curvò in un sorriso pericoloso. La sua voce bassa e rauca, conteneva una punta di malsano divertimento nel commentare. ≪ Vorrei proprio vedere come ci riusciresti a impedirmelo, ma per vincere dobbiamo uscire entrambi. Non ha detto così, quella donna? ≫

Un filo d’aria gli riempì il petto nel ricordarsi quella parte delle regole, alleviando un po' della tensione che si era sentito crescere dentro. Infondo, Ochaco doveva essersi aspettata che Kacchan potesse decidere di mollarlo indietro e la sua meravigliosa amica si era premunita per scongiurare quella possibilità. Era in momenti come quelli che Izuku la voleva abbracciare, invece annuì stringendo le labbra in una linea sottile per nascondere il sorriso che gli era sorto spontaneo.

Kacchan lo fissò per un’istante ancora, prima di distogliere lo sguardo e affondare le mani nelle ampie tasche del suo giubbotto, con uno sbuffo seccato. ≪ Comunque, cos’è che ha detto che dovevamo farcene di quell’ammasso di cera? ≫

≪ Portarcela dietro fino a raggiungere la chiesa. ≫ ammise di malavoglia, assicurandosi che fosse ancora dove l’aveva infilata, nella sua cintura. Un sottile stecco di cera candida su cui avevano inciso il nome suo e quello di Kacchan con l’inconfondibile ed elegante calligrafia di Iida. ≪ Dobbiamo lasciarla sull’altare e prendere la campanella che lei e Momo ci hanno lasciato per poi portarla con noi fuori dall’altro cancello. ≫

≪ Ma che senso ha? ≫ borbottò seccato, dando un calcio a un altro sasso e mandandolo a ruzzolare davanti a loro. Gli occhi vitrei di pietra delle statue gli guardarono afflitti come a rimproverargli di quel gesto irrispettoso nei confronti dei loro morti. Izuku lanciò un’occhiata tutt’intorno, ai banchi di nebbia che scivolavano sul tappetto di gramigna e foglie morte e deglutì, rabbrividendo.

Avevano raggiunto una parte del cimitero popolata da statue d’infanti su cui giacevano ampie corone di fiori che le ombre rivestivano di nero pece. Piccole lastre di marco erose dal tempo e sepolte dalla vegetazione, venivano sfiorate dalla luce tremula della loro torcia. ≪ N-non lo so. ≫ ammise Izuku con un tremito nella voce bassa, distogliendo lo sguardo inquieto per riportarlo sulla strada buia davanti a loro. ≪ Ha detto così. ≫

Il senso, sospettava, era solo quello di costringergli a stare in quel cimitero il più allungo possibile nella speranza che qualcosa accadesse, ma per il momento l’unica cosa che rischiavano era che gli venisse un attacco di nervi per la tensione. L’aveva sempre saputo che era la peggiore delle idee. Il sibilo del vento fra i rami bassi che incombevano sulle loro teste declinò in un fruscio di foglie morte e penetrò nei loro vestiti, facendolo rabbrividire fin dentro il midollo. Katsuki l’aveva di nuovo superato, non degnandolo di alcuna attenzione nel borbottare fra sé con uno sbuffo seccato. ≪ Quella donna guarda troppi film, accidenti a lei. ≫

Izuku ciondolò con la testa un assenso, il viso corrucciato in un’espressione testarda. Per quanto fosse il primo ad avercela con lei per quella stupida idea, mai avrebbe lasciato che qualcun altro ne parlasse in quel modo. ≪ Lo sai vero che non puoi definire tutte le ragazze “quella donna” come fai con tua madre? ≫ gli fece notare e un mezzo sorriso divertito gli curvò la bocca nervosa perché Mitsuki odiava quando il figlio l’appellava in quel modo.

Katsuki gli scoccò un’occhiataccia da sopra la spalla con un unico occhio rosso luccicante nelle ombre. ≪ Io definisco chi voglio come cazzo voglio. ≫ replicò e come a volerlo rimarcare, ricalcò su quel nomignolo discutibile che gli aveva affibbiato da bambini. ≪ Deku. ≫

Izuku sollevò gli occhi verdi al cielo scuro, esasperato. Stava per rispondere qualcosa quando sentì lo schiocco di un rametto spezzarsi e il cuore gli balzò in gola, mozzandogli il respiro. Si voltò di scatto con un sussulto, gli occhi che seguivano il fascio di luce della torcia e scrutavano fra le fila di lapidi che emergevano dalla terra e dalla gramigna, avvolte in filoni di nebbia strisciante, luccicando alla luce argentea della luna.

Da qualche parte, qualcosa scricchiolò e frusciò. Un frullio di ali di corvo fendete l’aria con uno stridio acuto. Izuku trasalì con un verso strozzato sulle labbra tremanti e reclinò la testa per vedere ombre volatili fendere la notte, muovendosi fra i contorti rami. Lungo il sentiero, Katsuki si era fermato nell’oscurità impenetrabile e lo attendeva con le spalle rigide e gli occhi che scrutavano guardinghi tutto intorno.

