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Autore: Gaia Bessie    19/11/2021    3 recensioni
Era ottobre.
Le ragazze cominciavano a fare la muta, mettendo via le penne per poi riscoprirsi imbacuccate fin dentro le ossa, rivestite di pile e lana, che del loro viso si scorgeva solamente il naso arrossato e qualcosa degli occhi, il sorriso mai più. E poi si prendevano in giro a vicenda – tu hai la sciarpa fino agli occhi, pensa! E tu hai messo le calze in lana, e non è nemmeno metà mese! – finché, a ridere, non faceva male la pancia, anche quando da ridere c’era poco.
Poi, quando a fine mese qualcuna s’innamorava e finiva a farlo nel primo angolo buio disponibile, le altre non ridevano più: la guardavano con invidia e con malcelata ammirazione, perché ci voleva un coraggio superiore a quello dei Grifondoro per appartarsi in un’aula vuota o in un bagno, alla sera, sfidando il rischio d’incontrare professori o Caposcuola.
E, se qualcuna ci rimaneva, erano cazzi suoi.
[Fred/Astoria | Long-fic]
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Fred Weasley | Coppie: Astoria/Fred, Draco/Astoria
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Avrei solo voluto (che t’innamorassi di me)
 
Prologo.
 
Era ottobre.
Le ragazze cominciavano a fare la muta, mettendo via le penne per poi riscoprirsi imbacuccate fin dentro le ossa, rivestite di pile e lana, che del loro viso si scorgeva solamente il naso arrossato e qualcosa degli occhi, il sorriso mai più. E poi si prendevano in giro a vicenda – tu hai la sciarpa fino agli occhi, pensa! E tu hai messo le calze in lana, e non è nemmeno metà mese! – finché, a ridere, non faceva male la pancia, anche quando da ridere c’era poco.
Poi, quando a fine mese qualcuna s’innamorava e finiva a farlo nel primo angolo buio disponibile, le altre non ridevano più: la guardavano con invidia e con malcelata ammirazione, perché ci voleva un coraggio superiore a quello dei Grifondoro per appartarsi in un’aula vuota o in un bagno, alla sera, sfidando il rischio d’incontrare professori o Caposcuola.
E, se qualcuna ci rimaneva, erano cazzi suoi. Non capitava quasi mai, erano tutte molto attente con l’incantesimo per la contraccezione, ma ogni tanto qualcuna sbagliava o se ne dimenticava e, allora, le altre voltavano la schiena e fingevano di non vedere: te la sei cercata, mormoravano, ti è stata bene, adesso imparerai a imparare l’unico incantesimo che ti servirà mai nella vita.
Si diceva che fosse successo alla Greengrass maggiore, Daphne, e che piuttosto di subire la vergogna di girare con il pancione per tutta Hogwarts, se lo fosse cavato via dal ventre con una pozione, finendo poi in infermeria per due settimane e mezzo. Nessuno aveva osato toglierle il saluto: ne avessero avuto il fegato, avrebbero fatto tutte quante così.
Daphne Greengrass non aveva sprecato una parola sulla propria degenza in infermeria, squadrando le proprie compagne di Casa con aria insopportabilmente altera e domandando: che ne sapete, voi, di cosa ho avuto? Una brutta influenza, per quanto ne sapete, sono stata uno straccio per giorni. Chiedete ad Astoria, se non ci credete.
La sorellina chinava il capo e pigolava sì – non la si era vista andare in infermeria a trovar Daphne nemmeno una volta e, si diceva, fosse perché la Greengrass maggiore covava qualcosa di contagioso o peggio.
Ma, il giorno in cui Astoria cominciò a sparire nelle ore buche e negli intervalli di tempo, bisognò cominciare a domandarsi se non sarebbe stata lei, la prossima a rimanerci – perché si trovava nei ritagli tra le lezioni e scarabocchiare su pergamena e a sospirare un nome che nessuno riusciva (o voleva) comprendere.
