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Autore: NyxTNeko    21/11/2021    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 125 - Amore e Psiche -

7 dicembre

Nonostante fosse tornato da poche ore nel suo quartier generale, la mente di Napoleone era ancora ferma all'hotel de Chantereine, a quella notte in cui, il giovane generale aveva dovuto cedere, ancora una volta, all'amore. Aveva cercato di non illudersi più, di ricordare quante sofferenze aveva provato per colpa di quel terribile sentimento.

Eppure non riusciva ad allontanarlo, non dopo ciò che era accaduto quella sera, mentre avevano cenato. Lei lo aveva invitato a degustare dei piatti che lui non aveva mai visto, i cibi erano cotti ed elaborati in una maniera inedita, gli aveva spiegato che erano metodi e alimenti che provenivano dalla sua Martinica "Provenite dalle Antille?" aveva chiesto Napoleone colto di sorpresa, aveva sempre pensato che il suo esotismo fosse dovuto a comportamenti imposti, non certo per predisposizione.

"Sì, sono una creola" aveva confermato lei con dolcezza e fascino, lo aveva accarezzato suo viso e aveva puntati i suoi languidi occhi castani su di lui "Ma anche voi provenite da un'isola mi hanno detto" aveva aggiunto poi, curiosa di avere una conferma.

"Sono nato e, per qualche tempo cresciuto, ad Ajaccio, in Corsica, un'isola del Mediterraneo" aveva risposto semplicemente Napoleone. Aveva sperato di non provare troppo dolore quando le aveva riferito questa semplice notizia, perché era ancora una ferita che gli faceva ancora male e gli aveva fatto ricordare, per un istante, i primi felici anni dell'infanzia. Quando nel suo cuore vi era ancora il sogno dell'indipendenza e l'illusione di un futuro glorioso per la sua isola "Ma adesso mi sento profondamente legato al Continente, anche per via della carriera militare, studio in Francia fin da quando avevo pressappoco dieci anni".

I due aiutanti, nel frattempo, lo avevano visto tornare con aria trasognante e rilassata, mai era capitato di trovarlo così, nemmeno quando era ancora legato a Desirée e gli arrivava una lettera da parte della ragazza - Comandante - lo chiamò Junot, mentre gli passava davanti, senza accorgersi minimamente di lui - Comandante - tentò di nuovo, ma ancora non gli aveva dato retta - Muiron provateci voi, magari con voi si ridesta... conoscendovi

- Ci provo amico mio - rise divertito - Ma non vi garantisco nulla, non so fare magie o miracoli

- Provateci lo stesso...dobbiamo sapere cosa è successo ieri sera... - affermò, prendendogli un braccio, era effettivamente curioso di sapere quale stregonerie avesse lanciato quella donna sul loro comandante per ridurlo in quello stato.

- Sicuramente non gli è andata male, stavolta, è più che evidente, no? - aveva staccato la mano dal suo braccio - Ma ora calmatevi o non risolveremo nulla

Junot lasciò il braccio e annuì - Avete ragione, Muiron, mi stavo lasciando trascinare dall'entusiasmo e perdendo la lucidità - notò che il generale aveva lasciato la porta dello studio aperta, cosa assai insolita da parte sua, dato che la chiudeva sempre, anche per una breve visita - Guardate amico - gli indicò la porta stupefatto.

- Dev'essere proprio malato allora - ridacchiò Muiron, cercando di trattenere le risate fragorose che volevano uscire dalle labbra - Alla fine l'ha presa anche lui

Il collega lo guardava stralunato, senza comprendere il perché del suo atteggiamento, gli pareva irrispettoso ridere di lui, inoltre se lo avesse scoperto sicuramente si sarebbe infuriato e sinceramente non aveva alcuna voglia di fargli perdere la pazienza o il buonumore - Ma che state dicendo Muiron? Di che malattia state parlando? - chiese perplesso.

Muiron lo osservava e poi gli consigliava di avvicinarsi alla porta di Buonaparte per poterlo osservarlo assieme a lui, era seduto al suo posto, con il volto tra le mani - Espressione incantata e felice, viso leggermente inclinato, continui sospiri e rossore sulle guance - emise sorridendo dolcemente - Ha sicuramente la malattia dell'amore!

- L'amore non è una malattia! - sbottò Junot indispettito, come poteva pensare ad una simile idiozia - Una malattia non fa provare sensazione di benessere e di felicità, desiderio di volerli condividere con l'anima gemella, malattia ha la radice male nel termine, no? A differenza dell'amore...