≪ Corvi. ≫ borbottò Izuku, abbastanza forte perché il compagno lo sentisse. In quei mesi di lavoro sul campo avevano affrontato cose peggiori di uccelli onnivori che si muovano con il favore delle tenebre, si sentì ridicolo ad essersi spaventato. Il cuore aveva preso a battergli così forte in petto da fare male, nel affrettarsi a raggiungere Katsuki ebbe la spiacevole sensazione che lo si potesse sentire anche dall’esterno. ≪ Scusa, per un attimo ho pensato di aver sentito qualcosa. ≫

Nessuna risposta venne dal compagno che strinse le spalle sotto il giubbotto verde scuro, percorrendo un’ultima volta con lo sguardo i tronchi curvi degli alberi che la notte dipingeva di nero. Il vento sibilava gelido penetrando gli strati di stoffa e sferzandogli con l’aria densa dell’odore di vegetazione bagnata di umidità. In piedi nel mezzo del selciato, appena sfiorato dalla luce della torcia, Izuku notò che Kacchan tutto sembrava tranne che umano. Eppure, lui era l’unica cosa che al momento non lo spaventava ne impensieriva e che anzi, l’aiutava a mantenere il controllo.

≪ Muoviamoci. ≫ disse alla fine il ragazzo biondo, con qualcosa di inafferrabile nella voce bassa, e si voltò per riprendere a camminare verso l’alta cupola che si iniziava a intravedere nella nebbia. Izuku deglutì nervoso, stringendo più forte la torcia nella mano per fermare il tremito che scuoteva la luce e riprese a camminargli dietro sentendosi molto stupido e un po' ridicolo.

Il pietrisco sotto le suole delle sue scarpe scricchiolò, qualcosa gli gremì la gamba con dita lunghe e affilate, gelide al tatto come il ghiaccio, affondando nel tessuto strappato dei suoi pantaloni e trattenendolo. Un brivido gelido gli percorse la gamba e corse lungo il suo corpo fino a trasformarsi in un urlo di puro terrore che risuonò acuto nel silenzio ombroso del cimitero.

Dita adunche serrarono la presa sulle sue caviglie, strattonandolo indietro. Izuku si voltò di scattò, un grido rauco sulle labbra, e gli occhi sbarrati trovarono solo ombre e nient’altro sul terreno sdruccevole. Qualunque sua reazione fu frenata da quella mancanza, dall’essenza visiva di un nemico da colpire e contro cui lottare. Si sentì tirare indietro da quella mano gelida che cercava di trattenerlo e scivolò sulla ghiaia, sbattendo il ginocchio. La torcia gli cadde dalle mani e rotolò sul pietrisco, un dolore sordo gli strappò un verso strozzato dalle labbra.

Davanti a lui, Katsuki trasalì e si voltò di scatto, gli occhi rossi spalancanti nella notte lo individuarono fra le ombre che scalciava e incespicava per liberarsi, con il viso sfigurato dal terrore. Le mani che affondavano nel terreno alla ricerca di un sasso o un bastano da usare per fendere l’aria e liberarsi.

Un’altra mano si tese ad afferrargli anche l’altra caviglia e con uno strattone gli fece perdere del tutto l’equilibrio, strappandogli dalla bocca urla stridule mentre il pietrisco gli graffiava il petto e il viso. Sarebbe stato trascinato via, fra le lapidi e le statue piangenti, se mani calde e sicure non l’avessero afferrato per le braccia che si dibattevano, tirandolo via con tanta forza che Izuku si ritrovò scaraventato sul pietrisco con un sibilo di dolore.

≪ Vieni fuori! ≫ ruggì Katsuki e la sua voce furiosa fu soffocata dal rombo assordante delle sue esplosioni. Uno strillo acuto risuonò nell’aria insieme allo stormire delle foglie. Izuku si districò a fatica dalle pieghe del lenzuolo che gli si era aggrovigliato intorno al corpo e si sollevò su un gomito con un gemito strozzato di dolore, gli occhi verdi che correvano spaventati tutto intorno.

Là dove prima aveva lottato contro quell’agghiacciante presenza invisibile, ora c’era Katsuki, rigido e allerta avvolto dalle ombre che le sue esplosioni rendevano mutevoli nel risuonare per tutto il cimitero. Scintille d’oro e cremisi danzavano nell’aria spargendo l’odore dolciastro della nitroglicerina e conferendo alle espressioni di pietra delle statue qualcosa di contorto e minaccioso.

Il sibilo del vento gli portò alle orecchie il suono di una risatina soffocata e il fruscio delle foglie, il sfregare di pietra su pietra. Izuku si irrigidì, seduto per metà nella sterpaia umida e fissò le ombre con un brivido inquieto. ≪ Ha-Hakagure. ≫ esalò con una nota acuta nella voce tremante e un lampo di lucidità. Il cuore aveva preso a battergli così forte in petto che temeva sarebbe esploso per lo spavento. Senza farsi troppo notare dall’altro ragazzo, si sfregò la guancia graffiata, la voce bassa e incerta che tradiva una nota acuta. ≪ Deve essere lei. Sicuro che sta tentando di farci paura. ≫

Un fruscio fra le ombre e il sussurrare indistinto di una voce fra il sibilare del vento tra i rami, raggiunse entrambi. Katsuki indietreggiò di un passo, avvicinandosi a Izuku e stendendo la mano alle sue spalle come a cercarlo. Un gesto che aveva compiuto centinaia di volte sul campo di battaglia, ma che in quel frangente risultò inutile.

