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Autore: ladypink88    21/11/2021    3 recensioni
Laura non è e una ragazza famosa, tanto meno un personaggio importante. Ma quello che si ritrova a vivere è l'incubo di una dipendenza da una droga legalizzata : per risolvere un problema, si ritrova poi a doverne affrontare un altro più grande. Ma questa è anche la storia di un cammino che la porterà verso una silenziosa, ma avvincente vittoria. Intrecci, storie, sentimenti. Un amicizia, un amore, un amante. Due vite che si uniscono in una promessa che sa di eterno.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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La mattinata era decisamente volata per Silvia quella mattina. E per fortuna.

Così non ho dovuto fare i conti con il caos mentale che mi ritrovo in testa”

Mentre usciva dagli studi RAI e si dirigeva verso il suo bar di fiducia per prendersi un caffè nel suo quarto d’ora di pausa, la donna si era reso conto che il suo caos aveva un nome e cognome.
Ciò di cui però era ignara era che il suo dilemma aveva anche le gambe, ed era diretto a tutta velocità verso di lei.

Mentre sorseggiava con gusto il suo caffè, una voce la sorprese alle spalle :

“ Ciao Silvia, disturbo?”

Alla povera bionda venne un colpo. Era talmente stupefatta che le caddè la tazzina che aveva in mano con tutto il suo contenuto, sporcando il tavolo e il maglioncino rosso a costine che indossava in quel momento.

“ Lorenzo, ma che diamine ci fai qui?” riuscì a dire.
“ Sono venuto a prendere un caffè con te, facile no? Solo che vedo che ti sei portata avanti!” fece il brillante lui.

Silvia era decisamente senza parole, mentre lui era riuscito a trovare quelle giuste.
Ciononostante non era intenzionata a dargliela vinta troppo presto.

“ Mi dispiace signor Ghezzi, ma come vede il mio caffè l’ho già preso, o meglio, avevo intenzione di prenderlo da sola!” rispose lei sullo stizzito andante.

Ma lui non era certo arrivato fino a lì per farsi dare un due di picche.

“ In effetti un invito per bere un caffè era poco adatto, mi scuso per questo e cercherò di rimediare invitandola a pranzo !” disse con tono galante.

Sembrava quasi che Silvia avesse perso la lingua!
Riuscì solo a balbettare un poco convincente :

“ Non è possibile… io …adesso…”
“ Se non sbaglio tu tra mezzora dovresti avere la pausa pranzo… tra 90 minuti precisi ti prometto che sarai qui puntuale? Accetti?”

Lorenzo non aspettò la risposta della bionda, semplicemente la portò sulla sua macchina forte del fatto che chi tace acconsente.
Dopo esattamente 10 minuti Silvia , stranamente silenziosa , si stava chiedendo che cosa ci facesse in macchina con lui.

Quante notti insonni aveva trascorso per causa sua?
Quanti sensi di colpa?
Quante lacrime aveva versato?
E niente …. Ora era in macchina con lui.

“ Sono una perfetta idiota!” disse a sé stessa.

Lorenzo, vedendola taciturna le chiese:
“ Tutto bene? Mi sembri un po’ silenziosa!”
“ Secondo te questo è normale? Dimmi! Ti pare il caso di venire fino al mio posto di lavoro ? Almeno avresti potuto telefonarmi!” esclamò lei inacidita.
“ Avrei potuto …” assentì lui.

Ma poi poco convinto, aggiunse:
“ Ma mi avresti risposto?”
“ Ma ovviamente no!” rispose lei con fare deciso.
“ Allora ho fatto bene vedi?”
“ Lasciamo perdere!” tagliò corto lei, con un sorriso di striscio.

Faceva la stizzita, ma sotto sotto il suo cuore sfarfallava di felicità.
Era così contenta e leggera che le sembrava di essere in un sogno.
Dall’altro canto però non voleva illudersi troppo, perché poi sapeva come andavano a finire questi sogni.
In lacrime e disillusione.
Ma dato che era lì, tanto valeva godersi il momento.

Aveva scelto di farsi trascinare da quelli che erano probabilmente dei capricci temporanei del rettore della Cattolica, tanto valeva approfittarne e godersi il lato positivo della faccenda.
Era talmente presa dai suoi torpiloqui mentali, che qualcosa attirò la sua attenzione all’istante.

“ Lorenzo, fermati un secondo, c’è una persona con cui voglio parlare!” esclamò all’improvviso.
“ Ehy Manuel!” urlò Silvia.

Quello che aveva visto in lontananza era proprio il ragazzo amico di Serena.
Voleva sapere come stava Laura, dato che non aveva più avuto notizie.
Manuel si sentì chiamare all’improvviso, ma non vide nessuno al principio, quando alla fine sì, quella donna che lo stava chiamando era la medesima che aveva riaccompagnato Laura a casa il giorno prima quando era stata male.
Si avvicinò alla macchina.