- Il comandante, un giorno, facendo uno dei suoi soliti discorsi, dopo avergli chiesto della rottura con Desirée, disse che gli antichi consideravano l'amore come una malattia, perché provoca sovvertimento dell'equilibrio, vengono scossi anima e corpo fin nelle viscere, nel momento in cui il sentimento prende forma nel cuore, invadendo violentemente la mente, non si prova né fame, né stanchezza, né freddo, ma un dolce calore che pervade e, piano piano, muta infiammandosi, bruciando e generando l'irrefrenabile e travolgente passione - si fermò un istante per cercare di ricordare le parole che il generale gli aveva riferito qualche tempo prima, spostò le iridi verso il collega che lo scrutava curioso di sapere cos'altro avrebbe detto - Si è felici e ansiosi al tempo stesso, la gelosia e la smania di voler trascorrere le ore, i giorni, i mesi, ogni singolo istante con l'amata inquietano l'amato e, viceversa, se reciproco e corrisposto, e tale tormento genera dolore...

- Effettivamente visto da questa prospettiva, l'amore non è solo un sentimento positivo - ammise Junot, colpito da quel discorso. Soltanto il suo comandante poteva immergersi così tanto nello studio razionale dei dettagli, anche di qualcosa di apparentemente irrazionale e difficile da definire come l'amore - Inoltre sapendo delle sue esperienze amorose, non mi stupisco che lo veda come un qualcosa di assolutamente negativo...

Napoleone, quasi ridestato, si accorse di loro alla porta e mosse la testa nella loro direzione - Avete bisogno di qualcosa? - domandò loro, cercando di ricomporsi e ritornare lucido. Non poteva permettere che quei pensieri s'insinuassero spesso, disturbando la propria concentrazione e interferendo col proprio dovere.

- No, comandante - dissero all'unisono i due, si guardarono negli occhi e annuirono - Volevamo soltanto sapere come fosse andata la serata, o meglio la nottata, dato che siete tornato qualche ora fa - aggiunse poi Junot avvicinandosi alla scrivania colma di scartoffie, fermate da un candelabro in bronzo dorato, la cui base raffigura una divinità che regge le tre braccia su cui vengono poste le candele.

- Dalla vostra espressione sembra che sia andato tutto bene, comandante - si aggiunse Muiron, anch'egli avanzando verso il suo amico e superiore. Aveva evitato di aggiungere altro, per non creare imbarazzo, sapeva della sua difficoltà nel rapportarsi al gentil sesso. L'ultima cosa che voleva fare era metterlo sulla difensiva, chiudendosi a riccio.

Napoleone nel vederli così trepidanti comprese che era stato davvero un imprudente nel far notare lo stato di piacere ed anche di lieve eccitazione che aveva provato in quella casa. Il solo pensiero lo faceva rabbrividire di piacere, doveva esserne spaventato, poiché uno dei sintomi del cosiddetto "mal d'amore", invece se ne beava quasi - Dovrebbero... essere cose private... - riuscì a dire, con un pizzico di gelosia, a braccia conserte. Ciò stava ad indicare come lo stato del 'morbo' fosse avanzato. Era realmente innamorato.

- Cosa c'è di male nel condividerle con gli amici più vicini e cari, comandante? - ridacchiò Junot, accomodandosi su una delle sedie di legno dorato riccamente decorate da intagli a forma di foglie - Se temete che possa diffondersi, vi garantisco che nemmeno una parola riguardo a ciò che direte uscirà da queste mura! Non volete farvi pregare spero, sapete meglio di me che ormai queste cose religiose sono superate... - si grattava la testa - E meno male, altrimenti non so se potessi ancora entrare in una Chiesa senza essere sbattuto fuori a calci da qualche svitato di prete - ridacchiò divertito.

- Inoltre nessun sacerdote riuscirebbe a sentire tutti i vostri peccati in una sola giornata! - lo canzonò Muiron ridacchiando a sua volta e sedendo accanto a lui.

- Avete ragione, gli servirebbe come minimo un mese...

Su Buonaparte intanto era scesa una lunga ombra che gli copriva gli occhi "E così per loro io sarei un camerato oltre che superiore?" Si domandò meravigliato, si era abituato alla loro presenza, anzi era quasi indispensabile, tuttavia non aveva mai considerato il loro rapporto come amicale, in quanto lui non credeva affatto al concetto stesso di amicizia o cameratismo, come si usava nel contesto militare. L'aveva sempre vista come una collaborazione basata sulla lealtà e il rispetto. Sollevò gli occhi, stavano ancora scherzando e scambiandosi battutine - Non vi interessa più sapere di come ho trascorso la notte presso la villa di Madame de Beauharnais? - li provocò.