≪ Sei in piedi? ≫ gli domandò non trovandolo, ma lui non riuscì a trovare la voce per rispondere. Il respiro gli sfuggiva dalle labbra come un sibilo, gli occhi sbarrati fissi là dove prima era stato aggredito da quelle mani fredde ed ora non c’erano altro che pietrisco e foglie smosse. La voce di Kacchan gli arrivò alle orecchie indistinta e lontana. ≪ Cazzo, Deku, pure della tua ombra hai paura. Rialzati in piedi, deficiente. ≫

≪ Q-qualcosa… qualcosa mi ha afferrato la caviglia. ≫ protestò debolmente lui, gli occhi verdi che correvano tutt’intorno alla ricerca di qualcosa che non fossero volti di pietra che lo fissavano con espressioni addolorate e ombre contorte dalle inquietanti sembianze. Uno sbuffo seccato sfuggì dalla bocca arricciata di Katsuki, simile al ringhio feroce di un lupo. ≪ Si, va bene, ma ora rialzati che cazzo. Quella stronza potrebbe ritentarci. ≫

Gli era caduta la torcia e il fascio giallognolo della sua luce disegnava una linea retta che si infrangeva sulla pietra di una lapide. Izuku deglutì nell’allungarsi per raggiungerla e il suo sguardo cadde su qualcosa di pallido e lucido che spuntava dalla gramigna e lo fissava vacuo. Sbatté le palpebre, una, due, tre volte, prima che la paura gli togliesse il fiato e la sua mente agitata riconoscesse il rosso dei capillari sul bulbo, il cerchio slavato dell’iride e la pupilla nera fissa nel vuoto.

La bocca gli si contorse per un misto di orrore e terrore che lo scosse come un tremito. Fra le foglie un occhio vitreo lo fissava e si mosse con uno scatto. Un nuovo grido sorse dal fondo del suo petto, rauco e atterrito, graffiandogli la gola e strappando un’imprecazione sonora dalle labbra dell’altro ragazzo.

Izuku strisciò indietro sul selciato, scorticandosi i palmi per la fretta di allontanarsi e andò a sbattere con la schiena contro la pietra fredda di una lapide. Un singhiozzo strozzato si ruppe sulle sue labbra tremanti e Katsuki comparve nel suo campo visivo con un balzo. Calpestò con un suono raccapricciante e molle sotto le suole degli stivali il bulbo oculare, imprecando ancora una volta. ≪ Fanculo a quelle stronze. È gelatina o qualche schifezza simile. Opera di quella scema di Coda di cavallo. ≫ gli disse, sollevando il viso per guardarlo ma anche la sua voce rauca tradiva un lieve tremito, adesso. Il respiro gli sfuggiva rapido dalla bocca arricciata in una smorfia violenta. ≪ Cazzo, Deku, smettila di strillare come una fottuta ragazzina isterica. Si stanno a prendere gioco di noi, non lo vedi?! ≫

Izuku scosse la testa, rabbrividendo contro la fredda pietra. Ochaco. Ochaco. Come aveva potuto fargli uno scherzo simile la sua amica? Un verso strozzato gli sfuggì dalla bocca arricciata in una smorfia atterrita. Cercò di rialzarsi, ma pestò con le scarpe l’orlo del suo lungo lenzuolo e ricadde a terra, il cappuccio gli scivolò giù dalla testa e una pioggia di riccioli gli piovete davanti agli occhi.

Gliel’avrebbe fatta pagare, pensò con un motto di rabbia che gli arse in petto come un fuoco e gli fece venire voglia di gridare frustrato. Era semi sdraiato nella polvere e nella gramigna, raggelato fino al midollo in un ridicolo costume da fantasma, a tremare come una foglia. In nessun universo avrebbe voluto trovarsi in quella situazione, ancora meno avrebbe voluto vedere che la sua totale umiliazione veniva sancita da quegli occhi rossi che lo fissavano in silenzio, dall’alto del volto inespressivo dell’ultima persona al mondo da cui avrebbe voluto farsi vedere così.

Izuku sentì il viso avvampare e le ciglia inumidirsi di lacrime. Altro che aiutarlo, dopo questo Kacchan lo avrebbe schifato a vita, lui che i deboli gli aveva sempre disprezzati. Se aveva mai avuto una possibilità, Izuku seppe di essersela appena giocata e aver perso tutto. Il cuore gli sprofondò nel petto, chiuse gli occhi traendo un respiro tremulo e sentì il pietrisco scricchiolare sotto le suole degli stivali di Kacchan che si avvicinava lentamente.

Riaprì gli occhi e lo sbirciò da sotto i riccioli scuri che gli erano caduti in viso, la bocca arricciata in un broncio scontento. Kacchan sembrava imponente visto dal basso, il viso lupesco impenetrabile quanto i suoi occhi scuri che lo scrutavano come gocce di sangue nella neve. ≪ Sei il solito fifone, Deku. ≫ gli disse piano, contraendo la mandibola. ≪ Solo tu potresti spaventarti per una cosa del genere. ≫

Izuku si accartocciò su sé stesso con un senso di vuoto alla bocca dello stomaco e chinò il capo, affranto. Percepì il peso del suo sguardo addosso come un formicolio alla base del collo e un brivido gli corse lungo la spina dorsale, scuotendolo. Che fosse paura o l’aria gelida che gli penetrava dentro era difficile da dire. Forse era solo l’umiliazione di essere riuscito a cancellare in pochi minuti di panico qualsiasi progresso fosse riuscito a fare in quegli anni. Qualsiasi barlume di rispetto avesse guadagnato in quanto futuro eroe e uomo ai suoi occhi e ai propri.