“ Buondì. Silvia giusto?” chiese educatamente.
“ Sì ragazzo! Scusa se ti ho chiamato in questo modo, ma volevo sapere come stava Laura, quella birbante di Serena non mi ha ancora fatto sapere nulla!” si giustificò.

Lorenzo rimase in silenzio in macchina osservando la scena alquanto interessato.
“ Ci mancherebbe! Stamattina Laura sta abbastanza meglio, anche se insomma il problema è abbastanza tosto e va risolto alla radice, e credo proprio che ci vorrà del tempo!” rispose lui con fare serioso.
“ Spero non sia nulla di grave…” indagò Silvia, ripensando alla faccenda della sorella.
“ Diciamo che non è una faccenda che si può spiegare in questa sede!” tagliò corto Manuel, facendo intendere che non aveva troppa intenzione di parlare di cose private di fronte a degli estranei.

La donna comprese ciò che il ragazzo voleva comunicargli e osservò prima Lorenzo, poi il biodino e decise che tanto valeva presentarli.

“ Hai ragione anche tu Manuel, lui è il padre di Serena, il Magnifico Rettore Lorenzo Ghezzi!” disse ridendo con tono giocoso.
“ A parte gli scherzi, lui è Lorenzo, il padre di Serena!”

Il biondino ricollegò al volo. Era proprio lui l’uomo con cui aveva parlato al telefono tempo prima.
Si sentiva terribilmente a disagio e non aveva idea di cosa dire.
Ma il ghiaccio venne rotto da Lorenzo, che finalmente parlò :

“ Finalmente ti conosco Manuel, sai Serena mi ha parlato molto di te!” esclamò l’uomo uscendo dall’auto e porgendogli la mano.
“ Oh spero che abbia detto anche qualcosa di positivo signor Rettore!” esclamò un alquanto intimidito Manuel.
“ Per favore, chiamami Lorenzo. E comunque sì,  di te ha detto cose molto positive!” esclamò con tono chiaro e cordiale.

Il ragazzo si sentiva sottoesame e non riusciva a rilassarsi. Doveva assolutamente trovare un modo di defilarsi o sarebbe arrivato tardi al suo impegno.

“ Io devo proprio scappare perché devo prendere il treno. Silvia, Lorenzo è stato un piacere! “
“ Il piacere è tutto nostro!” esclamò Lorenzo.

Mentre Manuel stava per andarsene l’uomo decise di fermarlo solo per un secondo :
“ Manuel, ascolta!” lo chiamò.

Lui si girò e lo guardò incuriosito :
“ Mi dica..”
“ Se per caso dovessi avere qualche problema, non avere dubbi e passa dal mio ufficio!” esclamò lui.
“ Signore, se intende parlarmi di mio padre io non voglio saperne nulla!” esclamò lui risoluto.
“ Non ne ho nessuna intenzione, stai tranquillo” lo rassicurò lui.
“ Allora grazie! Buona giornata, io scappo!” sorrise Manuel.

E se ne andò.

Silvia osservò la scena totalmente stupefatta.
Pensava che quei due non si conoscessero, e invece non era così.

Non appena Lorenzo rientrò in macchina esclamò :
“ Allora dove andiamo a pranzare?”
Lei lo guardò incredula :
“ Ma come fate a conoscervi tu e Manuel?” indagò.
“ Infatti non ci conoscevamo!” si giustificò lui.
“ Sì, certo. E di cosa stavate parlando?” chiese lei.
“ Intendevo dire che non ci siamo mai visti di persona fino ad oggi. Ma ho avuto l’onore di parlare con lui telefonicamente. Ed è stata una delle telefonate più importanti della mia vita devo dire” confessò lui forse più a sé stesso che a Silvia, la quale era sempre più confusa.
“ Senti, mi hai incuriosita, ti va se mi racconti meglio davanti ad una piadineria? Serena e Laura me ne hanno parlato talmente tanto che mi hanno fatto venire voglia di provarla!”
“ Il Magnifico Rettore che va a mangiare in piadineria? Ma mi ci vedi?” la schernì lui.
“ Bè, onestamente sì!”
“ E sia allora!”

Ed entrambi scoppiarono a ridere avviandosi verso quello che sarebbe stato il primo di tanti pranzetti insieme.
O almeno quello era il piano di Lorenzo.

Gli era sembrato di vivere in bianco e nero negli ultimi 15 anni .
E poi, era bastato toccare il limite, provare un dolore lancinante.
Capire che aveva totalmente perso il centro.

Era bastata una semplice telefonata a farlo sentire così ridicolo.
Si sentiva in debito con quel ragazzo.
Non sapeva come ma in qualche modo l’avrebbe aiutato.

Era proprio vero : una volta toccato il limite, si può solo risalire.
Ed era quello che stava facendo lui.
Ora ricominciava a vedere il mondo a colori, e quei colori voleva gustarseli tutti, dal primo all’ultimo.
 
 
 
 
   
 
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