I due annuirono e si sedettero composti, pronti ad ascoltare, pur avendo intuito che tra i due ci fosse stato molto più di un semplice incontro. Napoleone passò dunque nel descrivere quella cena squisita che aveva fatto preparare appositamente per lui, che aveva denominato illustre ed interessante ospite - Purtroppo non ricordo bene tutti i piatti che aveva fatto preparare e questo perché aveva cominciato a farmi tanti complimenti, da quel momento non sono riuscito a mangiare più - confessò il generale. Era sempre stato sensibile a quel tipo di ringraziamenti, era consapevole del fatto che molte erano soltanto lusinghe che aveva usato per conquistarlo.

Ma lo era già da quando aveva messo piede in quella meravigliosa dimora, senza che potesse fare qualcosa di concreto per impedire al cuore di galoppare senza riposo per tutta la serata. Quella voce armoniosa, quel suo accento così sensuale, dolce, melodico, rendevano ancora più affascinante e poetico il francese, elevandolo a lingua divina. Ai suoi occhi la vedova de Beauharnais non era più una comune mortale, con i suoi difetti e l'età che iniziava a mostrarsi sul suo viso sottoforma di leggere rughe; per lui era diventata Afrodite in persona, la divinità più bella, lussuriosa ed erotica del pantheon greco, eternamente giovane, bella ed immortale.

- Da tale dea non poteva che nascere Eros o Cupido come veniva chiamato dai Romani, l'alato dio dell'amore fisico e del desiderio, che scaglia i suoi dardi o mentre abbraccia passionale la mortale Psiche, ovvero l'impotente ragione che non può nulla contro il potere devastante e coinvolgente della sensualità, e si inarca dopo essere stata baciata e risvegliata, dal sortilegio di Proserpina, moglie del signore dell'Ade, tramite le labbra divine del suo Amore, come recentemente scolpiti in un gruppo scultoreo, esposto al Louvre, dal maestro veneto Canova, prendendolo dall'Asino d'oro di Apuleio - disse il giovane, che con le mani cercava di riprodurre la posa dei due personaggi, trasformando il discorso in breve lezione sull'arte e il mito. Ai due non dispiacevano queste sue digressioni, era appassionato, se non proprio ossessionato, della cultura, lo conoscevano bene; inoltre potevano imparare anche loro qualcosa che non fosse solo riguardante la guerra o l'arte militare.

- Abbiamo presente la statua di cui parlate, comandante - disse Muiron amche a nome di Junot - Anche se non l'abbiamo vista dal vivo, ma chissà, un giorno avremmo anche noi questa fortuna...

- Sì sì, amico, interessante l'arte, la storia e il mito, ma ora voglio sapere cos'altro avete fatto oltre alla cena... - ingoiò la saliva, era strano sentirsi pudico nel parlare di questi argomenti per lui normalissimi, forse perché non lo riguardavano direttamente questa volta, ma il loro quasi vergine comandante - Ecco quelle altre cose che si fanno tra innamorati, no? Non esiste solo l'amore verbale, ma anche quello fisico, di questo dio alato, no?

- Avete rovinato l'atmosfera Junot - lo rimproverò l'amico, assestandogli un pugno in testa - Era così bello sentire questi discorsi un po' più elevati rispetto alle vostre scappatelle e relazioni puramente sessuali!

Il giovane generale scoppiò a ridere, erano così divertenti. Forse cominciava a pensare davvero che tra loro si fosse instaurato un vero legame d'amicizia, in particolare con Muiron, che gli pareva più affine nel carattere e nelle inclinazioni, rispetto a Junot, senza dubbio coraggioso e impavido, ma decisamente meno brillante e sveglio del collega - Rilassatevi pure Junot - lo rassicurò infine, un ampio sorriso illuminava il suo viso che pareva scolpito al pari di quelle statue - Oltre alla cena abbiamo continuato a scambiarci complimenti sulle rispettive qualità - poggiò le mani sul petto - Rivedrò la mia Joséphine questa sera stessa e ci concederemo... me lo ha promesso... - sospirò profondamente. Si chiedeva se anche lui sarebbe stato risvegliato come Psiche da Amore e avrebbe ridestato quei sensi che credeva morti e sepolti.

- Joséphine? - chiese Muiron, leggermente confuso da tutti questi nomi - Ma la vedova de Beauharnais non si chiama Rose?

Buonaparte si alzò in piedi di scatto, colto da un fremito di profonda gelosia - Sì, ma siccome Rose è il nome che chiunque ha pronunciato, dalla famiglia, al marito, agli amanti, voglio chiamarla con un nome che soltanto io avrò sulle labbra, che la indica come mia donna, mia fidanzata, mio amore! Solo ed esclusivamente io e nessun altro! - aveva gridato tutto d'un fiato, rosso, affaticato. Dopodiché si risistemò, calmandosi, ed aggiunse, in tono sereno - L'ho preso dal suo secondo nome di battesimo, Joséphe, rendendolo più femminile ed aggraziato, Marie era troppo banale ed usato...oltre che un rimando esplicitamente religioso...