Un lungo sospiro sfuggì dalle labbra di Kacchan perdendosi nel sibilo incostante del vento che si incanalava fra i rami e le lapidi. Lo sentì chinarsi in avanti con un fruscio, la mano grande e ruvida che gli afferrava il braccio e lo tirava, rimettendolo in piedi in malo modo. ≪ Dai, muoviti. ≫ borbottò fra i denti, la voce insolitamente bassa e calma. ≪ La chiesa è proprio alla fine di questa strada, ci siamo quasi. Muoviamoci e usciamo da qui. ≫

Izuku non oppose alcuna resistenza nel lasciarsi rimettere in piedi sulle gambe molli come gelatina. Tremava come una foglia e gli occhi verdi continuavano a scattare ovunque intorno a sé pur di non guardare in viso l’altro ragazzo. Un fruscio e una risatina sinistra risuonò nell’aria facendogli balzare il cuore in gola e tendere ogni muscolo rigido del corpo. Senza accorgersene mosse un passo istintivo e finì per andare a sbattere contro il petto di Katsuki che si irrigidì.

≪ Hai rotto le palle! ≫ gridò quest’ultimo con un motto di esasperata rabbia, strappando un verso strozzato dalle labbra di Deku. Lo guardò spaventato più da quell’improvvisa vicinanza che dall’espressione rabbiosa sul suo viso a cui era abituato. Kacchan, però, non lo spinse via. Non lo stava nemmeno guardando mentre puntava la torcia tutto intorno illuminando a caso tronchi ricurvi, lapidi di pietra e angeli piangenti i cui occhi sembravano sempre intenti a fissargli.

≪ Prima o poi ti rimetterai quei cazzo di vestiti e sarai individuabile. ≫ gli gridò dietro il ragazzo biondo, con una nota feroce nella voce rauca. ≪ E allora stai pur certa che ti troverò e anche se sei una ragazza ti farò rimpiangere di essere venuta al mondo! ≫

≪ Kacchan, non è carino… ≫ soffiò, con una punta di rimprovero nella voce bassa. Il corpo di Kacchan accanto al suo era caldo, il suo odore leggermente acre gli fece scorrere dentro un brivido inquieto che s’intensificò quando lui l’interruppe bruscamente. ≪ Zitto, Deku. ≫.

Kacchan reclinò la testa bionda in attento ascolto, come avrebbe potuto fare se quelle orecchie lupesche gli avessero conferito l’udito di un vero animale. Gli occhi rossi si socchiusero nello scrutare le ombre, ma se anche Hakagure non fosse andata via era impossibile per loro poterla individuare dal momento che era invisibile.

Il vento faceva frusciare le foglie, strappandole dai rami scheletrici degli alberi e sibilando fra le tombe. Izuku trasse un respiro tremante e strinse le braccia intorno il petto, cercando di porre fine al tremito che lo scuoteva. Patetico, si rimproverò. Se Endevour l’avesse visto in quel momento gli avrebbe revocato il contratto, disgustato di vedere il nome della sua famosa agenzia associato a un buono a nulla come lui e avrebbe avuto ragione.

Un sospiro teso gli sfuggì dalle labbra. Dio, quanto odiava Halloween. Era da quando aveva otto anni e avevano guardato di nascosto un film dell’orrore che non era così spaventato da quella stupida festa. Il respiro gli si ruppe sulle labbra in un verso strozzato, gli occhi verdi si chiusero per un istante. ≪ M-muoviamoci. ≫ sussurrò, lanciando un’occhiata alle proprie spalle dove il sentiero veniva ingoiato dalle ombre e dai banchi di nebbia. Da qualche parte, nascosta alla sua vista, doveva esserci la chiesa di cui aveva parlato loro Ochaco con la campanella da riportarle. ≪ Finiamo questa stupida sfida e non parliamone mai più. ≫

Un sussulto sorpreso lo scosse nel sentire la mano calda e ruvida di Kacchan afferrargli il polso e costringerlo a sciogliere la stretta sul petto. Izuku sollevò il viso rivolgendogli uno sguardo smarrito e il suo cuore sfinito da così tante intense emozioni diverse ebbe un ulteriore sussulto nel sentire le dita ruvide di lui scendere a intrecciarsi con le sue.

Intravide appena uno sprazzo dell’espressione cupa sul viso teso di lui, prima che gli voltasse le spalle e riprendesse a camminare spedito, tirandoselo dietro. ≪ K-Kacchan? ≫ lo chiamò incerto, la voce ridotta a un sussurro acuto, ma nessuna risposta venne dal ragazzo che lo precedeva. Tutto quello che gli concesse, a parte il calore bruciante della sua mano sulla propria, fu di guardare la linea marcata delle sue spalle, il sussultare soffice del cappuccio bordato di candida pelliccia e il biondo cenere dei suoi capelli da cui spuntavano due orecchie lupesche. Dettagli che Izuku osservò con un mezzo sorriso a curvargli le labbra.