Così, quando il dodici ottobre compì finalmente quattordici anni, sua sorella le regalò una sciarpa in cachemire azzurro chiaro (così ti ci ripari il collo o, se finisci a far la fine della puttana, ti ci puoi impiccare) e un sorriso divertito. Pansy, che si era disputata prima i giochi e poi i ragazzi con sua sorella, la prese da parte e le fece vedere come eseguire l’incantesimo anticoncezionale: non si sa mai, le sussurrò con un sorriso un po’ mesto, spero che tu non debba usarlo troppo presto, Ria.
Astoria sognava in piccolo – conosco mia sorella, commentava Daphne quando le domandavano delle sparizioni della piccola Ria, quella sarebbe capace d’innamorarsi del primo disposto a guardarla due volte. No, no, non te Draco: la guardi davvero troppo e, se posso, inizia a diventare inquietante anche per me che non ci sono dentro.
Ed era sempre ottobre, il giorno in cui Astoria Greengrass saltò lezione di Incantesimi, adducendo il pretesto di un mal di testa e scomparendo fino a sera – Daphne non pose la domanda, temendo una risposta, né Astoria diede spiegazioni. Ma, dentro di sé, la maggiore delle Greengrass lo percepiva con un’ondata di disgusto così forte da toglierle il fiato.
Sua sorella si era innamorata.
Avendo ancor meno ragioni di voler sapere, s’era detta che le sarebbe passata: a quattordici anni, aveva detto a Pansy quando lei le aveva domandato, sei fatta d’aria e sogni – s’infrangono, se ne formano altri: Astoria è piccola, deve ancora crescere.
Ma, quando nel corso delle ultime due settimane del mese finì in Infermeria tre volte, Daphne cominciò a domandarsi cosa non andasse in sua sorella – e, per un momento che durò un’infinità di tempo, si dovette chiedere se Pansy non le avesse insegnato male l’incantesimo che tutte le ragazze conoscevano.
Poi, s’era fatta coraggio e aveva frugato nel baule della piccola Ria: ne aveva rinvenuto vestiti spiegazzati, ninnoli e collanine, chincaglierie inutili, rotoli di pergamena intonsi e pacchi su pacchi di Merendine Marinare.
Aveva riso – Daphne Greengrass, che aveva la fermezza d’un Auror e il cuore di ghiaccio, s’era messa a ridere seduta sul letto della sorella, così forte che una o due ragazze del terzo anno si erano avvicinate per chiederle cosa avesse.
Quand’aveva smesso, aveva rimesso tutto a posto ed era andata a cercare la sorella: l’aveva trovata in Infermeria, con Madama Chips che cercava di tamponarle una copiosa emorragia nasale, borbottando fra sé e sé.
Gliel’aveva domandato così. Senza gentilezza, senza comprensione – l’aveva guardata negli occhi e l’aveva domandato, che fosse giusto, ingiusto, dovuto o non dovuto: e lei non aveva riposto, non ne aveva avuto la forza.
«Un Weasley, Ria?» la voce di Daphne aveva infranto il silenzio e, agli occhi di Astoria, suonava di minacce e promesse allo stesso tempo. «Dici per davvero?».
Astoria aveva stretto le mani in dei pugni, senza riuscire a cavarsi di bocca una bugia o una mezza verità, di fronte allo sguardo inquisitorio di sua sorella.
«Non sono affari tuoi» aveva pigolato, infine. «Pensa alle tue cose, Daph».
Sua sorella aveva sospirato, un po’ teatralmente – almeno ti ricordi come si fa l’incantesimo?
Sì, me lo ricordo.
«Fai attenzione» l’aveva rimbrottata Daphne, scompigliandole il capo bruno con un sorriso. «Va bene?».
Non mi guarderà mai, aveva pensato Astoria, anche se mi metto lì sotto il suo naso per tutto il giorno. A sua sorella non l’aveva detto, ma aveva ricambiato il sorriso e mormorato un va bene a mezza bocca.
Io non sono te, avrebbe voluto dirle, io non farò mai la fine che hai fatto tu.

 


Avevo bisogno, in dieci anni che scrivo di questa coppia, di regalare loro una long-fic, seppure a frequenza boh (non so quando aggiornerò, seguitemi su IG e FB per avere notizie - rispettivamente bessie_efp e Bessie Efp) e quindi eccomi qui.
Se supportate questa coppia, vi chiedo di passare a votare qui, così dal farla proseguire insieme ad altre coppie.
Un bacio e a presto!
Gaia
P.S. Il titolo è preso dalla canzone "Avrei solo voluto" di Rea.
   
 
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