I due aiutanti annuirono, meravigliati da un simile impeto violento e si ricordarono di quel discorso che aveva fatto lui stesso sull'amore e che poco prima Muiron aveva confessato al suo collega e amico. Il loro comandante era stato colpito in pieno petto dalla freccia di Cupido e la malattia dell'amore lo aveva irrimediabilmente colto, da una parte erano contenti per lui, augurandosi che questa storia finisse in modo diverso rispetto a quella avuta con Desirée; dall'altra temevano queste sue esplosioni emotive, potevano compromettere il loro rapporto.

Intanto nell'hotel in rue Chantereine, quella giornata, come la precedente, si apriva in fermento per i preparativi; Rose voleva che tutto fosse perfetto al pari della notte scorsa, anzi questa volta di più - Non dimenticate il letto - indicò alle serve - Sapete che ci tengo a fare una bella figura, soprattutto ora che quell'uomo è completamente soggiogato dalle mie capacità seduttive - non poteva dimenticare l'espressione totalmente imbambolata di quell'uomo nel mentre ascoltava le sue adulazioni.

Lo aveva riempito di così tanti complimenti, onori e aspettative, che ne pareva quasi ubriaco, pur avendole confessato di non amare affatto gli alcolici. Aveva soltanto bevuto del vino annacquato e assaggiato qualcosina in modo disordinato e svogliato. Quella cena le aveva fatto comprendere come doversi orientare con quel giovane generale e su cosa puntare: elogiare il lavoro, la carriera, le qualità, che fossero vere o false non le importava, con la parola doveva stregarlo come aveva fatto la sera scorsa e ammaliarlo, l'ufficiale corso non sapeva resistere alla bellezza, al fascino femminile e, nonostante lei avesse superato i trent'anni da un bel po', ne aveva ancora a sufficienza per soddisfarlo "Devo trovare un uomo a cui aggrapparmi, Barras lo sento sempre più lontano e potrebbe lasciarmi da un momento all'altro".

Attraversando il corridoio si trovò davanti la sua piccola Hortense che la fissava con espressione di tacita rabbia, la madre la prese in braccio e provò a baciarla sulla fronte, però la bambina la allontanò - Vi siete ricordata di me solo adesso? - le chiese la piccola gonfiando le guance - Ora che non c'è quel generale!

- Pardonne-moi ma fille! - emise la madre, prendendola in braccio e abbracciandola affettuosamente - Lo sai che quell'uomo sta diventando importante e per crescere te e tuo fratello ho bisogno di stabilità sia economica che domestica, lo capisci vero? - le accarezzò i capelli castani, che le ricadevano un po' sulle spalle - Tu ed Eugène siete dei doni del cielo, le uniche gioie della mia vita, non potrei mai dimenticarvi - una lacrima sincera le bagnò gli occhi color nocciola - E soprattutto separarmi da voi com'è accaduto qualche anno fa - la strinse forte per scacciare il ricordo terribile della prigionia - Scusami se ti ho fatta arrabbiare, piccola mia...

Hortense, che era una bambina intelligente e sveglia, comprese il significato di quelle parole e le disse - Non c'è bisogno di scusarvi, madre, so che lo fate per il nostro bene - e ricambiò l'abbraccio. Poi si ricordò di qualcosa che voleva sapere e domandò - Ma davvero pensate tutte quelle cose che avete detto ieri al generale, madre?

- Solo una minima parte in realtà, per esempio il fatto che sia così gentile e cordiale con voi e che abbia delle grandi qualità militari - le rispose con sincerità - Che però deve ancora manifestare, ecco perché l'ho avvicinato a me - le aggiustò alcuni ciuffi che cadevano davanti gli occhi - Il resto l'ho gonfiato per conquistarlo, ricorda piccola mia, con un uomo si deve fare così, riempirlo di chiacchiere, complimenti e diventano cera sciolta, soprattutto quegli uomini che sembrano sfoggiare sicurezza, spavalderia nascondendo un muro di insicurezze e paure come il generale Buonaparte

- Capito madre - annuì ridacchiando la bambina, ora trovava quel giovane generale tanto serioso quanto simpatico e buffo.

- Hai fatto colazione, bambina mia? - le chiese la madre premurosa.

- No, madre, ho voluto aspettarvi, così mi ha detto Eugène, ed anche che devo essere sempre educata e rispettosa nei confronti dei genitori - ripeté Hortense sorridendole.

La madre la fece scendere a terra - Vai a chiamare Eugène e raggiungetemi in quel salotto arieggiato che vi piace tanto - si fermò a guardarla correre allegra nella stanza del fratello, colta da profonda malinconia "Meno male che ci sono loro a ricordarmi di avere ancora un cuore in grado di amare...".










   
 
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