La mano di Kacchan era calda come se la ricordava da quando erano bambini, più spessa sui palmi e decisamente più ruvida e grande dell’ultima volta in cui l’aveva stretta. Anche allora era stato perché si era spaventato, ma non ricordava più cosa l’avesse impaurito, quella volta, così tanto da farlo piangere e costringerlo a prenderlo per mano. Forse era solo che anche il piccolo sé stesso desiderava così tanto prendere Kacchan per mano da aver cercato di proposito un modo per riuscirci. Un po' come lui quando aveva accettato di entrare in quel cimitero.

Fu felice di scoprire che quel lato burbero della personalità di Kacchan esisteva ancora, da qualche parte sotto la sua smania di vincere e l’atteggiamento sprezzante.

≪ M-mi dispiace di aver gridato. ≫ mormorò Izuku, sentendosi scottare le guance per la vergogna. Dopo il trambusto di poco prima, il silenzio gli sembrò strano e graffiante. ≪ Mi ha sorpreso non vedere nulla e sentire solo q-quelle mani. ≫

Un brivido gelido gli risalì lungo la spina dorsale, era stata la cosa più strana che gli fosse mai capitata. Percepire qualcosa con tutti i sensi, ma non riuscire a vederla. Davanti a lui, Kacchan emise un verso insofferente che lasciava intuire tutta la sua contrarietà. ≪ Come sempre. ≫ sibilò fra i denti, la voce bassa e rauca e le dita che affondavano nella sua pelle. ≪ Tutto quello che sai fare è sputare fuori scuse del cazzo e stronzate varie. È meglio se la chiudi quella cazzo di bocca prima che decida di portarti fuori da qui a calci. ≫

Izuku si morse il labbro, risentito. Dopo la scenata che aveva fatto, non c’era da sorprendersi che il livello di sopportazione di Kacchan nei suoi confronti fosse sceso ancora. Oltre la sua figura mascherata, scorse i muri di pietra di una vecchia chiesa dall’aspetto dimesso che gli attendeva fra i banchi di nebbia.

Una strana sensazione gli strinse il ventre, facendogli accapponare la pelle. Gli occhi verdi corsero a guardarsi attorno, quasi aspettandosi di incrociare lo sguardo di qualcuno nel salire gli scalini consumati e si intensificò al cigolio sinistro dei cardini arrugginiti quando Kacchan spinse la pesante porta di legno per entrare. Un’unica stanza polverosa gli accolse al suo interno, rischiarata dalla luce calda delle candele che gettavano ombre sui loculi e sui fiori appassiti. Una raffica di vento entrò con loro facendo curvare le fiammelle e mettendo in allarme le ombre, spegnendo alcune luci con uno sfrigolio.

L’odore della cera calda e dei fiori appassiti lo colpì come uno schiaffo, dolce e intenso. Nell’ingresso freddo della navata, Katsuki socchiuse gli occhi rossi studiando l’ambiente circostante con sospetto. ≪ Che schifo di posto, da dove l’ha tirato fuori quella matta? ≫ borbottò e la sua voce strascicata rimbalzò fra le pareti in un’eco dimesso, facendogli scorrere dentro un nuovo brivido inquieto.

Izuku si liberò dalla stretta della sua mano a disaggio, attirando su di sé quegli occhi brucianti e cupi che lo scrutarono come se si aspettasse di vederlo piangere. Era l’ultima cosa che Izuku intendesse fare. Un verso strozzato gli sfuggì dalla bocca arricciata in una smorfia. ≪ H-ha fatto una ricerca sui cimiteri più vecchi in zona. ≫ sussurrò, lanciando sguardi tutt’attorno per assicurarsi che anche lì non gli attendesse qualche altra trappola, ma il suo sguardo incontrò solo pareti polverose su cui spiccavano lettere in ottone che riportavano dei nomi e delle date di nascita e morte annerite dal tempo. ≪ Ochaco è una che se una cosa decide di farla, la deve fare bene e questo cimitero è davvero molto vecchio. ≫

Solitamente, Izuku apprezzava questo lato della sua amica, solo che stavolta avrebbe preferito avesse ripiegato sulla solita banale festa a base di alcool e ridicoli costumi piuttosto che su una simile assurdità. Forse, se avesse bevuto abbastanza Kacchan si sarebbe perfino ammorbidito e sarebbero riusciti a parlare. Sicuramente, Izuku si sarebbe sentito più a suo agio se il suo cuore avesse smesso di sussultare a ogni rumore strano che i suoi sensi sovraeccitati coglievano.

Lanciò un’occhiata al ragazzo al suo fianco e deglutì. Percepiva una lieve tensione nervosa trasparire da lui, specchio di quella che sentiva strisciare dentro di sé. C’era qualcosa di estraneo in quel luogo, a quell’ora, qualcosa che forse con la luce del giorno non avrebbe trovato, ma che la notte gelida alle sue spalle e la luce dorata delle candele imprimevano in ogni ombra e pietra.

Non sapeva più dire se a renderlo inquieto fosse quello strano formicolio alla base del collo, la sensazione gelida di qualcosa che l’osservava dalle ombre alle sue spalle, o se era il suono dei passi indolenti che risuonavano nell’aria gelida, satura dell’odore dolciastro dei fiori morti e della cera, insieme alla voce rauca di Kacchan. ≪ E potrei pure essere d’accordo con lei, se non fosse schifosamente ridicolo tutto ciò. ≫ commentò con uno sbuffo, avanzando verso il fondo della navata.

Abbandonato da solo accanto alla porta, il rumore di un grattare sommesso sulla pietra gli arrivò alle orecchie e gli strappò un verso strozzato dalle labbra serrate. Si rifiutò di voltarsi a sbirciare fuori, assecondando i suoi folli e irrazionali timori e avanzò fra le alte pareti polverose. L’altare si trovava alla fine della navata, un unico blocco di pietra che sembrava quasi emergere dal pavimento, ricoperto da una sottile tovaglia candida e decorato da candelabri e lumini dalla luce rossa. Nell’avvicinarsi ai vasi di fiori sistemati con cura a terra per le celebrazioni di tutti i morti, Izuku scorse una fila ordinata di candele con delle scritte incise a indicare quali coppie avevano già portato a termine la sfida prima di loro.

Riconobbe quella di Jirou e Kaminari le cui grida acute erano arrivate fino al punto di partenza e oltre, nutrendo la sua angoscia nell’attesa del suo turno. Ochaco stessa con Tsuyu, entrate e uscite in quindici minuti senza che dal cancello sentissero alcunché di strano. Iida e Momo che si erano attardati più di quanto si fossero aspettati e che avevano sollevato più di un commento malizioso e qualche gomitata a Todoroki, impassibile come sempre. Una a una erano state allineate con cura sulla tovaglia candida e lasciate a bruciare come omaggio.

Izuku le osservò nella luce tremula e trasalì, voltandosi di scatto a guardare l’entrata alle loro spalle quando un colpo di vento portò un raschiare sommesso e fece tremare le fiamme delle candele, curvandole e spegnendone alcune.

≪ Perché stai ancora tremando, Deku? ≫ La voce di Kacchan di genere così aspra e sprezzante, risuonò nel silenzio penetrante della chiesa come un sussurro vellutato. Quasi una carezza che accentuò il brivido che gli scivolava sulla pelle fredda. Izuku deglutì, voltandosi a guardare il suo profilo nella luce tremula, avvolto da ombre che ne accentuavano i tratti più marcati. ≪ I-io… ≫ sussurrò e le guance gli scottarono per la vergogna mentre ammetteva di malavoglia. ≪ odio questo posto e odio questa stupida sfida. ≫

≪ Lo so. ≫ rispose lui, con una semplicità tale da lasciarlo spiazzato per un’istante. ≪ Lo sai? ≫ ripeté, la bocca schiusa per la sorpresa di non scorgere alcuna nota astiosa nella voce dell’altro. Gli occhi rossi di Kacchan, solitamente sempre pronti a fulminarlo con occhiate cupe ogni volta che sul campo si metteva in pericolo o faceva qualcosa che reputasse stupido, ora fissavano il tremolio della fiamma di una candela con un’ombra a oscurarne l’iride. ≪ Tu l’hai sempre odiato Halloween fin da quando eravamo mocciosi. ≫ borbottò, allungando la mano a coppa intorno alla piccola fiammella e schermandola dall’aria gelida che entrava dalla porta aperta. ≪ Non posso credere che tu sia stato così stupido da accettare di fare questa sfida quando ne sei spaventato. È ridicolo quasi quanto il fatto che se si trattasse di dover catturare un pericoloso omicida, non lo saresti affatto. ≫

Izuku lo guardò con gli occhi sbarrati e le labbra schiuse, incapace di smettere di fissarlo. Avrebbe voluto fargli notare quanto fosse diverso dover affrontare una persona in carne ed ossa dall’attraversare un luogo dall’atmosfera così opprimente, ma l’unica cosa su cui la sua mente riusciva a concentrarsi era quel piccolo accenno al loro passato comune. ≪ T-te lo ricordavi, Kacchan? Davvero? ≫ mormorò, quasi fra sé e mentre lo diceva qualcosa gli si agitò dentro. Katsuki arricciò la bocca in una smorfia irritata, gli occhi pieni di ombre sotto le corte ciglia bionde. ≪ Certo, idiota. Mica soffro di amnesia o demenza. ≫ sbuffò, facendolo arrossire.

La luce mutevole delle candele disegnava un gioco di ombre sul suo viso solenne e distante, colorandogli la pelle di una sfumatura rosata. ≪ Ci ho pensato in questi giorni, al perché avresti potuto accettare di fare questa cosa. ≫ mormorò, gli occhi rossi intenti a fissare qualcosa che sembrava vedere solo lui, riflesso nel cuore ardente di quella piccola fiamma. Izuku avvertì una stretta allo stomaco al suono rauco della sua voce, così bassa da essere appena udibile nel silenzio della cappella. ≪ Mi ci sono rotto la testa, ma non riesco davvero a capire cosa ti abbia spinto a fare una cosa del genere. ≫

Le labbra gli tremarono nello schiudersi, le mani nascoste sotto il lenzuolo candido si contrassero e Izuku mosse un passo in avanti, riducendo la distanza fra di loro. ≪ Perché sapevo che ci saresti stato tu. ≫ sussurrò con un filo di voce che si confuse allo sfrigolio delle candele e al sibilo del vento. Il corpo di Kacchan si tese a quelle parole, tanto che immaginò di poter vedere le orecchie lupesche fremere in ascolto mentre Izuku sussurrava, carico di aspettativa. ≪ Ci sei tu, qui con me, perciò… anche se lo odio sono anche un po' felice di averlo fatto. ≫

Gli occhi rossi si sollevarono a incrociare i suoi, gemme scure che gli fecero scorrere un brivido inquieto sotto la pelle. Il respiro gli sfuggiva rapido dalle labbra schiuse, infrangendosi nel silenzio penetrante. Riusciva quasi a sentire i meccanismi della mente di Kacchan che lavoravano frenetici per capire cosa intendesse. In quel ambiente freddo con l’odore dei fiori morti e della cera disciolta a riempirgli il petto, realizzò che Ochaco aveva ragione. Piuttosto che stare fermo ad aspettare che qualcun altro si facesse avanti e si prendesse quello che voleva lui, doveva almeno provare ad accorciare le distanze.

≪ Kacchan ≫ sussurrò con un filo di voce e dovette interrompersi per cercare il coraggio e le parole. Riccioli scuri gli scivolarono sugli occhi nel chinare appena la testa e sbirciarlo da sotto le lunghe ciglia nere, un groppo a chiudergli la gola. ≪ Mi dispiace. È stata una stupida idea, ma non è facile riuscire a parlare con te e pensavo… che forse in questo modo le cose avrebbero funzionato. ≫

Sul viso marcato di lui comparve un’espressione indecifrabile, gli occhi rossi si socchiusero nell’osservarlo gettando un’ombra sugli zigomi marcati. Izuku rabbrividì nel sentire la mano calda e ruvida di lui sfiorargli il collo e stringere il tessuto sottile del cappuccio, sollevandolo a coprire i riccioli scuri. ≪ Questo perché sei un idiota. ≫ sussurrò, la voce bassa e rauca e gli occhi rossi fissi in quelli verdi di lui. Qualcosa di caldo gli si agitò dentro nel vederlo reclinare la testa di lato, un sorriso sghembo a curvargli le labbra e conferire qualcosa di feroce alla sua espressione.

Il respiro gli morì sulle labbra in un verso strozzato e il cuore prese a battergli rapido in petto. Le dita di Kacchan stringevano il tessuto sottile del lenzuolo coprendogli la testa, l’altra mano scese a scavarsi la strada fra le pieghe del lenzuolo fino a sfiorare la cintura al di sotto. ≪ Ma è un bene che ci sia io qui con te, Deku. Non hai nulla da temere, non è per questo che hai fatto in modo che la tua amichetta estraesse il mio di nome? ≫

Izuku trasalì. ≪ Tu… l’avevi capito? ≫ mormorò sorpreso e il sorriso sul viso di lui si inclinò fino a svanire. Le guance gli bruciarono nel sentire quelle dita agili stringere e sfilare la candela dalla cintura dei suoi pantaloni per posarla di traverso sull’altare. Avvertì sulla pelle, attraverso i vari strati dei vestiti, l’assenza del suo tocco sulla pelle e il dolore sordo che gli causò. Un formicolio che correva lungo il ventre e gli tolse il respiro per il bisogno di inseguire quel contatto fantasma. La mano afferrò quella di lui, facendolo trasalire sorpreso.

≪ Cosa…? ≫ esclamò Kacchan con un verso strozzato, fissando sorpreso la mano che ricopriva la sua tenendola sull’altare. Izuku premette le dita sul dorso, sentendo i tendini al di sotto dei polpastrelli e il calore emanato dal suo tocco. ≪ L’ultima volta che abbiamo festeggiato Halloween… ≫ mormorò con un tremito nella voce che attrasse quegli occhi scuri come rubini sul suo viso lentigginoso. ≪ Anche allora mi sono spaventato e hai dovuto fare qualcosa per calmarmi. Mi hai preso per mano e hai detto che finché ci fossi stato tu non avrei dovuto avere paura. T-ti ricordi, vero? ≫

Sotto il suo sguardo, la luce mutevole delle candele generava un gioco di ombre e sfumature di colore sul viso confuso di Kacchan che lo fissò sbattendo le palpebre in silenzio. Izuku avvertì il battito del suo cuore farsi doloroso, ma era troppo tardi per tornare indietro e rimangiarsi tutto. Strinse la mano di Kacchan sull’altare, sfiorando con la punta delle dita la cera dura al di sotto e la sua voce ebbe un lieve tremito nel continuare. ≪ Volevo solo un’occasione… un’occasione per stare con te da soli. ≫ ammise e le guance gli scottarono per un improvviso imbarazzo.

Un sibilo sfuggì dalle labbra di Kacchan, la bocca gli si arricciò in una smorfia incredula, mentre Izuku ancora sussurrava con voce tremante di emozione a stento contenuta. ≪ Lo so che è stupido e che probabilmente non serve a nulla, ma sono l’unico che non lasci mai avvicinare e non capisco perché. Ti conosco più di chiunque altro, eppure… Tu non scherzi mai con me. Non mi parli mai. Io… vorrei che lo facessi, almeno un po'. Vorrei che tu mi vedessi. ≫

Gli occhi di Kacchan si socchiusero nella luce mutevole, profondi e intensi come fiamme racchiuse in vetro impenetrabile da cui Izuku non riusciva a distogliere lo sguardo. C’erano centinaia di cose che voleva dirgli, ma in quel momento non riusciva a ricordarsene nemmeno una. Davanti all’intensità di quegli occhi, perfino la consapevolezza di dove si trovasse e perché sembrava svanire.

Non era sicuro di chi dei due si fosse mosso per primo, né come successe. Un attimo prima stava annegando in quel mare scarlatto, con il petto sconvolto da un misto di sensazioni diverse e l’attimo dopo, la sua bocca era piena di calore liquido e di qualcosa di dolce. Le dita di Kacchan affondarono nel tessuto del cappuccio tirandolo a sé e sfiorandogli la guancia con una dolcezza di cui non lo riteneva nemmeno capace. Le sue labbra si mossero su quelle di lui e la sua lingua si spinse a cercarlo, affondando nel incavo della bocca e stuzzicandogli il palato. Izuku trattenne il fiato, la mano che si sollevava a cercare il calore del suo corpo trovando il tessuto morbido del suo giubbotto a cui appigliarsi.

Un verso strozzato gli sfuggì dalla bocca premuta sulla sua, le ciglia sbatterono gettando un’ombra sugli zigomi arrossati e tutto finì come era cominciato. Deku si trovò a trattenere il fiato nella stretta navata carica dell’odore di fiori appassiti e cera sciolta. Nella luce danzante della fiammella gli occhi socchiusi di Kacchan erano pieni di ombre e la sua bocca si arricciò in un piccolo sorriso sghembo nel vedere che Izuku non indietreggiava. Sulle sue labbra era rimasta una lieve traccia di quel bacio e aveva il sapore di Kacchan.

≪ Quindi era di questo che parlavate tu e quella streghetta. ≫ mormorò con quella sua voce bassa e rauca, appena strascicata, che strisciò nel silenzio della chiesa come se emergesse da un racconto. ≪ Avrei dovuto capirlo, che idiota. ≫ borbottò con una risatina sprezzante. ≪ Ed io che pensavo ti piacesse il Bastardo visto come gli scodinzoli sempre dietro. ≫

Izuku si sentì scottare le guance e la bocca gli si schiuse con un tremito come a rispondere in ritardo a quel contatto, ma nessun suono ne venne fuori. Nessuna parola. Non c’era nulla che potesse dire, sorpreso com’era. Non avrebbe mai pensato che il suo primo bacio sarebbe avvenuto in quel modo, in piedi davanti a un altare su cui bruciava una fila ordinata di candele con addosso dei ridicoli costumi.

Kacchan non si era mosso, inarcò un sopracciglio biondo e lo guardò un po' sorpreso quando Izuku strinse la presa sul giubbotto e si spose in avanti, inseguendo quel contatto di cui era stato privato troppo presto. Di una cosa era certo anche se in modo alquanto vago e irrazionale. Se l’avesse lasciato uscire da quella chiesa senza fare niente di niente, quel bacio sarebbe sfumato e svanito nelle ombre di quella notte. Non sarebbero mai stati in grado di parlarne. Peggio ancora, aveva il terrore che avrebbe sancito la fine di ogni cosa. Quei piccoli miglioramenti ricavati in quegli anni, i progressi fatti e perfino quella vicinanza ritrovata durante quella sfida… avrebbe perso tutto quanto.

Il pomo d’Adamo nella gola di Kacchan ebbe un piccolo sussulto sotto gli occhi grandi e scuri di lui, la sua bocca si schiuse ancora prima che Izuku la sfiorasse con la propria. Non fu gentile nel catturargli le labbra e graffiarle con i denti. Kacchan non era mai stata una persona gentile e delicata. Izuku trattenne perfino il fiato nel sentire quella bocca voluttuosa spingersi a cercarlo affamato, muovendosi con una sicurezza che lui non aveva. Un brivido gli corse lungo la pelle e Deku allungò una mano per affondarla nella massa scarmigliata dei capelli di lui, soffici proprio come gli aveva sempre immaginati.

Un verso strozzato gli sfuggì dalle labbra schiuse e si perse nel silenzio penetrante della chiesa. C’era qualcosa di sacrilego nello stringerlo in un ambiente simile, qualcosa che l’odore di fiori morti e cera disciolta sembrava rimarcare. Nell’aria il rintocco secco di qualcosa di metallico che urtava la pietra rimbalzò fra le pareti polverose. La porta si spalancò con un grido dei cardini arrugginiti all’impeto improvviso del vento che fece irruzione spegnando metà delle candele e facendogli sussultare entrambi per lo spavento.

≪ A cosa state giocando? ≫ chiese una voce dolce come campanelle al vento coprendo il frusciare delle foglie che rotolavano sul pavimento, sospinte dal vento gelido.

Izuku balzò indietro al suono infantile di quella voce cristallina, incespicando nelle scarpe rosse per la vergogna di essere appena stato scoperto a baciare un ragazzo davanti a un altare nel cuore della notte. Nella sagoma della porta aperta fra le ombre e la nebbia, una bambina gli osservava con occhi neri come la notte, la bocca sottile tesa in un sorriso che gli fece scorrere un brivido inquieto su per la spina dorsale. ≪ Posso giocare anche io con voi? ≫



--- Angolino Lacie ---

Finalmente sono riuscita a pubblicare la terza e penultima parte, alla faccia della connessione internet che non funzionava. Domani (o al più tardi dopo domani) pubblicherò anche l'ultima che conterrà un Pov di Katsuki.

Inutile con lui mi sento più a mio agio a scrivere XD

Inoltre, è una tempistica azzeccata perchè con l'arrivo della bambina è scattata la mezzanotte nella storia.
   
 
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